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livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: mezzi speciali, Gamma, SLC
Come abbiamo visto nel precedente articolo, le continue avarie ai mezzi di assalto subacquei ed alle attrezzature personali fermarono la pianificazione delle missioni e richiesero un’analisi dei problemi tecnici per cercare di aumentare l’affidabilità degli strumenti disponibili.
foto ufficio storico della marina militare: Comandante Mario Giorgini
I Britannici, sebbene non avessero ancora compreso la natura della minaccia subacquea, incrementarono la protezione delle loro basi pattugliando attivamente i porti con motobarche che ad intervalli scaricavano piccole cariche esplosive in acqua. Come ricorderete nella sfortunata missione G.A. 2 (22 agosto 1940) si era perso il regio sommergibile Gondar, auto-affondatosi per non far cadere in mano al nemico i S.L.C.. Dopo questi dolorosi fallimenti iniziali ed in seguito alla cattura del comandante Mario Giorgini, sempre nella fallita operazione G.A. 2, il comando dell’intero reparto venne affidato al capitano di fregata Vittorio Moccagatta. Il 15 marzo 1941 la 1ª Flottiglia MAS Speciale fu ribattezzata da SUPERMARINA con il numero 10 ovvero la 10ª Flottiglia MAS, in riferimento alla legione prediletta da Caio Giulio Cesare, la Legio X Gemina.
foto ufficio storico della marina militare: Regio Smg. Gondar
Operazioni B.G. 3 e B.G. 4 contro Gibilterra
Due mesi dopo, il 15 maggio, il Regio Sommergibile Scirè, dopo una breve parentesi di impiego tradizionale come sommergibile di attacco, fu riassegnato al ruolo di trasporto degli assaltatori e salpò da La Spezia per l’operazione «B.G. 3» con obiettivo la base navale di Gibilterra con a bordo tre siluri a lenta corsa.
foto ufficio storico della marina militare: Regio Smg. Scirè
Il 22 maggio, alle ore 4.13, il battello attraversò in immersione lo stretto di Gibilterra emergendo alle 23.30 dell’indomani all’entrata del porto di Cadice. Si avvicinò di contro bordo alla cisterna Fulgor dove imbarcò gli operatori degli S.L.C. (tre ufficiali e tre sottufficiali) ed il capitano medico Bruno Falcomatà. La missione fu però ancora una volta piena di imprevisti: uno degli operatori, il sottotenente di vascello Amedeo Vesco, ebbe un malore ed uno degli S.L.C. non poté partire; una volta nel porto, i due maiali ebbero un’avaria, un secondo operatore, il capitano del Genio Navale Antonio Marceglia, si sentì male e l’operazione fallì con la perdita dei due mezzi; gli operatori dovettero quindi ripiegare a nuoto nel territorio spagnolo.
foto ufficio storico della marina militare: comandante Junio Valerio Borghese
Il 10 settembre 1941, lo Scirè al comando di Junio Valerio Borghese, lasciò La Spezia per la quarta volta diretto a Gibilterra, con a bordo i siluri a lenta corsa denominati SLC 140, 210 e 220 per condurre l’operazione «B.G. 4». Questa volta fu effettuato il trasbordo degli operatori a Cadice, il 18 settembre. Al tenente di vascello Decio Catalano ed al sottocapo palombaro Giuseppe Giannoni fu assegnato l’SLC 140, al sottotenente di vascello Amedeo Vesco ed al sottocapo palombaro Antonio Zorzoli l’SLC 210 ed al tenente di vascello Licio Visintini ed al sottocapo palombaro Giovanni Magro l’SLC 220. Con loro due uomini di riserva ed il tenente medico Giorgio Spaccarelli. Alle 23.30 del 19 settembre fu comunicata al sommergibile la posizione delle navi presenti in rada a Gibilterra ed il sommergibile si posò in attesa sul fondo del fiume Guadarranque. Nella notte del 20 settembre furono rilasciati gli S.L.C. e questa volta la sorte fu favorevole.
Il siluro a lenta corsa guidato da Catalano (140) collocò una carica esplosiva sotto lo scafo dell’incrociatore ausiliario HMS Durham da 11000 tonnellate mentre il S.L.C. 210 di Vesco raggiunse la motocisterna Fiona Shell da 2444 tonnellate, che saltò in aria ed affondò. Il SLC 220 di Visintini danneggiò una cisterna militare da 16000 tonnellate, la HMS Denbydale; il mercantile spezzato in chiglia restò immobilizzato e rimase bloccato nel porto come nave caserma e deposito carburanti sino alla sua demolizione. Questa azione fu la premessa nella missione forse più famosa per la quale lo Scirè passò alla storia, l’operazione «G.A. 3» contro la base di Alessandria d’Egitto che venne svolta nel dicembre del 1941.
Operazione G.A. 3 Alessandria

foto ufficio storico della marina militare: Alessandria
Il sommergibile, dopo aver imbarcato a bordo tre SLC, salpò il 3 dicembre da La Spezia e raggiunse Lero, un’isola dell’Egeo nell’arcipelago del Dodecaneso, il 9 dicembre. Il 12 dicembre furono imbarcati gli operatori dei mezzi: Durand de La Penne e Bianchi per l’SLC 221, il capitano del Genio Navale Antonio Marceglia ed il sottocapo palombaro Spartaco Schergat per l’SLC 230, il capitano Armi Navali Vincenzo Martellotta ed il capo palombaro Mario Marino per l’SLC 223 ed il 14 dicembre lo Scirè diresse a lento moto verso Alessandria in attesa che i ricognitori della Regia Aeronautica Italiana confermassero la presenza degli obiettivi principali, le corazzate britanniche Queen Elizabeth e Valiant. Ricevuto il via, il 17 dicembre, l’operazione ebbe in realtà inizio intorno alle 02:00 del 18 dicembre.
Il Regio sommergibile Scirè, giunto in prossimità dei campi minati protettivi, proseguì fino a circa un miglio nautico dal Fanale del molo di ponente del porto commerciale di Alessandria. I mezzi furono rilasciati e si avvicinarono verso la rada. Gli operatori dovevano giungere sotto la chiglia del proprio bersaglio, piazzare la carica d’esplosivo e successivamente abbandonare la zona dirigendosi a terra e quindi cercare di raggiungere il sommergibile che li avrebbe attesi qualche giorno dopo al largo di Rosetta. L’equipaggio composto da Durand de la Penne e Bianchi, sul SLC 221, puntò verso la nave da battaglia HMS Valiant.
Durante il trasferimento, a causa di un guasto al respiratore ad ossigeno, Bianchi dovette risalire in superficie aggrappandosi ad una boa di ormeggio della corazzata, ma de la Penne riuscì a trascinare il mezzo fin sotto la carena della nave da battaglia. Fu uno sforzo enorme per un uomo solo, che dovette fare tutto da solo vincendo la stanchezza ed il freddo. Riaffiorato in superficie fu avvistato dalle sentinelle inglesi, catturato e portato a bordo della corazzata. Poco dopo, fu raggiunto anche da Bianchi, catturato da una motobarca che lo aveva avvistato aggrappato alla boa.
I Britannici, pur avendo catturato i due sommozzatori non avevano idea di che cosa stava succedendo; decisero quindi di li rinchiuderli in un locale sotto la linea di galleggiamento nella speranza di convincerli a rivelare il posizionamento delle cariche. Alle 05:30, a mezz’ora dallo scoppio, de la Penne si fece condurre dal comandante della nave e lo informò che da li a poco la nave sarebbe saltata e di mettere in salvo l’equipaggio. Il Comandante inglese, come “ringraziamento” dell’atto di galanteria, fece riportare l’ufficiale italiano nel locale.
All’ora prevista, intorno alle sei del mattino, avvenne l’esplosione provocando l’allagamento di diversi compartimenti della nave mentre molti altri venivano invasi dal fumo; la violenta esplosione contorse le lamiere della nave ed anche il compartimento che ospitava gli italiani venne interessato dall’esplosione, facendo saltare il portellone che li richiudeva. I due italiani riuscirono ad uscire dal locale ed a recarsi in coperta dove vennero evacuati insieme al resto dell’equipaggio. La nave, a seguito dei gravissimi danni, restò fuori uso per quattro mesi.
HMS Jervis, in una rara foto durante le sue prove in mare – Royal Navy da HMS Jervis – War Thunder Wiki
Nel frattempo, Vincenzo Martellotta e Mario Marino, sul maiale nº 222, nonostante fossero stati costretti a navigare in superficie a causa di un malore di Martellotta, riuscirono a raggiungere e minare la petroliera Sagona, coinvolgendo nell’esplosione anche un’altra nave, l’HMS Jervis, che si trovava ormeggiata a pacchetto con la petroliera. I due operatori, dopo aver preso terra, si liberarono della muta stagna, sotto la quale avevano la divisa della Regia Marina. Nel transito verso il punto di raccolta, vennero intercettati e catturati da poliziotti egiziani. La terza coppia, composta da Antonio Marceglia e Spartaco Schergat con il maiale nº 223, riuscì a portare a termine un profilo di missione perfetto.
HMS Queen Elizabeth
Avendo come obbiettivo il HMS Queen Elizabeth, nave di bandiera dell’ammiraglio Andrew Cunningham, Comandante della Mediterranean Fleet, il mezzo si avvicinò occultamente alla nave fino ad agganciare la testata esplosiva del S.L.C. al suo scafo. I due operatori raggiunsero in maniera occulta la banchina e riuscirono ad allontanarsi da Alessandria. Il Queen Elizabeth, a seguito dell’esplosione, rimase fuori combattimento per un anno e mezzo. A seguito dell’attacco ad Alessandria, quattro navi inglesi furono gravemente danneggiate nell’impresa. Ma il danno maggiore fu quello morale. I Britannici accusarono il colpo: 6 uomini furono in grado di violare e colpire nel cuore la flotta inglese utilizzando delle armi non convenzionali. La guerra navale stava cambiando e gli Italiani avevano cambiato le regole.
gli eroi di Alessandria da 18-19.12.1941, la leggenda di Alessandria d’Egitto – La voce del marinaio
Dopo l’azione gli operatori raggiunsero terra ma non riuscirono ad evitare l’arresto. In realtà ci furono degli errori banali fatti dal Servizio Segreto Militare italiano che aveva preparato il piano di estrazione con poca cura e fornito agli operatori della valuta non in corso di validità. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, tutti e sei gli operatori vennero rilasciati dai campi di prigionia e rimpatriati nel sud Italia. Nel corso del 1944 vennero decorati a Taranto con la medaglia d’oro al valor militare che venne appuntata, in segno di particolare onore, dal commodoro Sir Charles Morgan, ex comandante del HMS Valiant.
Nonostante la cattura di tutti gli operatori l’eco del successo della missione fu enorme. La base di Alessandria era considerata imprendibile e Winston Churchill dovette ammettere che “sei italiani equipaggiati con materiali di costo irrisorio hanno fatto vacillare l’equilibrio militare in Mediterraneo a vantaggio dell’Asse”. Inoltre la Mediterranean Fleet si trovò per la prima volta in netta inferiorità in rapporto alla flotta italiana, disponendo solo quattro incrociatori leggeri e alcuni cacciatorpediniere
Il Regio sommergibile Scirè, durante il rientro, dovette per due volte venire in superficie per chiudere i portelli dei contenitori, rischiando l’individuazione, ma infine giunse a Lero il 21, rientrando poi a La Spezia il 29 dopo aver percorso 3500 miglia dove rimase in porto sino al luglio 1942, quando fu pianificata l’operazione «S.L. 1»: l’attacco ad Haifa. L’8 marzo 1942 il comandante Borghese fu posto a comando della sezione subacquea della X MAS e sostituito nel comando dello Scirè dal tenente di vascello Bruno Zelik. Dell’attacco ad Haifa parleremo in un prossimo articolo.
L’impresa di Alessandria fu raccontata anche in questo film del dopoguerra. Buona visione.
fine seconda parte – continua
Andrea Mucedola
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare.
Mi permetto di avanzare un paio di considerazioni. Qui si è dato conto del solo racconto di Durand, senza considerare quanto riportato da Bianchi che differisce decisamente su diverse circostanze da quanto raccontato dal Marchese de la Penne. Il fatto poi che quest’ultimo abbia trascinato su un fondo melmoso, com’è quello normalmente di un fondale di porto, un SLC di 7 metri e di oltre una tonnellata e mezza di peso, per chi sa di cose subacquee appare decisamente una sparata del Marchese che, come suo solito, nelle sue relazioni -vedasi anche in BG 3- si vende come il salvatore della Patria dimenticando colleghi e collaboratori. Rimane comunque il profondo rispetto per lui, come per gli altri 5 spesso dimenticati, che hanno sul petto la MOVM: A proposito la famosa MOVM e la relativa cerimonia di decorazione, è ormai acclarato il fatto che Morgan procedette all’appuntare la medaglia a seguito di una richiesta, fuori protocollo, del luogotenente del regno, Umberto, che come suo solito fece la sua “solita” gaffe. Basta vedere le foto del momento della decorazione dove Morgan appare sorpreso e tutt’altro che contento.
riporto una testimonianza del signor Claudio, figlio di un amico di Martellotta
“… questo è parte del racconto che Vincenzo Martellotta fece a mio padre. Dopo aver posizionato le varie cariche esplosive tutti gli uomini della Regia Marina furono catturati in tempi diversi, dopo un sommario interrogatorio furono portati nella sede inglese dove li avrebbe incontrati l’ammiraglio Cunningham; presentati alla porta dell’ufficiale gli fu detto in italiano di entrare, l’ammiraglio camminava dando loro le spalle, si girò e chiese in italiano ai catturati chi fossero. Tutti loro uno alla volta con un passo in avanti dissero nome e grado; a questo punto l’ammiraglio chiese loro se fossero stati comandati all’azione o volontari nella missione, nuovamente tutti si ripresentarono ripetendo nome , grado e volontario .
Lo erano tutti . A questo punto l’ammiraglio Cunningham strinse ad ognuno degli incursori la mano, congratulandosi per la loro audacia e volontà. (le navi inglesi erano state fortemente danneggiate o affondate ) ma ciò non tolse il valoroso riconoscimento dell’azione. Diede ordine ti rifocillare nel migliore dei modi i nostri uomini ..”