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Ma il Re d’Italia, fu una nave di successo? – parte VI

tempo di lettura: 7 minuti

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livello elementare

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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: REGIA MARINA
parole chiave: corazzata, Regia marina italiana, piani navali, contesto politico, cantieri navali, battaglia di  Lissa

I commenti dei giornalisti statunitensi furono unanimemente entusiastici e definirono il Re d’Italia uno dei migliori esempi di architettura navale dell’epoca; essi evidenziarono anche l’alto standard qualitativo della sua costruzione con il quale il Webb intendeva “sostenere la reputazione dei costruttori statunitensi” agli occhi del mondo. Si trattava di affermazioni non certo imparziali e molto enfatizzate, da inquadrare nel particolare momento storico che l’Unione stava vivendo: le sorti della guerra civile erano tutt’altro che decise e, con la Gran Bretagna ostile e la Francia che non nascondeva i suoi disegni su un Nord America diviso, un segno di fiducia da parte di una nazione europea, anche se di second’ordine, contribuiva a sollevare il morale della popolazione 44.

Secondo i resoconti giornalistici, il fatto che una nazione estera avesse ordinato le due navi ai cantieri nordisti dimostrava non solo la fiducia che all’estero si aveva nella causa dell’Unione, ma anche la potenza industriale dell’Unione, perché le nazioni europee non avrebbero potuto non rilevare che nel momento in cui l’Unionedovuto logicamente utilizzare tutte le sue risorse per preservare la sua unità, la nostra industria cantieristica navale sia in grado di costruire per conto di altre nazioni navi della grandezza delle due fregate italiane45.

In Italia, negli anni immediatamente seguenti la battaglia di Lissa, le due fregate furono invece molto criticate: oltre all’installazione del timone, venne messa in discussione la qualità del legname che, sulla Re di Portogallo, in alcune sue parti venne trovato deteriorato già all’indomani della battaglia. Su questo aspetto, l’opinione largamente condivisa dai costruttori navali europei era che la quercia bianca americana avesse una durata considerevolmente inferiore a quella dei legnami utilizzati in Europa, opinione che sembra confermata dal fatto che lo scafo della Ammiraglio Generale si deteriorò molto rapidamente e l’unità fu ritirata dal servizio nel 1869 46.

Nel caso delle unità italiane il problema fu probabilmente esacerbato dal fatto che all’epoca della loro impostazione negli Stati Uniti il legno di quercia bianca stagionato era molto scarso, per cui è possibile che il Webb abbia dovuto far ricorso a legno appena tagliato, come dovette fare anche il costruttore della fregata corazzata unionista New Ironsides, impostata a Filadelfia alla fine del 186147. Un altro difetto evidenziato fu che, a differenza di quanto avveniva sulle navi a vapore costruite in Italia e in Europa, le pareti delle carboniere che toccavano quelle delle caldaie non avevano una fodera di legno che le isolasse dal calore, con conseguente pericolo di un incendio del carbone48.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è Screenshot-2023-11-25-174713.png

Il danneggiamento del timone della Re d’Italia

Come ricordato in precedenza, nel corso dello scontro di Lissa, il timone della Re d’Italia si bloccò rendendo la nave ingovernabile. L’avaria fu attribuita alla rottura della parte esposta del timone in seguito ad una salva di una nave austriaca che colpì la poppa della corazzata. Da qui le critiche alla sistemazione troppo vulnerabile del timone. Le testimonianze su quello che realmente accadde sono solamente due: quella dell’ufficiale piloto Russo, riportata dal Randaccio, e quella del sottotenente Isola nella deposizione che rese davanti all’Alta Corte di Giustizia che giudicò la condotta dell’Ammiraglio Persano. Russo dichiarò che, quando i timonieri annunciarono che la ruota del timone era bloccata, discese nel ponte di batteria, dove constatò che i frenelli erano intatti, dopodiché entrò nella cabina del comandante dove vide che il timone era spezzato ed inutilizzabile. Il sottotenente Isola riferì che la bordata che aveva reso inutilizzabile il timone aveva “guastato tutto il casseretto”; la fiancata austriaca dovette quindi colpire approssimativamente tra il ponte di batteria e quello di coperta. Isola non constatò personalmente il danno al timone, ma dichiarò di aver sentito “il primo pilota”, che era andato a controllare il timone (presumibilmente si trattava di Russo), annunciare che erano rotti sia i frenelli che la testa del timone 49. Se si prendono alla lettera le affermazioni dei due testimoni si deve concludere che il timone sia stato spezzato all’altezza del ponte di batteria, dove si trovava la sua testa che – come si vede dalla sezione longitudinale – arrivava fino ai bagli che sostenevano il ponte di coperta e dove era protetto dalla corazza, e non nella parte esposta compresa tra la volta di poppa e il galleggiamento. Se questa ipotesi fosse corretta, si dovrebbe presumere che uno o più proietti abbiano perforato la corazza di poppa, dove era più sottile che sulle fiancate, e colpito la testa del timone, la cui collocazione, per quanto vulnerabile, risulterebbe quindi incolpevole. Naturalmente non è possibile escludere che la frase del pilota si riferisse invece genericamente a tutta la parte superiore del timone e che effettivamente un singolo proietto, forse sparato con maggiore depressione degli altri, abbia colpito la parte esposta del timone.

Conclusione

Per quanto non perfette e molto probabilmente inferiori alle fregate corazzate che furono successivamente ordinate ai cantieri francesi, le due fregate “americane” rappresentarono quanto di meglio si potesse ottenere all’epoca nei tempi molto brevi ritenuti necessari dal Governo italiano. Anche la scelta di un cantiere statunitense fu dettata dalla impossibilità di costruirle in patria e dalla indisponibilità momentanea dei cantieri francesi e/o britannici. Più che nell’installazione del timone le criticità consistettero nella scarsa qualità del legno con il quale furono costruite e nei difetti riscontrati nella macchina della Re d’Italia.

Aldo Antonicelli

 

in anteprima l’affondamento del Re d’Italia. Nella battaglia navale del 1866 vicino a Lissa nell’Adriatico, vinta dalla flotta da guerra austriaca, la nave austriaca “Erzherzog Ferdinand Max” speronò l’ammiraglia italiana “Re d’Italia”, che affondò immediatamente. Un dipinto di Gustav Kappler mostra questo momento storico. Riproduzione nella pubblicazione giubilare “Österreichs Hort” (“Roccaforte dell’Austria”) del 1908 in occasione dei 60 anni di regno dell’imperatore Francesco Giuseppe I. Pubblicato anche in Herbert Wrigley Wilson (1896). Corazzate in azione: uno schizzo di guerra navale dal 1855 al 1895 . Londra: S. Low, Marston e compagnia. Questa immagine è stata ristampata anche su The Graphic, Londra. 4 gennaio 1896, con la didascalia: L’affondamento della nave Re D’Italia a Lissa, 20 luglio 1866. Da Ironclads in action di H. W. Wilson
Sinking of the italian ironclad Re d’Italia.jpg – Wikimedia Commons

 

Estratto da La Pirofregata corazzata Re d’Italia di Aldo Antonicelli – NAM anno 4 (2023), Fascicolo n. 16 Storia Militare contemporanea (novembre) che può essere letto integralmente seguendo questo link https://www.academia.edu/108755759/La_pirofregata_corazzata_Re_dItalia?email_work_card=abstract-read-more

 

Note

44 In questa stessa ottica va visto anche l’entusiasmo popolare con la quale a New York e a San Francisco fu accolto l’arrivo di due squadre navali russe. La squadra che giunse a New York a settembre del 1863, e i cui ufficiali parteciparono al ricevimento a bordo del Re d’Italia, era composta dalle fregate ad elica Osliaba, Alexander Nevsky e Peresviet, e dalle corvette ad elica Variag, Vitiaz e Almaz. In realtà, le navi russe furono inviate nei porti dell’Unione non per una dimostrazione di solidarietà, ma per porle al sicuro in caso di scoppio di una nuova guerra contro l’Inghilterra e la Francia, guerra che il governo russo dava per probabile dato l’appoggio che le due nazioni stavano dando ad una insurrezione polacca. Di questo il governo Federale era perfettamente consapevole. E. S. Pomeroy, The Myth after the Russian Fleet, 1863, New York History, vol. 31, n° 2 aprile 1950, pp 169-176.

45 New York Herald, cit.

46 La scarsa qualità della quercia bianca fu menzionata anche in un rapporto del comandante Del Santo, l’ufficiale incaricato di controllare la costruzione del Re d’Italia, ma il contratto ne prevedeva chiaramente l’utilizzo. Commissione d’inchiesta sul materiale della Regia Marina, Sull’amministrazione della Regia Marina, Giuseppe Pellas, Firenze e Genova, 1867, p 30.

47 Roberts, cit., p. 19.

48 Commissione d’inchiesta sul materiale della Regia Marina, Stato della flotta, interrogatorio del luogotenente di vascello Enrico Gualterio, p 230.

49 Rendiconti delle udienze pubbliche dell’Alta Corte di Giustizia nel dibattimento della causa contro l’Ammiraglio Senatore Conte Carlo Pellion di Persano, seconda edizione ufficiale riveduta, Tipografi del Senato del Regno, Firenze 1867, p 188.

 

Fonti e Bibliografia

«An Interesting Trial Trip; Decisive Test of the Broadside Frigate Re d’Italia». New York Times 21 febbraio 1864.

Antonicelli, Aldo, «Un pirovascello o una fregata corazzata?», Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina, Roma, settembre 2012.

Atti del Parlamento Italiano – Discussioni della Camera dei Deputati, Sessione del 1861 – 1° periodo dal 18 febbraio al 23 luglio.

Commissione d’inchiesta sul materiale della Regia Marina, Stato della flotta, Giuseppe Pellas, Firenze 1868,

DunBaugh, E. L., W. du Barry thomas, William H. Webb: Shipbuilder, Webb Institute of Naval Architecture, New York, 1989.

Frka Danijel, Jasen Mesić, Treasures of the Adriatic Sea, A diver’s guide to the wrecks of the Croatian Adriatic, Adamić, Rijeka, 2013.

Giorgerini, Giorgio, Le navi di linea italiane, 1861-1961, Roma, USMM, 1962.

«Our Italian Visitors». New York Herald, 6 novembre 1863.

Pomeroy, E. S., The Myth after the Russian Fleet, 1863, New York History, vol. 31, n° 2 aprile 1950, pp 169-176.

Radogna, Lamberto, Cronistoria delle unità da guerra delle Marine preunitarie, Ufficio Storico della Marina Militare, Roma 1981.

Randaccio, Carlo, Storia della Marina Italiana Vol. II 1860-1880, Forzani e C. Tipografi del Senato, Roma 1886.

Rendiconti delle udienze pubbliche dell’Alta Corte di Giustizia nel dibattimento della causa contro l’Ammiraglio Senatore Conte Carlo Pellion di Persano, seconda edizione ufficiale riveduta, Tipografi del Senato del Regno, Firenze 1867.

Roberts, W. H., USS New Ironsides, Naval Institute Press, 1999.

Webb, William H., Plans of Wooden Vessels built by William H. Webb in the City of New York, 1840-1869, 2 vol., 1895.

«The Italian Iron-Clad», Harper’s weekly, 16 gennaio 1864.

L’autore ringrazia la Biblioteca Angelo Mai di Bergamo per aver cortesemente concesso a titolo gratuito la riproduzione delle fotografie tratte dal Fondo fotografico Elio Occhini

 

Alcune delle foto presenti in questo blog possono essere state prese dal web, citandone ove possibile gli autori e/o le fonti. Se qualcuno desiderasse specificarne l’autore o rimuoverle, può scrivere a infoocean4future@gmail.com e provvederemo immediatamente alla correzione dell’articolo

 

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