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livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: maiali, X MAS
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Una nuova azione degli uomini dei siluri a lenta corsa, l’Operazione B.G. 7, fu condotta nella baia di Gibilterra nell’agosto del 1943. Di fatto fu l’ultima missione di guerra italiana prima dell’armistizio.
In un periodo terribile della nostra storia moderna, in cui in un Italia martoriata da anni di guerra le Forze armate italiane cercavano ancora di compiere il loro dovere con “lo spirito dei forti e non con quello dei disperati“, lo spirito dei reparti della X MAS era immutato e ancora una volta si rivolsero a Gibilterra, la principale base strategica britannica all’ingresso del Mediterraneo.
la rada di Gibilterra, area delle operazioni dei gamma e dei s.l.c. italiani – da https://www.scmncamogli.org/oldsite/pagine/nolte_nar.htm
Le modalità di preparazione dei mezzi subacquei e le procedure degli operatori, affinate dagli stessi equipaggi sulla base della precedente operazione B.G. 6, furono confermate ed i Gamma fuoriuscirono in maniera occulta dallo scafo dell’Olterra, raggiungendo la vicina rada di Algeciras dove si trovavano le navi oggetto dell’attacco. Nonostante la sempre più stretta vigilanza della Marina britannica e qualche inconveniente tecnico, la missione ebbe successo. Rientrati a bordo gli assaltatori poterono assistere a distanza di sicurezza il risultato della loro azione; in successione saltarono in aria la petroliera Thorshovdi (9.464 tsl), i piroscafi Stanridge (5.975 tsl) e Harrison Gray Otis (7.176 tsl).
Il crollo delle illusioni
Dopo la firma dell’armistizio di Cassibile, atto con il quale il Regno d’Italia cessò le ostilità contro gli Alleati, Badoglio riunì il governo solo per annunciare che le trattative per la resa erano “iniziate”. Gli Alleati si aspettavano che Badoglio rendesse pubblico il passaggio di campo dell’Italia, ma il maresciallo tergiversò e la risposta degli anglo-americani fu drammatica: gli aerei alleati scatenarono un bombardamento su tutte le città della penisola; oltre 130 aerei B-17 attaccarono Civitavecchia e Viterbo. Questa incertezza da parte italiana, portò gli Alleati ad annunciare autonomamente l’avvenuto armistizio. Era l’8 settembre, alle ore 17:30 (le 18:30 in Italia) quando il generale Dwight Eisenhower lesse il proclama ai microfoni di Radio Algeri. Solo un’ora dopo, Badoglio fece il suo annuncio da Roma.
Un disastro
L’armistizio di Cassibile divise in due parti le Flottiglie MAS compresa la Decima. Quando l’ammiraglio Raffaele De Courten andò a chiedere consiglio al grande ammiraglio Paolo Emilio Thaon di Revel, questi rispose: « In momenti così delicati è doveroso lasciare massima libertà alle coscienze, purché esse siano sinceramente rivolte al bene del Paese. (…)». La fuga dalla Capitale dei vertici militari, del Capo del Governo Pietro Badoglio, del Re Vittorio Emanuele III e di suo figlio Umberto verso Pescara e poi verso Brindisi, e la confusione che si generò dal fatto che non si comprendevano le reali clausole armistiziali, fu dai più erroneamente interpretata come un’indicazione della fine della guerra.
Questo comportamento provocò lo sbandamento delle Forze Armate italiane, dislocate in tutti i fronti, e 815000 soldati italiani vennero catturati dall’esercito tedesco e deportati nelle settimane immediatamente successive. La ritorsione degli ex-alleati tedeschi non si fece attendere e fu immediatamente messa in atto l’Operazione Achse ovvero la dolorosa occupazione militare di tutta la penisola italiana da parte dei Tedeschi. La Regia Marina, come tutte le altre Armate, si ritrovò senza chiare direttive, ricevendo ordini contraddittori o, comunque, poco chiari. In pratica, nelle ore seguenti una piccola parte delle Forze Armate rimase fedele al Re Vittorio Emanuele III mentre una parte si diede alla macchia tornando alle proprie case o dando vita alle prime formazioni partigiane militari; altri reparti, soprattutto al nord, sebbene consci che la guerra era di fatto finita, scelsero di rimanere fedeli al vecchio alleato, considerando l’armistizio un tradimento del popolo italiano che avrebbe consegnato il Paese nelle mani dei vincitori senza possibilità di contrattazione.
Ma che cosa successe in quel terribile settembre agli uomini della Xª Flottiglia MAS?
Con questi presupposti una parte di loro, tra cui il capitano di vascello Ernesto Forza, rimase fedele al Regno formando un’unità speciale che venne denominata “Mariassalto“. A questi uomini si unirono anche Antonio Marceglia, Luigi Durand De La Penne ed altri incursori fatti prigionieri dagli Inglesi, che furono poi rimpatriati nel 1944 dopo la prigionia. Questa unità partecipò ad azioni al fianco delle unità alleate per mantenere aperto il porto della Spezia contro il tentativo dei Tedeschi di affondare delle navi alla sua entrata. Di Mariassalto vanno ricordate due operazioni di rilievo. La prima, denominata “QWZ“, avvenuta nella notte del 21 giugno 1944 nel porto di La Spezia, portò all’affondamento dell’incrociatore pesante Bolzano, ultimo superstite della sua classe ed all’ulteriore danneggiamento dell’incrociatore Gorizia, già in riparazione per i danni subiti in un bombardamento.
@ ufficio storico della marina militare italiana: la portaerei in allestimento Aquila
La seconda, denominata operazione “Toast“, venne svolta nella notte del 19 aprile 1945 da un gruppo di gamma, tra cui il sottotenente di vascello Nicola Conte e il sottocapo Evelino Marcolini con l’obiettivo di affondare nel porto di Genova quella che avrebbe dovuto diventare la prima portaerei italiana, l’Aquila. In realtà la nave era ancora in costruzione e si voleva impedire che venisse affondata dai Tedeschi per bloccare l’ingresso del porto. L’Aquila era stata già danneggiata nel corso dell’allestimento, nel novembre 1942, ed alla data dell’8 settembre 1943 era praticamente pronta al 90 % per i collaudi e le prove in mare, ma il 9 settembre fu sabotata ed abbandonata dall’equipaggio, e cadde nelle mani dei Tedeschi. Il 16 giugno 1944 venne bombardata in porto a Genova da aerei americani, e il 19 aprile 1945, come leggeremo, venne attaccata da mezzi d’assalto della Marina Italiana del Sud.
L’azione di Genova
Vennero approntati due equipaggi di «siluri a lenta corsa», trasportati dalla Corsica con due siluranti ciascuno con un «maiale»; Il primo equipaggio era composto dal STV Nicola Conte con il sottocapo Evelino Marcolini mentre il secondo dal guardiamarina Gerolamo Manisco in coppia con il marinaio Varini. Ad un miglio dal porto di Genova le due siluranti si fermarono e misero a mare i due mezzi d’assalto. Alle 23.30, con la luna piena, i due «maiali» puntarono verso nord, navigando a pelo d’acqua. Il secondo mezzo, di Manisco e Vanini (00:24), si arrestò per un guasto tecnico ma Conte e Marcolini, decisero di proseguire da soli. Sfiorarono una motovedetta tedesca di sorveglianza e raggiunsero la rete di sbarramento del porto alle 00:50. Trovato un varco tra due galleggianti, i due Gamma si diressero sempre a pelo d’acqua verso il punto d’ormeggio della portaerei. Quindi a meno di 500 metri si immersero fino ad arrivare sotto la chiglia. Staccarono la carica di tre quintali di tritolo e la posarono sul fondo a ridosso della chiglia, regolando il congegno ad orologeria a sei ore. Il team si diresse quindi verso il mare aperto per il recupero da parte della motosilurante. L’operazione riuscì nonostante i mezzi fossero stati assemblati con materiali residui delle operazioni precedenti, e dimostrò ancora una volta la preparazione degli Uomini del Serchio. Non ultimo, scongiurò il previsto bombardamento alleato che avrebbe causato maggiori ferite alla città già duramente colpita durante la guerra.
@ ufficio storico della marina militare italiana: Borghese e Ferrini a La Spezia. Il capitano di vascello Ferrini cercò di continuare l’opera dell’ammiraglio Legnani di rifondare l’intera struttura di Comando distrutta dopo l’armistizio. In particolare, nel dicembre del 1943 prese contatti con le autorità tedesche allo scopo di promuovere la creazione di una forza navale composta da unità operanti sia sotto bandiera italiana sia sotto bandiera tedesca.
L’altra componente della X MAS restò fedele al precedente alleato. Nella confusione e nel successivo sbandamento delle forze armate causato dall’armistizio dell’8 settembre, il comando di stanza nella caserma di La Spezia non si sbandò. Messo in allarme attese gli ordini di Supermarina evitando di distruggere i piccoli mezzi navali all’ancora fuori della caserma. Il comandante Junio Valerio Borghese raggiunse l’ammiraglio Aimone d’Aosta ed inutilmente cercarono di contattare Roma per avere conferma dell’armistizio e ricevere ordini sul da farsi. La Xª MAS, sebbene priva di direttive, mantenne l’attività nella caserma immutata e per tutto il tempo la bandiera italiana rimase sul pennone. Borghese inoltre dispose di aprire il fuoco contro chiunque avesse tentato di attaccare la caserma riuscendo a respingere anche alcuni tentativi tedeschi di disarmare i marò. Il 9 settembre gli ufficiali si riunirono per decidere la strada da intraprendere e Borghese ribadì la sua intenzione di continuare la guerra contro gli angloamericani, scegliendo l’alleanza con la Germania. L’11 settembre radunò i marinai di stanza a La Spezia spiegando la situazione e dando il permesso di congedarsi a coloro che non se la fossero sentita di continuare la guerra. La maggioranza si congedò.
La Xª MAS divenne una unità militare di fanteria di marina con reparti di naviglio sottile dotati di MAS, con l’obiettivo di continuare la lotta contro gli Alleati affianco ai Tedeschi. Alcuni reparti furono anche impiegati nella lotta antipartigiana (Liguria, Langhe, Carnia, Val d’Ossola, ecc.), a volte catturando ostaggi fra i civili, torturando i prigionieri ed effettuando la fucilazione sommaria di partigiani catturati. La guerra civile fu un periodo oscuro della nostra storia in cui da entrambe le parti, italiani contro italiani, furono fatte efferatezze che non onorarono nessun antagonista. Sugli altri fronti la Xª di Borghese combatté contro gli angloamericani ad Anzio, in difesa della Linea Gotica e poi della Linea Verde a Lugo e nel Polesine, lungo il fiume Senio.
Sul fronte orientale la Decima mantenne nuclei che operarono sia come difesa dall’invasione iugoslava sia come affermazione del diritto italiano su quelle terre contro i tentativi delle autorità d’occupazione tedesche di snazionalizzare la Venezia Giulia e il Friuli per annetterli al Reich.
Durante il periodo seguente all’armistizio, fra la Decima MAS della Repubblica Sociale e Mariassalto del Regno d’Italia si mantennero rapporti segreti volti ad evitare che i due reparti potessero scontrarsi direttamente sul fronte ed a gestire i prigionieri dell’una e dell’altra parte, tenendo all’oscuro i comandi tedeschi e angloamericani.
Altra preoccupazione comune era la possibile invasione della Venezia Giulia da parte dei partigiani comunisti di Tito. Si ipotizzò anche un tentativo di sbarco di truppe regie in Istria con il supporto dei reparti locali della Decima repubblicana per contrastare quell’invasione.
L’epilogo
Finalmente la guerra terminò ma le pesanti condizioni imposte all’Italia dai vincitori con il Trattato di pace di Parigi del 1947, tra cui il divieto di possedere unità di sabotaggio, sembrarono cancellare tutto ciò che quegli uomini straordinari avevano costruito … ma non fu cosi. Ne parleremo in un prossimo articolo dedicato alla rinascita delle forze speciali della Marina italiana.
Andrea Mucedola
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).
Sono un assiduo lettore dei suoi articoli che trovo interessanti da un punto di vista storico. Ritengo che alcuni scritti e foto siano incompleti o non reali,
– La lettera Z sui vestito gamma o sugli SLC non sia appropriata, poiché furono messe solo in occasione di un film;
– l’attacco a Nave Aquila avvenne come da Lei riportato oppure la Coppia si fermò ben prima dell’Unita Navale?
Comunque complimenti per il Suo impegno nel raccontare una parte della storia della X^ Flottiglia MAS.
E’ un piacere leggerla … sentivo parlare di lei da mio padre Vincenzo Mucedola … si concordo con lei che la foto della Z non abbia molto significato … mi dissero fu messa in occasione di uno dei film in memoria delle azioni. La uso perchè piace molto anche se non è storica … Per quanto riguarda l’attacco all’Aquila, dai testi che ho consultato, la prima coppia si fermò alle 00:24 (almeno questo risulta dai rapporti utilizzati dall’USMM) .. quella di Conte arrivò invece sotto chiglia ma la pose sul fondo in quanto l’eventuale scoppio della carica di Manisco (di cui ignoravano il guasto) avrebbe potuto staccare l’attacco magnetico … tutto il rapporto lo può trovare nel Volume XIV sulla Marina italiana della seconda guerra mndiale dedicato ai Mezzi di Assalto, edito dall’Ufficio Storico della Marina Militare, edizione anno 1972. Cordiali saluti