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Titolo : Impariamo a ridurre le plastiche in mare

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seguite il LINK per firmare la petizione

  Address: OCEAN4FUTURE

I pirati dell’antichità – parte II

Reading Time: 5 minutes

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livello elementare

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ARGOMENTO: STORIA ROMANA
PERIODO: EPOCA REPUBBLICANA E IMPERIALE
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: Pirati

 

Quanto ai Romani, è ben nota la loro indole più concreta e pragmatica. Fin dai primi secoli della loro storia, essi ebbero la necessità di utilizzare il commercio marittimo per i rifornimenti alimentari vitali dell’Urbe e dovettero pertanto adottare molto presto delle misure idonee a limitare le perdite provocate dagli arrembaggi, utilizzando alcune delle navi da guerra allora in uso, ovvero le pentecontere, poi sostituite dalle poliremi.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è trireme.jpg

Ma, negli annali di Roma, dei pirati apparvero per la prima volta solo nel IV secolo a.C., quando intercettarono, dalle isole Lipari, una trireme romana in rotta verso Delfi e quando si fecero vedere, alcuni decenni dopo, sulle coste del Lazio: i primi mostrarono rispetto nei confronti di Roma, mentre i secondi furono costretti a sloggiare.

Una ben più grave minaccia agli interessi romani fu originata nel secolo successivo da Teuta, regina degli Illiri, che permise ai suoi di pirateggiare nell’Adriatico contro il traffico mercantile delle marinerie d’Italia. Pertanto, fallita la trattativa diplomatica, Roma intraprese la prima guerra Illirica (229-228 a.C.) inviando oltremare una flotta di 200 navi da guerra ed un numero doppio di onerarie per il trasporto delle legioni, e costringendo infine la regina ad accettare delle drastiche limitazioni ai movimenti delle proprie navi.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è Queen_Teuta_of_Illyria-WIKIPEDIA-FREE.jpg

busto della regina degli Illiri, Teuta – autore foto HjyneshaFile:Queen Teuta of Illyria.jpg – Wikimedia Commons

A partire da pochi decenni dopo e per più di un secolo, il crescente vigore del potere marittimo di Roma indusse diversi sovrani ad un uso spregiudicato della pirateria in funzione di sostegno indiretto, non convenzionale e para-terroristico, alle proprie mire aggressive ed espansionistiche. Iniziò Filippo V, re di Macedonia, assegnando delle navi a Dicearco d’Etolia per condurre la guerra da corsa nell’Egeo (II guerra Macedonica: 200-197 a.C.); seguì Nabide, tiranno di Sparta, avvalendosi dei pirati cretesi per rendere innavigabili le acque a sud del Peloponneso (guerra Spartana: 195 a.C.); replicò Antioco III il Grande, re di Siria, fruendo del concorso del capo-pirata Nicandro nell’Egeo e dello Spartano Ibrista con i pirati di Cefalonia nello Ionio (guerra Siriaca: 191-190 a.C.).

Dopo aver felicemente rimosso le predette minacce, i Romani sconfissero anche la pirateria esercitata dai Liguri nel Mediterraneo occidentale (182-181 a.C.), dagli Istri e dagli Illiri nell’Adriatico e nell’alto Ionio (178 e 168 a.C.), nonché dai Baleari sulle rotte per la Spagna (123-122 a.C.).

Nel frattempo, era germinata sulle coste della Cilicia una rude comunità di pirati destinata ad assurgere ad un tale livello di potenza da condizionare significativamente la gestione delle crisi e dei conflitti nell’intero Mediterraneo. L’impulso fondamentale per questo straordinario sviluppo venne fornito, con immensa disponibilità di risorse, da Mitridate VI Eupatore, l’ambizioso e spietato re del Ponto (112-63 a.C.), nella sua smodata brama di egemonia panellenica. Ma la pirateria di matrice cilicia non giocò un ruolo di grande rilievo solo nelle tre guerre Mitridatiche, in cui si illustrarono dei capi-pirati come Isidoro e Seleuco; essa riuscì ancor prima ad ingerirsi cinicamente nei principali conflitti interni subiti da Roma fra gli ultimi decenni del II sec. a.C. ed i primi decenni del secolo successivo, schierandosi sempre dalla parte dei sediziosi. Dei Cilici comparvero infatti a fianco dei rivoltosi nelle tre guerre servili: Cleone ebbe un ruolo da luogotenente nella prima (135-132 a.C.), Atenione capeggiò gli insorti nella seconda (104-101 a.C.), mentre altri pirati cilici, probabilmente capeggiati da Eracleone, si misero a disposizione di Spartaco nella terza (73-71 a.C.). I pirati cilici intervennero contro Roma anche nella guerra Sociale (90-89 a.C.), in cui si distinse il capo-pirata Agamennone, ed in quella Sertoriana (81-72 a.C.), operando con le loro navi dalla base navale di Dianio, in Spagna.

I Romani reagirono prontamente e reiteratamente al palesarsi della nuova e crescente minaccia, conducendo una nutrita serie di operazioni navali specificamente dirette contro di essa.  Nell’ordine:
la I guerra piratica in Cilicia (102 a.C.) affidata a Marco Antonio l’Oratore; la campagna contro i pirati in Egeo intrapresa da Lucio Licinio Murena (84 a.C.);
la II guerra piratica in Cilicia (78-75 a.C.) comandata da Publio Servilio Vatia, che giunse fin nel covo di Zenicete, il più potente dei capi pirati;
la III guerra piratica (74-70 a.C.) felicemente condotta da Marco Antonio “il Cretico” nel mar Ligure, nelle acque spagnole e nelle acque elleniche, ma interrottasi a Creta in una situazione di stallo;
la guerra piratica in Sicilia (69 a.C.) vinta da Lucio Cecilio Metello, che liberò l’isola dal capo pirata Pirganione;
la guerra Cretica (69-68 a.C.) vinta da Quinto Cecilio Metello, che sottomise l’isola dopo avervi annientato i pirati.

Nonostante i validi successi conseguiti dalle flotte romane e dalle relative forze imbarcate, l’ampia dispersione del nemico e la sua natura sfuggente non consentirono ad alcuna delle predette operazioni di inibire in modo permanente l’aggressività della pirateria cilicia. Successe, anzi, l’esatto contrario, poiché i lauti proventi delle guerre Mitridatiche continuarono ad alimentare ed a rinvigorire le forze dei malviventi, mettendo questi ultimi in condizione di moltiplicare ossessivamente le loro incursioni in mare e sulle coste. Per tale motivo, non appena ne ebbero la possibilità, essendo finalmente liberi da impegni interni ed esterni particolarmente impellenti, i Romani attribuirono la massima priorità alla guerra piratica, dedicandovi tutte le migliori risorse. Investito del comando supremo e di poteri eccezionali, disponendo di 500 navi da guerra, Pompeo Magno suddivise il Mediterraneo in 13 aree di responsabilità che assegnò ai suoi luogotenenti unitamente ai reparti navali necessari per eseguirvi i rastrellamenti.

Avviata l’operazione, mentre tutte le aree venivano perlustrate contemporaneamente, Pompeo con 60 navi fece dei controlli nelle aree strategicamente più importanti di entrambi i bacini del Mediterraneo, iniziando da ponente e portandosi poi verso levante fino alle acque della Cilicia, ove erano affluite tutte le navi piratiche sottrattesi ai pattugliamenti romani. Sbaragliata quella flotta in battaglia navale, catturò o incendiò tutti gli scafi dei nemici e distrusse gli insediamenti a terra, portando a termine quella guerra in meno di tre mesi (primavera-estate 67 a.C.), liberando definitivamente il Mediterraneo dalla pirateria cilicia e, come venne ufficialmente riconosciuto, restituendo ai Romani l’imperium maris: il dominio del mare.

Fine parte II – continua

Domenico Carro

 

PARTE I PARTE II PARTE III

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