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Dall’Oriente a Capri: i viaggi per mare di Caligola – parte II

tempo di lettura: 8 minuti

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livello elementare

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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: I SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: Gaio Cesare, Caligola 
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Gaio “Caligola” ebbe una formazione marinaresca a seguito del padre, un’esperienza che lo accompagnò per tutta la sua vita … un imperatore con la passione del mare che non temeva ad affrontarlo anche su una piccola bireme, sulla cui poppa si narra sventolasse il vessillo purpureo.

La formazione
Pochi mesi dopo essere rientrato a Roma ed aver partecipato con i fratelli, proprio a bordo del cocchio del padre, alla celebrazione del trionfo di Germanico, Gaio iniziò a vivere – fra 5 e 7 anni – una nuova esperienza che lo coinvolse in modo talmente diretto che gli sarebbe stato poi impossibile perderne la memoria. Egli fu infatti, ancora una volta, il solo dei suoi fratelli ad accompagnare suo padre nella missione nelle province d’Oriente. La navigazione di andata, svoltasi nei mesi autunnali ed invernali, fra burrasche in Adriatico e nello Ionio che danneggiarono le loro navi, una sosta per le riparazioni ed una lunga serie di visite di spiccato interesse affettivo, culturale e politico [19], fu anche un’utilissima palestra per la formazione del carattere e del “piede marino”.

L’anno seguente, Germanico si recò ad Alessandria per un’emergenza provocata dalla carestia e ne approfittò per visitare l’Egitto navigando sul Nilo [20], portando forse con sé il piccolo Gaio o comunque fornendogli fascinose descrizioni al suo ritorno [21]. Poco dopo, tuttavia, egli cadde improvvisamente malato ed in breve tempo si spense. Rimasto orfano di padre all’età di 7 anni, Gaio subì un’inattesa mutazione della propria vita. Compì la navigazione di ritorno in Italia con la madre e la sorellina minore, salpando da Seleucia ed attraversando l’intero Mediterraneo orientale anche questa volta in pieno periodo invernale. Dopo una sosta a Corfù entrarono nel porto di Brindisi, dove Agrippina, seguita da Gaio, scese la passerella sorreggendo fermamente l’urna con le ceneri di Germanico, che portò poi lungo la via Appia fino a Roma, per depositarla solennemente nel Mausoleo di Augusto [22].

 

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Vipsania Agrippina  (23 ottobre 14 a.C. – Ventotene, 18 ottobre 33), meglio conosciuta come Agrippina maggiore (per distinguerla dalla figlia Agrippina minore, madre di Nerone), è stata una nobildonna romana, appartenente alla dinastia giulio-claudia – museo del Louvre – pubblico dominio File:P1150135 Louvre Agrippine ancienne Ma3133 rwk.jpg – Wikimedia Commons

I successivi dodici anni Gaio li trascorse a Roma, prima con sua madre, fino a quando Seiano non la fece cadere in disgrazia insieme ai due figli maggiori, privandoli uno dopo l’altro della libertà; poi passò nella casa dell’Augusta Livia, sua bisnonna, e, alla morte di questa, nella casa della nonna Antonia, dove ebbe occasione di stringere dei legami di conoscenza e d’affetto con un gran numero di personaggi di sicuro interesse per la futura politica romana [23].

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busto di Tiberio, suocero di Agrippina – museo di Colonia, Germania –
Römisch-Germanisches museum Köln empereur Tibère rwk – Agrippina maggiore – Wikipedia

Infine a 19 anni venne chiamato da Tiberio a Capri, dove trascorse i successivi sei anni, avendo un contatto ininterrotto con il mare e con le navi [24]. In tutto quel periodo egli dovette necessariamente mantenere il più severo autocontrollo per non dare alcun appiglio a chi gli avrebbe volentieri fatto seguire la sorte dei due fratelli maggiori; nel contempo egli non si privò di divertimenti attraenti per la sua età, ma fu anche estremamente diligente nel completare la propria preparazione culturale [25], traendo da Tiberio molti insegnamenti utili, in positivo e … in negativo.

Le navigazioni nella burrasca
Essendo infine subentrato a Tiberio, morto a 78 anni, la prima preoccupazione di Gaio, ancora ventiquattrenne, fu quella di dare un’appropriata sepoltura ai suoi cari. Non appena ebbe celebrato nell’Urbe le esequie del suo predecessore, si imbarcò su di una piccola bireme della Classis Misenensis e, incurante del mare in burrasca, navigò fino alle isole di Ponza e Ventotene per prelevarvi i resti mortali della madre e del fratello maggiore [26]; con la stessa nave tornò poi ad Ostia e risalì il Tevere fino al Mausoleo di Augusto, in cui ripose le due urne.

La sua confidenza con le navi e il suo coraggio nell’affrontare le tempeste marittime furono confermate in un’altra analoga occasione: quando egli si recò in navigazione in un mare talmente agitato che suo suocero Silano rifiutò di seguirlo, pur essendo sospettato di voler restare a Roma perché coinvolto in un complotto [27]. 

Gaio aveva dunque conservato intatto il suo “piede marino” ed aveva altresì migliorato la sua conoscenza della navigazione e delle prestazioni delle navi, possedendo in tal modo una buona predisposizione ad utilizzare con competenza ed efficacia lo strumento navale, sia per le esigenze della propria funzione, sia per le finalità della politica estera. È quanto verrà indagato nei successivi articoli, verificando, sulla base dei pochi e contraddittori dati disponibili, la rispondenza delle iniziative assunte da Gaio nel campo navale e marittimo, incluse le azioni terrestri che fruirono di un concorso navale.

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busto di Caligola trovato a Roma – periodo AD 37 – 41 – Carlsberg Glyptotek Copenhagen – foto credit Carole Addato, Cuirassed bust of Caligula, found in Rome, AD 37-41, Ny Carlsberg Glyptotek, Copenhagen (13192017765).jpg – Wikimedia Commons

Va osservato che il primo successo personale del nuovo principe in politica estera non derivò da una sua azione ma dal solo prestigio del suo nome. Nella primavera del 37, infatti, Artabano, re dei Parti, amico dei Romani dall’epoca della missione di Germanico e poi divenuto ostile per disprezzo della politica troppo debole di Tiberio [28], accettò di incontrarsi con Lucio Vitellio, legato pro praetore in Siria, e sollecitò l’amicizia di Gaio, inviando a Roma il proprio figlio Dario come ostaggio [29].

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L’impero romano ai tempi di Gaio “Caligola” in rosso Roma e le sue Provincie, in viola Tracia e Commagene che Gaio assegnò ai sovrani clienti – in giallo gli stati clienti, in blu gli stati indipendenti, in rosa i territori sotto il regno della Mauritania – autore Homoatrox – Opera propria, basata su (CC-BY-SA-3.0) https://it.wikipedia.org/wiki/.Calig2en.png

Questo importante risultato, che presenta qualche vaga analogia con la restituzione delle insegne di Crasso da parte del re Fraate [30], inorgoglì certamente Gaio e potrebbe averlo invogliato ad avvalersi prioritariamente della dissuasione per la risoluzione dei contenziosi esterni. Naturalmente non è possibile individuare con certezza quali possano essere state le logiche seguite dal giovane imperatore, visto ch’egli non ha evidentemente goduto di una buona “stampa” [31]. In effetti la maggior parte delle sue azioni risultano occultate da una disinformazione che privilegia gli aspetti marginali, deformandoli in modo caricaturale e malevolo [32]. La nostra ricostruzione storica dovrà pertanto basarsi solo sui pochi elementi attendibili, sfrondandoli da preconcetti [33] e luoghi comuni [34].

Fine  II parte – continua

Domenico Carro

estratto da GAIO E LE NAVI (romaeterna.org)

 

Note
[19] Imbarcati probabilmente su di una quinquereme della flotta Ravennate con la scorta di alcune altre poliremi, essi sostarono in Dalmazia, a Nicopoli Aziaca (ove visitarono l’imponente monumento rostrato eretto da Augusto per celebrare la vittoria navale di Azio, e poi anche gli accampamenti di Antonio), ad Atene, nelle isole di Eubea e Lesbo (dove Agrippina partorì l’ultima sua figlia, Giulia Livilla), a Bisanzio; entrarono nel Mar di Marmara e nel Mar Nero, poi tornarono in Egeo ove sostarono ad Ilio, Colofone e Rodi, dirigendosi infine verso la Siria (Tac. ann. 2, 53-55).

[20] Suet. Tib. 52; Tac. ann. 2, 50-61. La crociera di Germanico si svolse risalendo il Nilo dalla foce Canopica ed effettuando soste per visitare le piramidi, il lago di Meride nella regione del Faiyum, le rovine di Tebe, la statua colossale di Memnone, l’isola di Elefantina ed infine la città di Siene, odierna Assuan.

[21] L’entusiasmo di Germanico per l’Egitto non va necessariamente attribuito ad una sua presunta ammirazione per Antonio (che aveva peraltro ripudiato Ottavia ed i relativi figli, fra cui Antonia, madre dello stesso Germanico). In realtà tutti i Romani avevano sempre subito il fascino dell’antica civiltà egizia: analoghi viaggi erano stati compiuti, in precedenza, da Scipione Emiliano, Lucio Lucullo e Giulio Cesare.

[22] Tac. ann. 2, 75 e 3, 1-4. L’arrivo a Brindisi delle navi da guerra con Agrippina ed i figli Gaio e Giulia Livilla avvenne nel gennaio del 20 d.C.

[23] Questo gruppo di persone dovrebbe aver incluso: Claudio (zio di Gaio e futuro imperatore), Decimo Valerio Asiatico (futuro console e ricco proprietario degli orti Luculliani), Lucio Vitellio (futuro console e governatore di Siria) ed il figlio Aulo Vitellio (futuro imperatore), Giulio Alessandro (prossimo alabarca di Alessandria; fratello di Filone alessandrino), Marco Giulio Agrippa (nipote di Erode il Grande e futuro re di Giudea), Tolomeo re di Mauretania (figlio Cleopatra Selene, prozia di Gaio) e i tre figli del re di Tracia e Antonia Trifena (lontana cugina di Gaio): Roemetalce (futuro re della Tracia orientale), Coti (futuro re dell’Armenia minore) e Polemone (futuro re del Ponto).

[24] L’isola di Capri era ovviamente protetta dalla flotta Misenense, che vi doveva mantenere permanentemente qualche nave, per le esigenze locali dell’imperatore (ad esempio: Cass. Dio 58, 13 e Suet. Tib. 62) e per i collegamenti con la terraferma, inclusi i rari movimenti dello stesso Tiberio (Tac. ann. 6, 1; Suet. Tib. 72; Cass. Dio 58, 24; Ios. ant. Iud. 18, 6, 6). Altre imbarcazioni dovevano essere sempre disponibili nel porticciolo attiguo al “Palazzo a mare” (Palatium) di Augusto (Maiuri 1938, 121).

[25] Parlando degli studi capresi di Gaio, Flavio Giuseppe non usa mezzi termini: “si sentì nella costrizione di dedicarsi agli studi per la singolare eccellenza che, in questi, aveva lo zio; Gaio lo seguì nell’attaccamento a una così nobile ricerca cedendo alle esortazioni di colui che era suo parente e suo capo supremo. Così divenne il migliore tra i cittadini suoi coetanei” (Ios. ant. Iud. 19, 2, 5).

[26] Suet. Cal. 15; Cass. Dio 59, 3, 5. La bireme, sulla cui poppa sventolava il vessillo purpureo, insegna dell’imperatore, era la nave da guerra più piccola della flotta e la meno adatta alla navigazione nel mare agitato. Per il trasporto dei personaggi di alto rango venivano normalmente usate le unità maggiori (perlomeno del tipo quinquereme). La scelta di un’unità sottile si rese però necessaria per poter entrare nel porto di Ventotene, particolarmente angusto e di difficile accesso in presenza di risacca.

[27] Svet. Cal. 23. Questa navigazione dovrebbe essere avvenuta diversi mesi dopo quella alle isole pontine, e più precisamente dopo la malattia di Gaio, poiché proprio tale malattia fu l’occasione del complotto in cui venne forse coinvolto Silano, oltre a Tiberio Gemello.

[28] Ostilità iniziate nel 35 d.C.: Suet. Tib. 66; Tac. ann. 6, 31-37 e 41-44.

[29] Svet. Cal. 14 e Vit. 2; Ios. ant. Iud. 18, 4, 4-5; Cass. Dio 58, 26 e 59, 27.

[30] R.Gest.div.Aug. 29. Poiché la scena di questo evento è rappresentata in bassorilievo sulla corazza della statua di Augusto che era custodita della villa di Livia ad gallinas albas, è probabile che Gaio abbia avuto occasione di osservarla con attenzione negli anni in cui fu ospitato dall’Augusta bisnonna.

[31] La fonti storiche principali per la vita di Gaio sono Svetonio e Cassio Dione: “là dove Tacito dà alcune notizie come dei « si dice » Svetonio e Dione le riferiscono come sicure e trascurano le versioni discrepanti” (Momigliano 1975b, 830)

[32] Ad esempio, per la spedizione di Gaio in Germania, “le fonti (Svet. 43-45; Dione, LIX, 22-23) hanno ridotto tutto a tale commedia che è ormai impossibile ricostruirne l’andamento militare e obiettivi” (Momigliano 1992, 212).

[33] Uno dei preconcetti che ingenerano le maggiori perplessità sulla salute mentale di Gaio consiste nell’attribuire ad una psicopatica megalomania la sua volontà di rinvigorire il culto dell’imperatore (o del genio dell’imperatore). Eppure questo culto è nato sotto il principato di Augusto, con sfumature diverse nelle varie aree dell’impero, ma con riti sostanzialmente simili a quelli voluti da Gaio e dai suoi successori, fino all’affermazione del cristianesimo (La Rocca 2011, 181 e 193-194).

[34] Il più trito dei luoghi comuni è quello relativo al cavallo Incitato, oggetto di esagerate attenzioni da parte di Gaio, che lo avrebbe perfino nominato console o senatore. A questo proposito un pamphlet intitolato “Il Cavallo di Caligola” raffronta la benevolenza del principe con le cure maniacali assicurate agli odierni cavalli da corsa e nega, ovviamente, la predetta nomina (Guarino 2009, 16-18).

 

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