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livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX-XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: mine navali
Naval Mine, a clear and present danger
Tra gli ordigni subacquei le mine navali occupano ancora un posto di rilievo. Ogni anno centinaia di ordigni vengono bonificati in mare dai reparti subacquei della Marina Militare e delle Forze dell’ordine. Un’azione necessaria per eliminare un pericolo subdolo e onnipresente. Gli specialisti utilizzano attrezzature moderne per ritrovare questi oggetti che il tempo ha nascosto sotto le sabbie o tra fanghi melmosi, senza ridurre la loro pericolosità. La procedura successiva è la bonifica che richiede l’adozione di sofisticate tecniche per la riduzione dell’impatto ambientale e la definitiva neutralizzazione o distruzione degli ordigni. Tutto per garantire la sicurezza dei subacquei o di chi, come i pescatori, ha interazioni ravvicinate con il fondo del mare.
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mina ormeggiata ad urtanti … di questo tipo ne furono posate centinaia di migliaia durante la seconda guerra mondiale in tutti i mari del mondo – foto collezione privata
Ma di cosa stiamo parlando?
Tra i tanti ordigni giacenti nei nostri mari, quelli più insidiosi sono le mine navali che molti pensano esistano solo nei film o nelle barzellette. Mi riferisco a quelle sfere nere collegate con una catena al fondo del mare. La loro pericolosità non deve essere minimizzata in quanto, nonostante esistano dei congegni interni che le dovrebbero rendere inoffensive dopo un certo periodo di tempo, l’esperienza ha mostrato quanto il loro congegni siano ancora molto sensibili. Di questo tipo di mine ne furono posate, sia nella prima che nella seconda guerra mondiale, centinaia di migliaia in tutti i mari del mondo. Altre furono realizzate in tempi recenti, e sono ancora reperibili nei mercati di armi in tutto il mondo e costituiscono una minaccia insidiosa che non si vede, costa relativamente poco e fa molti danni. A volte non hanno bisogno di esplodere in quanto solo dichiararne la presenza è sufficiente per bloccare le vie di accesso marittime e creare danni economici a sei zeri.
Negli ultimi due secoli, la mina navale ha dimostrato di essere l’arma navale maggiormente costo-efficace, in grado di poter causare gravi danni alle strutture nemiche, di imporre climi di profonda incertezza psicologica e di richiedere alle nazioni sforzi elevati per poter ridurre il rischio connesso lungo le rotte marittime e nei porti. Ricorderete tutti le mine di origine libica nel canale di Suez del 1985, quelle di Saddam nel golfo Persico 2002 o, andando indietro nel tempo, quelle artigianali del 1984 usate dagli USA in Nicaragua per bloccare l’unico porto commerciale del Paese e causare la caduta del regime. Tutte provocarono più danni economici che militari.
Una guerra subdola e troppo spesso sottovalutata
Tecnicamente con il termine “Guerra di Mine navali” o Naval Mine Warfare si intende l’insieme delle tecniche di impiego delle mine navali e delle relative contro misure in ambito tattico e strategico in un’operazione bellica. Le mine navali sono concettualmente delle armi semplici che svilupparono nel tempo una capacità offensiva sempre maggiore legata all’evoluzione degli esplosivi e dei congegni di attivazione impiegati. Esse possono essere suddivise in funzione della posizione che assumono nel volume d’acqua, del loro congegno di fuoco, del loro controllo ed infine del metodo con il quale vengono posate.
Si parla quindi di mine ormeggiate, se collegate al fondo tramite un cavo di ormeggio, o da fondo se posate sul fondo del mare in aree di particolare interesse per ostacolare il transito di navi o sommergibili.
In generale, una mina navale è costituita da:
– un involucro (metallico o di materiale amagnetico), detto comunemente cassa;
– un congegno di fuoco, responsabile di provocare l’esplosione al passaggio del bersaglio tramite l’innesco di un detonatore;
– una carica esplosiva;
– congegni accessori ovvero una serie di diversi moduli che consentono all’arma di essere movimentata e poi attivata a secondo delle predisposizioni determinate dal minatore dopo la sua posa.
La cassa è normalmente in metallo o, nelle mine moderne, in materiale amagnetico (vetroresina) ed ha ovvie caratteristiche stagne per non permettere la penetrazione di umidità all’interno che potrebbe danneggiare la componentistica interna. Nelle mine ormeggiate la sua forma varia dalla classica sfera con urtanti a cilindri realizzate con semisfere sovra e sotto poste.
i componenti facenti parte di un urtante, da sinistra l’alloggiamento, la fiala di acido e l’urtante in piombo. Essendo di metallo morbido, dopo l’urto la fiala si rompe aggiungendo alla batteria il componente necessario per il suo funzionamento.
I congegni di fuoco possono essere a contatto ed a influenza. I primi sono azionati dal contatto fisico di una nave o un sommergibile con un elemento sensibile della mina (un urtante, un’antenna o dei cavetti a strappo); sono tipici delle mine ormeggiate di vecchia generazione e in alcune mine anti-sbarco. Nelle mine da fondo si dà invece preferenza a congegni di fuoco detti “ad influenza”.
Questi sensori si basano sulla possibilità di avvertire le perturbazioni ambientali causate dall’avvicinarsi alla mina di una nave o un sommergibile. In pratica, in natura ogni oggetto che si muove in un fluido (che sia aria o acqua) modifica l’ambiente fisico in cui passa, ad esempio modificando il campo magnetico o il livello di rumore ambientale (si pensi al rumore causato dai motori di una nave). I sensori della mina percepiscono la variazione e, attraverso un catena di reazione, danno l’innesco necessario per far scoppiare gli ordigni. I congegni ad influenza furono inventati prima della seconda guerra mondiale ed il principio di funzionamento sulle armi moderne concettualmente non è diverso.
Tra i sensori ad influenza più comuni vi sono quelli:
– magnetici (che percepiscono la variazione del campo magnetico locale);
– acustici (segnalano il superamento di una soglia acustica predeterminata dal minatore);
– barici (segnalano la variazione di depressione barica dovuta al movimento della massa d’acqua a causa del passaggio di un bersaglio).
Le mine da fondo più moderne, al fine di essere più selettive, sono dotate principalmente di sensori ad influenza spesso combinati fra loro, per consentire un preciso targeting dei bersagli. Questo garantisce una maggior sicurezza al fine di non colpire navi mercantili. I segnali provenienti dai sensori vengono analizzati da processori che di fatto danno l’ordine di attivazione al circuito di fuoco. Gli stessi circuiti provvedono a sterilizzare la mina dopo un certo periodo di tempo, almeno in teoria.
distruzione di una mina ormeggiata in alto mare
Gli esplosivi impiegati nelle mine sono “alti esplosivi”, adatti per l’uso subacqueo, ed a volte potenziati con polveri di alluminio per elevare il calore dei gas prodotti dall’esplosione e prolungare la durata della reazione. La carica principale viene attivata da una carica secondaria, detta detonatore, a sua volta attivata dal circuito di fuoco.
Detto questo, perché ne parliamo?
Ogni anno molti di questi oggetti restano intrappolati nelle reti dei pescatori o vengono scoperti sul fondo dal moto ondoso. I subacquei, soprattutto i meno esperti, sono attratti dalla novità e si avvicinano con curiosità a questi oggetti. Il fatto non dovrebbe essere un pericolo ma, talvolta, qualcuno cerca di recuperarne un pezzo, un ricordino da mettere sul tavolo a casa. Una curiosità che può essere fatale.
Senza entrare nei dettagli tecnici sul funzionamento di questi ordigni, nonostante siano passati più di settant’anni dopo la loro posa, essi possono essere ancora pericolosi per i subacquei ed i pescatori. In particolare, la rottura accidentale degli urtanti può far chiudere il circuito di fuoco ed attivare il detonatore principale con conseguenze letali per tutti coloro che si trovano nelle prossimità. Una decina di anni fa, nel Mar Baltico, fu recuperata una mina tedesca della seconda guerra mondiale che aveva ancora una batteria con una carica residua al 90% di quella iniziale … fate voi.
Istruzioni per l’uso
NON AVVICINATEVI MAI
in caso di ritrovamento di un qualsiasi ordigno in mare dovete avvisare immediatamente la Guardia Costiera o il Comando delle Forze dell’Ordine più vicino. Per quanto possibile, dovete fornire la posizione dell’oggetto, una sua descrizione sommaria (forma e dimensioni) e la profondità di ritrovamento.
NON TOCCATELE PER NESSUN MOTIVO – oltre ai suoi dispositivi di attivazione, questi ordigni potrebbero avere dei congegni anti rimozione che potrebbero innescare la carica ( a strappo) con esiti fatali per voi e chi vi sta intorno.
Osservate sempre a distanza ciò che non conoscete ed avvisate subito le Autorità. Ricordate la sicurezza vostra e di chi vi circonda non ha prezzo.
in anteprima una mina tedesca dragata in acque australiane – Fonte AWM – id Number: 304925 Mine (AWM 304925).jpg – Wikimedia Commons
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).