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livello elementare.
ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: MAR EGEO
parole chiave: Castelrosso, Regia Marina italiana
L’isola di Castelrosso, in greco Castellorizo (Καστελλόριζο) o Megisti (Μεγίστη) è la principale isola di un piccolissimo arcipelago, in tutto nove chilometri quadrati, in gran parte scogli, vicinissimo alla costa anatolica che costituisce, sia dal punto di vista storico che geografico, il lembo più orientale della Grecia. Dal XVI secolo appartenne quasi ininterrottamente alla Turchia.
Castelrosso e il Dodecaneso
Durante il primo conflitto mondiale, che vide la Turchia schierata a fianco di Germania e Austria, venne facilmente occupata dalla Francia: l’isola era piccola e bastò la compagnia da sbarco del vecchio incrociatore corazzato Jeanne D’Arc, ma sfumò la possibilità di farne una base avanzata in quanto troppo esposta alle batterie costiere turche che causarono non pochi danni fra cui l’affondamento della nave appoggio idrovolanti inglese Ben My Chree, un traghetto dell’isola di Man militarizzato in occasione della guerra.
![Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è RM-Crispi_in_the_Aegean_Sea-wikipedia-pagina-castelrosso.jpg](https://www.ocean4future.org/savetheocean/wp-content/uploads/2023/05/RM-Crispi_in_the_Aegean_Sea-wikipedia-pagina-castelrosso.jpg)
RN cacciatorpediniere Crispi nel Dodecaneso – fonte ufficio storico della marina militare
Al termine del conflitto, impegnati in Siria e in Libano, i francesi non avevano alcun interesse per quel minuscolo e isolato territorio che comunque, per opportunità politica, non poteva essere assegnato alla Grecia, tra l’altro geograficamente troppo lontana, ma neppure ritornare alla Turchia. Fu così che si decise di assegnare Castelrosso all’Italia, ormai definitivamente insediata nel più occidentale Dodecaneso; fino ad allora non avevamo mai rivolto una particolare attenzione a quella piccola e lontana isola tanto che nel 1911-1912, mentre era in corso la campagna per la conquista della Libia, era stata ignorata la richiesta di occupazione avanzata dalla popolazione. D’altra parte l’intervento italiano in Egeo era finalizzato solo al controllo delle rotte turche nel Mediterraneo e non era, né poteva rappresentare, un’iniziativa inserita nel quadro in atto da un secolo, ma a noi estraneo, della progressiva liberazione delle popolazioni greche dal giogo turco, il cui peso era in realtà enfatizzato dagli irredentisti.
Benché non cercata e non pensata, l’offerta all’Italia fu accettata volentieri anche in considerazione che in quel momento l’isola si inseriva nell’itinerario fra Rodi e il porto di Adalia che le nostre truppe occuparono per alcuni anni al termine della Grande Guerra quando c’era la prospettiva che quella provincia sarebbe stata assegnata all’Italia in caso di smembramento della Turchia. Così, il primo marzo 1921, Castelrosso entrò a far parte dei possedimenti italiani dell’Egeo.
Castelrosso intorno al 1920 – dal retro di una vecchia mappa fotografata da K. Ilroy in data 16 maggio 2006 File:Castellorizo früher.JPG – Wikimedia Commons
In quel giorno vi giunsero con l’incrociatore Cassard l’ammiraglio francese Mornet, Comandante della Divisione Navale in Siria e l’ammiraglio italiano Galleani, Comandante della Divisione Navale del Levante, a bordo della cannoniera Galilei. A giudicare dalle unità impiegate in quell’occasione viene da pensare che la cerimonia di passaggio di consegne sia avvenuta senza troppa solennità: il Cassard era un incrociatore protetto ottocentesco al termine della vita operativa, mentre il Galilei era un altrettanto anziano piroscafo inglese che l’Italia aveva acquistato nel 1912. Il capitano di vascello Franco Quentin subentrò quale Delegato governativo al Tenente di Vascello francese Terme.
Come al solito gli italiani cominciarono a costruire scuole e opere pubbliche, ma comunque l’acquisizione dell’isola non fu un buon affare tanto più che sfumò la prospettiva di una zona di influenza in Anatolia e le truppe presenti furono ritirate. Da tempo Castelrosso aveva un’economia in crisi e i suoi abitanti, dai 15.000 dei tempi antichi, erano gradualmente scesi fino a 3.000 (e sarebbero ancora scesi successivamente fino alle poche centinaia di oggi).
La Regia Marina italiana vi costruì una stazione radio e di scoperta sulla vetta del monte Vigla che era abilitata anche alla trasmissione e ricezione di telegrammi privati (Codice di chiamata IRN): dal 1941 a fine 1942 ne era capoposto il Secondo Capo Gino Vecchi (1915-1999) una singolare figura di militare, viaggiatore, poeta e scrittore. A Castelrosso venne istituito anche un Ufficio Marittimo Locale, dipendente dalla Capitaneria di Porto di Rodi che nel 1937 risulta retto da tale Giorgio Meneta.
![Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è 3.jpg](https://www.ocean4future.org/savetheocean/wp-content/uploads/2023/04/3.jpg)
secondo capo Gino Vecchi
Durante il secondo conflitto mondiale Castelrosso assunse una certa importanza come punto di avvistamento dei convogli e del traffico nemico nel Mediterraneo orientale anche se non vi furono installate batterie costiere né vi stazionavano unità navali. Nel febbraio del 1941 il presidio, composto da una quarantina di uomini delle tre forze armate, soprattutto marinai, e della Guardia di Finanza, fu attaccato da preponderanti forze inglesi che condussero l’operazione chiamata in codice “Operazione “Abstention” che però, dopo una brevissima occupazione, furono costrette a ritirarsi dalla controffensiva italiana che stante il limitatissimo teatro operativo non vi impiegò larghi mezzi, ma ben bilanciati in relazione allo scopo: vi parteciparono i cacciatorpediniere Crispi e Sella, le torpediniere Lupo e Lince e i MAS 546 e 541 che sbarcarono 250 soldati e 88 marinai al comando del Contrammiraglio Luigi Biancheri. Su questi fatti non ci soffermeremo poiché su questa vicenda si trovano in rete dettagliatissime informazioni riporte nei riferimenti in calce all’articolo.
Contrammiraglio Luigi Biancheri (1891-1950) – fonte https://it.wikipedia.org/wiki/File:Ammiraglio_Bianchieri.jpg – Admiral Luigi Bianchieri.jpg – Wikimedia Commons
Gli Inglesi tornarono nel settembre 1943 dopo la stipulazione dell’armistizio di Cassibile, ma nella confusa situazione di quei giorni il loro arrivo a bordo di due motolance nella notte del 10 settembre fu accolto a fucilate dalle sentinelle finché la situazione non fu rapidamente chiarita. Il 15 successivo settembre arrivò anche un cacciatorpediniere francese dal quale sembra si sia buttato a nuoto un marinaio che, raggiunta la banchina, ammainò la bandiera italiana che portò a bordo. La situazione non degenerò solo per l’intervento pacificatore inglese: a seguito della protesta italiana la bandiera fu restituita, ma non fu più alzata. Il piccolo ed esausto presidio italiano abbandonò l’isola a fine mese con destinazione Medio Oriente, lasciandola agli inglesi che avevano l’intenzione di farne un posto avanzato per svolgere successive operazioni contro il Dodecaneso, tenuto dai tedeschi fino alla fine della guerra e che non mancarono di farsi vedere saltuariamente nelle acque circostanti l’isola, tanto che quasi al termine delle ostilità, nell’aprile 1945, la motovedetta KJ 25 catturò un motoveliero armato inglese. Anche se gli unici regnicoli rimasti erano solo l’ufficiale postale e il maestro della scuola, Castelrosso rimase formalmente sotto sovranità e amministrazione italiana, anche se tuttavia operò sotto il rigido controllo militare inglese fino al 1947 quando l’isola si ricongiunse alla madrepatria greca.
Guglielmo Evangelista
in anteprima: isola di di Kastellorizo dal Kitab-ı Bahriye (Libro della navigazione) del 1521 edito da Piri Reis
Kas e Kastelorizo dalla mappa di Piri Reis.jpg – Wikimedia Commons
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Riferimenti
https://it.wikipedia.org/wiki/Operazione_Abstention https://italiacoloniale.com/2019/11/27/egeo-operazione-abstention-il-disastro-di-castelrosso
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nasce a Broni (PV) nel 1951. Laureato in giurisprudenza è stato ufficiale delle Capitanerie di Porto e successivamente funzionario di un Ente Pubblico. Ha al suo attivo nove libri fra cui “Storia delle Capitanerie di porto” , “Duemila anni di navigazione padana” e “Le ancore e la tiara – La Marina Pontificia fra Restaurazione e Risorgimento” ed oltre 400 articoli che riguardano storia, economia e trasporti. Collabora con numerosi periodici specializzati fra cui la Rivista Marittima”.
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