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Ricordo del vapore, elogio dei meccanici, un’apologia di nave Ardito

tempo di lettura: 5 minuti

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livello elementare
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ARGOMENTO: MARINA MILITARE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: ITALIA
parole chiave: marina militare italiana, navi a vapore, meccanici

 

La stagione del vapore è durata più o meno un secolo, ed ha visto la Marina militare italiana entrarne tardi ed uscirne alla massima espressione grazie al cacciatorpediniere Ardito. Una Marina del vapore che aveva i suoi maghi, i meccanici, specialità di bordo virtuosa che non c’è più, fucina di eccellenze e responsabilità, gente ben conscia che il vapore non perdona neppure i minimi errori.

Sino alla legge navale degli anni 70 del secolo scorso (ancora ieri per molti di noi) gli apparati di propulsione delle “navi di linea” erano a vapore, ossia il connubio di una complessa integrazione tra caldaie, turbine ed una infinità di ausiliari che “riempivano” lo scafo.

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Assonometria di una caldaia Foster Wheeler tipo D. Nelle sue progressive evoluzioni, questa caldaia è stata lo standard adottato dalla Marina Militare Italiana dal programma 1950 (primo del dopoguerra) sino alle ultime costruzioni (Ardito ed Audace)

I diesel erano per le navi scorta, quasi per un’altra Marina, in un’eterna lotta sin dalle scuole di formazione tra motoristi e meccanici. Il personale addetto alla conduzione dell’apparato motore a vapore era quasi un’élite, doveva conoscere nei minimi dettagli non la macchina ma tutto il sistema, molto complesso, costituito da caldaia, turbina, condensatore ed un’infinità di ausiliari per riuscire a condurlo in ogni situazione di funzionamento anche critica. Un sistema di propulsione a vapore che, soprattutto sulle ultime costruzioni, consentiva di regolare le andature intervenendo sulle macchine al singolo giro elica, possibilità estremamente importante in operazioni quali rifornimento laterale o il passaggio di posta; malgrado l’estrema complicazione e difficoltà di costruzione ed allestimento, possedeva elevata affidabilità e flessibilità che si traducevano nelle molteplici possibilità di intervento e combinazioni per navigare anche in caso di gravi avarie all’ interno di un sistema tanto complesso (o complicato, dipendendo dai punti di vista).

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Fronte caldaia di nave Vittorio Veneto; calore devastante e valvole tanto dure e calde che si usava quello strano strumento che il fuochista sta utilizzando. La forcella era quasi un distintivo dei fuochisti, come il gaffio in coperta

 

Anche se avevamo introdotto vere proprie acrobazie in termini di approntamento rapido, comunque rischioso malgrado i miracoli di alcuni record (27 minuti da caldaia fredda, per la prova di diradamento dell’Ardito) chi non si ricorda che per essere pronti a dare il pronti a muovere alle 07:30 del mattino occorreva iniziare l’approntamento dell’apparato motore almeno alle 02:30? …e quando inopinatamente veniva cancellata un’uscita significava aver fatto inutilmente cinque ore durissime di guardia in caldaia e macchina.

N.d.R. Funzionamento di una caldaia navale
In parole estremamente semplici, gli impianti di propulsione navale detti a caldaia, sono costituiti essenzialmente da generatori di vapore (chiamati caldaie) corredati da più bruciatori che generalmente producono del vapore surriscaldato con pressioni medie di 55kg/cmq e temperature di 450°c. Il vapore generato opera all’interno di turbine, cedendo potenza meccanica. La potenza meccanica, dopo aver attraversato un riduttore di giri, viene quindi trasmessa alle eliche. A questo punto, il vapore che era stato prodotto viene scaricato al condensatore, richiamato dal vuoto (pressione negativa) al suo interno. Subendo una sottrazione di calore, grazie ai circuiti di circolazione di acqua mare, ritorna dallo stato gassoso allo stato liquido. Infine la condensa, ottenuta attraverso pompe di alimento, ritorna nelle caldaie.

Un confronto continuo con un amico/nemico invisibile, pericolosissimo, il vapore surriscaldato, un gas invisibile ed inodore il cui minimo trafilamento poteva tagliare in due un arto, se non una persona. 

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Spurgando le tubolature vapore al turboventilatore su una vecchia nave, l’incrociatore Abbruzzi. La temperatura ambiente era superiore a 50°C

Un confronto, una sfida che cominciava con il ruolo di fuochista, la guardia in caldaia, specie di inferno dantesco, con l’attenzione ai livelli.  Con tanta poca acqua in ciclo anche una perdita di livello di trenta secondi poteva significare la bruciatura dei tubi. Un confronto che continuava con il passaggio in macchina, prima agli ausiliari e poi alla propulsione, con la conoscenza della funzione e soprattutto della nascosta posizione di centinaia di valvole, ciascuna di esse fondamentale per le diverse combinazioni possibili di condotta e propulsione.

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Valvola principale di intercettazione vapore su una vecchia nave, l’incrociatore Abbruzzi. Anche qui la temperatura ambiente era ben superiore a 50°C. Non era una semplice rotazione di un volantino, era una operazione difficile e pericolosa, prima della quale era necessario aver controllato tutti gli spurghi a valle, su tubi roventi ed in spazi minimi

Raccontava uno dei primi Direttori di Macchina dell’Impetuoso, la nave che inaugurò la stagione delle caldaie FW tipo D nella Marina Italiana, (vapore a 450°C e 45 kg/cmq), che una volta a Taranto, ad approntamento quasi concluso e poco prima dell’apertura del ponte per un’uscita in mare di notevole importanza, scoppiarono alcuni tubi vaporizzatori della caldaia 4. Mentre si provvedeva ad isolare la caldaia in avaria ed avviare l’approntamento della caldaia 3, si collegarono le macchine di poppa con le macchine di prora e l’unità poté uscire in mare con le due macchine alimentate da una sola caldaia: un episodio che assicurò la fiducia in “quel nuovo vapore” che ha accompagnato gli ultimi decenni di questo sistema nella Marina Militare Italiana.

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La squadra di guardia nella “comoda” CP di nave Ardito

Certamente non un sistema auto contenuto ed autosufficiente, basato su conoscenza, sensibilità ed intuizione dei conduttori… ma anche che cementava i rapporti del personale, la conoscenza e solidarietà delle varie squadre; tanta gente, tante teste, ed un bel rompicapo per i giovani ufficiali (ed i Direttori di macchina), una sfida di conoscenze e capacità che non dovevano perdere …

Circolava un detto: “... la macchina è il cuore, la coperta il cervello, pazzi si vive senza cuore si muore …” ma in effetti, allora più che mai, il vapore era questione di cervello, di intuizioni, di risposte immediate e sicure.

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La squadra di guardia nello “scomodo” fronte caldaia (sempre 50° C di temperatura ambiente) di Nave Ardito

Viva l’evoluzione, viva le nuove macchine, non solo per le prestazioni ed affidabilità, ma anche per le diverse condizioni di vita … non c’è confronto ma solo nostalgia di una categoria che non c’è più ed ha dato molto. Non siamo riusciti neppure a conservare un monumento alla tecnologia di un’epoca, probabilmente la massima espressione della conduzione a vapore come era l’Ardito, persino diverso e più avanzato della nave gemella Audace, riconosciuto come tale in ogni sede. Vale molto per chi ha fatto la prima accensione e per chi ha fatto l’ultimo spegnimento … una parte di noi è rimasta in quegli attimi.

Giancarlo Poddighe

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Riccardo SOLAZZO
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Riccardo SOLAZZO
18/03/2021 11:58

La forcella era quasi un distintivo dei fuochisti, … La “chiave a volantino” era …

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