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Gaio Giulio Cesare Germanico, detto Caligola, e il mare – parte I

tempo di lettura: 6 minuti

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livello elementare

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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: I SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: Gaio Cesare, Galigola 

 

Sapientia gubernator navem torquet, non valentia [1]

Fra i più comuni (e più moderati) rilievi mossi al terzo imperatore di Roma vi è quello della sua insufficiente preparazione all’assunzione della suprema carica dello Stato, visto che egli non venne preventivamente investito di alcuna delle più impegnative magistrature del cursus honorum, come invece era accaduto ad altri rampolli destinati al principato, quali Gaio Cesare, Lucio Cesare, Tiberio e Germanico [2]. Non essendo possibile analizzare tale problema nella sua interezza, poiché non ci è dato di conoscere in quali campi si sia effettivamente sviluppato il lungo tirocinio caprese cui Tiberio sottopose personalmente il suo successore, questo breve saggio si limita ad esaminare il solo aspetto navale, ovvero uno dei settori verso il quale Gaio Caligola manifestò una particolare familiarità.

Nell’ambito della graduale costruzione e messa a punto della struttura organizzativa del principato, Augusto aveva tramutato gli esistenti reparti militari in forze armate permanenti. Tale innovazione [3] si tradusse, per la marina, nell’istituzione delle flotte imperiali, la cui impostazione beneficiò visibilmente della competenza navale di Marco Agrippa.

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moneta di Caligola con rappresentato Agrippa RIC 58

Queste flotte, che vennero fin dall’inizio considerate uno strumento al servizio del principe [4], operarono nel Mediterraneo e nell’Oceano, così come nel Mar Nero, nel Mar Rosso [5] e sui grandi fiumi, per fronteggiare peculiari impegni bellici contingenti e per assolvere una vasta gamma di compiti tipici del tempo di pace: per esigenze di Stato ed a garanzia del rispetto della legalità in mare e della libertà della navigazione [6]. La maggiore e di gran lunga più importante delle flotte permanenti fu la Classis Misenensis [7], essendo questa la forza navale preposta alla difesa diretta delle coste tirreniche, quella più attiva nel controllo del Mediterraneo e quella più prontamente utilizzabile da parte del principe. Per quanto concerne la marina mercantile, l’avvento della pax augusta, tutelata sui mari dalla silenziosa vigilanza delle flotte imperiali, aveva favorito un sensibile sviluppo di tutti i traffici marittimi, con particolare enfasi sulla rotta da Alessandria a Pozzuoli [8].

La seconda infanzia in Germania
Gaio Giulio Cesare Germanico è uno di quei rari personaggi la cui vita risulta storicamente significativa fin dai suoi primi anni. Questo, non perché ne siano stati narrati aneddoti prodigiosi circonfusi dal mito,  com’era accaduto al suo bisnonno Ottaviano Augusto ed a varie altre ammirate celebrità del mondo antico, ma in quanto Caligola si trovò realmente immerso, con un proprio ruolo individuale, in situazioni straordinarie che ebbero una valenza storica e dovettero anche influire sensibilmente sulla sua formazione.

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ricostruzione della Caliga, la calzatura dei legionari indossata dal giovane Gaio che gli costò il nomignolo di Caligola, da lui non amato autore della foto Matthias Kabel – File:Caligae from side.jpg – Wikimedia Commons

Nato ad Anzio nel terz’ultimo anno del principato di Augusto, il piccolo Gaio, terzo figlio di Agrippina maggiore e di Germanico Giulio Cesare, un generale molto amato dal popolo romano, lasciò il tepore del Mediterraneo a poco meno di due anni per trasferirsi con la madre in Germania.

Fu lo stesso Ottaviano Augusto ad organizzare il suo viaggio [9], facendo sì che Agrippina ed il bambino si ricongiungessero felicemente con Germanico. Ottaviano Augusto tuttavia morì in quella stessa estate, dopo aver aggiunto Gaio ed i suoi due fratelli nel proprio testamento, chiamandoli “Cesari” e lasciando loro una parte dell’eredità [10]. Nel frattempo il bambino era divenuto la mascotte dei legionari che, inteneriti nel vederlo andare in giro vestito e calzato come loro, gli avevano attribuito l’affettuoso nomignolo di Caligola [11]. Lo speciale legame che si era così stabilito risultò determinante per disinnescare il successivo ammutinamento delle legioni, poiché fu proprio la presenza del piccolo Gaio a far recedere i soldati dalla loro ostinata ribellione [12].

Ristabilita la disciplina, Germanico Giulio Cesare condusse nell’arco di tre anni una serie di impegnative operazioni belliche oltre il Reno. Gaio, che visse da vicino questa esperienza fra i suoi due e cinque anni, occupando peraltro una posizione privilegiata in seno alla famiglia [13], poté forse ricordare qualche sfocata immagine del campo o del porto [14], ma certamente anche il racconto di certi fatti clamorosi di cui si continuò a parlare in casa.

Nel settore navale: la partenza del padre con la flotta usata per trasportare quattro legioni fino al cuore della Germania ed il successivo suo intervento con la stessa flotta per recuperare due legioni sorprese dal flusso della marea [15]; la costruzione di una nuova ed immensa flotta di 1000 navi [16] a bordo della quale Germanico condusse le sue truppe nel mare del Nord fino al fiume Amisia (Ems), ove poté infine sconfiggere le forze messe in campo da tutte le popolazioni comprese tra il Reno e l’Elba; la travagliata navigazione di rientro della forza navale, severamente falcidiata e dispersa da una tremenda tempesta oceanica; il soccorso navale effettuato dalle unità superstiti per prelevare dalle isole vicine gli uomini che vi avevano trovato riparo [17]; il rientro della spedizione allietato da nuovi successi e da un bilancio ampiamente positivo [18].

Fine  I parte – continua

Domenico Carro

estratto da GAIO E LE NAVI (romaeterna.org)

 

Note
[1] “Con la scienza, non con la forza, il pilota governa la nave” (Titinius, Setina, fr. 13); Guardì 1985, 69.
[2] Il più autorevole sostenitore di questa tesi è Arnaldo Momigliano, il cui pensiero in merito può essere sintetizzato nella seguente sua valutazione: “Non un pazzo dunque va ritenuto Caligola, ma un inesperto”, anche se lo stesso studioso si mostrò insoddisfatto di tale conclusione: “chi scrive è il primo a rimpiangere di dover racchiudere la sua personalità in uno schema (monarca inesperto e prematuro) senza averne saputo individuare più da vicino la complessa umanità sia nella sua formazione spirituale sia poi nell’intimità dell‘anima ormai plasmata. Tutto questo ci sfugge per la insufficienza della nostra informazione.” (Momigliano 1992, 215-216).
[3] In effetti i Romani avevano conquistato un impero sconfinato e il dominio del mare senza disporre di forze armate permanenti, ma costituendo di volta in volta le legioni e le flotte necessarie, per poi congedare il relativo personale a termine esigenza. Per una sintetica valutazione dell’affermazione dei Romani sul mare: Carro 1998, 82-84.
[4] E’ sintomatica l’espressione classis mea usata da Augusto per indicare la flotta che, comandata da Tiberio, navigò nel Mare del Nord lungo la penisola Cimbrica (R. Gest. div. Aug. 26). La stessa concezione si è formalmente conservata in tutte le monarchie fino all’epoca contemporanea.
[5] Per le operazioni navali nell’Oceano, oltre alla navigazione esplorativa di cui alla nota precedente, va ricordato il concorso alla guerra Cantabrica fornito da una flotta romana schierata nel golfo di Biscaglia (Flor. epit. 2, 33; Oros. 6, 21); nel Mar Nero, l’intervento di Agrippa contro i Bosforani (Cass. Dio 54, 24; Oros. 6, 21); nel Mar Rosso, la spedizione navale di Elio Gallo (Strabo 16, 4, 22-24 e 17, 1, 53).
[6] Carro 2012, 136-139.
[7] Per i dati salienti sulle flotte imperiali di Roma: Carro 1992-2003, vol. XI, 186-215.
[8] Anche se il porto di Ostia risultava utilizzabile dalle navi di stazza media (Dion. Hal. ant. 3, 44; Strab. 5, 3, 5), le grandi navi frumentarie scaricavano le loro merci a Pozzuoli per evitare i rischi dei bassi fondali che rendevano insicuro l’accesso alla foce del Tevere, specialmente nell’arco invernale (Stat. silv. 5, 113-114; Cass. Dio 60, 11, 2).
[9] Suet. Cal. 8
[10] Suet. Aug. 101; Cass. Dio 57, 18, 11
[11] Sull’uso del nomignolo Caligola (Tac. ann. 1, 69), è piuttosto comprensibile che Gaio, da adulto, non amasse essere interpellato con quel vezzeggiativo infantile da chi non fosse in particolare confidenza con lui (Sen. const. sap. 18, 4). Per lo stesso motivo in questo testo viene preferito l’uso del prenome Gaio, come peraltro si è fatto dall’antichità in poi, tranne che nell’epoca più recente. 
[12] Tac. ann. 1, 41 e 44; Suet. Cal. 9.
[13] Pur essendo il terzogenito, Gaio fu il solo figlio maschio di Germanico e Agrippina presente in Germania, poiché i suoi due fratelli maggiori, molto più grandi, erano rimasti a Roma. Le sue prime due sorelle, Giulia Agrippina e Giulia Drusilla, nacquero invece mentre lui si trovava già in Germania.
[14] In effetti è possibile che Gaio sia andato con la madre a vedere qualche partenza o qualche ritorno del padre imbarcato sulle sue navi. Il porto di partenza utilizzato da Germanico potrebbe essere stato quello di Fectio (od.Vechten), sul Reno, in corrispondenze dell’inizio della Fossa Drusiana, poiché tutte le sue navigazioni sono iniziate con il transito in questo canale, costruito da suo padre. Per le basi della Classis Germanica vedasi anche Reddé 1986, 295.
[15] Tac. ann. 1, 40 e 63 e 70; Cass. Dio 57, 18, 1.
[16] Tac. ann. 2, 6. Questa fu davvero una realizzazione eccezionale, sia per le impressionanti dimensioni di questa flotta costruita in un solo inverno, sia per la particolare cura posta da Germanico nel far progettare dei nuovi tipi di navi compatibili con il difficile ed infido ambiente marittimo nel quale dovevano operare (bassi fondali, acque ristrette e occasionale necessità di doversi posare sul fondo).
[17] Tac. ann. 2, 23-24. La dispersione delle navi fece inizialmente temere che il naufragio avesse avuto delle dimensioni spaventose, ma i successivi sviluppi delle operazioni (ricongiungimento di molte navi, ancorché in numero non quantificato da Tacito, recupero dei naufraghi e vigorosa ripresa delle offensive terrestri) lasciano intendere che le perdite umane siano state abbastanza contenute.
[18] “Le ripetute offensive romane oltre il Reno, fra gli anni 14-16 d.C. furono dunque un successo, sia sul piano militare che politico. Il merito va equamente spartito fra Germanico e Tiberio, il cui disaccordo in materia era limitato a questioni particolari. Entrambi concordavano sulla necessità di stroncare sul nascere qualsiasi possibilità di formazione di un forte e accentrato regno in Germania, garantendo nel contempo la sicurezza della frontiera. Entrambi gli obiettivi furono largamente raggiunti.” (Gallotta 1987, 131)

 

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