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Analisi Statistiche degli attacchi dei sommergibili tedeschi durante la seconda guerra mondiale

tempo di lettura: 10 minuti

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livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XIX SECOLO

AREA: GERMANIA
parole chiave: Sommergibili tedeschi

 

Volendo fare una valutazione dell’importanza dei sommergibili tedeschi durante la seconda guerra mondiale, il punto di partenza potrebbe essere un’analisi “economica” dello scontro, in termini di costo-risultati, e la prima riflessione critica dovrebbe riguardare i numeri in gioco. Molto spesso si è parlato e si parla di migliaia di sommergibili tedeschi impegnati nel conflitto: a prescindere dal fatto che, in tal caso, la maggiore difficoltà (pressoché insormontabile) sarebbe stata quella della preparazione di un numero adeguato di equipaggi e della qualità necessaria, la realtà numerica è ben diversa ed ancora oggetto di differenti interpretazioni e controversie su esatti risultati.

Data la consuetudine tedesca di iscrivere nel naviglio militare le unità dal momento stesso in cui i disegni relativi all’ordine venivano trasmessi al cantiere costruttivo (indipendentemente dal fatto che poi l’ordine avesse corso o venisse cancellato) e la perdita di alcuni archivi, relativi soprattutto alle fasi finali del conflitto, non è (ancora) esattamente determinabile il numero dei battelli effettivamente consegnati alla Marina tedesca, anche se i risultati di certe analisi convergono.

Il video mostra il tragico affondamento della corazzata HMS BARHAM avvenuto il 25 novembre 1941 al largo di Sollum. La nave si inclinò su un fianco e poi esplose come conseguenza del siluramento da parte dell’U-331, un sommergibile tedesco classe VIIC. Tale affondamento, uno dei maggiori successi tedeschi nel Mediterraneo, fu ampiamente sfruttato a fini propagandistici, tanto interni quanto esterni.

In base all’attendibilità delle fonti, escludendo sottomarini tascabili o siluri pilotati, si può ragionevolmente assumere che su 4.712 unità subacquee iscritte nei registri navali tedeschi quasi 3.600 non siano state completate o neppure impostate sullo scalo (ciò non significa che in molti casi non siano stati approvvigionati i materiali od approntate sezioni delle stesse, dato il tipo di costruzione decentrata adottato). Sempre con riferimento alle delle fonti più attendibili ed alla convergenza delle analisi, secondo la Royal Navy 1.160 sommergibili sarebbero stati consegnati alla marina Tedesca durante la guerra, numero che sostanzialmente concorda con il dato degli archivi di Sylt, 1.171 unità.

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E` interessante notare come gli affondamenti di unità maggiori, al di là degli aspetti emotivi e dello sfruttamento propagandistico, siano stati scarsi e di dubbio valore ai fini dell’economia generale del conflitto: ai fini dell’ efficacia o della casualità dei risultati è importante notare che gli affondamenti maggiori sono concentrati o nei periodi iniziali di guerra o, quasi per il 50 %, in concomitanza o in occasione con l’operazione TORCH, casi nei quali era minore l’efficienza dei dispositivi di scorta e di difesa antisom.

L’assunzione di tale dato, relativo agli oltre cinque anni di conflitto, porta ovviamente a ridimensionare l’immagine generale dell’impegno dell’arma subacquea tedesca ed in particolare della Battaglia dell’Atlantico, tanto in termini numerici quanto in termini di risultati, soprattutto quando si relazionano i battelli effettivamente presenti in area di operazioni ed i risultati effettivamente ottenuti. In particolare è interessante notare come, facendo riferimento a dati generalmente accettati di Axis Submarine Successes, le medie di affondamento o danneggiamento da parte dei battelli tedeschi furono deludenti rispetto alle risorse ed agli sforzi profusi. In proposito si rileva che:

  • 25 Battelli attaccarono ed almeno danneggiarono 20 o più unità nemiche;
  • 36 Battelli attaccarono ed almeno danneggiarono tra 11 e 19 unità nemiche;
  • 70 Battelli attaccarono ed almeno danneggiarono tra 6 e 10 unità nemiche;
  • 190 battelli attaccarono ed almeno danneggiarono tra 1 e 5 unità nemiche;

ossia i risultati sono concentrati su una forza di soli 321 sommergibili, mentre una forza incredibile di circa 850 battelli in servizio non ha avuto alcuna influenza diretta sui risultati bellici. E’ ovvio che unità addestrative, unità trasporto o rifornimento, unità sperimentali od i battelli consegnati nel periodo finale del conflitto nulla contarono o poterono contare ai fini dei risultati diretti, ma anche così appare evidente che esiste una grande percentuale di unità di prima linea che – per motivi vari ma tutti attribuibili ad un complesso di carenze prima ancora che all’ offesa nemica – non contribuirono ai risultati pur pesando notevolmente sull’ economia generale del conflitto.

Questa prima sintetica e superficiale analisi, anche alla luce della potenzialità industriale statunitense da sola dovrebbe sfatare il mito del rischio mortale corso dagli alleati a conseguenza dei successi della guerra subacquea dell’Asse.

La stessa produzione in massa di sommergibili fu una decisione relativamente tardiva, subordinata alle speranze di Hitler di una conclusione rapida e favorevole di una guerra lampo limitata nel tempo: pur risalendo ai primi giorni di guerra la decisione di incrementare la produzione di naviglio militare, decisione formale e propagandistica che almeno inizialmente non trovò riscontro nell’assegnazione di sufficienti quote di acciaio, venne decisa solamente con la caduta della Francia con la produzione in massa di sommergibili. Questo ovviamente sulla base dei progetti già disponibili e quindi privilegiando la quantità con scarsa preveggenza del fatto che la guerra ormai si profilava di lunga durata.

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grafico 1 – da Poddighe, U BOOT realtà e propaganda Sommergibili e sottomarini tedeschi nella 2^ GM

Pur considerando l’estate/autunno del 1940, il maggio del 1942, il febbraio/marzo del 1943 come “periodi d’oro” (per i numeri assoluti di affondamento), ed accettando come inizio della sconfitta dell’arma subacquea tedesca il maggio 1943, il declino della capacità offensiva subacquea tedesca avrebbe già dovuto essere evidente dall’inizio del 1941.

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Gunther Prien, tra i dieci migliori comandanti degli U-boot della Kriegsmarine nel corso della seconda battaglia dell’Atlantico. Sotto il suo comando il sottomarino U-47 affondò più di 30 navi alleate. Il suo “colpo” più importante fu l’affondamento della nave da battaglia britannica HMS Royal Oak ancorata nella base navale di Scapa Flow, nelle isole Orcadi, in seguito al quale fu soprannominato “il toro di Scapa Flow”. Ritornato in mare, Prien continuò le sue missioni in Atlantico affondando, in 238 giorni trascorsi in mare, 30 navi nemiche per un tonnellaggio complessivo di 193.808 tonnellate. Nel 1940 venne decorato, per i suoi successi, con le fronde di quercia della Croce di Cavaliere, ma morì poco tempo dopo essere stato promosso Korvettekapitan, scomparendo insieme a tutto il suo equipaggio dell’U47. Doenitz disse di lui che egli «era tutto ciò che un uomo doveva essere: una grande personalità, piena d’impegno, energia e gioia di vivere, totalmente dedito al dovere» – foto Annalise  Schulze – Fonte Bundesarchiv Bild 183-2006-1130-500, Kapitänleutnant Günther Prien.jpg|Bundesarchiv_Bild_183-2006-1130-500,_Kapitänleutnant_Günther_Prien] Bundesarchiv Bild 183-2006-1130-500, Kapitänleutnant Günther Prien.jpg – Wikimedia Commons

Questo non dipese dalla scomparsa dei più famosi ed esperti comandanti di sommergibile, come Günther Prien, con i loro equipaggi di veterani, ma dal fatto che i diari di guerra del BdU (Befehlshaber der Unterseeboote, Comando in Capo delle Forze Subacquee) incominciarono a  registrare le difficoltà delle unità dipendenti non solo per raggiungere i risultati sperati ma spesso a portare a compimento le missioni assegnate.

Ancora una volta è l’analisi statistica a darci conferma di tale valutazione
Generalmente viene accettato l’assioma che gli affondamenti od i danneggiamenti del naviglio di superficie, soprattutto in occasione della battaglia dell’Atlantico (di fatto l’unica vera guerra condotta al traffico di superficie), sono direttamente proporzionali al numero di unità nemiche in area di operazioni. Tenendo conto che esistono statistiche abbastanza attendibili del Comando sommergibili tedesco relative alla media giornaliera dei sommergibili in mare (grafico n. 1), i dati relativi andrebbero ulteriormente interpretati e depurati per tener conto dei sommergibili effettivamente presenti in zona di operazioni, generalmente non superiori al terzo della forza totale in mare. Disponendo anche di dati statistici relativi agli affondamenti di navi mercantili negli stessi periodi (grafico n. 1) è possibile calcolare con sufficiente approssimazione il numero medio di unità affondate per sommergibile in mare.

La media degli affondamenti per unità operativa in mare è evidenziata nel grafico n.2 ed anche a voler depurare tale analisi riferendosi ai soli battelli in agguato, nel primo dei momenti considerati più favorevoli (per i tedeschi) per la guerra sottomarina, l’autunno 1940, la media degli affondamenti può essere calcolata in cinque e ½ unità mercantili/mese/sommergibile in agguato, con la presenza in zona di operazioni di soli dieci sommergibili. I risultati di affondamento per sommergibile operativo sono sostanzialmente migliori rispetto alla media del grafico, per le considerazioni di cui sopra relative alla reale presenza in area di attacco, ed indicano che in tale periodo ciascuna unità subacquea poteva condurre ripetuti attacchi, allo stesso obbiettivo.

Nel secondo momento favorevole dell’offensiva subacquea tedesca, il cui picco coincide con il maggio 1942, la media di affondamenti era già scesa a due unità mercantili/mese/sommergibile in mare, con 61 sommergibili presenti in mare. Nel momento dell’offensiva subacquea considerato (strumentalmente) critico, per gli alleati, in conseguenza delle perdite totali, la media di affondamenti era già precipitata a ½ unità mercantile/mese/sommergibile in mare, con 116 sommergibili presenti in mare.

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grafico 2 – da Poddighe, U BOOT realtà e propaganda Sommergibili e sottomarini tedeschi nella 2^ GM

In altre parole: ad un mese di permanenza in mare di due sommergibili tedeschi corrispondeva in media l’affondamento di un’unità mercantile alleata. Tali risultati, per di più correlati con la caduta percentuale delle perdite rispetto al totale del traffico, grazie all’impegno statunitense, avrebbero dovuto far riflettere gli strateghi del BdU sull’effettiva efficacia dei propri sommergibili per le condizioni del conflitto e, ancora di più, in tempi più recenti, gli storici navali.

Interpolando i risultati (grafico n. 2) appare quindi evidente che l’offensiva subacquea tedesca cominciò a perdere colpi ed efficacia, dando segni di collasso, già dall’inizio del 1941, forse come conseguenza di una “stabilizzazione” dello stato di guerra dove le caratteristiche tecniche degli strumenti e delle armi impiegati e la loro rispondenza ed adattabilità alle mutate e mutevoli esigenze del conflitto cominciarono ad avere un peso determinante. Inoltre venne a diminuire il peso dell’esperienza e della preparazione del personale, anche in conseguenza del ricambio, delle perdite subite e della necessaria espansione dei quadri.

Come conclusione si può dire che l’offensiva subacquea tedesca ebbe successo sino a quando il fattore umano, con la sua esperienza, la sua capacità inventiva, la possibilità di adattarsi a situazioni in rapida mutazione, prevalse sul fattore tecnico.

Per fare un parallelo ardito e provocatorio, si potrebbe ipotizzare che anche la marina tedesca, e in particolare la sua componente subacquea, fu preparata fondamentalmente per la “guerra lampo” tanto cara alla filosofia bellica nazista. Certamente le analisi statistiche dimostrano che gli scarsi effetti del riarmo e del potenziamento della flotta subacquea tedesca furono il risultato di una decisione tardiva ed arrivarono troppo tardi per poter veramente influire sull’esito del conflitto.

Il mito di Dönitz
Negli stereotipi della storia sottomarina tedesca esiste anche il mito dell’Ammiraglio Karl Dönitz, citato a sproposito come sommergibilista esperto e padre dell’arma sottomarina tedesca. Questo mito va sfatato. Dönitz non era un sommergibilista (nel senso che danno a se stessi gli appartenenti a tale specialità) non seguì mai corsi specifici e la sua esperienza in proposito non era stata brillante, ma limitata, agli inizi della propria carriera, ad un periodo di imbarco operativo alla fine della 1^ guerra mondiale. A riprova della sua estraneità dal mondo dei sommergibili, è significativo che Dönitz non abbia mai partecipato a nessuna delle attività, più o meno segrete, che permisero la rinascita dell’arma sottomarina tedesca con l’aggiramento, prima, ed il superamento dopo, delle restrittive clausole del Trattato di Versailles.

Dönitz non fu mai in sintonia con l’Ammiraglio Raeder, Comandante della Reichsmarine ed artefice, con il potere politico, della strategia della stessa. La sua designazione nel 1935 a comandante della Flottiglia dei sommergibili non fu l’espressione di una “cordata” ma fu casuale; essa aveva carattere temporaneo ed al momento non rappresentava certamente una promozione per l’interessato, che mirava al più prestigioso comando di una divisone di incrociatori: il precipitare degli avvenimenti, l’indisponibilità del comandante designato e la sua successiva destinazione ad altro incarico di vertice, portarono alla ratifica di Dönitz come responsabile del BdU (Comando in Capo dei Sommergibili). Nonostante la casualità, Dönitz divenne poi “il Comandante”, attento e responsabile, dei sommergibili tedeschi: va considerato che riuscì ad imporre le proprie idee in merito di tattica e soprattutto di organizzazione semplicemente in quanto non esistevano direttive in proposito e non certamente perché fosse particolarmente esperto in materia, ma proprio per il vuoto esistente.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è Bundesarchiv_Bild_101II-MW-0447-08_Wilhelmshaven_Donitz_begrust_U-Boot-Besatzung.jpg

Dönitz si congratula con l’equipaggio di un sommergibile a Wilhelmshaven – Fonte Propagandakompanien der Wehrmacht – Marine (Bild 101 II) Accession number Bild 101II-MW-0447-08File:Bundesarchiv Bild 101II-MW-0447-08, Wilhelmshaven, Dönitz begrüßt U-Boot-Besatzung.jpg – Wikimedia Commons

Per la mancanza di sintonia con l’ObdM (il Comandante in Capo della Kriegsmarine), Dönitz non solo non fu mai il responsabile della costruzione dei sommergibili ma neppure riuscì ad influenzarla o ad imporre proprie esigenze o visioni al riguardo. Il vero responsabile, l’Ufficio per la Costruzione dei Sommergibili, dipendente dal Comando Supremo Navale (soggetto alle pressioni delle lobby industriali), si trovò spesso in conflitto il BdU e non prestò molta attenzione alle indicazioni dello stesso, con il risultato della scarsa rispondenza e della rapida obsolescenza del materiale in servizio. D’altra parte il pragmatismo di Dönitz gli impedì un corretto apprezzamento delle prospettive e delle tendenze dell’innovazione tecnologica, come nel caso del radar. Tra l’altro, con riferimento all’alleato italiano, Donitz fu sempre ferocemente avverso all’impiego di sommergibili tedeschi in Mediterraneo. Quando Dönitz, fu nominato Comandante in Capo della Marina tedesca (mantenendo ad interim il comando dei sommergibili) era già troppo tardi e non era più possibile parlare di offensiva subacquea: d’altra parte, lo stesso Dönitz, condusse una politica abbastanza equilibrata evitando terremoti e scontri ai vertici, tanto della Marina quanto dell’establishment politico militare. 

Ai fini del conflitto, per quanto il BdU assunse un ruolo importante nella condotta tattica della guerra, va ricordato che era un comando decentrato che non si trovava neppure, almeno nei momenti più importanti della guerra subacquea, in territorio tedesco (inizialmente aveva sede a Lorient e poi a Parigi, dalla primavera del 1942 sino a marzo 1944, quando, con Dönitz come Comandante in Capo, venne spostato a Berlino. Ciò è un fattore quanto mai significativo in un’organizzazione, come quella politico/militare tedesca (e nazista in particolare) dove le decisioni erano verticistiche e rigidamente accentrate.

Gian Carlo Poddighe 

 

in anteprima: osservazione al sestante a bordo di un battello tedesco – autore foto non noto – fornito da Reminiscencerestore – WW2 German Navy U-boat submarines (Kriegsmarine Unterseeboote U-boote) etc wartime contemporary photo U-boat photos. (17).jpg – Wikimedia Commons

 

Alcune delle foto presenti in questo blog possono essere state prese dal web, citandone ove possibile gli autori e/o le fonti. Se qualcuno desiderasse specificarne l’autore o rimuoverle, può scrivere a infoocean4future@gmail.com e provvederemo immediatamente alla correzione dell’articolo

 

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Bibliografia e ricerche 

–  US Naval Institute, Annapolis – Books, articles and publ.
–  IWM – London
–  U-Boot Archives, Sylt (Prof. H. Bredow)
–  National Arch. And Rec. Adm., Washington DC – Rec. U Boats warfare
1939/45
–  Ufficio Storico Marina Militare italiana – Sommergibili in Atlantico
–  Kaaiser Fund.
–  Rower – Axis Submarine Success
–  Rower – Chronology of war at sea
–  Churchill – La 2^ Guerra Mondiale
–  J.P. Mallman Showell – U Boats under the swastika
–  Bekker – The German Navy
–  C. Bekker – Hitler’s naval war
–  K. Dönitz – Ten years and tenti Days
–  Gröner – German Navy 1815/1945 – vol 2
–  H. Bodo – U Boats in action
–  Lohmann and Hildebrand – Kriegsmarine 1939/45
–  Macintyre – The battle of the Atlantic
–  Rossler – The U-Boat
–  Ruge – Sea warfare 1939-45
–  U. Gabler – Construcciòn de Submarinos
–  Preston – Submarines
–  Lucas – La 2^GM vista dai tedeschi
–  R.C. Stern – Tipe VII U-Boats
–  V.E. Tarrant – The U- Boats offensive 1914-1945
–  ONI – Naval German Vessel of WW2
–  Gudmundur Helgason – U-web – U-Boat war 1939/45
–  R. Winklareth Naval Shipbuilders of the world
–  Showell German Navy Handbook

 

 

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1 commento

  1. 13/02/2021    

    Buongiorno Ingegnere.
    Voglio farle i miei complimenti per il suo bell’articolo.
    Essendo appassionato di storia della nostra R. Marina durante la seconda guerra mondiale (per motivi che potrà facilmente intuire leggendo il mio cognome…) ho trovato la sua analisi molto condivisibile e ben documentata. Seguirò con vivo interesse i suoi prossimi scritti.
    Marcello Polacchini

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