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livello elementare
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ARGOMENTO: MARINE MILITARI
PERIODO: XX-XXI SECOLO
AREA: SUBACQUEA
parole chiave: mezzi trasportatori
Trattare in maniera esaustiva lo sviluppo dei mezzi trasportatori SDV (Swimmer Delivery Vehicle) nel dopo guerra richiederebbe pagine e pagine di trattazione. Ho pensato di suddividere la trattazione raggruppando ogni volta diverse marine militari. Scopriremo che molti di questi mezzi derivarono da quelli della Marina Militare Italiana, che fu precorritrice non solo degli strumenti ma anche delle tattiche di una guerra che oggi chiameremo asimmetrica. Ancora una volta ci aiuteranno le immagini da HI HUTTON’s Covert shores, forse l’opera più completa sull’argomento.

Mark VIII SEAL Delivery Vehicle photo credit USN
UK
Durante l’ultima guerra i Britannici cercarono di realizzare mezzi subacquei simili ai SLC italiani, che vennero denominati Chariot (Mk. I e Mk. II). Ricorderete che ne avevamo parlato in un precedente articolo, a cui si rimanda per i dettagli operativi. In breve, il chariot era condotto da due operatori subacquei che indossavano una muta stagna del tipo Sladen Suit, realizzata con un leggero laminato gommato. Gli operatori impiegavano degli autorespiratori adattati dal Davis Submerged Escape Apparatus, che erano in dotazione di emergenza agli equipaggi dei sommergibili. Al Chariot Mk I successe, nel 1944, il Mk II caratterizzato da un design completamente nuovo, che presentava una configurazione simile al SSB italiano (Siluro San Bartolomeo).
Il MK II aveva un diametro maggiore ed era più robusto del suo predecessore. Poteva quindi essere trasportato esternamente da un sommergibile invece di richiedere contenitori sigillati da avvitare all’esterno del battello. Il mezzo poteva raggiungere una velocità massima di 4,5 nodi con un autonomia di 5-6 ore. Alla fine della guerra erano rimasti solo sei Chariot Mk II. Con i tagli alla difesa del dopoguerra non sembra ci fu alcuna seria considerazione di approvvigionarne dei nuovi ma furono tenuti in servizio dai Royal Navy Clearance Divers.
Durante la guerra fredda si studiarono nuove tattiche per impiegare i Chariot contro i porti sovietici rilasciandoli da sottomarini midget X-Craft. I test furono eseguiti con il XE-7 nell’ottobre del 1950, attaccando i due chariot all’esterno al posto delle “cariche laterali”. Sebbene i test ebbero esito positivo, la configurazione non fu mai completamente operativa.
In tempo di guerra, nel 1942, i Britannici svilupparono lo Sleeping Beauty. Si trattava di una canoa in grado di immergersi e dotata di motore. La Sleeping Beauty fu un mezzo sotto un certo aspetto innovativo, anche se non ebbe poi un impiego effettivo. In origine si trattava di un’imbarcazione per un solo uomo con il pilota seduto in una cabina di pilotaggio aperta. In immersione la respirazione era fornita tramite l’autorespiratore personale.

Una curiosità. Lo Sleeping beauty fu inventato dal maggiore H. Quentin Reeves, o Q, un nome che fu mutuato nelle storie di James Bond. Un pomeriggio del 1943 il maggiore Reeves si addormentò nella canoa e un ufficiale di passaggio esclamò “Ah, la bella addormentata!” … da cui venne il nome Sleeping beauty
Il mezzo, che sembra non sia mai stato impiegato in operazioni reali, fu progettato per funzionare su distanze relativamente lunghe, usando un motore elettrico sia in superficie che in immersione. In superficie l’operatore poteva usare le pagaie e/o una piccola vela, nel caso di esaurimento delle batterie.

schema dello sleeping beauty – da Underwater Heritage Trust
La soluzione “a canoa” fu accantonata dalla Royal Navy in quanto non considerata all’epoca sufficientemente affidabile. Curioso che recentemente l’idea è stata rivisitata da una ditta olandese, l’Ortega Submersibles, che ha realizzato una serie di mezzi in grado di trasportare fino a tre o quattro operatori. Il trasportatore, denominato Ortega Mk. 1 D, richiama sotto un certo aspetto l’idea del TEC italiano e può raggiungere una velocità massima di nove nodi in superficie e undici sott’acqua, con un range dichiarato di 80 miglia nautiche. Nel 2018, al UDT 2018, la ditta britannica Defence Submersibles International (DSI) ha presentato un mezzo similare, DSI Diver Delivery Craft, concettualmente molto simile a quello olandese.

DSI Diver Delivery Craft
Il mock up del trasportatore sembra essere in grado di alloggiare tre incursori, seduti in linea. Possiede propulsori montati sia nella carenatura anteriore sia sotto il gruppo di poppa. Il mezzo è azionato in superficie da un unico getto d’acqua con inversore di spinta. Questa disposizione suggerisce la presenza di un motore diesel per la modalità di superficie. La modalità sommersa è invece assicurata da due propulsori elettrici più quattro propulsori verticali per profondità e assetto. Interessanti i dati di targa: velocità massima in superficie dichiarata di 35 nodi, 3.5 nodi in immersione, con un range di 100 nm in superficie e 10 nm in immersione. Questo nuovo mezzo, se acquisito dalla Royal Navy, si unirà ai tre SDV Mk VIII Mod 1 di costruzione statunitense. La Royal Navy ha in programma l’acquisto del futuro SDV Mk 11 (sviluppato negli Stati Uniti nel programma Shallow Water Combat Submersible SWCS), un mezzo di dimensioni maggiori del Mk VIII, un mezzo interessante di cui parleremo in seguito,
Francia
Dopo la seconda guerra mondiale la Francia investì nelle forze speciali subacquee, sia dal punto di vista della ricerca tecnologica neli vari domini della subacquea (apparati e miscele) sia sviluppando una sua capacità di Swimmer Delivery Vehicle (SDV) con alloggiamenti asciutti. Inizialmente, avendo compreso i limiti di impiego di mezzi singoli, fu realizzato il PSM (Propulsor-Sous-marin) Vostock, un trasportatore con un design innovativo anche se con caratteristiche equivalenti al trasportatore CE2F commercializzato dalla ditta italiana Cos.MO.S.
Lo scafo del Vostock era in vetroresina, caratterizzato da una forma aerodinamica, con una cabina di pilotaggio per due incursori posta nella parte anteriore. Una grossa limitazione iniziale fu il suo impiego da sommergibili in quanto i battelli francesi non erano in grado di trasportarli. A tal riguardo realizzarono un hangar staccabile che poteva essere allagato in immersione, permettendogli quindi di operare senza emergere.
Al Vostock seguirono:
– il Coryphene un mezzo concettualmente nuovo, corredato di sensori sonar e optronici, e di navigazione. Ne furono costruite due versioni per 2 o 3 operatori. Garantiva una velocità massima di 8 nodi, con un autonomia di 80 miglia a 5 nodi.
– il Sphyrene presentava un abitacolo “bagnato” per alloggiare sei uomini nella parte anteriore. Aveva una velocità massima di 9 nodi con un’autonomia di 120 miglia nautiche.
Questi SDV (definiti PSM, acronimo francese per Propulsori Sotto Marini) furono impiegati per operazioni dal Commando Hubert, uno dei sette gruppi commandos navali della Marina nazionale francese, erede diretto del 1° battaglione di commandos di fucilieri che era stato formato durante la seconda guerra mondiale in Gran Bretagna. Questo commando, equivalente dal punto di vista operativo ai team del COM.SUB.IN. e del SEAL team 6 della USN, è specializzato in operazioni subacquee e di antiterrorismo marittimo con l’impiego di nuotatori di combattimento. La Marine Nationale, con l’introduzione dei nuovi sottomarini nucleari Barracuda, sembra voglia sviluppare le sue capacità SDV imbarcando un Dry-Deck-Shelter (DDS) alloggiato dietro la vela. Secondo Covert shores il prossimo SDV francese sarà l’ECA SWUV (Special Warfare Underwater Vehicle) o PSM3G (Propulsor Sous-Marins 3rd Generation).
Le informazioni sono limitate ma si ritiene che il SWUV sarà un mezzo di circa 8,5 metri di lunghezza in grado di trasportare un team di sei sommozzatori.
Fine parte I – continua
le immagini e le informazioni sono state estratte da HI HUTTON covert shores e da siti commerciali su internet
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. E’ docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione scientifica.
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