ARGOMENTO: MARINE MILITARI
PERIODO: XX-XXI SECOLO
AREA: SUBACQUEA
parole chiave: mezzi trasportatori
RUSSIA
In Unione Sovietica il concetto moderno dell’impiego di forze speciali subacquee, integrate nelle Brigate Navali Spetsnaz, si sviluppò negli anni ’50 ovvero in piena guerra fredda. Nella dottrina sovietica, l’impiego classico delle forze speciali subacquee era di dislocare gli Spetsnaz con il lancio da paracadute direttamente nella zona di operazioni. Quindi, a differenza dei colleghi occidentali, l’impiego di trasportatori occulti per raggiungere l’obiettivo veniva effettuato dopo essere entrati in acqua con il paracadute, talvolta con i trasportatori legati ai loro corpi. Sembrerebbe che i Russi non abbiano mai adottato sistemi Dry Deck Shelter (DDS), ovvero moduli rimovibili collegati ad un sottomarino per consentire ai subacquei di fuoriuscire dai battelli immersi. Secondo la dottrina di Mosca, gli Spetsnaz dovevano fuoriuscire dai tubi lanciasiluri, un metodo pericoloso e scomodo che richiedeva, tra le altre cose, che il sottomarino fosse portato ad una quota vicina alla superficie, con conseguente rischio di essere avvistato.
In tempi più moderni questi reparti di elite hanno aggiunto alla lista delle loro operazioni anche compiti di anti-terrorismo nel settore marittimo impiegando diverse piattaforme per l’avvicinamento occulto agli obbiettivi. Questi sistemi, molto simili agli scooter subacquei, DPV (Diver propulsion vehicle), sono semplicemente costituiti da un involucro impermeabile a tenuta stagna contenente un motore elettrico a batteria che aziona un’elica.
DPV
Essi si differenziano dai SDV, veri e propri trasportatori subacquei più simili ad un sommergibile che ad uno scooter subacqueo, per i costi meno elevati e le dimensioni molto più piccole. Sono particolarmente interessanti per effettuare missioni over-the-beach one shot (ovvero impiegati per l’avvicinamento e poi abbandonati). L’equivalente più vicino ai mezzi russi nelle forze NATO è lo STIDD DPD (Dispositivo di Propulsione per Diver) che nacque per il trasporto di uno o due subacquei dando la possibilità di rimorchiare i contenitori stagni contenenti armi e materiali.
VSON – 55
Il primo veicolo trasportatore sovietico ad uso individuale conosciuto fu il VSON-55. che fu sviluppato nella metà degli anni ’50. Consisteva in un corpo cilindrico lungo il quale si appoggiava il subacqueo. Era dotato di un motore elettrico che permetteva la propulsione dell’elica posta tra … le gambe del sommozzatore.
PROTON
Questo primo mezzo fu seguito dalla fortunata serie Proton.
Questo sistema poteva trasportare uno o due subacquei in una posizione parzialmente esposta su percorsi relativamente brevi, godendo di una certa modularità che consentiva di adattarli al profilo di missione. I sistemi potevano essere quindi accoppiati in differenti configurazioni. Sebbene le specifiche dei Proton-3 non sono note, si pensa che probabilmente non differivano molto da quelle degli odierni scooter subacquei commerciali, con una velocità intorno ai due nodi ed una portata di dieci miglia.
Il Proton-3 U era un singolo propulsore subacqueo che veniva guidato dal sommozzatore alloggiato su una specie di sella posta davanti al modulo motore. L’operatore era protetto nel moto nell’acqua da uno scudo semisferico ed aveva a disposizione un sistema elementare di navigazione. La versione Proton 5 (Протей-5) era alimentata elettricamente da sei batterie al piombo non sigillate.
A differenza delle versioni precedenti, il mezzo veniva “mantenuto” sotto il subacqueo da una clip su ogni spalla ed una tra le gambe. Il suo involucro era in alluminio. Sembrerebbe che il principio del Proton fosse di trasportare velocemente l’operatore verso l’obiettivo a scapito della sua manovrabilità subacquea … in altre parole doveva andare dritto sulla preda. Nei modelli venduti commercialmente sembra che nel mezzo non esisteva alcun controllo della velocità. Viste le sue dimensioni, un operatore equipaggiato con un rebreather IDA71 in sella ad un Proteus-5 sarebbe potuto passare attraverso un foro di 0,9 metri. Se ne conoscono solo due esemplari conservati fuori della Russia; un modello a New York e l’altro, ancora funzionante, New Jersey, USA.
I modelli 5 (Proteus – 5 / 5M / 5MU) furono di fatto un miglioramento dei sistemi precedenti, in particolare per la propulsione, adottando eliche di maggiori dimensioni e sistemi per la riduzione del rumore, essenziali per l’infiltrazione nei porti.
Curioso che la definizione in russo per “veicolo trasportatore di subacqueo” è буксировщик buksirovshchik ovvero “un sistema che rimorchia”, decisamente una definizione adattissima alle sue strutture.
COM-1 DPV

COM 1 – le caratteristiche principali sono: caratteristiche sono: lunghezza: 2.2 m – diametro 0.44 m – larghezza: 0.53 m con un peso di 66 kg. Può viaggiare sott’acqua ad una velocità massima di 2 kts (con due subacquei) con 6 ore di autonomia – profondità massima: 40 metri. nella foto una versione cinese
Fratello minore del Proton-3, il COM-1 ha un peso più leggero e non sembra essere dotato di uno schermo di protezione al moto dell’acqua. Probabilmente le sue prestazioni sono più basse ma le dimensioni lo rendono adatto per un rapido rilascio da un gommone. Esiste una fotografia di una versione cinese dalla quale si possono osservare meglio gli elementi. È probabile che questo mezzo sia ancora in servizio con gli Spetsnaz e sia stato adottato da altre forze speciali non solo russe.
SDV
Passiamo ora ai sistemi SDV, swimmer delivery vehicle. Questi mezzi sono dei mini sommergibili (midget) progettati per trasportare i sommozzatori delle Forze Speciali subacquee su lunghe distanze verso il loro obbiettivo. Genericamente gli SDV trasportano un pilota, un co-pilota ed il team di attacco. Per missioni a lungo raggio, possono trasportare una dotazione di aria compressa a bordo per estendere l’autonomia degli operatori senza fargli intaccare quella dei rebreather personali. Genericamente parlando, ne esistono due tipi: il tipo “umido”, dove i nuotatori di combattimento restavano all’esterno (sempre esposti all’acqua) e uno “asciutto”, dove gli operatori restano all’interno del mezzo.
SIRENA
Il progetto Sirena fu, per alcuni aspetti, un precursore degli SDV in quanto il mezzo poteva essere trasportato e rilasciato dai sottomarini. Sembrerebbe che i sommergibili sovietici classe Kilo furono modificati per lanciarli attraverso i tubi lanciasiluri. Un altra modalità di rilascio era esternamente allo scafo. Di fatto questo mezzo aveva ben poco dei SLC italiani o britannici della guerra.
Questo mezzo aveva un diametro di 532 mm ed una lunghezza di circa 8.6 metri con un peso di circa 1.367 kg. La sua velocità variava da 2 a 4 kts con un autonomia di due ore – Profondità: 40 metri – massima dislocazione 8 miglia.
LA SERIE TRITON
Un passo avanti nei progetti sovietici fu il primo mezzo Triton, che si avvicinava concettualmente ai mezzi italiani della seconda guerra mondiale. In realtà non ebbe molto successo e non entrò mai in servizio. Questa foto lo mostra durante le prove in mare.

Triton in sperimentazione – photo credit fonte
In seguito venne realizzato il progetto Triton 1 M (progetto 907) con capacità di trasporto di due sommozzatori. Il mezzo fu costruito negli anni ’70 su disegno della società Marin Design Bureau Malakhit di San Pietroburgo. Lo scopo del Triton 1 M era ovviamente il trasporto di operatori subacquei su lunghi percorsi in operazioni clandestine. Secondo le fonti ufficiali, ne furono realizzati solo 32, ora sono stati in gran parte dismessi. Aveva un abitacolo “bagnato” (non pressurizzato) e l’equipaggio indossava l’attrezzatura durante le missioni.
Lunghezza | ∼5 m |
Larghezza | 1,4 |
massima altezza | 1,4 |
massima profondità | 40 metri |
autonomia | 6 ore |
max velocità in immersione | 6 nodi |
equipaggio | 2 sommozzatori |
range | 35 miglia |
scafo | lega alluminio magnesio |
La sua evoluzione fu il Triton 2, un mezzo decisamente più voluminoso. Costruito in lega di alluminio e magnesio, trasportava 6 operatori, operando fino ad una profondità massima di 40 metri, con un’autonomia di 12 ore e un raggio operativo di 60 miglia nautiche. Sembrerebbe che ne furono costruiti ben tredici esemplari che entrarono in servizio tra il 1975 ed il 1985.

Caratteristiche Triton 2 : Lunghezza: 9.5 m – larghezza: 1.8 m – Velocità: 5.5 nodi con un’autonomia di 60 nm – sensori: sonar MGV-11, sistema di comunicazione subacqueo MGV-6V, sistema di navigazione Samur. photo da wikipedia
Probabilmente non più in servizio attivo, fu un importante programma SDV dei sovietici durante la guerra fredda. Anche se si trattava di un mezzo bagnato, era costruito come un sottomarino per consentire una differenza di pressione tra l’acqua all’interno ed all’esterno dello scafo. Il pilota e il navigatore sedevano nella parte anteriore ed i quattro operatori passeggeri all’interno posti su due file nella parte posteriore del veicolo.
Triton NN
Un modello interessante fu il Triton-NN, derivato da un progetto nato per consentire una ridislocazione a medio lungo raggio, indipendente dalle navi o dai sottomarini madre, delle forze speciali. Questo comportava dall’altro lato, una limitazione delle prestazioni subacquee per cui la maggior parte della missione veniva condotta in superficie. Il Triton NN, una volta immerso, si comportava come un mini sommergibile utilizzando gli stessi propulsori usati in superficie. Si presume che il mezzo si dirigesse, parzialmente sommerso, verso l’obiettivo, per poi immergersi nella sua vicinanza per rilasciare gli operatori. È improbabile che il progetto Triton-NN sia mai entrato in servizio attivo con gli Spetsnaz.
Progetto Piranha
Tra i progetti russi di un certo interesse, va menzionato il progetto Piranha (865), denominato in campo NATO progetto LOSOS. Lo scafo di questi mini sommergibili è realizzato in una lega di titanio cosa che ne riduce la segnatura magnetica riducendo il rischio di attivazione delle mine magnetiche. Inizialmente era prevista la costruzione di ben dodici unità, poi il numero fu ridotto a sei ed infine a due soli esemplari, entrambi costruiti nei cantieri dell’Ammiragliato di San Pietroburgo. I due sottomarini, dopo un impiego nel Mar Baltico, vennero posti in riserva una prima volta nel 1993. Rientrarono in servizio nel 1995 ma furono definitivamente radiati nel 1997. I Losos erano stati progettati per svolgere operazioni speciali, in particolare oltre le linee nemiche, essendo in grado non solo di rilasciare gli Spetsnaz in acque avversarie, ma anche di dargli un appoggio diretto durante le operazioni. L’autonomia era di dieci giorni, ma poteva essere prolungata di ulteriori dieci in seguito ad un rifornimento della durata di sole otto ore.
Potevano rilasciare, attraverso un’apertura posta sulla caratteristica gobba del minisommergibile, due mezzi. In realtà non ebbero molto successo e rimasero in servizio solo pochi anni, nonostante fossero relativamente poco costosi e ben equipaggiati. La Malakhit Central Marine Engineering Design Bureau di San Pietroburgo continua però a commercializzarli e sono stati oggetto di una campagna promozionale nel 2005, rivolta in particolare alle marine asiatiche in tre versioni: Piranya, Piranya-T e Piranya 2, modelli che sembrano essere diversificati fra loro dalle caratteristiche di autonomia e velocità.
Progetto 650
Le forze di operazioni speciali (SOF) della Marina russa riceveranno i più recenti midget sottomarini P-650. Queste batteli di solo 720 tonnellate saranno in grado di rilasciare consegnare segretamente SOF e recuperarli al termine della missione. Il sommergibile, presentato al IMDS naval show di San Pietroburgo, è stato progettato da Malakhit.
Viktor Karavaev, designer leader di Malakhit, ha dichiarato a Izvestia che il battello “… prevede l’installazione di siluri per consentire al personale SOF di lasciare il sottomarino e un compartimento speciale chiudibile (lock out) per poterli poi recuperare. La nave ha un design modulare, che consente di impiegare ulteriormente diversi tipi di armi, siluri e mine da fondo.”
Il P-650 ha una lunghezza di 55 metri con una larghezza di 6,4 m. La profondità massima di immersione dichiarata è di 300 m. La sua propulsione è alimentata assicurata da due generatori diesel che generano energia elettrica per un motore di propulsione molto silenzioso. La sua portata è di 2.000 miglia nautiche. Sempre secondo la Malakhit, il battello avrà un equipaggio di nove persone ed un compartimento alloggio per sei SOF. Grazie alla sua modularità il P650 assicurerà alla Marina russa un ampio spettro di missioni.
fine parte III – continua
le immagini, se non specificato, sono estratte da Covert shores
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PARTE I
PARTE II
PARTE III
PARTE IV
PARTE V

ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare.
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