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livello elementare
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ARGOMENTO: ARCHEOLOGIA MARINA
PERIODO: ODIERNO
AREA: MAR NERO
parole chiave: Mar Nero, relitti
Il mare nasconde ma non ruba, potremmo dire parafrasando un vecchio detto popolare. Gli abissi contengono come scrigni le tracce del nostro passato che a volte ritornano fortuitamente alla luce a seguito delle scoperte effettuate da ricercatori occasionali. Nelle fredde e scure acque del Mar Nero, è stato scoperto un grande cimitero sottomarino di oltre quaranta relitti antichi. Una scoperta eccezionale che porterà nuove conoscenze sul seafaring di duemila anni fa.
A bordo della Stril Explorer, una nave off-shore dotata di alcuni tra i più avanzati sistemi di rilevamento subacqueo al mondo, il team dei ricercatori del Black Sea Maritime Archaeology Project sono davvero al settimo cielo. Fra di loro molti ricercatori dell’Università del Centro per la Maritime Archaeology (CMA) di Southampton che lavorano in maniera multidisciplinare collaborando con l’Istituto Nazionale bulgaro di Archeologia, il Centro bulgaro per la subacquea (CUA), l’Istituto marittimo Archeologico di ricerca presso l’Università Södertörn, Svezia, l’Università del Connecticut, Stati Uniti d’America, il Centro ellenico per la ricerca marina e l’MMT. Quest’ultima, fondata da Ola Oskarsson, ha anche progettato il ROV Surveyor Interceptor impiegato nella ricerca archeologica su alti fondali. Questo progetto internazionale opera sotto l’egida del Ministero bulgaro della Cultura e del Ministero degli Affari Esteri in stretta aderenza alla Convenzione dell’UNESCO sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo (2001).
Una scoperta fortuita
La straordinaria scoperta è avvenuta mentre i ricercatori stavano effettuando una survey geologica del fondo del mare con due Remotely Operated Vehicles (ROV): il primo è stato ottimizzato per l’alta risoluzione fotogrammetrica tridimensionale e per le riprese video ad altissima risoluzione, mentre l’altro, il Surveyor Interceptor, sviluppato dal MMT e dalla Reach Submarine, ha la capacità di navigare a velocità maggiori dei ROV convenzionali, portando con se una suite completa di strumentazione geofisica, luci, telecamere ad alta definizione ed uno scanner laser.
Nel corso del progetto il Surveyor ha stabilito nuovi record sia per la profondità raggiunta (1800 m) sia per la velocità sostenuta (oltre 6 nodi) durante le sue ricerche. Grazie a queste caratteristiche ha potuto investigare grandi aree, raccogliendo informazioni preziose per gli scienziati.
La scoperta
Il team di scienziati stava analizzando i dati di una scansione del fondale marino per valutare quanto il livello delle acque fosse aumentato dopo l’ultima era glaciale, circa 20.000 anni fa. Immaginate la sorpresa del team quando, fra le differenti morfologie del fondo, furono identificate delle sagome ben definite di antiche navi, alcune risalenti a duemila anni orsono. Ma le scoperte si sono succedute rivelando un cimitero di relitti di navi che vanno dal periodo bizantino a quello ottomano. E le sorprese non sembrano ancora finite.
Le immagini hanno rivelato particolari straordinari di quelle imbarcazioni, alcune solo descritte nella documentazione antica, e di cui non ne erano mai stati trovati relitti. Il professore Jon Adams dell’Università di Southampton, ha entusiasticamente dichiarato: “The wrecks are a complete bonus, but a fascinating discovery, found during the course of our extensive geophysical surveys.“
Le navi sono apparse in condizioni di conservazione eccezionali essendo collocate al di sotto della cosiddetta “zona morta” del Mar Nero, che inizia 150 metri sotto la superficie dell’acqua. In quella zona non può esistere vita per la mancanza di luce ed ossigeno per cui gli organismi non possono attaccare le strutture lignee che restano quindi completamente intatte.
Il team ha raccolto migliaia di immagini dei relitti ed ha ricostruito dettagliati modelli 3D delle loro scoperte. I risultati dovrebbero contribuire a far luce sulle caratteristiche ed i carichi di quei antichi vascelli che avevano solcato il mare migliaia di anni fa.
Ma come vengono elaborate le immagini?
Le immagini elaborate forniscono dei modelli digitali ricavati dalle fotografie acustiche, utilizzando tecniche di ricostruzione 3D. In pratica, questi algoritmi calcolano la posizione di ogni punto dell’immagine visibile nelle immagini adiacenti. A questo punto il software mette insieme milioni dei punti ricavati dalle migliaia di immagini scattate dalle telecamere del ROV e ricostruisce il modello.
Ciò che si vede nell’immagine finale è un modello virtuale assolutamente realistico. L’elaborazione richiede molti giorni ma i risultati sono strabilianti. “Utilizzando la più recente tecnica di registrazione 3D per strutture sottomarine, siamo stati in grado di catturare alcune immagini sorprendenti … ” ha detto il professor Jon Adams.
In considerazione delle grandi profondità in gioco e dei risultati di alta qualità che si sono ottenuti, gli scienziati hanno deciso di continuare la raccolta dei dati fotogrammetrici e digitali per mappare tutta l’area. Ci torneremo presto e ci aspettiamo nuove sorprese dagli abissi di quel mare oscuro.
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare.
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