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Alto Molise, terra di rocce e denti di squalo

tempo di lettura: 8 minuti

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livello elementare
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ARGOMENTO: PALEONTOLOGIA
PERIODO: TERZIARIO
AREA: SQUALI
parole chiave: fossili
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La grande nevicata di gennaio 2016 colpì molte regioni centrali e meridionali. Tra di esse il Molise, una splendida regione, ricca di storia e bellezze naturali. Aaronne Colagrossi, il nostro geologo e reporter, ci porta a conoscerla meglio e ci rivela il suo lontano passato che risale al Terziario. Chi lo avrebbe mai detto che tra i suoi monti possono essere trovati resti fossili di squali?

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Alto Molise – la zona interessata dalla ricerca

Pur essendo molto piccola, la regione del Molise presenta situazioni geologiche piuttosto complesse e di non semplice interpretazione, sia per quanto riguarda le porzioni superficiali, visibili all’Uomo direttamente, sia per le sequenze profonde, esplorabili solo con mezzi meccanici e sismici. Ciò che il territorio ci mostra oggi, dal Massiccio del Matese fino alla costa molisana, è il risultato di una continua e costante evoluzione geografica, che pone le sue radici in una sconvolgente e ininterrotta attività sismica del periodo geologico Terziario, la quale ha portato alla formazione della catena appenninica, nello specifico il settore centro – meridionale.

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Il territorio del Molise è composto da formazioni rocciose per lo più sedimentarie, prevalentemente depostesi in ambiente marino. Su queste formazioni marine molto antiche poggiano sedimenti decisamente più giovani. Da un punto di vista paleontologico, la regione del Molise e l’area del Matese in generale concedono molteplici varietà di fossili. Basti ricordare il giacimento di Pietraroja (Comune posto poco al di fuori dal Molise ma facente parte della struttura del Massiccio del Matese) con il dinosauro “Ciro”, un Celurosauro cui è stato dato il nome di Scipionyx samniticus. Inoltre, le bellissime e abbondanti colonie di Rudiste del Cretaceo, che si rinvengono lungo tutta la dorsale orientale del Matese, i denti di squalo dell’Alto Molise (tra cui il gigantesco Carcharocles megalodon), il giacimento pleistocenico di Isernia (con decine di mammiferi, tra cui rinoceronti, megaceri ed elefanti) e la barriera corallina fossile di Sbregavitelli sul Lago del Matese (risalente al Periodo Giurassico).

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Monte Ingotta – Carovilli (IS)

Insomma un discreto spettro paleo-biologico. In Alto Molise, nel piccolo e magnifico centro abitato di Carovilli, nel corso degli anni sono stati portati alla luce un centinaio di ittiodontoliti (fossili dentari di pesci) appartenenti a squali, principalmente, e pesci ossei, secondariamente. L’area, da un punto di vista geologico, è molto complessa e poco conosciuta anche da un punto di vista paleontologico

Geologia
L’ambiente di deposizione originario delle rocce dell’area a nord di Carovilli (Monte Ingotta) può essere ricondotto ad una zona di base scarpata continentale, lì dove il profilo sottomarino di tale struttura si ricongiungeva alle piane profonde: gli abissi veri e propri. Tali depositi, successivamente, sono stati sollevati nell’orogenesi appenninica e ora ci appaiono in tutta la loro maestosità. Ovviamente, da un punto di vista puramente geologico, solo la presenza di fossili marini ci può dire che si tratta di una deposizione marina nella maniera più assoluta. Mediante l’utilizzo della stratigrafia si è cercato di correlare la geologia e la paleontologia allo scopo di identificare cronologicamente la successione. Le rocce più antiche, ovvero al letto della serie (termine minerario che sta a indicare la parte bassa), risalgono a circa 22 milioni di anni fa (Piano Aquitaniano); mentre, al contrario, quelle più recenti, ovvero al tetto (sempre derivato dalla terminologia mineraria, indica l’alto) risalgono a circa 5 milioni di anni fa (Piano Messiniano). In questo periodo l’intero Bacino del Mediterraneo andò in crisi di salinità; gran parte della distesa marina evaporò (a causa della chiusura del paleo-Stretto di Gibilterra), lasciando vaste aree di lago/mare chiuse che depositarono spesse coltri di rocce evaporitiche come gessi, anidriti e salgemma.

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Le associazioni litologiche più antiche che affiorano nell’area sono rocce carbonatiche con abbondante selce. Il colore varia dal bianco latte al giallastro. La selce, invece, si presenta di colore rosso e giallastro (con formazione di noduli e lenti, di forma schiacciata). Talvolta alle litologie citate si intercalano piccoli strati di rocce torbiditiche, derivate da correnti di torbida; sostanzialmente queste colate detritiche (frane sottomarine) di tanto in tanto si staccavano dalla scarpata continentale per scivolare negli abissi. Un pò come avviene attualmente lungo la costa orientale degli Stati Uniti. Proseguendo verso il tetto della successione aumenta la presenza di questo tipo di rocce torbiditiche, ma compaiono i fossili di Nummuliti e Alveoline (si tratta di macro foraminiferi a guscio calcareo con spirale piatta), nonché bivalvi del genere Pecten, vari Briozoi e spicole di Spugne. Le caratteristiche paleontologiche peculiari di questa porzione rocciosa, oltre agli organismi su citati, sono i resti fossili di denti di pesci: nello specifico squali e pesci ossei. Verso l’alto della Serie la sedimentazione evolve a una più tipicamente abissale, con presenza di marne a argille rosse e verdi. Infine la successione rocciosa termina con litologie composte da arenarie giallo scuro, marne argillose grigie e argille sabbiose giallastre.

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Carcharocles megalodon,
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Paleontologia
Gli squali fossili hanno una grandissima diffusione su tutto il globo, ciò è dovuto all’organo più comunemente fossilizzabile che caratterizza questi animali: i loro denti. Questa caratteristica prestigiosa ha contraddistinto gli squali per tutta la loro storia evolutiva (vecchia di 400 milioni di anni); di fatto gli scienziati non si stupiscono affatto che i fossili di vertebrato relativamente più comuni siano i denti di squalo. Essendo composti da apatite (fosfato di calcio) essi non tendono a disgregarsi nel lungo processo di fossilizzazione che penalizza lo scheletro cartilagineo degli squali.

Di fatto i resti di animali completi (o parziali) sono rarissimi; sostanzialmente si conservano solo in condizioni anaerobiche, ovvero in assenza di ossigeno, indi in mancanza di organismi decompositori. Nell’area di Carovilli la maggior parte degli ittiodontoliti vengono identificati sui versanti del Monte Ingotta (a nord centro abitato). Questi fossili appartengono, per la maggior parte, alla Classe Chondrichthyes.

Le specie di squali rinvenute nell’area vengono ascritte a:

Carcharocles (Carcharodon) megalodon (Agassiz, 1843):


il predatore gigante del Terziario con una lunghezza compresa tra i 13 e i 19 metri e un peso variabile dalle 40 alle 80 tonnellate. 
Per maggiori informazioni  https://www.ocean4future.org/savetheocean/archives/3457

Isurus (Cosmopolitodus) hastalis (Agassiz, 1843)
Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è cosmopolitodus_hastalis_by_teratophoneus_d8toclb-fullview.jpg

un specie di mako estinta del Terziario; si trattava di un massiccio squalo predatore cosmopolita in tutti i mari (come megalodon). Questo mako gigante era lungo fino a 8 metri e probabilmente più simile all’attuale grande squalo bianco (Carcharodon carcharias) che ai mako attuali (Isurus oxyrinchus e I. paucus).

Isurus retroflexus (Agassiz, 1843):
Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è Isurus-retroflexus.png
un’altra specie di squalo con una convergenza evolutiva che si avvicina a quella del moderno mako a pinne lunghe (Isurus paucus) eccetto che nelle forme antiche di retroflexus  che possiede una morfologia dentaria moderatamente diversa. Ciò  ha suggerito agli scienziati che la dieta di questi animali fosse radicalmente cambiata nell’arco di circa dieci milioni di anni.

Parotodus benedeni (Le Hon, 1871): di dimensioni davvero ragguardevoli, il falso mako raggiungeva anche i nove metri con un peso di circa quattro/cinque tonnellate. Al contrario del cugino I (C) Hastalis, Benedeni non era molto diffuso nei mari del globo e tutt’ora i denti fossili sono abbastanza rari nei giacimenti.

Alopias exigua (Probst, 1879): una specie fossile di squalo volpe. I fossili sono molto rari nei giacimenti.

 

Hexanchus griseus (Bonnaterre, 1788):

uno squalo tutt’ora presente nei nostri mari e oceani, conosciuto come squalo a sei branchie, raggiunge i 5.5 metri di lunghezza. Il suo Ordine zoologico è vecchio di almeno 200 milioni di anni. Attualmente vive in molti mari del globo e ama profondità superiori ai 200 metri, sino a 2500 metri; in Italia il nome locale è capopiatto.

Hemipristis serra (Agassiz, 1843): una specie fossile di squalo appartenente alla Famiglia Hemigaleidae, sono conosciuti come squali dai denti irregolari o squali donnola.

Odontaspis cuspidata (Agassiz, 1843): una specie estinta di squalo tigre della sabbia (Famiglia Odontaspididae) i cui fossili più antichi risalgono a 70 milioni di anni fa (Periodo Cretaceo superiore).

Odontaspis acutissima (Agassiz, 1843): una specie estinta di squalo tigre della sabbia (Famiglia Odontaspididae) i cui fossili più antichi risalgono a 33 milioni di anni fa (Periodo Paleogene superiore).

Carcharhinus priscus (Agassiz, 1843): una specie di squalo carcarino estintosi circa 2.5 milioni di anni fa. I fossili sono molto comuni nei giacimenti del Terziario marino e dimostrano un buon carattere cosmopolita di questa specie in molte successioni rocciose del globo.

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esemplari di denti di varie famiglie di squali fossili rinvenuti durante la ricerca

Le specie di pesci ossei rinvenute nell’area sono (solo denti):
Sparus cintus (Agassiz, 1839): un pesce osseo molto simile alla odierna orata, ascrivibile alla Famiglia Sparidae.

Diodon scillae (Agassiz, 1844): un pesce fossile molto simile all’odierno pesce istrice, appartenente alla Famiglia Diodontidae.

Merluccius merluccius (Linnaeus, 1758): il comune merluzzo tutt’ora presente nei nostri mari; creatura dalla dentatura prominente sia sulla mascella superiore che inferiore.

Oltre a queste magnifiche testimonianze, vi sono anche le icniti, tracce fossili riconducibili a paleo-ambienti ben precisi.

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Hexanchus griseus (Squalo a sei branchie – Capopiatto), Italia

La scienza che si occupa delle tracce fossili è la paleoicnologia, una disciplina che ha un approccio multidisciplinare presentando strette relazioni con la paleoecologia e la sedimentologia. Le icniti vengono conservate all’interno degli strati geologici e/o sulle loro superfici. A questa categoria appartengono le orme dei vertebrati, le piste corrispondenti alla locomozione e nutrizione sia di vertebrati che invertebrati, le gallerie scavate da questi ultimi all’interno di sedimenti ancora non consolidati, gli escrementi (coproliti e pallottole fecali), e altri tipi di tracce biologiche.

I fattori che controllano le tracce fossili sono molteplici; ricordiamo la consistenza del substrato, le risorse trofiche, la salinità, l’ossigenazione e la batimetria. Si può affermare che la presenza di icniti ci sta a indicare che l’ambiente di formazione è ossigenato (condizioni aerobiche); inoltre le icniti, al contrario dei fossili costituiti da parti dure di organismi, si sono formate in sito cioè sono autoctone. Nell’area del mio studio sono state rinvenute impronte di DiplocraterionPaleodictyon, Entobia e Skolithos.

Concludendo
Tutti i dati paleontologici, strettamente interconnessi con quelli geologici, hanno permesso di identificare cronologicamente un preciso intervallo stratigrafico, prevalentemente calcareo torbiditico, ma caratterizzato dalla contemporanea presenza di due specie di squali (Carcharocles megalodon e Isurus hastalis), rispettivamente assenti o presenti da un punto di vista puramente temporale nel corso del Terziario. Tale intervallo può essere ascritto tra al Serravalliano-Tortoniano (tra i 13.8 e i 7.2 milioni di anni fa).

Il presente articolo è un sunto del mio lavoro di tesi, dove ho cercato di portare alla luce dati su un’area poco conosciuta, da un punto di vista sia geologico – sedimentologico – stratigrafico che paleontologico e paleo ambientale.

Aaronne Colagrossi

immagine in alto – dente di Isurus (Cosmopolitodus hastalis) un specie di squalo mako che si estinse nel Terziario

 

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