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livello elementare.
ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: OCEANO ATLANTICO
parole chiave: Titanic, Carpathia
Quando ormai tutti i naufraghi del Titanic erano saliti a bordo del Carpathia e cioè attorno alle otto del mattino, arrivò il Californian. La nave aveva impiegato quasi quattro ore a raggiungere il punto dell’affondamento perché, per togliersi dalla morsa dei ghiacci, con le prime luci dell’alba, aveva fatto rotta dapprima verso est, quindi a sud e comunque ad una velocità ridotta per la presenza di iceberg. In accordo con il Carpathia, il Californian rimase sul posto per ricuperare eventuali superstiti ma, data la temperatura del mare, tutti coloro che non avevano trovato posto sulle lance di salvataggio erano inesorabilmente morti per assideramento. Drammatico il racconto dei sopravvissuti che udirono per interminabili minuti le urla dei naufraghi che stavano agonizzando nell’acqua ghiacciata. Il Comandante Rostron decise di non proseguire più il suo viaggio col Carpathia verso il Mediterraneo, ma di ritornare indietro a New York, principalmente per sbarcare i naufraghi del Titanic, ma anche perché il cambiamento di rotta a tutta forza aveva diminuito le riserve di combustibile. Ma come mise la prora verso ovest, si trovò davanti ad una barriera polare.
Le scialuppe di salvataggio del RMS Titanic vengono caricate sul RMS Carpathia nelle ore successive all’affondamento
Carpathia – Titanic lifeboats.jpg – Wikimedia Commons
“But a tremendous ice field that stretched to the Horizon soon blocked their passage”
Grossi iceberg alti più di sei metri sul livello del mare si ergevano minacciosi sulla rotta del Carpathia. Erano masse di ghiaccio enormi che sotto il livello del mare raggiungevano dimensioni gigantesche. Il sole nascente li illuminava di strani colori, oro e argento. Il Comandante Rostron dovette accostare a sud e proseguire in quella direzione per cinquantasei miglia, prima di riassumere la rotta verso ovest. Questo dimostra che il campo degli iceberg era davvero una barriera impenetrabile. E qui ha inizio la storia, ovvero le storie dei sopravvissuti, l’arrivo al pier di New York, i parenti, la folla, i giornalisti, l’opinione pubblica, le critiche, le lodi ed il Board of Trade Inquiry. In seguito vi fu pure The Limitation of Liability, la prescrizione di passività per il risarcimento dei danni. Purtroppo abbiamo tralasciato di parlare di tanti personaggi e protagonisti di atti eroici come il maestro Wallace Hartley con i suoi orchestrali che continuarono a suonare finché non furono travolti dalle onde, e così pure del giovane Thayers, di Clinch Smith, perito nel naufragio e meritevole nel salvataggio di tante persone assieme all’amico Colonnello A. Gracie. Molti, anzi troppi, sono stati gli oscuri eroi di questa vicenda, persone che hanno atteso la morte pregando e che, con la loro rinuncia, hanno permesso agli altri di salvarsi. Il Colonnello Archibald Gracie non visse abbastanza per vedere pubblicato il suo libro che uscì postumo un anno dopo. Il Comandante Boxhall sopravvisse al naufragio, partecipò alla 1^ Guerra Mondiale e poi navigò fino all’età di cinquantasei anni sulle navi della Cunard Line. Morì nel giugno del 1967 e, per suo espresso desiderio, il suo corpo fu cremato e le sue ceneri furono gettate in mare dalla nave Scotia nel punto esatto dove affondò il Titanic. Quando si parla di errore umano, si tende sempre a colpevolizzare l’ultimo anello della catena delle responsabilità. Il Comandante Smith fu l’ultimo responsabile della nave e pagò con la vita la perdita del Titanic. Ma fu veramente l’unico responsabile? Come si possono prendere decisioni prudenziali quando ci hanno affidato una nave certificata “inaffondabile”? Questo è stato il primo “errore umano”.
Bruce Ismay, Presidente della White Star Line, era a bordo del Titanic per il viaggio inaugurale. Naturalmente pranzava al tavolo del Comandante, come si usa su tutte le navi quando c’è a bordo una persona di riguardo. Diciamo pure che Bruce Ismay era il “top” di tutti i personaggi di bordo, più dello stesso Comandante Smith. Diceva un vecchio capitano: “quando a bordo c’è l’Armatore o comunque un suo rappresentante, il Comandante diventa Primo Ufficiale, il Primo diventa Secondo, il Secondo, Terzo ed il Terzo diventa allievo“.
Alle 1.42 p.m. del 14 Aprile, mentre erano tutti a tavola per il pranzo, arriva il seguente messaggio dall’Athinai via Baltic, due piroscafi che si trovavano sulla rotta del Titanic: “Greek Steamer Athinai report passing icebergs and large quantities of field ice today in latitude 41,51 N, longitude 49,52 W.” Il piroscafo greco Athinai riporta il passaggio di iceberg e grandi quantità di campi di ghiaccio, oggi in latitudine 41,51 N, longitudine 49,52 W). Gli iceberg segnalati sono direttamente sulla rotta del Titanic, ma alla tavola comando nessuno si scompone anzi, Bruce Ismay si fa consegnare il marconigramma dal Comandante e se lo mette in tasca per mostrarlo più tardi ad alcune passeggere. Questo comportamento ottenne l’effetto di creare un’atmosfera di leggerezza e di sottovalutazione del pericolo. Non ci fu certamente intenzionalità, fu però un comportamento molto irresponsabile col risultato che i successivi messaggi di pericolo inviati dalle altre navi furono volutamente ignorati, compreso l’ultimo messaggio del Californian. Bruce Ismay fu inquisito dal Board of Trade perché si salvò prendendo posto su una imbarcazione quando molte persone non si salvarono e perirono nel disastro. Bisogna però considerare che egli fu uno degli ultimi a lasciare la nave e che si imbarcò sulla lancia collassabile “C”, l’ultima ammainata sul lato destro, dato che la “A” fu trascinata in mare dalla nave che affondava. Sulla lancia “C” c’era posto per quarantasette persone quando a bordo ce ne erano trentotto, trentanove con lui. In conclusione, Bruce Ismay non portò via il posto a nessuno e non pregiudicò la salvezza di alcun passeggero considerato che, in quel momento, la sua presenza a bordo del Titanic non era di alcuna utilità. Bruce Ismay rispose al suo istinto di conservazione. Ma per il Board of Trade e per l’opinione pubblica fu considerata una colpa: egli fu deriso, denigrato e soprannominato “Brute” Ismay. Amareggiato, lasciò anzitempo la vita attiva, si ammalò, subì l’amputazione di una gamba, passò gli ultimi anni su di una sedia a rotelle e morì a settantacinque anni. Bruce Ismay avrebbe invece dovuto assumere un atteggiamento meno spavaldo di fronte ai passeggeri e consigliare al comandante Smith una condotta più prudente. Non lo fece, e questa fu la sua unica colpa. Forse negli ultimi istanti di vita, se ne ricordò e provò un certo rammarico, ma in fondo al suo cuore rise dell’imbecillità umana che l’aveva condannato per aver avuto la colpa di essere vivo.
Il ROV Jason prima del dispiegamento presso l’Axial Seamount al largo della costa dell’Oregon – autore Wünderbrot
JasonCapture AtAxial.png – Wikimedia Commons
Per concludere, in seguito al naufragio, furono fatte molte congetture sulle coincidenze che portarono il Titanic all’appuntamento con l’iceberg. Molte sono state le circostanze che si sono presentate prima della partenza del Titanic da Southampton, come la collisione dell’Olimpic, la nave gemella, con il cacciatorpediniere Hawke: il danno subìto dall’Olimpic causò una sospensione nell’allestimento del Titanic e quindi un ritardo alla sua partenza. Vi fu anche lo sciopero del carbone che provocò alcuni disguidi e così pure la perdita di tempo nella manovra di partenza da Southampton per evitare la collisione col piroscafo New York. L’appuntamento con “quell’iceberg” probabilmente sarebbe stato evitato, ma a quella velocità e con la mancanza assoluta di visibilità, il Titanic ne avrebbe “incocciato” un altro. Quella zona di mare era una foresta di giganti di cristallo aguzzi e taglienti come lame di rasoio. Dopo un certo numero di anni, il fantasma del Titanic riappare nell’immaginario collettivo come il ricordo di una colpa mai espiata. Un altro film è stato fatto, più completo e spettacolare dei precedenti, un altro tassello è stato aggiunto al mosaico di questa storia che noi vogliamo rivedere di volta in volta come un fatto nuovo, una pietra miliare che sempre si rinnova sul cammino dell’umanità.
Vorrei andare con Ballard nel profondo degli abissi a visitare quel monumento della storia che per anni ha affascinato tante generazioni e che dopo il suo ritrovamento ha dato all’umanità una maggiore conoscenza di sé stessa. Vorrei poter scrutare con il Jason Junior l’interno dello scafo per osservare ciò che è rimasto delle cinque caldaie che fornirono le ultime energie al gigante morente. Avrei così una conferma definitiva alle mie ricerche e, soprattutto, renderei l’ultimo omaggio agli spiriti di quei miei sfortunati colleghi che si sacrificarono stoicamente nel compimento del loro dovere.
Renato Cerutti
in anteprima RMS Titanic renderizzato in Vue 6 (con qualche modifica in GIMP) – autore Nesnad
Titanic-computergraphic2011.png – Wikimedia Commons
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Genovese, classe 1930, e successivamente anche veneto “per adozione”, dopo essersi diplomato all’Istituto Tecnico Nautico di Genova, sezione Costruttori Navali, svolge il servizio di leva come Ufficiale di Complemento del Genio Navale, con imbarco sulla Corvetta Baionetta. Successivamente, dopo un breve periodo passato all’Ansaldo a Genova, inizia una lunga carriera come ufficiale di macchina che lo porterà ad effettuare imbarchi su varie tipologie di navi mercantili e compagnie di navigazione quali, ad esempio, Home Lines, Costa e Texaco, ricomprendo incarichi di livello sempre più elevato, fino a quello di Direttore di Macchina di varie Unità. Continuerà con tale attività, intervallata da un paio di brevi esperienze a terra, fino alla pensione. Appassionato di materie tecnologiche, soprattutto (ma non solo) quelle attinenti alla propulsione navale, ha coltivato, oltre alla passione per la marineria, anche un entusiastico interesse per l’aeronautica, quale “mancato pilota” (per motivi contingenti transitori). Da pensionato ha collaborato con l’UNUCI e la Marina Militare Italiana tramite i sui scritti nautici, come quello qui proposto, pubblicato dalla Rivista Marittima nel 1998. Renato Cerutti ci ha purtroppo lasciato nel 2020, insieme a tanti altri, con la prima “ondata” del COVID.
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