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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX – XXI SECOLO
AREA: NAVI MILITARI
parole chiave: fregate, Italia, FREMM
Le fregate italiane del dopo guerra

Fregata Cigno F 555
In Italia, grazie ai fondi MDAP, nel dopo guerra furono finanziati due dei quattro avvisi scorta del programma navale italiano del 1950 (Cigno e Castore); essi furono inizialmente denominati con la classifica NATO D, ovvero caccia di scorta, e dopo poco tempo riclassificati F, fregate in ruolo anti sommergibili. Per chi le ricorda e ci ha navigato, erano unità molto ballerine, tanto che qualcuno le assimilava ai sommergibili quando incontravano mare avverso. Eravamo in guerra fredda e la classe CIGNO fu addestrata per compiti di scorta e protezione dei convogli contro la minaccia dei sommergibili sovietici, mostrando però tutti i suoi limiti.
Le esperienze maturate su queste navi furono utilissime per la realizzazione della successiva classe BERGAMINI, le prime unità della NATO ad essere configurate dall’inizio in ruolo anti sommergibile, prima come corvette veloci e poi ri-classificate fregate. La classe era composta da quattro unità: Bergamini (F 593), Fasan (F 594), Margottini (F 595) e Rizzo (F 596). Il loro impiego, considerato rivoluzionario nella lotta antisom e di superficie, si dimostrò vincente ed influenzò i design successivi delle fregate degli altri paesi della NATO.

Fregata Margottini F 595
Il principio innovativo era di contrastare i sommergibili/sottomarini avversari mantenendosi sempre ad una distanza di sicurezza per la nave (stand off), impiegando siluri e elicotteri armati per l’attacco finale. Il sistema di comando e controllo era di tipo tradizionale, con tavoli tattici sui quali venivano disegnate e rappresentate le informazioni. Nella penombra, illuminata solo dalle luci rosse, si addestravano i giovani ufficiali e sottufficiali durante la guerra fredda contro un nemico che era rappresentato dall’Unione Sovietica.

AB 47 J3 sul ponte di volo di un Bergamini (notare le dimensioni) – foto di proprietà Alessandro Bellott
La classe Bergamini ospitava una piccola tuga poppiera per il decollo e appontaggio dell’elicottero AB 47 J3. Essa era dotata di un hangar telescopico costituito da una gabbia con un’intelaiatura scorrevole che, quando estesa, occupava parte del ponte e veniva poi ripiegata durante le operazioni di volo. La prima unità ad essere dotata di ponte di volo fu il Rizzo, nel 1961. L’elicottero AB 47 J3 era armato con un siluro Mk 44 che, una volta lanciato, si auto guidava acusticamente sul bersaglio. Nel 1964 entrarono in servizio i primi AB 204 AS, elicotteri medi di costruzione AGUSTA BELL, dotati di un sistema automatico di controllo del volo per l’hovering e di un sonar VDS per localizzare i sommergibili nemici. Questi velivoli ad ala rotante in breve tempo divennero la dotazione standard di tutte le fregate italiane. A tal riguardo, va sottolineato che la Marina Militare Italiana ebbe il merito di aver intuito per prima l’importanza di imbarcare gli elicotteri antisommergibili su questo tipo di navi al fine di allungarne il braccio offensivo, influenzando le nuove costruzioni navali e le tattiche di combattimento. L’armamento originario era costituito da tre cannoni da 76/62 mm tipo MMI (due a prora ed uno a poppa), un lanciabombe anti-sommergibili e sei tubi lanciasiluri inseriti in due impianti tripli. Successivamente il cannone di poppa venne rimosso per permettere l’allungamento del ponte di volo per i nuovi elicotteri.
Il disegno della parte immersa della prua presentava un arrotondamento pronunciato mentre la poppa era squadrata invece che affusolata. Durante la scuola comando navale ad Augusta (Sicilia), si scherzava su queste poppe che si diceva si erano appiattite a causa delle manovre maldestre dei neo comandanti, frequentatori del corso. La propulsione era diesel con un unico fumaiolo. Bestia nera era il giunto idraulico Vulcan che separava meccanicamente l’apparato motore, dal sistema di trasmissione, in modo da salvaguardare il riduttore dall’azione di sforzi bruschi e dalla fluttuazioni del momento di forza dell’apparato motore. Il problema era che nel passaggio tra “macchine indietro” a “macchine avanti”, o viceversa, l’azione di inversione del moto non era immediata ed i tempi di reazione erano dannatamente lenti, esponendo quindi la nave per maggior tempo all’effetto del vento.

Fregata Carabiniere F 581
Nel 1967 entrò in servizio il Carabiniere, la prima fregata della classe CARABINIERE (la seconda fu la nave ALPINO). Concettualmente si trattava di nuove fregate armate con sei cannoni da 76/62 mm MMI, un elicottero AB 212 ASW, due lanciasiluri tripli Mk 32 per siluri da 324 mm ed un lanciabas (lancia bombe antisom). Un’innovazione tecnica importante fu l’installazione di due pinne stabilizzatrici anti-rollio che permettevano l’impiego degli elicotteri e delle armi in condizioni meteorologiche avverse e la propulsione tipo CODAG (Combined Diesel and Gas) con due turbine a gas.
Questa classe, alla fine degli anni settanta, fu affiancata dalle quattro fregate classe LUPO, tra i prodotti di maggior successo della cantieristica militare italiana dal dopoguerra. Il progetto fu sviluppato dalla FINCANTIERI in stretta collaborazione con la Marina Militare Italiana. Ne furono realizzate quattro navi per la Marina Militare Italiana e 14 suddivise tra le Marine del Venezuela (6), del Perù (4) e dell’Iraq di Saddam (4 anche se non furono mai consegnate a causa dell’embargo delle armi per la guerra Iraq -Iran).
Le quattro fregate classe LUPO (LUPO F 564, SAGITTARIO F 565, PERSEO F 566 e ORSA F 567) offrivano un’elevata velocità e manovrabilità, unita ad un armamento considerevole tenendo conto delle loro dimensioni e stazza. A partire dal cannone prodiero 127/54 mm e le mitragliere binate del sistema di difesa ravvicinata antimissile Dardo, collocato sul ponte di coperta sulle due fiancate a poppavia del fumaiolo. La componente missilistica consisteva in un sistema lanciamissili Albatros ad otto celle dotato inizialmente di missili Sea Sparrow e successivamente di missili Aspide, e da otto o quattro lanciatori per missili Otomat Teseo, disposti sui due lati della nave. Inoltre era dotata di due lanciasiluri tripli per siluri leggeri da 324 mm. A completare le sue capacita difensive ed offensive venne imbarcato dal 1976 un elicottero AGUSTA BELL AB-212 ASW quindi in versione anti-sommergibile. Non ultimo la classe LUPO imbarcava una dotazione elettronica allo stato dell’arte per far fronte alle minacce ad alta tecnologia che si prospettavano nei nuovi scenari, gestita da un sistema di comando e controllo SADOC, TCS Selenia IPN 20, che consentiva di visualizzare la situazione tattica e controllare e coordinare i sistemi d’arma grazie alle informazioni ricevute da tutti i sensori. Un passo avanti enorme rispetto ai sistemi analogici delle fregate precedenti.
Nel 1982 incominciarono ad entrare in servizio le fregate classe MAESTRALE, fiore all’occhiello della Marina Militare italiana per molti anni. Derivate dalla classe LUPO, le otto unità della classe (MAESTRALE F 570, GRECALE F 571, LIBECCIO F 572, SCIROCCO F 573, ALISEO F 574, EURO F 575, ESPERO F 576 e ZEFFIRO F 577) erano navi di maggiori dimensioni rispetto alle LUPO, particolarmente adatte alle nuove necessità di scorta derivanti dalle crisi internazionali di quegli anni al di fuori del Mediterraneo. A tal scopo fu deciso di diminuire le capacità anti nave e potenziare sia quella antisommergibili che la difesa di punto. Fu aggiornato anche il sistema di Comando e Controllo, potenziando le capacità di comunicazione. Inoltre fu imbarcato un sonar più performante, un sonar trainato VDS, due elicotteri, ospitati in un ampio hangar, e nuovi siluri.
Queste unità, estremamente performanti, furono impiegate con successo per quasi tre decenni operando in tutti i mari del mondo, nelle missioni di guerra sotto mandato ONU. Inoltre va ricordata la lunga dislocazione (circa sette mesi) dello ZEFFIRO nel 1997 in Estremo Oriente, prima missione di protezione del traffico mercantile contro i pirati, al comando del capitano di vascello Paolo Giuliani.
Nel terzo millennio entrarono in servizio le più prestanti FREMM (Fregata Europea Multi-Missione) che furono sviluppate in stretta cooperazione con la Marine Nationale francese. Queste navi hanno un dislocamento importante di circa 6.700 tonnellate (i caccia degli anni ’70 classe Audace avevano un dislocamento di 5.000 tonnellate). Le versioni FREMM italiane e francesi nel tempo si sono poi differenziate nei sistemi d’arma e relativi sistemi di controllo imbarcati, adeguati alle possibili missioni future del III millennio.
Vediamo nei dettagli le configurazioni tecniche delle fregate FREMM italiane
Il Sistema di Combattimento è gestito dal sistema CMS (Combat Management System) ATHENA-I sviluppato da LEONARDO dal 2017. Il sistema missilistico antiaereo è basato sul SAAM-ESD cui è associato il radar multifunzionale attivo 3D EMPAR (SPY-790), sensore principale del sistema. A differenza del sistema imbarcato sulle FREMM francesi (SAAM-FR), avente solo capacità di autodifesa (missili Aster 15), tutte le FREMM italiane dispongono di una capacità di difesa d’area, grazie alla possibilità di utilizzare anche i missili Aster 30. Le unità dispongono di un sistema comunicazione Datalink Link 11, 16 e 22 M-DLP e di un sistema di comunicazioni satellitare (SATCOM). Ne esistono due versioni; la versione ASW (antisom) e la versione multiruolo. Le prime sono dotate di un sonar attivo Thales 4110CL con trasduttore WASS composto da 500 idrofoni. Tutte dispongono di sonar anti-mine WASS SNA-2000-I. Le quattro FREMM ASW dispongono anche di echosounder SeaBeam 3050 multibeam, della L-3 ELAC Nautik e di un sonar attivo rimorchiato a profondità variabile (VDS) Thales 4249 a bassa frequenza.
L’armamento consiste in due sistemi lanciasiluri da 324 mm per siluri MU 90, due cannoni Oto Melara 76/62 mm super rapido con capacità di utilizzo della munizione guidata DART antimissile, due OTOMELARA Oerlikon da 25/80 mm e due elicotteri NH90 o NH101. La versione multiruolo si differenzia per il numero e la tipologia di armamenti imbarcabili con lanciatori TESEO e VLS. Per operazioni constabulary e delle forze speciali sono disponibili RHIB (Rigid-Hull Inflatable Boats) di elevate prestazioni che ne hanno ampliato la capacità di intervento, includendo il supporto alle forze anfibie e terrestri.
A questo punto vi chiederete: Ha ancora senso usare il termine fregata per navi con caratteristiche apparentemente diverse?
Per analogia al passato, la risposta non può che essere SI. Queste navi con spiccate capacità di combattimento tridimensionali, al di là del loro tonnellaggio, di fatto continuano il compito dei loro predecessori ovvero unità da combattimento multiruolo integrate nella flotta per compiti mutevoli sia dal punto di vista militare che politico. Se vogliamo appare invece ormai obsoleto il ruolo di cacciatorpediniere che, viste le capacità di queste nuove navi, tende a scomparire come quello delle vecchie navi da battaglia, termine ormai usato solo nelle serie di fantascienza. Dopo, tanti secoli la fregata, agile e veloce vascello dei mari, continua a solcare i mari, mantenendo ancora un ruolo di tutto rispetto negli scenari marittimi.
Andrea Mucedola
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Alcune delle foto presenti in questo blog possono essere state prese dal web, pur rispettando la netiquette, citandone ove possibile gli autori e/o le fonti. Se qualcuno desiderasse specificarne l’autore o rimuoverle, può scrivere a infoocean4future@gmail.com e provvederemo immediatamente alla correzione dell’articolo
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Si ringrazia il contrammiraglio (ris) Fernando Cerutti per gli ottimi spunti suggeriti nella revisione di questo articolo

ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. E’ docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione scientifica.
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