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livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: OCEANO PACIFICO
parole chiave: Mine navali, Vietnam, USN
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Negli anni ’60, durante il conflitto in VietNam, i Vietcong impiegarono delle mine navali di fabbricazione russa e cinese contro le forze americane. Ironicamente, la tecnica da loro impiegata fu simile a quella impiegata dai Confederati durante la guerra civile americana coordinando l’uso di mine navali lungo i fiumi con l’artiglieria.
Vennero impiegati ordigni esplosivi improvvisati (IED), realizzati utilizzando cesti di vimini riempiti di esplosivi con congegni a tempo e di prossimità. Al di là dei risultati in termini di danni, le truppe americane vissero con terrore tali pattugliamenti, non essendo in grado di poter affrontare tale minaccia con mezzi adeguati. Una guerra sporca in cui la vita operativa media dei soldati era molto bassa.
D’altro lato, il ritardo dell’impiego di mine navali da parte americana, necessario per limitare i rifornimenti alle forze nord vietnamite, fu dovuto al volere politico. L’Amministrazione del Presidente degli Stati Uniti Jonhson (1964-1968) vide nell’uso di queste armi un pericolo di allargamento del conflitto. Una scelta discutibile in quanto, nello stesso periodo, fu impiegato un incendiario, il napalm, un’arma chimica spaventosa vietata dalle convenzioni internazionali di guerra, che era stata sperimentata durante la seconda guerra mondiale dagli Stati Uniti in Italia nello sbarco a Salerno del 9 settembre 1943 con l’uso di lanciafiamme.
Nell’inverno del 1944 in dieci giorni di bombardamento aereo in Emilia Romagna, durante l’Operazione Pancake, furono colpiti settantaquattro obiettivi con oltre millecento tonnellate di bombe al napalm. In seguito furono usate bombe al napalm anche su Bologna e Roma. Durante la guerra in Vietnam fu impiegata una sua variante, denominata Napalm-B, in cui al posto della benzina vi è una miscela di polistirene e in soluzione con benzene, benzina e fosforo. una miscela letale e terribile.
Una figura che seppe vedere oltre fu l’ammiraglio Moorer. Promosso vice-ammiraglio nel 1962 e ammiraglio nel 1964, Moorer prestò servizio sia come Comandante in Capo della Flotta del Pacifico che come Comandante in Capo della Flotta Atlantica – il primo ufficiale della USN ad aver comandato entrambe le flotte. In seguito fu promosso capo delle operazioni navali (CNO) tra il 1967 e il 1970, al culmine del coinvolgimento degli Stati Uniti in Vietnam, e ripetutamente richiese l’autorizzazione all’impiego delle mine navali contro i nord vietnamiti. Ma le sue proposte, filtrate dagli Alti Vertici del Joint Chiefs of Staff (JCS) ed indecisi sull’impiego di armi di cui non condividevano la priorità e gli scopi di impiego, non riuscirono ad arrivare ai vari Segretari di Stato.
Inizialmente, sotto la presidenza Nixon, l’Amministrazione rifiutò tale proposta ritenendo che in caso di minamento offensivo, i Sovietici avrebbero potuto fornire ai nord vietnamiti i loro mezzi di contrasto contro le mine navali, causando il rischio di una escalation del conflitto con la partecipazione diretta di truppe sovietiche sul terreno. Di fatto vi era la constatazione che i nord vietnamiti avrebbero potuto usare le ferrovie interne per il supporto logistico alle loro truppe, in alternativa alle rotte costiere e fluviali, e che il minamento americano avrebbe potuto far fallire i negoziati per la limitazione delle armi strategiche nucleari in corso con l’Unione Sovietica.
Un cambio di rotta
A seguito dell’offensiva nord vietnamita del marzo 1972, gli Stati Uniti presero due importanti decisioni: una politica, accusando direttamente i russi di complicità nell’invasione del Vietnam del Sud, ed una militare, dichiarando che gli Stati Uniti avrebbero intrapreso qualsiasi passo necessario per proteggere le Forze Americane dislocate nel Vietnam del Sud. Henry Kissinger, US Secretary of State e National Security Advisor, confidava nella possibilità di ottenere, dai colloqui segreti con Le Duc Tho a Parigi, uno spiraglio di uscita per concludere la guerra.
A seguito del netto rifiuto a trattare da parte nord vietnamita, il presidente degli Stati Uniti Nixon decise di incrementare i bombardamenti e di far minare i porti del Nord Vietnam.
La maggior parte dei minamenti fu effettuato per via aerea impiegando non solo gli aerei delle portaerei (A 7) ma anche i bombardieri B 52 e gli aerei da pattugliamento P 3 della Marina che erano normalmente impiegati in compiti di sorveglianza. Il minamento fu talmente efficace che i nord vietnamiti, non in grado di poter effettuare alcuna azione di contro misure mine, furono costretti a rivedere i loro piani di supporto logistico chiudendo il porto di Haiphong per più di 300 giorni. Nixon impiegò tali armi come strumento di coercizione politica e dichiarò che non avrebbe rimosso le mine fino a quando tutti i prigionieri di guerra americani fossero stati rilasciati. Nel gennaio del 1973, a seguito degli accordi di Parigi, fu firmato l’accordo denominato “Agreement on ending the war and restoring the peace in Vietnam” che prevedeva il rilascio di tutti i prigionieri di guerra e lo sminamento da parte americana del porto di Haiphong.
Nel febbraio seguente, la 7ma Flottiglia CMM (Task Force 78) americana incominciò, con dieci dragamine oceanici (MSO), l’Operazione END SWEEP, per rimuovere le mine posate durante il conflitto. Nell’operazione, che terminò nel luglio dello stesso anno, furono impiegati anche gli elicotteri CH 53 Sea Stallion trainanti attrezzature per lo sminamento. Si vociferò che le esplosioni, a seguito delle operazioni di dragaggio, erano state limitate in quanto i congegni di auto-sterilizzazione presenti sulle mine le avevano rese inerti. Fu un fattore tecnico delle mine o di scarsa efficienza dei mezzi impiegati? Di fatto i costi furono notevoli e lasciarono gli specialisti con molti dubbi. Le Forze di CMM di superficie americane, per lo più composte da MSO, ebbero un impiego difficilmente valutabile. D’altronde fino ad allora erano state impiegate in maniera limitata ed impropria in ausilio al pattugliamento fluviale.
Tale uso aveva comportato una rapida decadenza dell’efficienza dei mezzi e, con l’aumentare dei costi durante la guerra, fu presa la decisione di utilizzo di elicotteri con compiti di dragaggio (AMCM – Airborne Mine Counter Measure). La loro efficienza non fu ottimale ma forse nessuno se ne accorse perché le mine erano già sterilizzate.
Quando l’Ammiraglio Elmo E. Zumwalt, fu promosso Capo delle Operazioni Navali (CNO), nel 1970, riconobbe l’importanza della Guerra di Mine navali e la mancanza di integrazione nella flotta dovuta ad una certa avversione degli Staff che privilegiavano lobby interne legate agli interessi dell’industria bellica. Il successo, in merito all’impiego degli elicotteri in ruolo AMCM, trionfalmente ed esageratamente propagandato da alcuni vertici della Marina al termine delle operazioni in VietNam, portò nella prima metà degli anni ’70 alla riduzione del numero di unità di contro misure mine di superficie e, in seguito, alla cancellazione dei programmi di acquisizione di nuove classi. ma la lezione non era stata ancora appresa.
La Marina statunitense ancora una volta non comprese l’importanza di creare forze specialistiche contro le mine navali e continuò ad affidare il loro compito ad equipaggi temporaneamente assegnati a questa componente.
Immagine in anteprima: una mina navale americana esplode nel porto di Haiphong del Vietnam del Nord durante l’operazione End Sweep, fotografata da un elicottero americano CH-53A. Si ritiene che sia l’unica esplosione di una mina durante il dragaggio con slitta Mk 105 – Fonte: Melia, Tamara Moser, “Damn the Torpedoes”: A Short History of U.S. Navy Mine Countermeasures, 1777-1991, Washington, D.C.: Naval Historical Center, 1991, ISBN 0-945274-07-6, p. 108. U.S. Navy photo – fotografo USN sconosciuto – Mine explosion Operation End Sweep 9 March 1973.jpg – Wikimedia Commons
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).
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