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I violatori di blocco italiani

tempo di lettura: 7 minuti

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livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: GUERRA SUL MARE
parole chiave: Violatori di blocco
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Alla vigilia dell’entrata in guerra dell’Italia (10 giugno 1940) ben 212 navi mercantili italiane, per un totale di un milione 209.090 tonnellate di stazza, si trovavano fuori dagli stretti. Molte di esse furono catturate o affondate e la maggioranza internate in porti neutrali. Oggi parleremo di quelle che continuarono invece ad operare sugli oceani, violando il blocco alleato.

L’impiego come navi corsare per l’attacco al traffico 
Nei primi mesi del 1941 si valutò la possibilità di rifornire l’AOI dall’Estremo Oriente, impiegando navi mercantili giapponesi. Come prevedibile, la risposta del governo nipponico fu negativa quindi per trasportare i materiali approntati rimaneva solo la possibilità di usare qualcuno dei mercantili nazionali che si trovavano nell’Indiano e nel Pacifico. Il 20 novembre 1940 venne prospettata la possibilità di utilizzare due moderne motonavi, Orseolo e Cortellazzo, che si trovavano in porti giapponesi e Supermarina valutò la possibilità che queste navi, una volta sbarcato il carico, potessero darsi alla guerra di corsa. In tal caso avrebbero dovuto avere un armamento di sei cannoni da 152 oltre a mitragliere contraeree e la loro autonomia avrebbe dovuto essere portata a 5 mesi. La difficoltà di approntare le navi e il precipitare degli eventi in Africa Orientale impedì di realizzare questo progetto come la possibilità di utilizzare per la guerra di corsa le motonavi RAMB I, II (già requisite e armate con 4 cannoni da 120) e IV (quest’ultima avrebbe dovuto essere armata con tre cannoni da 152mm, prelevati da una batteria costiera di protezione a Massaua) che si trovavano in AOI.

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La bella motonave da carico Pietro Orseolo poco dopo il suo allestimento – Fonte http://www.naviearmatori.net/ita/foto-158084-4.htmlMN Pietro Orseolo3.jpg – Wikipedia

In previsione della futura ed inevitabile caduta dell’Eritrea, venne quindi pianificata la partenza da Massaua delle poche navi dotate di autonomia sufficiente ad affrontare lunghe traversate verso l’Estremo Oriente o verso la Francia occupata, e la distruzione di tutte le altre navi per evitarne la cattura. Le unità in grado di affrontare una traversata oceanica violando il blocco nemico furono individuate nelle motonavi India ed Himalaya, nel piroscafo Piave, nella nave coloniale Eritrea e negli incrociatori ausiliari RAMB I e RAMB II, oltre che nei sommergibili Perla, Guglielmotti, Archimede e Galileo Ferraris. Tutte tali unità partirono tra febbraio e marzo 1941, con diverse destinazioni e differenti sorti (i sommergibili raggiunsero Bordeaux in Francia, l’India ed il Piave furono costretti a rinunciare al viaggio da guasti e dalle avverse condizioni meteorologiche e a rientrare ad Assab, la RAMB I venne affondata in combattimento dall’incrociatore HMNZS Leander mentre la RAMB II e l’Eritrea raggiunsero il Giappone.

Per l’Himalaya era previsto un viaggio diviso in due parti: nella prima la motonave avrebbe raggiunto il neutrale Brasile, mentre nella seconda si sarebbe trasferita nella Francia occupata. Prima della partenza vennero effettuati i necessari preparativi, inclusivi della predisposizione dei mezzi per garantire un celere autoaffondamento e dell’imbarco di scorte adeguate alla lunga traversata. La sera del 1º marzo 1941 la motonave salpò. Dopo aver lasciato Massaua, l’Himalaya eluse la sorveglianza britannica nello stretto di Bab el-Mandeb ed entrò nell’Oceano Indiano, proseguendo la navigazione tenendosi molto lontana dalle coste dell’Africa e dalle rotte principali e dalle zone più frequentate, per evitare d’imbattersi in navi nemiche. l’Himalaya transitò ad est delle Seychelles, del Madagascar e di Mauritius, ed il 21 marzo, giunta al largo dell’estremità meridionale del Sudafrica (mantenendosi a grande distanza da Durban e Città del Capo, basi navali britanniche), doppiò il Capo di Buona Speranza e fece rotta verso nordovest, entrando nell’Oceano Atlantico e dirigendo verso il Brasile. Dopo 32 giorni di navigazione l’Himalaya giunse in vista della costa brasiliana per poi ormeggiarsi, all’alba del 3 aprile, dopo una traversata di 8900 miglia, nella baia di Rio de Janeiro.

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La motonave Himalaya – Fonte scannerizzazione dalle immagini a centro libro (tra le pagine 144 e 145) di Dobrillo Dupuis, «Forzate il blocco! L’odissea delle navi italiane rimaste fuori degli stretti allo scoppio della guerra», Ugo Mursia Editore, Milano 1975 MN Himalaya2.jpg – Wikipedia

Nel febbraio 1941, nell’imminenza della caduta della Somalia, il locale comando della Regia Marina ordinò la partenza delle navi mercantili ritenute in condizioni idonee ad affrontare la navigazione sino al Madagascar. Le navi avrebbero dovuto raggiungere il porto di Diego Suarez, controllato dalle forze della Francia di Vichy, dove sarebbero state al sicuro. La sera del 10 febbraio 1941, pertanto, il piroscafo Savoia lasciò Chisimaio così come il grosso piroscafo misto Leonardo Da Vinci, la piro-cisterna Pensilvania (già Pennsilvania, già De Soto, già Phoebus , i piroscafi da carico Erminia Mazzella e Manon ed il piroscafo misto Adria, mentre in un secondo momento partirono anche il piroscafo misto Somalia e la motonave da carico Duca degli Abruzzi, uniche due unità a raggiungere Diego Suarez.

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Il Pensilvania in servizio per la società Pittaluga NC Pensilvania1 – Pensilvania (nave cisterna) – Wikipedia

Poco dopo aver raggiunto il mare aperto, tuttavia, tutte le navi del primo gruppo vennero intercettate e catturate dagli incrociatori britannici  (la «Forza T»), questo nonostante i tentativi di autoaffondarsi da parte degli equipaggi.

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La motonave da carico Duca degli Abruzzi Fonte http://www.naviearmatori.net/ita/foto-147706-4.htmlMN Duca degli Abruzzi1.jpg – Wikipedia

Le due navi italiane arrivate a Diego Suarez rimasero inattive nel porto malgascio per oltre un anno, ma ad inizio maggio del 1942 le forze britanniche, nell’ambito dell’Operazione «Ironclad», attaccarono ed invasero il Madagascar per prevenire l’installazione nell’isola di basi navali giapponesi, dalle quali i nipponici avrebbero potuto attaccare il traffico britannico nel Medio Oriente. La Duca degli Abruzzi ed il Somalia, per evitare la cattura, si autoaffondarono l’8 maggio 1942.

Dalla Spagna continentale
Nel frattempo lo Stato Maggiore della Regia Marina aveva proposto ed ottenuto di mettere a punto un piano per far forzare il blocco alleato da parte dei mercantili rifugiati nelle nazioni neutrali più benevole nei confronti dell’Italia (Spagna, Brasile e Giappone) e farli giungere a Bordeaux, base atlantica italiana (BETASOM) nella Francia occupata: le navi sarebbero passate sotto il controllo delle forze tedesche, mentre i carichi (ancora a bordo da quando, dopo la dichiarazione di guerra, si erano rifugiate nei porti neutrali) sarebbero stati trasferiti in Italia via terra. Dopo la trasmissione delle istruzioni da seguire per la partenza ed il viaggio, era stata organizzata la partenza dei vari mercantili, iniziando dalla Spagna continentale.

 

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Il piroscafo da carico Capo Lena Fonte http://www.messageries-maritimes.org/astrolabe.htm Piroscafo Capo Lena1.jpg – Wikipedia

Le prime due unità a trasferirsi, tra il 9 ed il 27 febbraio 1941, furono il piroscafo da carico Capo Lena e la piro cisterna Clizia, che aveva a bordo 3.000 tonnellate di petrolio, che si trasferirono rispettivamente da Vigo e da San Juan de Nieva a Bilbao. Il trasferimento delle due navi fu notato dai servizi segreti britannici. Il 24 febbraio, dopo aver lasciato Bilbao all’alba, le due navi incontrarono al largo di Saint-Jean-de-Luz alcuni dragamine tedeschi, che li scortarono alla foce della Gironda e quindi a Bordeaux, dove arrivarono il 27 febbraio. L’Eugenio C. fu la terza ed ultima nave scelta per partire. Il 13-14 giugno 1941 il piroscafo, si trasferì da El Ferrol a Saint-Nazaire (dove giunse il 14 giugno). In una seconda fase nel marzo 1942 anche i piroscafi Drepanum e Fidelitas lasciarono El Ferrol e si trasferirono a Bordeaux.

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Il piroscafo britannico Bolton Castle, poi italiano Fidelitas, in Sudafrica – Fonte http://www.naviearmatori.net/ita/foto-9555-4.html Piroscafo Bolton Castle.jpg poi Fidelitas – Wikipedia

Venne quindi organizzato il trasferimento delle navi che si trovavano nelle Canarie, 17 in tutto. Dato che tuttavia, dopo un anno di inattività, molte unità non erano in condizioni adatte ad affrontare una difficile traversata atlantica in tempo di guerra (le carene erano ricoperte di denti di cane ed alcune navi non erano entrate in bacino di carenaggio da oltre due anni), l’addetto navale a Madrid inviò alle Canarie un ufficiale, che ispezionò tutti i mercantili là internati e compilò un dettagliato rapporto in cui individuò in nove le navi che avrebbero potuto prendere il mare. Tra aprile e giugno partirono per la Francia, nell’ordine, i mercantili Capo AlgaBuranoReccoSangroGianna M.TodaroAtlanta ed Ida, tutti giunti a destinazione ad eccezione di ReccoSangro e Gianna M.. Lo spionaggio inglese, attivo nelle Canarie, segnalò che il 29 aprile il piroscafo Ernani stava caricando manganese. La nave partì ma, nella sua rotta, verso Bordeaux, mentre stava modificando la sua struttura per essere scambiata per il piroscafo olandese Engganovene, venne silurata dal sommergibile tedesco U-103.

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Il piroscafo da carico Ernani Fonte http://www.uboat.net/allies/merchants/ships/1025.htmlPiroscafo Ernani1.jpg – Wikipedia

In conclusione, nel 1941, dodici mercantili presero il mare da porti in Spagna e nelle Canarie, di cui otto superarono il blocco e arrivarono in Francia consegnando 17.521 tonnellate di materie prime e 1.5920 tonnellate di petrolio.
Fine I parte – continua
Gianluca Bertozzi
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in anteprima la RAMB 2 che, arrivata in Giappone circa quattro settimane dopo la partenza da Massaua, fu utilizzata con il nome di Calitea come nave da trasporto fino all’armistizio, quando venne sabotata dall’equipaggio affinché non cadesse in mani giapponesi. Riadattata, fu utilizzata dalla Marina Giapponese sempre come nave da trasporto e venne affondata il 12 gennaio 1945 nel porto di Osaka per un bombardamento aereo statunitense.

Nave Coloniale Ramb2.jpg – Wikipedia
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.PARTE I PARTE II PARTE III
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