livello elementare
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ARGOMENTO: PLASTICHE
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: macro litter
Un mare in crescente pericolo
I rifiuti marini sono una delle principali forme di inquinamento nel Mediterraneo, ma sono ancora necessarie ulteriori informazioni per valutare le potenziali minacce per il biota, in particolare per specie marine elencate dalla direttiva Habitat, come i cetacei.
A seguito del campionamento del macro-litter galleggiante lungo una rotta tra la Spagna e l’Italia, è stato effettuato un eccellente studio che ha fornito dei dati dettagliati in quattro settori marini sensibili del mar Mediterraneo occidentale. Queste zone marine sono importanti perché caratterizzate da forti variabilità stagionali, oceanografiche ed ecologiche e sono soggette ad un differente impatto antropico caratterizzato da diversi tipi di inquinamento. Lo studio è focalizzato sull’impatto del macro litter in zone dove popolazioni di diversi cetacei sono note ed oggetto di studi per la loro conservazione.
In particolare, nello studio, pubblicato su identificate aree che presentano un’alta densità di avvistamenti di plastica e di cetacei.
I rifiuti osservati erano composti per oltre il 65% da plastica, con composizioni diverse tra il Mare delle Baleari e di Sardegna rispetto ai settori semi-chiusi di Bonifacio e Tirreno. La quantità media di macro-litter variava tra 1,9 e 2,8 punti per chilometro quadrato e raggiungeva valori più alti in primavera ed estate in tutti i bacini, suggerendo una relazione con l’aumento delle attività turistiche e marittime, sia nelle acque costiere che in quelle offshore.
I settori delle Baleari e di Bonifacio hanno mostrato quantità ed aree di accumulo maggiori per la plastica, probabilmente a causa della combinazione di più fonti e processi oceanografici che influenzano i modelli distributivi. Avvistamenti di cetacei sono stati registrati in tutti i settori, in particolare di esemplari di balenottera comune (Balaenoptera physalus) e di delfino striato (Stenella coeruleoalba). La presenza di cetacei in aree ad alta densità di plastica è emersa principalmente durante la primavera ed estate nei settori delle Baleari e di Bonifacio, ma sono state identificate altre aree specifiche di esposizione potenziale, indicando la necessità di una definizione dinamica di questa minaccia. Lo studio affronta le diverse attività umane, identificate come turismo, urbanizzazione costiera, trasporto marittimo, perforazione e pesca che agiscono come fattori di stress per l’ambiente marino favorendo le invasioni biologiche, producendo inquinamento acustico e rilasciando composti chimici e scarichi che possono direttamente danneggiare fisicamente gli habitat e le specie marine e rovinare la normale funzionalità degli ecosistemi naturali. Tra questi, i rifiuti marini rappresentano la parte consistente del materiale rilasciato nell’ambiente marino e costiero e possono minacciare molti organismi e habitat marini. Mostrare evidenza di questi impatti è importante per promuovere la cooperazione e la comunicazione tra scienziati, responsabili politici e cittadini per favorire uno sviluppo sostenibile.
Attualmente, i rifiuti marini sono considerati onnipresenti e riconosciuti come una minaccia globale (Moore 2015); infatti, il percorso complesso dei rifiuti marini, tra cui identificazione della fonte, quantificazione, dispersione, frammentazione e accumulo determina le interazioni a vari livelli della colonna d’acqua, causando per lo più effetti negativi. Ad esempio, oggetti galleggianti possono migliorare il trasporto di sostanze tossiche agendo come dei veri e propri trasportatori, contribuendo a disperdere degli organismi opportunistici e favorendo la distribuzione di specie aliene (Barnes 2002; Derraik 2002; Aliani and Molcard 2003; Rech et al., 2016; Sarà et al 2018). Inoltre, sono stati segnalati degli eventi di entanglement e di ingestione di plastiche in 395 specie marine con gravi conseguenze come lesioni fisiche e ridotta mobilità che, in alcune situazioni, ne causato la morte degli animali. Non ultimo, lo studio sottolinea come la frammentazione di questi materiali artificiali produce il rilascio di microparticelle e composti tossici ed il loro accumulo nella catena alimentare, aumentando l’esposizione per i top predatori o le specie animali filtratrici. A questo proposito, i mammiferi marini sono fortemente influenzati dalle minacce sopra menzionate, dal momento che le interazioni negative con i rifiuti marini sono state segnalate nel 78,9% delle specie conosciute. Infine, l’accumulo di rifiuti sul fondo marino può indurre fenomeni di ipossia nelle varie comunità bentoniche e generare cambiamenti successivi nella loro struttura.
Per tutti questi motivi, i rifiuti marini sono tra i descrittori della direttiva quadro sulla strategia marina per la valutazione e il monitoraggio dello stato ecologico delle acque marine europee, che richiede la caratterizzazione delle sue tendenze nei diversi compartimenti marini e la valutazione dei suoi impatti sul biota (MSFD, CE 2008).
Come abbiamo più volte ricordato, il Mar Mediterraneo è un ecosistema particolarmente sensibile a causa della sua elevata biodiversità colpita da una forte pressione antropogenica con una delle più alte concentrazioni di rifiuti marini nel mondo che si trova nello stesso intervallo dei grandi rifiuti oceanici. Le valutazioni si sono concentrate principalmente sui rifiuti da spiaggia, mentre poco è stato segnalato per i fondali marini e i rifiuti galleggianti nelle acque offshore a causa alle difficoltà nell’eseguire campionamenti in questi ambienti. Allo stesso modo, pochi studi hanno analizzato le percentuali di interazione dei rifiuti marini con specie di cetacei che rappresentano buoni indicatori dello stato dell’intero ambiente marino e consentono di evidenziare le aree e le stagioni a rischio potenziale su cui concentrarsi a fini di mitigazione; inoltre, poiché tutti sono elencati nella Direttiva Habitat dell’UE, è necessario riportare anche le pressioni e le minacce per valutare lo stato di conservazione di queste specie. D’altra parte, la formazione di macro litter galleggianti, prima che si rompa o si accumuli nelle aree di affondamento, può fornire una stima iniziale delle quantità e della distribuzione dei rifiuti scaricati in mare. Dal 2013, il monitoraggio della macro-litter (> 20 cm) è stato realizzato dalla rete fissa Transect Mediterranean Network (FLT, Arcangeli et al. 2014a), che utilizza traghetti come piattaforma di osservazione per il monitoraggio multidisciplinare: attraverso un protocollo condiviso, che fornisce dati standardizzati in diverse regioni marine del Mar Mediterraneo, insieme a informazioni sulle distribuzioni di cetacei nei bacini.
Un primo tentativo di stimare in modo sinottico la quantità, la composizione e la distribuzione del macro litter galleggiante in diverse aree del bacino del Mediterraneo ha fornito spunti interessanti sulla variabilità distributiva stagionale e regionale (Arcangeli et al., 2017b), ma sono necessarie indagini su scala più fine per analizzare i processi su scala meso e identificare possibili fonti e potenziali impatti sul biota. Lo studio mostra i risultati ottenuti in tre anni di indagini continue (2013-2016) lungo il transetto Barcellona-Civitavecchia con l’obiettivo di descrivere in diversi settori marittimi:
(1) la caratterizzazione di macro-litter galleggiante in termini di composizione, fonti di inquinamento ed industrie di produzione;
(2) i modelli stagionali delle quantità di litter e le aree di maggiori accumuli di plastica;
(3) le aree e le stagioni con grandi sovrapposizioni tra gli accumuli di plastica e la presenza di cetacei, che può essere considerata una prima indicazione della potenziale esposizione al rischio.
Conclusioni
Rimandando alla lettura dello studio per una maggiore comprensione dei risultati ottenuti, va ricordato che la MSFD richiede studi integrati su diversi componenti dell’ecosistema per descrivere il buono stato ambientale delle acque marine e fornire informazioni che possano contribuire a una migliore definizione di misure di mitigazione efficienti. Per quanto riguarda i cetacei, anche se è attualmente evidente che queste specie siano esposte all’impatto dei rifiuti marini, secondo lo studio il loro impatto rimane ancora poco chiaro. La composizione del litter osservato era dominata da materiali polimerici artificiali (> 80%) in tutti i settori e stagioni, come già evidenziato da molti studi precedenti effettuati in tutto il mondo. L’Europa è il secondo produttore globale di materie plastiche, che viene generalmente convertito in imballaggi di consumo (PlasticsEurope 2015), e i prodotti in plastica a basso costo vengono facilmente scartati o persi involontariamente, rendendoli la maggior parte dei rifiuti.
Lo studio riporta che gli oggetti più frequenti osservati erano frammenti di buste bianche o trasparenti, che possono derivare da processi di degradazione e sbiancamento di plastica leggera, indicando la lunga persistenza di questi elementi in superficie (Fossi et al., 2017). Di conseguenza, gli oggetti di plastica colorata sono stati osservati principalmente più vicino alle coste, come a Bonifacio e nel Mare delle Baleari, suggerendo la vicinanza alle fonti di inquinamento. Tra i materiali frequentemente osservati sono la carta e il legno lavorato, poiché possono facilmente galleggiare sulla superficie.
Considerando tutti gli elementi trovati, i settori delle Baleari e della Sardegna hanno mostrato la composizione più diversificata, a differenza dei settori Bonifacio e Tirreno. Ciò può essere dovuto alla più ampia estensione dei settori occidentali, che può essere influenzata anche da processi distanti, determinando così una forte diversificazione delle voci di rifiuti. La quantità media di litter riscontrata era di 2,3 oggetti km-2, che è in linea con i valori di densità ottenuti, per le stesse dimensioni, da altri autori nella regione mediterranea (ad esempio 1.5-3 oggetti km-2 Aliani et al., 2003; 2,5 oggetti km-2 Topcu et al. 2010; 2,8 oggetti km-2 Suaria e Aliani 2014; 4 oggetti km-2 Vlachogianni et al. 2016). Tuttavia, è essenziale considerare la limitazione del confronto tra studi che hanno applicato metodologie e piattaforme diverse (ovvero dimensioni minime rilevate, altezza e velocità delle piattaforme, numero di repliche), poiché i diversi sforzi di rilevamento o le differenze nei protocolli di campionamento spesso portano a discrepanze nelle i valori di densità ottenuti.
Considerando l’importanza di questo studio si raccomanda la lettura del rapporto completo per tutti i dettagli (richiedibile sul sito)
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