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1941-1942: le navi mercantili che violarono il blocco dal Brasile e dall’Estremo Oriente

tempo di lettura: 6 minuti

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livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: GUERRA SUL MARE
parole chiave: Violatori di blocco
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Toccò quindi alle navi bloccate in Brasile: tra il marzo e l’agosto 1941 raggiunsero la Francia le navi Frisco, XXIV maggio, Butterfly, Monbaldo, Africana ed Himalaya (quest’ultima proveniente dall’Eritrea), mentre andarono perdute la motocisterna Franco Martelli ed il piroscafo Stella

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L’Himalaya in navigazione in tempo di pace  MN Himalaya4 – Himalaya (nave mercantile) – Wikipedia

Il 31 luglio 1941 l’Himalaya, camuffata da nave britannica e con un equipaggio di 37 uomini, salpò da Rio de Janeiro, affrontando la traversata dell’Atlantico, trasportando  3.146 tonnellate di materie prime tra cui 1.000 tonnellate di rame, 1.000 di stagno, 220 di cromo, 210 di nichel, 50 di molibdeno e 30 di vanadio. Tutti questi minerali (acquistati negli Stati Uniti nell’inverno 1940-1941, quindi dopo l’inizio della guerra) erano stati procurati dalle autorità italiane (diplomatici, consoli, addetti navali) in collaborazione con il governo brasiliano (ancora favorevole, all’epoca, all’Asse), e ne era prevista la spartizione, dopo l’arrivo, tra Germania ed Italia. L’Himalaya puntò verso nord sino all’arrivo a Bordeaux, base atlantica italiana e principale meta dei violatori di blocco, dove giunse il 30 agosto. Sebbene fosse previsto che tutti i mercantili italiani in Brasile tentassero il rientro in Europa solo otto navi tentarono la traversata e di queste solo sei raggiunsero la Francia consegnando circa 30.000 tonnellate di pregiate materie prime.

Dall’ Estremo Oriente 

Allo scoppio della guerra quattro navi mercantili italiane si trovavano in Thailandia: la Fujiyama era a Koh-si-Chang, le altre tre, le motonavi Volpi e Sumatra ed il piroscafo XXVIII ottobre, si erano rifugiate a Phuket Harbour. L’eventuale fuga delle navi mercantili dalla Thailandia si presentava molto difficoltosa, dato che le forze aeronavali britanniche ed olandesi controllavano le zone circostanti (golfo del Bengala, stretto di Malacca, mari di Giava e Sumatra). La partenza delle navi riparate a Phuket Harbour venne subito scartata, essendo tale porto a sole 130 miglia dal confine con la Birmania, controllata dalle truppe britanniche. La Regia Marina italiana decise tuttavia di tentare la partenza della Fujiyama, dato che Koh-si-Chang era meno esposta alla vigilanza nemica. L’8 agosto 1941, terminate le operazioni di approvvigionamento la Fujiyama salpò da Koh-si-Chang e raggiunse il mare aperto alla massima velocità possibile compatibilmente con le cattive condizioni della carena, ovvero a undici nodi. La nave attraversò il golfo del Siam e si tenne a poca distanza dalle coste di Thailandia, Cambogia e Vietnam del Sud, giungendo quindi nel mar della Cina, dove venne supportata dall’aviazione giapponese. Dopo aver superato Hainan ed essere transitata nello stretto di Formosa, la Fujiyama oltrepassò Ryukyu e fece quindi rotta sul Giappone. Il 22 agosto 1941, dopo un viaggio di oltre 3.500 miglia (alla velocità media di circa dieci nodi), il mercantile arrivò a Kōbe.

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La motonave Pietro Orseolo – Fonte scannerizzazione da pagina 381 di Rolando Notarangelo, Gian Paolo Pagano, «Navi mercantili perdute », Ufficio Storico della Marina Militare italiana, Roma 1997MN Pietro Orseolo1.jpg – Wikipedia

Nell’autunno 1941, come le altre navi mercantili italiane che si trovavano nei porti della Cina e del Giappone (motonavi Cortellazzo, Calitea II e Pietro Orseolo, piroscafi Carignano, Venezia Giulia ed Ada Treves, transatlantico Conte Verde), la Fujiyama venne visitata dall’addetto navale a Tokyo, incaricato di individuare le navi adatte al trasporto della gomma naturale (nonché altri materiali utili allo sforzo bellico) dall’Estremo Oriente alla Francia occupata. Solo tre unità vennero giudicate adatte: tra queste vi era la Fujiyama (le altre erano le moderne motonavi Cortellazzo e Pietro Orseolo). Dopo uno studio nautico e meteorologico della Regia Marina, la rotta stabilita per evitare le zone più frequentate dal naviglio britannico (essendo gli Stati Uniti d’America ancora neutrali) prevedeva l’attraversamento dell’Oceano Pacifico da nord verso sud, il doppiaggio di Capo Horn e la risalita dell’Oceano Atlantico fino a Bordeaux.

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La Motonave Cortellazzo dopo l’arrivo a Bordeaux, durante i lavori di adattamento per un nuovo viaggio di forzamento del blocco – Data probabilmente fine 1939 / inizio 1940 – Fonte http://www.casinadeicapitani.net/archivio/archivio2004/navi_in%20ostaggio/8.asp File:MN Cortellazzo2.jpg – Wikipedia

La motonave italiana Cortellazzo fu rifornita di provviste e, per conseguire un rapido autoaffondamento in caso di incontro con navi nemiche, fu collocata una carica esplosiva da 50 kg nel locale eliche. Per essa, in accordo con le autorità Italiane, giapponesi e tedesche, fu preparato un carico completo di materiali di interesse militare (1.400 tonnellate di olii vegetali, 1.140 di arachidi, 496 di pneumatici destinati all’Italia e 285 di canapa, 275 di lacca, 258 di tè, 159 di tela kaki, 100 di stagno, 61 di nichel, 36 di rame, 10 di volframio da trasportare in Francia). Inoltre, 4.309 delle 5.639 tonnellate di materiali pregiati erano destinate ai tedeschi, mentre 1.330 erano per gli italiani.

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Altra foto della motonave da carico Cortellazzo – Data probabilmente fine 1939 / inizio 1940 – Fonte http://www.archeologiaindustriale.it/sez_risorse_it.php?search_linked_media=motonave%20da%20carico%7Ccortellazzo&goto_id=3199 

La Cortellazzo lasciò Kobe diretta a Dairen dove giunse il 6 novembre 1941 per completare il carico. Il 16 novembre 1941, il mercantile salpò da Dairen diretta a Capo Horn che fu doppiato la vigilia di Natale. Dopo aver attraversato due oceani la Cortellazzo fece il suo ingresso nel porto di Irun, Spagna, per poi dirigersi a Bordeaux. Al largo di Capo Higuer il 26 gennaio, la nave incontrò tre dragamine tedeschi, inviati per scortarla. Dopo una breve sosta a Saint-Jean-de-Luz, 16 miglia più a nord, la nave ripartì scortata da tre cacciatorpediniere tedeschi e da otto bombardieri Junkers Ju 88. Il 27 gennaio la Cortellazzo entrò nella Gironda raggiungendo Bordeaux, accolta dal personale della base di Betasom.

 

La Motonave Orseolo fu sottoposta ai necessari lavori per essere rimessa in condizione di affrontare una lunga traversata senza scalo (tali lavori inclusero anche le operazioni di camuffamento e la collocazione, nelle stive, di cariche di termite per l’autoaffondamento) ed imbarcò un carico di 6.646 tonnellate di gomma grezza ed altri materiali d’interesse bellico, tra cui una vernice speciale per aerei detta agar agar. La nave lasciò Kōbe la sera del 24 dicembre 1941 con un equipaggio di 48 uomini, tra cui otto ufficiali. La rotta più sicura, essendo entrati in guerra gli Stati Uniti, sarebbe consistita nella traversata dell’Oceano Indiano entrando in Atlantico dopo aver doppiato il Capo di Buona Speranza, ma, non essendovi stati ordini di Supermarina a tale proposito, la motonave attraversò l’Oceano Pacifico diretta verso Capo Horn, rotta già seguita dalla Cortellazzo. Il 25 gennaio 1942 la Pietro Orseolo doppiò Capo Horn giungendo poi ad Irun, al confine tra Francia e Spagna, la sera del 22 febbraio 1942. Fu quindi scortata a Bordeaux da tre navi da guerra tedesche, giungendo a Bordeaux il 23 aprile (dopo un viaggio di 19.372 miglia)

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La motonave Himalaya – Fonte scannerizzazione dalle immagini a centro libro (tra le pagine 144 e 145) di Dobrillo Dupuis, «Forzate il blocco! L’odissea delle navi italiane rimaste fuori degli stretti allo scoppio della guerra», Ugo Mursia Editore, Milano 1975 Data anni ’30 MN Himalaya2.jpg – Wikipedia

Dopo l’arrivo in Giappone, la Fujiyama aveva subito vari lavori di riparazione ed adattamento, per consentire una traversata oceanica che la portasse in Europa senza tappe intermedie e, l’equipaggio fu portato ad otto ufficiali e 37 marinai. Il 7 febbraio 1942, lasciò Kobe con un carico di 4.839 tonnellate, che includeva gomma grezza (2.000 tonnellate), copertoni e camere d’aria (un centinaio di tonnellate), minerali, olio di cocco, olio di balena e sacchi di copra. La nave fece rotta su Capo Horn, doppiandolo il 20 marzo e il 23 aprile la motonave raggiunse El Ferrol, da dove ripartì lo stesso giorno scortata da velivoli della Luftwaffe. Dopo aver sostato per poco tempo ad Irun, il mercantile ripartì il giorno stesso, scortata da una torpediniera tedesca. Il 26 aprile 1942 la Fujiyama, dopo aver costeggiato dapprima la costa spagnola e poi quella francese, giunse a Bordeaux.
Fine II parte – continua
Gianluca Bertozzi
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