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livello elementare.
ARGOMENTO: CAMBIAMENTI CLIMATICI
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: OCEANI
parole chiave: oceanografia
Gli oceani del mondo sono enormi dissipatori di calore che assorbono fino al 90% del calore in eccesso nell’atmosfera; poiché l’aria si sta rapidamente riscaldando, a causa degli effetti delle emissioni di gas serra, con il passare del tempo gli oceani stanno assorbendo sempre più calore. Il 2022 è stato il quinto anno più caldo del pianeta mai registrato ma anche gli anni 2016, 2020, 2019 e 2017 si collocano tra i primi cinque. E’ innegabile che dalla fine degli anni ‘80, la velocità con cui gli oceani immagazzinano calore è aumentata da tre a quattro volte. In particolare, alcune aree si stanno riscaldando più velocemente di altre; i bacini principali hanno raggiunto i propri record di calore regionali nel 2022, tra cui il Pacifico settentrionale, l’Atlantico settentrionale, il Mar Mediterraneo e l’Oceano meridionale.
Gli oceani stanno diventando sempre più stratificati, il che significa che le masse d’acqua calda e fredda non si mescolano così facilmente e invece incastrandosi le une sull’altre come gli strati di una torta. La stratificazione può rendere più difficile il trasporto di calore, di ossigeno e nutrienti vitali attraverso la colonna d’acqua e ciò può danneggiare gli ecosistemi marini e intrappolare il calore vicino alla superficie contribuendo a riscaldare ulteriormente l’atmosfera. Se le acque più calde e più salate diventano troppo stratificate c’è il rischio che l’oceano non sia in grado di assorbire tanto carbonio come prima, i gas serra si concentrerebbero nell’atmosfera causando gravi effetti climatici. Bisogna ricordare che oltre ad assorbire calore, attualmente, l’oceano assorbe circa il 30% delle emissioni umane di anidride carbonica, portando all’acidificazione degli oceani. Questo però viene compensato dal fatto che il riscaldamento degli oceani riduce l’efficienza dell’assorbimento di carbonio oceanico e rilascia più anidride carbonica nell’aria.
L’aumento del calore degli oceani ha altre gravi implicazioni per il resto del pianeta
Come è stato ampiamente dimostrato dalla scienza del clima, sono gli oceani che per primi assorbono il calore in eccesso generato dalla nostra combustione di combustibili fossili come petrolio e carbone. E’ un principio fisico: l’acqua si espande riscaldandosi per cui gli oceani occuperanno più spazio immagazzinando più calore e contribuendo all’innalzamento dei livelli del mare. Di fatto il riscaldamento degli oceani contribuisce anche a cambiare i modelli meteorologici mondiali, influenzando i cicli idrologici del mondo, contribuendo a siccità più intense in alcuni luoghi e precipitazioni più estreme in altri. Le acque calde innescano anche i cicloni tropicali, aumentando la loro intensità.
Le zone marine più salate lo diventano ancora di più, causando problemi agli animali e ai vegetali che ci vivono, dato che ogni organismo marino ha propri equilibri di salinità e temperatura per vivere e riprodursi. Una riduzione della miscelazione molto probabilmente ha innescato un evento noto come “Blob” una vasta e persistente bolla di acqua calda nel nord-ovest del Pacifico che ha iniziato a circolare nel 2013, devastando la vita di animali marini e uccelli per gli anni a venire. L’ultima volta che fu registrata, questa ondata di calore uccise 100 milioni di merluzzi nell’area meridionale dell’Alaska; migliaia di uccelli marini furono trovati morti sulla riva mentre la popolazione di megatterediminuì del 30%. A scomparire fu anche una notevole quantità di salmoni, leoni marini, krill e altri animali marini, mentre fiorirono le alghe tossiche.
Nel 2100 il riscaldamento globale a +5 gradi, esalterà il fenomeno della siccità che colpirà soprattutto l’Europa meridionale e, in particolare, Spagna, Grecia, Italia e Turchia subiranno gravi conseguenze. In Italia, le regioni del Sud risulteranno particolarmente vulnerabili. Ovunque, nel mondo, i deserti stanno già avanzando (il 41% della superficie del Pianeta è costituita da aree desertiche) e la copertura vegetale sulla Terra diminuisce lasciando uno spazio di terreno incapace di garantire a fauna e flora le risorse di cui necessitano. Inoltre, si prevede che il ghiaccio marino continuerà a diminuire ed gli attuali ghiacciai continueranno a ridursi, come il manto nevoso, ed il permafrost a sciogliersi. Un cambiamento epocale per il pianeta.
L’acidificazione degli oceani influisce negativamente su molte specie marine, tra cui plancton, molluschi e coralli. Con l’aumento dell’acidificazione degli oceani, la disponibilità di carbonato di calcio diminuirà. Il carbonato di calcio è un elemento fondamentale per i gusci e gli scheletri di molti organismi marini. Se le concentrazioni atmosferiche di CO2 raddoppieranno, si prevede che i tassi di calcificazione dei coralli diminuiranno di oltre il 30%. Se le concentrazioni di CO2 continueranno ad aumentare al ritmo attuale, la combinazione del riscaldamento climatico e dell’acidificazione degli oceani potrebbe rallentare la crescita dei coralli di quasi il 50% entro il 2050.
Tutto questo ci deve allarmare ma non meravigliare. Infatti, andando indietro nel tempo, durante il massimo termico del Paleocene-Eocene, avvenne un episodio di forte e rapido riscaldamento climatico circa 56 milioni di anni fa, causato dalle emissioni di gas serra dovute all’attività vulcanica nell’Atlantico settentrionale che sconvolse il pianeta. Circa 60 milioni di anni fa alcuni cambiamenti nella circolazione profonda del nostro pianeta generarono una corrente calda di materiale roccioso che, uscendo dal cuore del mantello terrestre, creò il “pennacchio dell’Islanda”.
Giant’s Causeway, chiamate anche il Selciato del Gigante – Autore Penelope Kan County Antrim – Giant’s Causeway – 20180930122719.jpeg – Wikimedia Commons
Quando la roccia proveniente dal mantello sbucò attraverso il fondo dell’oceano Atlantico settentrionale, la lava sgorgò in un’area che va dalla Scozia all’Irlanda e alla Groenlandia e si consolidò in spettacolari paesaggi di colonne come il Giant’s Causeway, chiamate anche il Selciato del Gigante, un promontorio formato da circa 40.000 colonne di basalto esagonali di origine vulcanica create da un flusso dalla Scozia a Staffa e all’isola di Mull. Nonostante le profonde ferite, la vita ricominciò.
Vincenzo Popio
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Laureato in Scienze Marine presso l’Università di Pisa con un Ph. D. in Maritime Science e Master in “Environmental science and sea pollution research” presso la Pacific Western University di Los Angeles, California, il dottor Popio ha trascorso oltre 32 anni di servizio attivo nella Marina Militare. Ha ricoperto incarichi di Comando a bordo delle unità navali, come Direttore agli Studi presso Istituti di Formazione militare e come rappresentante della Marina presso l’Ufficio del Sottocapo di Stato Maggiore della Difesa. Lasciato il servizio attivo, il dr. Popio, ha continuato, in campo civile, a fornire il proprio contributo per la salvaguardia dell’ambiente marino e di tutte le sue specie, collaborando in diversi progetti riguardanti l’ambiente, con le Università di Bari, Lecce, Napoli e con l’Istituto per l’Ambiente Marino Costiero-CNR di Taranto. Numerosi sono gli articoli pubblicati sulla stampa locale sull’inquinamento (aria, mare, suolo) a Taranto, dovuto alla presenza delle industrie pesanti. Uno studio particolare è stato effettuato sul Mar Piccolo e il Mar Grande di Taranto.
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