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livello elementare
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ARGOMENTO: PROTAGONISTI DEL MARE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: STORIA NAVALE
parole chiave: Luigi Ferraro, gamma, mezzi di assalto
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Abbiamo brevemente conosciuto Luigi Ferraro negli articoli dedicati alle azioni dei mezzi di assalto della seconda Guerra mondiale, uno dei protagonisti del mare più straordinari del XX secolo. Nella consapevolezza di non poter essere completo racconterò la sua vita in due brevi articoli, iniziando oggi con il periodo bellico in cui grazie alle sue azioni passò alla storia come l’Uomo che da solo affondò più naviglio al mondo.
addestramento operatori Gamma a Quercianella
Luigi Ferraro nasce a Quarto dei Mille, Genova, il 3 novembre 1914. Da giovanissimo segue la famiglia in Libia dove il patrigno aveva avviato la coltivazione delle palme kenzie ottenendo buoni risultati. E’ in quel mare blu ed incontaminato che, all’età di 14 anni, Luigi Ferraro inizia ad immergersi. Nel 1933 parte per Roma per prendere parte al Campo Dux, entrando in contatto con gli studenti dell’Accademia fascista maschile di educazione fisica. Nasce un amore per lo sport che fu poi formativo per la sua vita futura. Dopo aver conseguito a Tripoli l’abilitazione magistrale, nel 1935, si trasferisce a Roma dove, nel 1937, ottiene l’abilitazione ad insegnante di educazione fisica.
Dopo il suo rientro in Libia, nel 1939, si sposa con la triestina Orietta Romano che si trova anch’essa a Tripoli come insegnante di educazione fisica. Dalla loro unione nasceranno due figli, Italo e Paolo.
Luigi Ferraro e la moglie Orietta a Tripoli il giorno del loro matrimonio
All’approssimarsi della guerra Luigi Ferraro viene incaricato da Italo Balbo, governatore della Libia, di scortare a Napoli i bambini della colonia. L’arrivo in Italia avviene proprio il 10 giugno 1940, giorno in cui l’Italia entra ufficialmente in guerra.
Rientra rapidamente in Libia, e si presenta al comando della MVSN dove viene ammesso alla frequenza del Corso Ufficiali di complemento ed assegnato al 20º Reggimento Artiglieria. Il sogno di Ferraro è di entrare nella Regia Marina e fa domanda di arruolarsi nella Milizia marittima di artiglieria (Milmart), una specialità della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale dipendente però dal Ministero della Marina. Nel 1941 Luigi Ferraro si trova a Tripoli, sempre in attesa di essere richiamato come insegnante di educazione fisica alle scuole medie locali. E’ una già calda giornata di aprile ed assiste impotente al bombardamento della città da parte dalla squadra navale britannica. Una violenta azione, da molti definita spropositata, che provoca in lui una forte rabbia. Sembra che di fronte a quel volume di fuoco Ferraro auspicò di avere un siluro per poterglielo lanciare contro. L’idea gli girò nella testa al punto che nei giorno seguenti costruisce una torpedine in legno e ne studia il comportamento quando lanciata in mare in velocità. Entra in gioco un amico di famiglia, Carlo Fenzi, ammiraglio in congedo che rimane così coinvolto dall’entusiasmo del giovane al punto da scrivere all’ammiraglio Bruno Brivonesi, comandante di MARILIBIA, sottolineandone le doti. Racconta a Brivonesi che, nel 1936, Luigi Ferraro aveva liberato da solo l’elica del piroscafo Firenze, immobilizzato nel porto della Valletta (Malta) a causa di un cavo attorcigliato nell’elica sinistra. Ferraro, osservando la pena del comandante in attesa da ore di un palombaro da parte delle autorità portuali inglesi, si era tuffato in mare e, con ripetute immersioni, anche ferendosi a causa dei denti di cane che ricoprivano la carena, si era adoperato con successo per liberare l’elica.
ammiraglio Bruno Brivonesi
L’ammiraglio Brivonesi, forse incuriosito dalle parole di Fenzi, lo riceve e rimane talmente impressionato dall’entusiasmo di quel giovane professore di ginnastica da indirizzarlo a Roma con una lettera inviata addirittura dal Sottosegretario della Marina l’ammiraglio Arturo Riccardi. Luigi Ferraro arriva a Roma, tra l’altro a sue spese, e si presenta dall’ammiraglio De Courten che lo indirizza ai suoi tecnici migliori, tra cui l’ingegner Cattaneo, che sta lavorando ad un progetto segretissimo, i barchini di assalto. Grazie al suo entusiasmo Luigi Ferraro entra così a far parte del Reparto Sperimentale e viene poi inviato alla Scuola Gamma di Livorno, sommozzatori guastatori addestrati per sabotare obbiettivi nemici in maniera occulta. Un’idea tutta italiana. Luigi Ferraro è uno sportivo e scopre che al corso partecipano anche atleti olimpionici come Giorgio Baucer, Giordano Gaggiola, Luigi Raspini e Alfredo Tribolo. Un ambiente decisamente competitivo in cui Luigi Ferraro non è secondo a nessuno. Si racconta che, dopo cinque dure ore di addestramento in mare, si ributtava in acqua per fare pesca subacquea.
Nel giugno del 1940 era stata creata la Scuola sommozzatori a San Leopoldo, presso l’Accademia Navale di Livorno, realizzata da Angelo Belloni. In questa scuola vennero accentrati ufficiali e sottufficiali provenienti da tutte le categorie per essere addestrati all’uso dei primi autorespiratori ad ossigeno inventati dal Belloni stesso. Durante il Corso venivano individuate le peculiarità dei singoli subacquei che determinavano la loro assegnazione futura. Tra gli ufficiali c’era anche Eugenio Wolk, un nobile russo fuggito a seguito della Rivoluzione di ottobre che aveva preso la città italiana nel 1927 e si era arruolato nella Regia Marina. A lui erano stati assegnati i Gamma, i sommozzatori guastatori che avrebbero scritto pagini indelebili nella storia navale moderna. Il Comandante Angelo Belloni amava dire “Noi dobbiamo andare nel popolo e inspirare a quello l’amore del mare e cercare fra il popolo che dà gli operai all’industria, i marinai tecnici delle navi moderne”. Come disse l’Ammiraglio Birindelli, Belloni ha “sempre detto la prima parola in campo subacqueo”. |
Durante l’estate il Comandante Wolk decide di trasferire gli allievi Gamma al Castello Sonnino, a Quercianella, ad una decina di chilometri dalla Regia Accademia Navale. Un luogo relativamente isolato che poteva consentire un addestramento lontano da occhi indiscreti per quegli Uomini straordinari. Luigi Ferraro supera brillantemente il corso e, ottenuto il brevetto, viene trasferito alla X MAS nel Gruppo “Gamma”.
operatori gamma della 10 Mas
La notizia dell’imminente caduta di Tripoli lo porta a proporre un azione di sabotaggio occulta. Tornerà in Libia come privato cittadino per effettuare delle azioni di attacco alla flotta britannica che permane in rada. Per non dare nell’occhio, Ferraro suggerisce di recarsi in quella che è la loro vecchia città con la giovane sposa, Orietta, anche lei abile nuotatrice. Propone anche che Orietta sia addestrata (prima donna nella storia) alle tecniche di impiego dei Gamma nella piscina della Regia Accademia Navale. Nonostante le titubanze di Wolk, il Comandante Borghese trova l’idea geniale e dispone che alla signora Ferraro siano dati abiti da marinaio per non dare nell’occhio. Subirà lo stesso addestramento degli altri Gamma ma in orari di franchigia per non destare sospetti. Ma la situazione precipita e Tripoli cade prima del termine del suo addestramento.
Entra ora nella storia un agente segreto della Regia Marina, Giovanni Roccardi, in codice D65. Roccardi, ufficiale di Marina in incognito, opera in Turchia con il compito di osservare i movimenti dei mercantili inglesi nei porti di Alessandretta e Mersina facendosi passare come segretario del consolato. L’idea è di affondare i mercantili alleati con carichi di importanza strategica con azioni di operatori subacquei. Luigi Ferraro viene prescelto come operatore per queste missioni impossibili. Tra l’altro dovrà operare in acque turche, un Paese neutrale, per cui la Farnesina non sembra essere molto ben disposta a collaborare.
Il Comandante Junio Valerio Borghese
Borghese decide quindi di operare in incognito. Tramite una “affettuosa amicizia” di un suo ufficiale con una segretaria del corpo diplomatico fa reperire carta intestata ed i timbri necessari per creare una nuova identità per Ferraro. E’ così che, ai primi di giugno, un neo impiegato consolare arriva a Istanbul, viaggiando sull’Orient Express. Ha con sé quattro valigie con stampato sopra, bene in evidenza, il timbro diplomatico. Esse contengono il suo vestiario personale ma anche materiale bellico decisamente compromettente: un’attrezzatura completa da Gamma ed otto cariche esplosive, i famosi bauletti. Luigi Ferraro è ben conscio della delicatezza della missione ed ha con se un flacone di benzina per dare fuoco al tutto in caso di emergenza. Non solo: un agente segreto italiano viaggia in un altro scompartimento per aiutarlo in caso di scoperta.
Arrivato ad Istanbul si incontra con Roccardi per essere indottrinato prima di arrivare alla destinazione finale, Alessandretta. La situazione è delicata. I servizi segreti di tutte le nazioni vigilano sui nuovi arrivati ed è necessario fugare eventuali sospetti. Inoltre, Ferraro e Roccardi sanno che non possono fidarsi né dell’ambiente diplomatico che li circonda né della comunità italiana locale. Al suo arrivo il Console Ignazio di San Felice chiede al suo segretario che cosa fosse venuto a fare questo nuovo aggiunto dall’Italia. La risposta di Roccardi è “Eccellenza, probabilmente è un raccomandato di ferro, In Italia di questi tempi comincia ad essere pericoloso, qui ad Alessandretta (Iskenderun) non fischiano le pallottole” …
Non sapremo mai se il Console credette o no a questa affermazione. Probabilmente aveva dei dubbi anche su quel Roccardi, che gli fungeva da segretario, ma da abile diplomatico aveva imparato a non farsi troppe domande. Nei mesi successivi Luigi Ferraro diventa il simpaticone della comunità; sempre affabile e affascinante, con la battuta pronta, diventa l’organizzatore di picnic in spiaggia e giochi sull’erba per la piccola comunità. Recita così bene che fingerà anche di annegare preso dal panico quando verrà buttato in acqua in spiaggia. Anche gli Inglesi lo considerano un povero debosciato italiano, un raccomandato figlio di papà che non va oltre i birilli e le bocce.
autorespiratore ad ossigeno
Dopo questa ultima finzione, Ferraro comprende che è giunto il momento di entrare in azione. Il 30 giugno al tramonto scivola in cabina ed estrae dal baule, sotto i giochi da spiaggia, la sua attrezzatura: la tenuta gamma e le due cariche esplosive necessarie per l’azione di sabotaggio. Aspetta la notte, si veste con un attillatissimo maglione scuro sotto la tenuta gamma, e si tinge il volto di nero. Indossa un berretto di lana che trattiene la retina di mascheramento, lo stringinaso, le pinne e nessun … mascherino. Attende il momento giusto, la battigia non è lontana dalla cabina come … il consolato inglese. E’ il caso di dirlo … tutto avviene sotto gli occhi inconsapevoli del nemico.
bauletto esplosivo
Scivola nell’acqua e si avvicina in maniera occulta al primo obiettivo, il mercantile Orion, al quale attaccherà, alle alette antirollio, i due bauletti esplosivi, cariche che vengono fissate con due morsetti, detti sergenti, agli scafi nemici. E’ buio e ci vogliono ben quattro ore per arrivare sull’obiettivo, disturbato anche da due cetacei forse incuriositi da quello strano pesce che non emette bolle. L’operazione ha successo e dopo sei ore Ferraro riesce a rientrare alla spiaggia prima delle luci del mattino. E’ sicuramente stanco e provato ma … quale miglior scusa. Chi lo avesse incontrato per strada avrebbe potuto immaginarsi che quel buffo italiano, dalla battuta sempre pronta, sta semplicemente rientrando da una notte brava. Il sette luglio il mercantile Orion salpa ignaro di cosa lo aspetta. Come da manuale, le cariche sono predisposte ad esplodere dopo l’attivazione del detonatore che può avvenire solo quando una piccola elica nel circuito di attivazione compia un certo numero di giri. In tal modo la nave affonderebbe in mare aperto facendo presupporre un siluramento da parte di un sommergibile o un urto contro una delle tante insidiose mine navali. Come da manuale le cariche esplosero in alto mare, affondando il mercantile nell’incredibilità dell’equipaggio, come venne poi riscontrato dai resoconti dei naufraghi dell’Orion.
La successiva azione è prevista a Mersina, il 9 luglio. Questa volta il bersaglio è il mercantile Kaituna, alla fonda a circa due chilometri di distanza, un bersaglio di 10000 tonnellate. Tutto si svolge come da manuale ma. dopo la sua partenza, uno dei bauletti esplosivi fa cilecca e la nave, ignara di cosa stia succedendo, si dirige in secca sulla costa di Cipro. Verrà poi rimorchiata in bacino dove i frogmen inglesi scopriranno una carica inesplosa ancora applicata all’aletta di rollio. Troppo tardi per prendere delle contromisure; Ferraro non si è fermato e ha effettuato altri due attacchi. Il primo contro il piroscafo inglese Sicilian Prince da 5000 tonnellate che, per sua fortuna, sfuggirà all’affondamento solo perché un ispezione in carena scoprirà i bauletti esplosivi prima dello scoppio, ed il 2 agosto 1943 quando, con la sua ultima coppia di bauletti, attacca il Fernplant, un piroscafo norvegese di 127 metri fuori tutto, da 5.274 tonnellate di stazza e 7.000 di portata, che sta caricando 6.000 tonnellate di prezioso minerale di cromo.
La storia di questo ultimo attacco è interessante
Dopo l’azione Ferraro e Roccardi rientrano alla loro vita mondana e spensierata. Nel pomeriggio, dalla spiaggia, scorgono la nave rientrare inspiegabilmente in rada. Il timore è che avvenga lo scoppio in porto, creando un gravissimo incidente diplomatico con le autorità turche. Passano le ore, interminabili, e finalmente la nave riparte verso il suo destino. Si scoprirà in seguito che l’esplosione non era ancora avvenuta in quanto la nave non aveva terminato i famosi giri dell’elichetta di innesco.
Fernplant, l’ultima preda di Ferraro
Ma la nave non sfugge al suo destino ed affonderà al largo della Siria. Esaurita la scorta di cariche esplosive a Luigi Ferraro non resta che rientrare in Italia. La scusa ufficiale è il rientro in Patria per sopraggiunti gravi motivi di salute. L’ultima beffa a quei diplomatici stranieri che lo ritenevano un imboscato scappato dall’Italia … dove fischiavano le pallottole. Ad aspettarlo però non ci sono tanti amici … molti sono morti in azione o sono stati fatti prigionieri.
Ma cosa successe a Roccardi? Non si sa molto di lui. Sembra che Giovanni Roccardi, l’agente D65, dopo la guerra, forse a seguito della sua attività con Ferraro, si interessò al mondo del mare, dapprima come fotografo e poi come cineasta, realizzando diversi cortometraggi e lungometraggi di tema marinaro |
Arriva l’otto settembre del 1943 e Luigi Ferraro decide di aderire ai reparti subacquei della X Mas. Viene trasferito a Valdagno dove diviene vicecomandante del reparto gamma locale con il compito di progettare operazioni coperte nell’Italia occupata dagli anglo-americani. Il pericolo è una possibile invasione da parte dei partigiani titini ed è necessario cercare di mantenere aperto un canale con la Regia Marina del Sud. Chi meglio di lui?
un operatore Gamma della 10 MAS
Le sue doti di abile mediatore gli furono utilissime permettendogli di salvare molte vite umane. Il 27 aprile 1945 venne contattato dal capitano di corvetta Royal Navy Lionel Crabb a Valdagno, che gli propone di collaborare con la Royal Navy in azioni contro il Giappone ma Ferraro si rifiuta “Può darsi che in futuro debba pentirmi per questo rifiuto, ma per ora una collaborazione come l’intendete voi è da escludere“. Luigi Ferraro ed il resto del personale restarono accasermati a Valdagno quasi fino alla fine di maggio quando fecero ritorno a casa. Si chiudeva così il primo capitolo della sua avventurosa vita.
Il dopoguerra
Dopo il forzato congedo Luigi Ferraro lavorò come sommozzatore civile, occupandosi del recupero delle navi affondate nei porti italiani. Il lavoro non mancava e bisognava bonificare gli ingressi dei porti dai tanti relitti e le tante aree minate, ancora pericolose per le attività marittime. Un lavoro che interessò la neo Marina Militare Italiana ma anche molte società civili. Nel prossimo articolo vedremo come in quegli anni di rinascita incontrerà tanti amanti della subacquea con i quali inizierà nuove avventure e progetti, diventando inventore e innovatore nel campo della subacquea che proprio in quegli anni stava nascendo.
fine parte I – continua
Andrea Mucedola
foto gentile concessione Ufficio storico della marina militare
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).
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