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Torniamo al sistema di ancoraggio – parte III

tempo di lettura: 6 minuti

 

livello elementare

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ARGOMENTO: NAUTICA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: Verricelli, Barbotin, ancore

 

Verricelli
Il verricello è un argano ad asse orizzontale o verticale utilizzato per sollevare o gettare l’ancora in modo rapido, semplice e affidabile. Collocato sul ponte di prua della barca, può essere azionato tramite un piccolo motore (verricello elettrico) o a manovella (verricello manuale).

In parole semplici è costituito da due parti essenziali: il barbotin ed il tamburo. Il barbotin è una corona calettata che permette il transito delle maglie della catena per sollevare l’ancora.

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schema di funzionamento del barbotin, notare la corona calettata che guida le maglie della catena (English: Windlass chain drive wheel) Fonte disegno di Claudio Elias CoronaBarbotin.PNG – Wikimedia Commons

Normalmente sulle barche da diporto vengono installati due tipologie di verricelli: quello ad asse orizzontale e quello ad asse verticale. Il primo è montato in coperta o all’interno del gavone che contiene anche il pozzo catena (riducendone spesso l’altezza utile per lo stivaggio della catena, causando i noti disagi nel recuperare catena e ancora). Il motore è ben protetto dal corpo esterno e il barbotin gira in verticale e abbraccia le maglie per non più di tre impronte con il rischio di slittare dalla sede dentata. Circostanza che può essere amplificata con il montaggio dello stesso ancor più in basso, nel gavone, solo per non affollare la coperta di accessori e scomodi ingombri!

Il tamburo è montato con il barbotin e gira parallelo alla coperta. Ha il motore sporgente all’interno del gavone di prua, condividendo spesso umido, salino e corrosioni varie. Dal ponte esce solo il barbotin e in alcuni modelli la campana di tonneggio: insomma è il meno invasivo e il più amato dai minimalisti.

Pozzo catena
A seconda dello spazio nel gavone dell’ancora si opta per un pozzo catena verticale o ad asse orizzontale. Nel tipo verticale la catena fa un giro di 180° intorno al barbotin lavorando in orizzontale con un maggior numero di maglie a contatto, mentre in quello orizzontale il barbotin lavora in verticale con un angolo di soli 90°.

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photo credit @ Sacha Giannini

Per conoscere la lunghezza della catena che può essere imbarcata, bisogna considerare lo spazio disponibile per il motore del salpa ancora e la profondità del gavone di ormeggio che determina la discesa della catena per forza di gravità. È consigliabile avere una distanza verticale tra la cubia (la guida che permette di orientare la catena in uscita dal salpa ancora) e l’altezza raggiunta dalla catena raccolta nel gavone che sia almeno di 30 cm. (non necessario per catene in inox lucide che scivolano senza resistenze e non si ammucchiano impedendo di salpare senza dover distendere manualmente la catena)

Sia in verticale che orizzontale, una buona linea di ormeggio deve rispettare l’allineamento del barbotin con il musone, una distanza tra il musone e il barbotin possibilmente di minimo 1 mt e la giusta l’inclinazione del salpa ancora con la catena.

Caratteristiche principali del pozzo catena
Deve contenere tutta la lunghezza della catena che deve sistemarsi al suo posto grazie alla semplice forza di gravità in modo automatico senza “mucchi” e senza obbligare un membro dell’equipaggio al recupero con manovre manuali di stivaggio. Il fondo del pozzo deve essere sopra la linea di galleggiamento ed essere realizzato in modo da evacuare naturalmente l’acqua che vi sia entrata. Gli ombrinali laterali devono avere le “orecchie” o cuffie esterne per deviare il flusso d’acqua durante le navigazioni con onda e mare formato. 

Deve essere dotato di un robusto golfare al quale fissare con uno stroppo in tessile l’ultima maglia della catena per evitare, causa disattenzioni in agguato, di filare ancora e catena in mare oppure tagliarla in situazioni disperate. Non sarebbe male se fosse dotato di un contenitore grigliato sul fondo e sulle murate con la funzione di permettere l’aerazione della catena. Il pozzo deve essere periodicamente (spesso) pulito da fango, alghe, sabbia e acquitrini salmastri. Il molliccio di alcuni fondali di porti è pieno di batteri e di quant’altro vive e prospera in esso di maleodorante. Il lavaggio con acqua dolce del pozzo dell’ancora è un’operazione semplice, economica e indispensabile per preservare le nostre maglie e la nostra “linea vita”.

Le ancore
La scelta dell’ancora non deve essere casuale o dettata dalle mode del momento; l’ancora va scelta in base all’utilizzo che si intende farne. Forma, materiale e peso sono le basi per una scelta consapevole.

Ferro, acciaio o inox vengono spesso confusi e usati impropriamente
I materiali ferrosi hanno tutti come base di partenza il ferro, pressoché inutilizzabile industrialmente. Non si usa quasi mai puro a meno di legarlo con altri elementi. Aggiungendo carbonio in varie percentuali otteniamo acciai di varia durezza e nobiltà fino ad arrivare alla ghisa, ricca di carbonio, rigidissima e fragile. Aggiungendo altri due componenti al carbonio come il cromo e il nichel in percentuali variabili (18/8 – 18/10 ) otteniamo l’acciaio inox, tanto amato e desiderato in barca.

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photo credit @ Sacha Giannini

Gli acciai arrugginiscono, un pò meno quelli zincati e ancora meno quelli inox. Un acciaio immerso in acqua arrugginisce molto più lentamente dello stesso lasciato in banchina o all’aria. La ruggine è ossidazione e la parola stessa suggerisce che l’ossidazione sia un prodotto dell’ossigeno. Sott’acqua ce n’è poco e i metalli durano di più ( pensiamo ai relitti di navi ancora perfettamente conservati ) e dunque facciamo lavorare le nostre belle ancore nel loro ambiente e non appese a musoni e delfiniere ad invecchiare. Usciamo, navighiamo e mettiamoci alla fonda!

Tra 1,5 e 2 kg/ml di LOA è approssimativamente il peso dell’ancora da imbarcare a bordo, ma non è il solo requisito essenziale per un buon ancoraggio.

Nelle nostre barche l’ancora lavora “per forma” e non “per peso”, mentre sulle navi di maggiori dimensioni la linea di ancoraggio lavora fondamentalmente per massa.

Ancora in acciaio zincato o inox?
Dipende dal portafogli e dalla “lucidità” che vogliamo avere a prua. Non tutte le ancore vanno bene per tutti i fondali (sabbia, fango, roccia o posidonia) e ogni modello ha le sue preferenze e utilizzo, migliorando la tenuta e riducendo anche il peso necessario. A ceppo (Ammiragliato e Northill ), a vomere o aratro (CQR e Delta), a cucchiaio (Bruce, Rocna, Spade, Mantus, Vulcan, Ultra) o a marre articolate (Danforth e Fortress) tutte sono destinate a lavorare meglio su alcuni fondali e meno su altri.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è anocre-moderne-3-575x1024.jpg

photo credit @ Sacha Giannini

Condizioni che più o meno tutti conosciamo per esperienza personale. L’importante come obiettivo comune è di riuscire a starsene lontani dagli altri e naturalmente dalle rive, perché l’unico problema è sempre rappresentato dalla terra, non dall’ acqua. Poiché le barche NON sono progettate e costruite per andare a terra, questa è l’unica attenzione che bisogna sempre avere, dove tutte le risorse mentali e fisiche devono essere indirizzate unicamente a tenere la barca in acqua.

Rimane responsabilità del comandante la scelta della linea di ancoraggio, tuttavia la “Norma europea che fissa i requisiti tecnici per le navi della navigazione interna(edizione 2017/1) suggerisce a noi diportisti alcune indicazioni base:

Il peso totale previsto per le ancore di prua può essere ripartito fra una o due ancore, dove il peso dell’ancora più leggera non deve essere inferiore al 45 % della massa totale.
Le ancore in ghisa non sono ammesse.
Il peso è riportato sull’ancora a caratteri in rilievo inamovibili.
Le ancore di massa superiore a 50 kg devono essere provviste di verricelli.
Gli elementi di collegamento (tornichelle) fra ancora e catena devono resistere a un carico di trazione superiore del 20 % al carico di rottura della catena corrispondente.
È consentito l’impiego di cavi al posto delle catene con il medesimo carico di rottura richiesto per le catene, ma una lunghezza superiore del 20 %.

Per concludere una nota made in Italy
Diversi catenifici italiani (Rigamonti, Mori, Frigerio e la ex storica Maggi che recentemente ha chiuso dopo quasi un secolo) rappresentano da anni una risorsa preziosa nazionale e internazionale, producendo accessori di alto livello anche per la nautica. La produzione di ancore, quelle più comunemente usate dai diportisti, resta invece ancora più di competenza estera, ad eccezione di alcuni prodotti italiani di tutto rispetto.

Azarta è un’ancora tutta italiana a marre articolate, una evoluzione della Danforth con una presa immediata, tenuta e stabilità. Da 8 a 33 kg ha un prezzo per una 20kg di listino di 475 euro. Sanguineti produce ancore a baricentro avanzato per yacht, Italwinch verricelli in acciaio inox come la Quick, la Douglas Marine accessoristica nautica in acciaio inox e la Nautilium progetta e produce ottime catene e ancore certificate Rina come la Nautilium 7 da 10mm x passo 28, con grado 70 e carico di lavoro di 2200 kg e di rottura di 110KN (11.000 kg) sono le vere top di gamma per i diportisti più esigenti paragonabili alle catene di sollevamento industriali.

Buon Vento e ancoraggio…

 Sacha Giannini

 

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