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livello elementare.
ARGOMENTO: MARINE MILITARI
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: OCEANO PACIFICO
parole chiave: HMNZS Manawanui
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Chi segue gli avvenimenti navali, e di conseguenza ogni genere di incidenti, è perfettamente al corrente della perdita della HMNZS Manawanui, nave idrografica, di salvataggio e di supporto alle attività subacquee della Marina Neozelandese, quasi inspiegabilmente affondata subito dopo essersi incagliata su una barriera corallina al largo della costa meridionale di Samoa. Sembrerebbe che la nave, dopo l’abbandono dell’equipaggio, si sia incendiata ed infine capovolta prima di inabissarsi. Una sequenza inusuale che, data la fragilità dell’ecosistema dove l’incidente è avvenuta, con la fuoriuscita di combustibile e olii, ha creato preoccupazione ed attenzione mediatica.
la HMNZS Manawanui, durante la RIMPAC 2020 HMNZS Manawanui (A09) maneuver in formation with other navy ships of countries during RIMPAC 2020 – 3.jpg – Wikimedia Commons
Ovviamente in merito all’incidente ed alle sue implicazioni, la New Zealand Defence Force (NZDF) ha immediatamente attivato una commissione di Inchiesta incaricata di un approfondito esame delle circostanze che hanno portato alla perdita della nave. A capo della Commissione il commodoro Melissa Ross, designata dal capo della Marina, il contrammiraglio Garin Golding, che si avvarrà di un team allargato ad alti funzionari militari anche di altre forze armate. Il mandato della commissione, oltre a stabilire i fatti dell’incidente, riguarda la sequenza degli eventi che hanno portato alla perdita della nave, partendo dalla causa dell’incaglio al successivo affondamento e riferirà sulle eventuali conseguenze ambientali. L’inchiesta riguarderà anche gli aspetti organizzativi interni e le condizioni dell’unità, di relativamente recente costruzione, ed il suo recente adattamento dopo l’acquisizione ed incorporazione nella Marina Neozelandese, considerando quindi lo stato dell’unità prima dell’incaglio. Fortunatamente è stato recuperato il Voyage Data Recorder (VDR) di cui era dotata l’unità che si prevede possa fornire una massa di dati critici utili per l’indagine. Questo lo stato dell’arte; passiamo ora a delle considerazioni tecniche ed operative. Personalmente spero che la Commissione non tralasci l’aspetto della tempestività dell’ordine di abbandono nave e delle sue modalità, compresa la messa in sicurezza di quello che sarebbe diventato un relitto.
la HMNZS Manawanui, durante la RIMPAC 2020 Aft view of HMNZS Manawanui (A09) underway in the Pacific Ocean on 18 August 2020 (200818-N-SH168-1093).JPG – Wikimedia Commons
La nave era al suo terzo dispiegamento nel Pacifico sud-occidentale nel corso dell’anno, con attività programmate nelle isole Kermadec, Samoa, Tokelau e Niue; il suo rientro alla base era previsto per il 1° novembre. Oltre all’equipaggio imbarcava sette scienziati civili e quattro stranieri, per un totale di 75 persone a bordo. L’incidente si è svolto nella notte tra il sabato e la domenica, portando a una complessa operazione notturna di abbandono nave, in condizioni meteorologiche difficili, che ha permesso di salvare le 75 persone presenti a bordo. Nello stesso momento in cui si elogiava il Comandante della nave, Yvonne Gray, per la tempestiva azione di salvataggio di tutto il personale, era subito sorta la domanda se la nave potesse essere salvata facendo qualcosa di più per una delle sole cinque navi pienamente operative nella flotta RNZN, in crisi di risorse e stanziamenti e oberata di compiti.
L’abbandono nave in ore notturne è certamente un compito difficile e complicato, di perizia ed anche di fortuna, come riconosciuto dal Capo della Marina, ci possiamo domandare se era veramente l’unica opzione, l’estrema opzione di un Comandante, o invece è stata la più facile ed immediata? L’equipaggio ha iniziato ad abbandonare la nave alle 19:52, sistemandosi nelle zattere di salvataggio in condizioni di mare difficili, con forti correnti e venti che hanno spinto le zattere verso aree pericolose della barriera corallina, rendendo difficili le operazioni dei mezzi di corso subito allertati ed intervenuti. Non si sa se il comandante sia stata l’ultima a scendere, e questa volta poco importa, c’è invece da chiedersi se, oltre far scendere TUTTO l’equipaggio, siano state prese TUTTE le misure per mettere in sicurezza l’unità, prima dell’abbandono.
photo credit HMNZS
L’unità sinistrata era comunque in prossimità di terra e di un centro abitato: il primo superstite è stato recuperato alle 01:00, l’ultimo alle 05:30, con la maggior parte del personale trasbordato direttamente dalle zattere di salvataggio alle unità di soccorso, con il solo caso del capovolgimento di una piccola zattera che si era capovolta su una barriera corallina, costringendo i suoi occupanti a nuotare e guadare verso la terra, cavandosela solo con minime lesioni. Nel complesso sono stati registrati solo due ricoveri in ospedale, per traumi, con una quindicina di superstiti medicati per tagli e e abrasioni minori. L’incidente, seppur in ore notturne, è avvenuto in piena vista dalla costa ed ha richiamato subito, grazie al tam tam dei social, un folto numero di curiosi, con la conseguente disponibilità di una notevole massa di documentazione fotografica e video ed eventi a data e orari certi. Questo ha permesso di stabilire he almeno sino alle 04:00, con nave già abbandonata, non c’era traccia né di fumo né di fiamme, e solo successivamente si è palesato un incendio che si è esteso a tutte le sovrastrutture sino al capovolgimento sul lato sinistro ed al successivo affondamento intorno alle 8:45. La vicinanza dalla costa e da un porto ha facilitato l’intervento di soccorritori, volontari e della Samoa Fire and Emergency Services Authority, la stessa che ha poi confermato l’incendio a bordo, evidenziando però di non essere dotata di attrezzature per combattere l’incendio in mare; la stessa istituzione ha tenuto a sottolineare come in quelle condizioni di mare e soprattutto di scarsa conoscenza dei fondali sia sempre opportuno mantenersi a distanza dalla costa.
Un incidente risoltosi felicemente con mancanza di conseguenze? Non proprio, se si considerano le implicazioni e le conseguenze indirette. Intanto per Royal New Zealand Navy si tratta della prima perdita di una unità in tempo di pace, una pietra miliare significativa che fa riflettere per una forza navale un tempo forte che oggi affronta sfide significative a causa delle sue inadeguate dimensioni, della mancanza di stanziamenti, della critica carenza di personale; con solo nove navi, di cui solo cinque sono operative, e crescenti tensioni regionali, l’RNZN lotta per presidiare e difendere la vasta zona economica esclusiva (EEZ) della Nuova Zelanda. La perdita di questa nave rappresenta un colpo significativo, costituendo almeno l’11% della piccola flotta navale della Nuova Zelanda, problema quantitativo in un momento in cui le tensioni regionali e l’instabilità geopolitica sono ai loro massimi livelli da quasi un secolo, unica nave di soccorso in grado di rispondere ad emergenze in una vastissima regione insulare.
Non può essere tacitata la voce di un ufficiale della US Navy, con vasta esperienza al riguardo, che ha domandato: “Cosa succederà se un’isola dovrà affrontare una grande catastrofe e la Marina neozelandese non avrà abbastanza navi per rispondere?” “Sicuramente, il Comandante ha salvato il suo equipaggio, ma quante vite potrebbero essere perse in futuro perché le squadre di controllo dei danni non sono rimaste a bordo e cercato di salvare questa nave?” Secondo questa fonte, elogiare gli ufficiali comandanti per azioni puntuali, come questa di aver salvato un piccolo numero di vite in un contesto che non è certamente chiaro a scapito di obiettivi più ampi, è un problema comune nelle marine di oggi.
Sebbene il dovere di un comandante è quello di proteggere quante più vite possibili, il comandante Gray ha chiaramente intrapreso un’azione decisiva ed efficace per salvare il suo equipaggio ma, forse a differenza dei comandanti delle navi mercantili, i comandanti “navali” dovrebbero anche cercare di salvaguardare l’efficienza della propria nave, se vogliamo il mantenimento delle capacità operative che sono loro affidate, in termini pratici oltre che strategici.
In conclusione, la leadership del comandante Gray durante la crisi è stata ampiamente elogiata dai funzionari e dai media ma per una nazione come la Nuova Zelanda, che è orgogliosa di proteggere l’ambiente e le comunità indigene, questo incidente dovrebbe essere anche un campanello d’allarme: invece di sfruttare i riflettori dei media per spiegare l’importanza della nave e il profondo impatto della sua perdita, i leader della Marina neozelandese si sono concentrati sull’elogiare l’abbandono di questo bene essenziale. Una Marina che, come tante altre, ha serissimi problemi di personale, invece di “allargare le maglie” del reclutamento, di privilegiare l’immediato e l’effetto, deve puntare su qualità ed etica, sul massimo esempio come effetto trainante. Eppure effetti e motivazioni non mancano, nemmeno a livello di gadget, come quelli che ormai si vendono in tante istituzioni militari, comprese le Accademie Navali; in quella di Annapolis rimane un bestseller – ‘Don’t Give Up The Ship‘ – l’esortazione in punto di morte di James Lawrence, comandante della USS Chesapeake, sul ponte della sua nave nel 1813. Purtroppo, non sono sicuro che oggi si comprenda davvero il peso di quelle parole, ed il lavoro di educazione, etica e carisma che le ha precedute e generate.
Gian Carlo Poddighe
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Ufficiale del Genio Navale della Marina Militare Italiana in congedo, nei suoi anni di servizio è stato destinato a bordo di unità di superficie, con diversi tipi di apparato motore, Diesel, Vapore, TAG. Transitato all’industria nazionale ha svolto incarichi di responsabilità per le costruzioni della prima legge navale diventando promotore delle Mostre Navali Italiane. Ha occupato posizioni dirigenziali sia nel settore impiantistico che delle grandi opere e dell’industria automobilistica, occupandosi della diversificazione produttiva e dei progetti di decarbonizzazione, con il passaggio alle motorizzazioni GNV.
E’ stato membro dei CdA di alcune importanti JV internazionali nei settori metallurgico, infrastrutturale ed automotive ed è stato chiamato a far parte di commissioni specialistiche da parte di organismi internazionali, tra cui rilevanti quelle in materia di disaster management. Giornalista iscritto all’OdG nazionale dal 1982, ha collaborato con periodici e quotidiani, ed è stato direttore responsabile di quotidiani ricoprendo incarichi di vertice in società editoriali. Membro di alcuni Think Tank geopolitici, collabora con quotidiani soprattutto per corrispondenze all’estero, pubblica on line su testate del settore marittimo e navale italiane ed internazionali. Non ultimo ha pubblicato una serie di pregevoli saggi sull’evoluzione tecnologica e militare sino alla 2^ Guerra Mondiale, in particolare della Regia Marina, pubblicati da Academia.edu.
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