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livello elementare
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ARGOMENTO: OCEANOGRAFIA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: MAR MEDITERRANEO – STRETTO DI MESSINA
parole chiave: canyon, stretto di Messina, rifiuti
I rifiuti marini sono una minaccia ambientale emergente che colpisce tutti gli oceani del mondo, compreso il fondale marino profondo, dove l’estensione del fenomeno è ancora in gran parte sconosciuta. Ricorderete le immagini scattate da Vescovo nella fossa delle Marianne che mostrarono rifiuti plastici giunti anche nel luogo più profondo del pianeta.
La notizia di oggi riguarda un recente studio pubblicato sulla rivista Environmental Research Letters da un gruppo internazionale di ricerca coordinato dall’Università di Barcellona che ha visto coinvolti molti centri di ricerca tra cui diversi enti italiani, come l’Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale (Ispra), la Stazione Zoologica Anton Dohrn, l’Università di Cagliari e l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (Ogs). Lo studio, che come sempre invito a leggere in originale, ha rivelato la distribuzione dei macro-rifiuti all’interno dei canali dello Stretto di Messina (Mediterraneo centrale).
La lettiera è apparsa spesso disposta in grandi accumuli formati da centinaia di elementi di origine terrestre, mescolati a detriti vegetali e di sedimento a grana grossa. Una quantità impressionante di rifiuti che può essere spiegata dalla forte urbanizzazione dell’area costiera e dalla sovrapposizione dei trasporti sedimentari dalla sorgente alle profondità marine. La scoperta sottolinea come tale inquinamento sia una delle principali minacce, spesso trascurate, anche per gli ecosistemi di acque profonde.
Marine debris
I rifiuti marini sono una delle alterazioni antropiche più diffuse negli oceani del mondo, documentati in tutti gli ambienti marini, dalle acque superficiali costiere alle aree più remote del pianeta fino alle pianure abissali. Mentre i media danno una grande attenzione ai detriti plastici e microplastici, galleggianti e spiaggiati, la loro distribuzione nella cosiddetta lettiera bentonica, soprattutto per le acque profonde, è ancora poco nota. Si tratta di un notevole lacuna in quanto i fondali marini stanno diventando tra i più grandi depositi di rifiuti del pianeta, essendo di fatto i raccoglitori finali di detriti di qualsiasi genere provenienti da fonti terrestri.
Il Mar Mediterraneo è considerato uno dei siti con la più alta densità di rifiuti marini bentonici al mondo a causa della forte urbanizzazione costiera e dell’intenso traffico marittimo, Un accumulo favorito dal limitato scambio d’acqua attraverso lo Stretto di Gibilterra che fanno del mare nostrum un mare quasi chiuso. Lo studio ha riguardato i rifiuti solidi urbani marini nello Stretto di Messina, che è una delle aree geologicamente più attive del Mediterraneo centrale. Il suo peculiare contesto geomorfico è caratterizzato da una ripida catena montuosa molto vicino alla costa, drenata da brevi e ripidi alvi di torrenti (denominati localmente fiumare) in grado di trasportare grandi quantità di materiali durante i flash-flood stagionali. La distribuzione verso le profondità dello stretto di Messina è facilitata dalla pendenza medio alta del fondale marino (10°) e da una fitta rete di drenaggio di canyon sottomarini che, a causa della mancanza di una piattaforma continentale, favoriscono un forte trasporto sedimentario dalla sorgente agli abissi.
Metodi di acquisizione
I ricercatori hanno effettuato misure di batimetria con sonar multibeam durante diverse crociere oceanografiche effettuate tra il 2005 e il 2009 a bordo della R / V Universitatis CoNISMa, della R / V Urania-CNR e di una piccola imbarcazione (Calafuria-CoNISMa) impiegata per effettuare i rilievi su basso fondale. I dati sono stati acquisiti con sistemi multibeam a frequenze diverse (50, 100 e 455 kHz) secondo diversi intervalli batimetrici. Da questi rilievi sono emerse testimonianze sugli effetti delle forti correnti sottomarine che sono in grado di erodere il fondale marino. Durante le campagne oceanografiche RITMARE 2016 e PASC (effettuate dal 15 ottobre al 1 novembre 2016 a bordo della R/V Minerva Uno del CNR) sono state effettuate numerose investigazioni utilizzando il veicolo filoguidato Pollux III.
![]() Il ROV Pollux III è utilizzato per la prospezione visiva dei fondali attraverso un cavo comandato da bordo che guida il veicolo subacqueo e può operare fino ad una profondità massima di 300 metri di profondità. E’ dotato di una fotocamera digitale (Sony CCD 1/3′), una fotocamera ad alta definizione (Sony HDR-HC7), un sistema di posizionamento (USBL) che garantiscono registrazioni dettagliate e georeferenziate con una precisione di ± 2 metri |
In particolare, con il ROV sono state eseguite delle indagini dettagliate su entrambi i lati dello Stretto, perpendicolari al canale assiale principale per l’effettuazione di transetti video. Grazie all’analisi integrata delle immagini video, dei dati morfo-batimetrici e del Side Scan Sonar (SSS), gli sono state scoperte aree con una quantità inaspettata di rifiuti bentonici.

Localizzazione dei dati e imaging del fondale marino. (a) Batimetria dello Stretto di Messina (vista 3D) con rete di drenaggio fluviale (linee blu) (b, c) Mappe delle pendenze delle aree di studio rispettivamente sui margini siciliano e calabrese, con localizzazione dei transetti ROV (linee nere). Le mappe del sito sono state generate con QGIS Versione 2.18. La mappa dell’inserto a sinistra è costituita dai dati di rilievo GEBCO creati utilizzando QGIS versione 2.18.
Geomorfologia e caratteristiche del fondale marino dello Stretto di Messina
La morfologia dello Stretto di Messina può essere descritta come una ripida valle, dove la morfologia subacquea prolunga quella terrestre. Il Canyon di Messina corre lungo tutto lo stretto, collegando il versante continentale siciliano (ad ovest) e calabrese (ad est). Su entrambi i lati dello Stretto, i ripidi pendii sottomarini presentano una fitta rete di piccoli canali da erosione, spesso legati morfologicamente alle bocche di fiumara, che convogliano verso il centro del Canyon di Messina. Queste caratteristiche erosive mostrano una diversa morfologia sui due lati dello stretto. Sul margine siciliano di Tremestieri, i canali sottomarini hanno un andamento rettilineo, formando canali fino alla profondità di 300–400 m, dove si verifica una marcata diminuzione dei gradienti alla base di un ripido pendio (fino a 20 ° –25 °). Le immagini ottenute dalle passate SSS mostrano che la base del pendio à caratterizzata da linee di retrodiffusione parallele al pendio, con detriti a grana grossa. Immediatamente a valle, le immersioni con ROV mostrano che prevale il sedimento sabbioso, soprattutto nel transetto più profondo, con solo piccole chiazze (di pochi metri quadrati) di ciottoli e massi.
Sul margine calabrese di Reggio Calabria il contesto è più complesso, con alcune zone caratterizzate da canali senza testa a circa 400 metri di profondità (ad esempio lungo il Canale Sant’Agata) mentre altre zone sono morfologicamente caratterizzate da un numero minore di canali ma di maggiori dimensioni, come il canale San Gregorio. Questo canale è caratterizzato da un canyon largo da 500 a 1200 m. I dati SSS disponibili lungo il canale di San Gregorio mostrano la presenza di un intreccio di zone di flussi di detriti a grana grossa. Le immagini ROV confermano la presenza di ghiaia, ciottoli e occasionalmente grandi massi in corrispondenza di aree ad alto backscatter. Complessivamente, le immersioni ROV mostrano che i canali di San Gregorio e Sant’Agata sono dominati da sedimenti ghiaiosi, specialmente nei punti di immersione meno profondi.

Caratteristiche del fondo marino, distribuzione e composizione dei rifiuti marini. (a) Tipi di fondali marini e (b), categorie di rifiuti marini per ogni transetto (posizione nella Fig. 1). La dimensione dei grafici a torta in (b) è proporzionale all’abbondanza della lettiera (D = densità totale della lettiera e D (h) = densità della lettiera degli articoli pesanti, entrambi espressi come articoli / 10 m). (c) Composizione complessiva dei rifiuti marini osservati lungo tutte le immersioni ROV nei canyon dello Stretto di Messina. La mappa in (b) è stata generata con QGIS Versione 2.18 (https://www.qgis.org/it/site). Le immagini satellitari sono state ottenute dalle mappe aeree di Bing, utilizzando il plug-in QGIS OpenLayers (https://github.com/sourcepole/qgis-openlayers-plugin).
Distribuzione e composizione dei rifiuti solidi urbani marini (MMSW)
Le immagini dei rifiuti urbani hanno fatto il giro dei media: quasi 4000 elementi sono stati contati lungo 7 transetti ROV, che hanno esplorato una distanza lineare totale di 6.420 m. La distribuzione della lettiera è eterogenea, con concentrazioni più elevate all’interno dei canali siciliani rispetto a quelli calabresi. Si osserva un aumento complessivo dell’abbondanza di rifiuti all’interno di ogni singolo canale con l’aumento della profondità, che a sua volta è associato a una diminuzione dei gradienti di pendenza. Per quanto riguarda la composizione, la categoria più diffusa è la plastica morbida (sacchetti e imballaggi di plastica), rappresentando il 52,4% dei rifiuti totali della lettiera, seguita dalla plastica dura che rappresenta il 26,1%. Sebbene non sia un compito banale determinare la fonte esatta dei rifiuti marini, la tipologia degli elementi osservati suggerisce che la maggior parte dei rifiuti di origine antropica nello Stretto di Messina proviene da fonti terrestri.

Le foto estratte dalle riprese video ROV mostrano esempi di accumuli di rifiuti bentonici osservati all’interno dei canali nello Stretto di Messina, tra cui: mattoni (a), pneumatici, vestiti e grandi oggetti metallici (b), piccoli (c) e grandi (d ) tumuli di MMSW, a volte formati intorno a oggetti di grandi dimensioni come un’auto sepolta (d)
Ad esempio, i comuni articoli in plastica dura includono bottiglie e bicchieri, ma anche giocattoli, assorbenti igienici, tubi corrugati e di grondaia, tubi da giardino, scatole di prese elettriche e persino alcune persiane. Sono stati osservati anche materiali da costruzione come mattoni e pali di cemento, soprattutto sul margine calabrese. Il materiale in legno è per lo più rappresentato da assi e frammenti di mobili in legno, mentre le lettiere metalliche spesso includono oggetti di grandi dimensioni. Il cattivo stato di conservazione dei rifiuti e il loro parziale infangamento non ha consentito sempre di identificarne la composizione (9,2% dell’intera distribuzione).

Nelle foto estratte anche un’imbarcazione ancora identificabile con il nome sulla fiancata
Degno di nota, è stata rinvenuta un’auto infangata sotto il sedimento a 510 m nel canale San Gregorio, mentre resti di quattro piccole imbarcazioni sono osservate nel canale 1 di Tremestieri tra 580 e 520 m di profondità. Una di queste è stata identificata come una piccola imbarcazione appartenente ad una struttura turistica situata nella costa siciliana. Escludendo i rifiuti leggeri (plastica morbida e carta), che potrebbero aver percorso potenzialmente lunghe distanze, essendo facilmente trasportabili dalle correnti di fondo, l’abbondanza di rifiuti pesanti rimane notevolmente superiore rispetto a quelle segnalate in altri sottomarini canyon del Mar Mediterraneo. A questo proposito, si ritiene che questo trasporto di detriti sia favorito dalle fiumare. Come è noto il clima locale è caratterizzato da contrasti stagionali molto forti. Le fiumare hanno estreme variazioni annue dello scarico a mare, con letti asciutti in estate e flussi violenti delle acque durante i periodi di intense piogge. Sulle valli fluviali questi eventi meteorologici mobilitano volumi fino a centinaia di migliaia di m3 di sedimento in tempi brevissimi, a causa della combinazione delle forti pendenze e di fattori litologici.

impronta umana nei fondali dello stretto
La disposizione caotica dei depositi a grana grossa (con massi maggiori di 50 cm) misti a detriti vegetali e rifiuti pesanti lascia ipotizzare un trasporto per gravità sedimentaria come recentemente osservato anche nel Canyon di Monterey (California). Sebbene non siano disponibili dati di velocità per i flussi sedimentari nello Stretto di Messina, una velocità di transito del flusso maggiore di 4 metri al secondo, per una corrente innescata da una frana sottomarina presso il Canyon Gioia (a nord dello Stretto di Messina), fu stimata a seguito della rottura di un cavo avvenuta nel 1997. Considerando le pendenze più ripide dei canali dello Stretto di Messina, è ragionevole ipotizzare velocità simili o addirittura superiori per i flussi sedimentari nell’area di studio. Il recupero di rifiuti urbani sul Canyon assiale di Messina a 1000–1100 m di profondità dimostra che i flussi di sedimento per gravità più grandi sono in grado di spazzare l’intero canale affluente. Questi grandi eventi potrebbero essere stati innescati da forti terremoti che colpirono questa zona come l’evento sismico del 1908 che generò un flusso che produsse rotture di cavi fino a 230 km dallo Stretto di Messina.
Gli autori ritengono sia comunque necessario approfondire le ricerche nello Stretto per ottenere una visione complessiva della distribuzione dei rifiuti urbani sottomarini che, unita ad indagini post-evento (terremoti, tempeste,…), sarebbe fondamentale per comprendere il tempo di permanenza dei rifiuti bentonici in quest’area.
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Fonti
Pierdomenico, M., Casalbore, D. & Chiocci, F.L. Massive benthic litter funnelled to deep sea by flash-flood generated hyperpycnal flows. Sci Rep 9, 5330 (2019). https://doi.org/10.1038/s41598-019-41816-8

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