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livello elementare.
ARGOMENTO: STORIA NAVALE ROMANA
PERIODO: I SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: Caligola
Il ponte di navi
Fra le iniziative assunte dall’imperatore Gaio, una di quelle che si presenta a prima vista fra le più strampalate è certamente la costruzione di un lungo ponte di navi attraverso l’intero golfo di Pozzuoli. L’inutilità pratica del ponte stesso e l’apparente vacuità dell’imperatore che vi scorrazzò sopra, prima a cavallo e poi su di una biga trainata da cavalli da corsa, risulterebbero francamente incomprensibili senza esaminare la cosa sotto l’ottica navale e nelle prospettive della politica estera.
Un ponte di quelle dimensioni rappresenta, innanzi tutto, una ben convincente dimostrazione di perizia tecnica, marinaresca ed organizzativa. In effetti non bastò la semplice applicazione, su più vasta scala, della consueta metodologia di costruzione dei ponti di navi sui fiumi [35], poiché l’ambiente marino – ad eccezione degli stretti del Bosforo e dei Dardanelli [36] – è troppo dissimile da quello fluviale [37]. Quella costruzione dovette pertanto essere studiata ex novo e poi sperimentata per verificarne la rispondenza.
Il pontile monumentale del porto romano di Pozzuoli (cosiddetto “molo caligoliano”) in un piccolo affresco pompeiano ed un’incisione (Bellori 1764, Ichnographia veteris Romae) riproducente un altro affresco antico del ponte andato però perduto – opera dell’autore
Il ponte di navi venne realizzato partendo da un pre-esistente molo di Pozzuoli [38] (già orientato verso Baia) ed attraversando il golfo [39] con una doppia fila di navi onerarie affiancate: in totale sarà servito un migliaio di navi, di cui circa una metà costruite per l’occasione in aggiunta a quelle temporaneamente disponibili in zona [40]. L’utilizzo di queste ultime navi non può aver provocato alcuna carestia, come sostenuto da alcuni [41].
Dopo aver completato la costruzione sovrapponendo alle navi un tavolato ricoperto di terra sul quale si realizzò una strada “come la via Appia” [42], per due giorni la struttura fu oggetto di un collaudo dimostrativo cui Gaio volle dare la massima visibilità, transitandovi sopra in compagnia del giovane Dario [43] e con un imponente seguito di pretoriani, fanti e cavalieri. Con queste forze e con il concorso della flotta Misenense egli condusse poi un’esercitazione militare [44] di difesa del ponte dall’attacco di navi avversarie. Il complesso e fastoso apparato scenico prescelto da Gaio per attirare gli sguardi sull’intera manifestazione incluse il ricorso al vestiario più solenne [45], un appropriato cerimoniale religioso e l’illuminazione notturna del ponte. L’evidente volontà di conferire all’evento una risonanza tale da renderlo noto fino ai più lontani confini dell’impero, fa ritenere molto verosimile che quel ponte da primato [46] fosse finalizzato all’invio di un monito all’indirizzo dei Britanni [47]. D’altronde, la sottintesa minaccia di varcare lo stretto di Dover con un ponte del genere, ancorché alquanto più lungo, non avrebbe potuto essere considerata, a quei tempi, né velleitaria né tantomeno insensata [48]. Inoltre, Gaio approfittò della esercitazione militare per ostentare il proprio affiatamento con i pretoriani [49].
Operazioni in Germania
Durante il principato di Tiberio, dopo i successi conseguiti da Germanico [50], la situazione al confine nord-orientale si era alquanto deteriorata, sia per la sollevazione dei Frisoni, che costò ai Romani 900 morti rimasti invendicati [51], sia per l’inerzia dei due legati propretori Gneo Cornelio Lentulo Getulico e Lucio Apronio, rispettivamente preposti alla Germania Superiore ed a quella Inferiore. Gaio volle innanzi tutto rimuovere questi due inaffidabili personaggi [52], di cui almeno uno – Getulico – era anche coinvolto in una grave congiura contro l’imperatore [53]. Per limitare i rischi e cogliere i congiurati di sorpresa, il principe si mosse con grande cautela, partendo dall’Italia all’improvviso dopo aver sostituito i consoli con uomini di sua fiducia [54]. Giunto in Gallia, egli si predispose alla campagna in Germania reclutando un gran numero di soldati per costituire due nuove legioni [55], e sostituendo Getulico ed Apronio con due uomini di valore, Servio Sulpicio Galba (il futuro imperatore) e Publio Gabinio Secondo.
Aureo di Galba, circa luglio AD 68 – gennaio AD 69 scritta IMP SER GALBA AVG – riferimenti Jonathan P. Rosen Collection. Ex Ferruccio Bolla Collection (Tkalec, 28 February 2007), lot 17; Giuseppe Mazzini Collection, 286 – autore https://www.cngcoins.com/ – CNG File:Galba, aureus, AD 68-69, RIC I 164.jpg – Wikimedia Commons
Circa lo svolgimento delle operazioni volute da Gaio in Germania gli storici antichi ci hanno lasciato solo poche battute derisorie su qualche breve episodio, descritto con inverosimili esagerazioni e penosa superficialità [56]. La ricostruzione storica può tuttavia beneficiare di alcuni altri dati, di più sicura attendibilità [57], consentendoci perlomeno una discreta percezione dei risultati conseguiti. Nella Germania Superiore, la prima preoccupazione di Gaio e Galba fu quella di ripristinare la disciplina [58], gravemente allentatasi sotto il comando di Getulico. Galba condusse poi delle efficaci operazioni al di là del Reno [59], per qualche tempo anche in presenza di Gaio [60], avviando infine una robusta offensiva contro i Catti o Chatti [61].
mappa delle tribù dei Germani con evidenziata l’area dei Chatti – autore sconosciuto – Fonte https://www.romanoimpero.com/2020/07/catti-nemici-di-roma.html?m=1
Nella Germania Inferiore, vennero certamente condotte delle azioni sulla fascia costiera a nord del Reno con il concorso delle navi [62] della Classis Germanica [63]. Gaio vi partecipò brevemente, probabilmente subito dopo la sua sosta invernale a Lione [64]. Non abbiamo elementi per accertare lo scopo ultimo di tali operazioni, anche se si capisce che occorreva innanzi tutto recuperare la piena fedeltà dei Frisoni [65]. Sappiamo comunque che nel prosieguo delle operazioni Gabinio dovette affrontare i Chauci [66], a levante dei Frisoni. Nel complesso delle operazioni in Germania, sembra senz’altro verosimile che qualche buon successo sia stato conseguito mentre Gaio era ancora presente nella provincia [67], ma è indubbio che la piena vittoria arrise a Galba ed a Gabinio l’anno successivo [68]. Gaio ebbe quindi il merito della ripresa dell’iniziativa a nord-est, per la progressiva romanizzazione della Germania transrenana [69], prospettiva che venne purtroppo poi chiusa da Claudio [70].
Fine parte III – continua
Domenico Carro
estratto da GAIO E LE NAVI (romaeterna.org)
in anteprima affresco che mostra il porto di Puteoli (l’antica Pozzuoli) , da Stabia – conservato al Museo Archeologico Nazionale (Naples) – autore della foto Wolfgang Rieger – Public domain
File:Stabiae – Port Scene – MAN.jpg – Wikimedia Commons
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Note
[35] Quando dovevano realizzare un ponte di navi su di un grande corso d’acqua, come il Reno, il Danubio o l’Eufrate, i Romani utilizzavano un collaudatissimo procedimento che sfruttava la stessa corrente del fiume per posizionare le singole navi in rapida successione, di modo che a fine manovra esse risultassero tutte ancorate con la prora contro corrente, affiancate le une alle altre e perfettamente allineate (Arr. an. 5, 2; Cass. Dio 71, 3).
[36] Vi è presente una corrente superficiale che scorre costantemente in direzione dell’Egeo.
[37] Differenze significative: assenza di un flusso di corrente univoco, maggiore esposizione alla rotazione dei venti, presenza del moto ondoso, fondali più alti (sui quali l’ancoraggio rimane più lasco).
[38] A Pozzuoli il ponte doveva logicamente iniziare dal tutt’ora esistente “molo Caligoliano”, una struttura di epoca augustea che si trovava al centro dell’antico porto (vi era un molo frangiflutti più a sud) ed era costituito da almeno 15 pilastri collegati da arcate, essendo largo 15 m e lungo 372 m, e concludendosi con un arco di trionfo (Salvatori 2008, 432).
[39] Pozzuoli e Baia distano di circa 4 km, ma la distanza effettiva fra l’antica testata del molo Caligoliano (vecchio fanale verde del molo odierno) e l’attuale Punta Epitaffio è di circa 3.100 m. Per effetto del bradisismo, tale distanza è ora maggiore di quanto non lo fosse nell’antichità. Anche se non conosciamo la posizione del punto di arrivo del ponte di navi a Baia, leggermente più lontana rispetto alla punta, la lunghezza del ponte stesso di navi dovrebbe essere stata grosso modo di 3.100 metri.
[40] Suet. Cal. 19, 1 e Cass. Dio 59, 17, 2. Per coprire la lunghezza di 3.100 m affiancando fra di loro le onerarie più comuni, mettendo quindi a calcolo – per semplicità – una media di 6,2 m quale spazio complessivamente occupato da ciascuna nave (inclusi i parabordi), sarebbero state necessarie 500 navi per ogni fila, e quindi 1.000 in totale. Appare peraltro improbabile che siano state utilizzate delle onerarie di maggiori dimensioni, perché altrimenti non sarebbe stato necessario ricorrere ad una duplice fila di navi.
[41] Cass. Dio 59, 17, 2 e Sen. brev. vit. 18, 5. Alcune carestie si verificavano saltuariamente, spesso in coincidenza con anomale piene del Nilo (Savio 1988, 34), ma non certamente a causa del breve utilizzo di navi addette al piccolo cabotaggio, molto diverse dalle grandi frumentarie. Una gravissima carestia si era peraltro verificata cinque anni prima della morte di Tiberio (Tac. ann. 6, 13) ed un’altra venne registrata nel secondo anno del principato di Claudio (Cass. Dio 60, 11, 1), tre anni dopo il ponte di Baia e con una marina mercantile rinforzata dalle costruzioni di Gaio.
[42] Non mancarono nemmeno delle stazioni di posta e degli alloggi con acqua corrente potabile (Cass. Dio 59, 17).
[43] Sembra che questa sia stata la prima apparizione pubblica del fanciullo, cui probabilmente Gaio intendeva dare in futuro il titolo di re, quale sovrano di un regno minore oppure quale rex nemorensis, per il culto di Diana a Nemi (Leone 2000, 30 e 32; Suet. Cal. 35).
[44] Suet. Cal. 19, 2; Cass. Dio 59, 17, 4-10. “What we have here is the shortest small-scale war in history, with a military attack followed by a triumphal procession” (Kleijwegt 1994, 662-663).
[45] La veste trionfale e la corona civica. La prima mostra che Gaio considerava questo evento altrettanto serio delle due precedenti occasioni in cui l’aveva indossata: il trasporto dei resti della madre e del fratello al Mausoleo di Augusto e la cerimonia di dedica del Tempio di Augusto, ch’egli aveva completato. Quanto alla corona civica: “nessun ornamento è più degno del rango di un principe” (Sen. clem. 1, 26, 5).
[46] Come vantava lo stesso Gaio (Cass. Dio 59, 17, 11), il suo ponte di oltre 3.000 metri superava di gran lunga quelli realizzati dai re persiani Dario e Serse sul Bosforo e sui Dardanelli, i cui punti più stretti sono larghi, rispettivamente, 1.250 e 550 metri.
[47] Per intimorirli con la “immensi operis fama” (Suet. Cal. 19, 3). In effetti questa fama non avrebbe dovuto tardare molto a raggiungere la Britannia, portata dai vari marittimi che si recavano oltre Manica per ragioni di commercio. Durante il principato di Augusto l’isola risultava già collegata abitualmente con cinque rotte che partivano dalla Gallia (Strab. 6, 5, 2). Fin da allora, pertanto, le comunicazioni marittime avevano già la celerità di quelle di quattro secoli dopo, quando venne scritto: “la Britannia ha appreso in estate ciò che l’Egitto e la Partia seppero in primavera” (Hier. epist. 77, 10).
[48] A fronte delle 1,7 miglia nautiche coperte dal ponte di navi di Gaio, lo stretto di Dover ha un ampiezza di circa 17 miglia, mentre il punto più stretto del Canale d’Otranto è largo una quarantina di miglia. Eppure un personaggio sicuramente equilibrato e competente di cose navali come Marco Terenzio Varrone, quando comandò le flotte nello Ionio per la guerra piratica (Varro rust. 2, 0), pensò di realizzare un ponte proprio nel Canale d’Otranto (Plin. nat. 3, 100-101).
[49] Siamo nell’estate 39 (Barret 1993, 355). Gaio, che poco tempo prima aveva pronunciato in Senato un durissimo atto d’accusa contro i senatori, si stava apprestando a recarsi in Germania ove doveva riprendere il controllo delle legioni e fronteggiare una grave cospirazione (Kleijwegt 1994, 670-671).
[50] Dopo le operazioni di Germanico, “le posizioni mantenute e riconquistate dai Romani sul terreno lasciavano intatta la prospettiva di una nuova stabile espansione romana fra il Reno e l’Elba” (Gallotta 1987, 131). Peraltro, è probabile che fosse proprio l’Elba il confine considerato da Augusto quando raccomandò a Tiberio di non espandere ulteriormente l’impero (Zecchini 2010, 55).
[51] Eventi del 28 d.C. (Tac. ann. 4, 72-74).
[52] Erano imparentati (genero e suocero) ed entrambi erano compromessi con Seiano, ma Tiberio non era riuscito a rimuoverli, subendo passivamente le minacce di Getulico (Tac. ann. 6, 30, 3). Essi erano pertanto rimasti in carica per oltre dieci anni, avendo il comando di complessive 8 legioni.
[53] Si tratta della congiura in cui furono coinvolti anche i più stretti parenti di Gaio: il cognato Marco Emilio Lepido, le sorelle Giulia Agrippina e Giulia Livilla, nonché, probabilmente, il cugino Tolomeo (Suet. Cal. 24 e Claud. 9; Cass. Dio 59, 22, 5-8).
[54] Nel periodo in cui si era sentito minacciato dall’ostilità di molti senatori, anche Augusto aveva adottato delle cautele eccezionali, inclusa quella di presiedere le sedute al Senato indossando una corazza e tenendo un pugnale alla cintura (Suet. Aug. 35).
[55] Suet. Cal. 43; Cass. Dio 59, 22, 1; “due nuove legioni fecero la loro comparsa in questo periodo, in Occidente” (Nony 1986, 292): la XV Primigenia e la XXII Primigenia. Anche Tacito attribuisce a Gaio degli “sforzi ingenti” contro la Germania (Tac. Agr. 13).
[56] Vedi nota 32.
[57] Parte di quanto è stato omesso o velenosamente distorto nelle biografie di Gaio viene invece riportato senza acrimonia in alcune biografie successive, come quelle di Claudio e di Galba.
[58] Suet. Cal. 44, 1 e Gal. 6, 2.
[59] Galba dovette prima respingere un’incursione germanica in Gallia; poi, quando Gaio lo raggiunse, egli varcò il Reno per condurre delle grandi manovre militari nella regione dei Catti, con varie esercitazioni dimostrative (Suet. Gal. 6, 3; Nony 1986, 288-289).
[60] La presenza di Gaio alle grandi manovre condotte da Galba al di là del Reno è resa evidente dai pur distorti accenni delle fonti antiche (Suet. Cal. 45, 1-2 e 51, 2; Cass. Dio 59, 21, 3; Eutr. 7, 12), in cui si parla anche di nemici realmente catturati (Cass. Dio 59, 22, 2-3).
[61] Era uno dei popoli germanici più potenti dell’epoca, con una fanteria bene organizzata anche per la logistica (Tac. Germ. 30).
[62] La presenza della flotta è testimoniata da una paradossale illazione svetoniana che attribuisce a Gaio la preparazione della fuga con la flotta fino al Mediterraneo (Suet. Cal. 51, 3). In ogni caso l’utilizzo della flotta era indispensabile per le azioni lungo la fascia marittima, come peraltro Gaio ben sapeva da quanto aveva fatto suo padre.
[63] Per queste operazioni la flotta romana utilizzò il porto di Velsen, come dimostrato dalle indagini archeologiche ivi compiute, da cui risulta che i Romani vi mantennero una base navale militare negli anni 39-47 (Bosman 2004, 32 e 49; Reddé 1986, 295-296). Le navi di Gaio potrebbero essere state dislocate anche nei porti di Vechten e Vakenburg (Bosman 2004, 54-55).
[64] Gaio dovrebbe essere ripartito da Lione nel mese di gennaio del 40 (Nony 1986, 296).
[65] Dopo la sollevazione avvenuta 12 anni prima, senza alcuna reazione da parte di Tiberio, come si è già accennato.
[66] Popolazione germanica – normalmente pacifica ma bene armata – che occupava la fascia costiera del Mare del Nord, dalla foce dell’Ems (Amisia) a quella dell’Elba (Tac. Germ. 35).
[67] Il Senato votò in effetti la celebrazione di un’ovazione in onore di Gaio (Cass. Dio 59, 23, 1), mentre Vespasiano propose anche dei ludi straordinari per la vittoria germanica del principe (Suet. Ves. 2, 3).
[68] L’epilogo vittorioso avvenne pochi mesi dopo la morte di Gaio, che ne ha quindi la piena paternità (Auguet 1993, 99): Galba sottomise i Catti, mentre Gabinio non solo vinse i Cauci, ma recuperò anche l’ultima aquila delle legioni di Varo rimasta in mani germaniche (Cass. Dio 60, 8, 7). Questo bastò per attribuire a Claudio l’acclamazione ad imperator, mentre Galba ottenne altri riconoscimenti (Suet. Gal. 8, 1; Plut. Galba 3).
[69] Nel 47, il popolo dei Cherusci (quello che aveva originato la rovinosa sedizione di Arminio), ormai abituato a vivere in pace (Tac. Germ. 36), richiese ai Romani di inviar loro un re: si trattava in particolare di un loro principe, di nome Italico, che viveva a Roma (Tac. ann. 11, 16-17). Quella nazione si stava quindi trasformando in un regno cliente di Roma, e lo sarebbe divenuta se Claudio avesse incoraggiato tale evoluzione, coerente con la politica di Gaio.
[70] È ben noto che, in quello stesso anno 47, Gneo Domizio Corbulone, cognato di Gaio, conseguì altre promettenti vittorie in Germania ma venne poi fermato dall’ordine di Claudio di ritirare tutti i presidi romani portandoli al di qua del Reno (Tac. ann. 11, 19-20).
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ammiraglio di divisione della Riserva della Marina Militare Italiana, dal momento del suo ritiro dal servizio attivo, assecondando la propria natura di appassionato cultore della Civiltà Romana, ha potuto dedicarsi interamente all’approfondimento dei suoi studi storiografici, nell’ambito dei quali ha pubblicato numerosi libri e saggi, creato l’interessantissimo sito ROMA AETERNA ed il foro di discussione FORVM ROMAETERNA (2001-2013), poi sostituito dall’istituzione di pagine estratte da “Roma Aeterna” nelle maggiori reti sociali, quali Linkedin, Facebook, Twitter, Youtube, Flickr, etc. Non ultimo, l’ammiraglio Carro è relatore in importanti convegni, nazionali ed internazionali sui temi della storiografia romana e della salvaguardia della cultura marittima.
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