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Ossigeno in immersione di Giorgio Caramanna

tempo di lettura: 4 minuti

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livello medio
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ARGOMENTO: SUBACQUEA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: ossigeno

 

Il nostro corpo si è abituato, attraverso milioni di anni d’evoluzione, a funzionare immerso in un’ atmosfera composta essenzialmente da due gas: ossigeno, 21% ed azoto, 78% (il restante 1% è costituito da argon, anidride carbonica e tracce di altri gas). Come abbiamo appreso nei corso di base l’ossigeno è fondamentale per il metabolismo, essendo usato come “comburente” per le reazioni di ossidazione necessarie alla produzione di energia. Nel proseguo di questo articolo più che la percentuale di ossigeno ci interesserà la sua pressione parziale come espressa dalla legge di Dalton “se due o più gas non reattivi tra di loro vengono mescolati in un contenitore chiuso ogni componente della miscela si comporta come se fosse l’unico presente esercitando una pressione detta pressione parziale”. Nel caso dell’ossigeno atmosferico questo si traduce in una PO2 di 0.21 ata (atmosfere assolute) al livello del mare. Quando ci immergiamo la pressione ambiente aumenta proporzionalmente con la profondità e allo stesso modo aumentano le pressioni parziali dei gas che respiriamo attraverso il nostro sistema scuba.

Tossicità dell’ossigeno
Respirare ossigeno sotto pressione può causare effetti fisiologici negativi comunemente descritti come “tossicità da ossigeno” che si esprimono in maniera diversa ovvero a livello centrale e polmonare.

Tali effetti si possono dividere in due categorie:

  • effetto “Bert”: chiamato così in onore del fisiologo Francese Paul Bert che nel 1878 osservò l’insorgere di convulsioni in colombe che respiravano aria ad alta pressione ambientale ( 15 – 20 ata). Questo tipo di tossicità da ossigeno impatta il sistema nervoso centrale (CNS) causando convulsioni di tipo tonico-clonico simili a quelle di una crisi epilettica.
  • effetto Smith: in questo caso la tossicità dell’ossigeno agisce sui polmoni causando infiammazione. Il fenomeno fu scoperto nel 1899 da J. Lorain Smith che, mentre studiava l’effetto Bert sui ratti, notò lo svilupparsi di polmonite fatale dopo quattro giorni di esposizione a PO273 ata, con primi sintomi osservati dopo 10 ore di esposizione.


Tossicità al sistema nervoso centrale
I segni premonitori della tossicità al CNS sono variabili ed includono sensazione di formicolio, contrazioni muscolari, alterazione della visione e dell’udito. In diversi casi però tali sintomi possono essere assenti e la fase convulsiva si manifesta in modo improvviso.

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Il problema principale per il subacqueo è che durante le convulsioni è frequente una tendenza a trattenere il respiro con potenziali problemi di sovra-distensione polmonare se questo avviene in fase di risalita. Inoltre il secondo stadio potrebbe venire involontariamente espulso dalla bocca con conseguente rischio di inalare acqua. Per prevenire questo tipo di tossicità è necessario mantenere la pressione parziale dell’ossigeno entro limiti di sicurezza. La massima PO2 ammissibile è da 1.6 ad 1.8 ata con 1.4 consigliata; una serie di altri fattori possono tuttavia contribuire al manifestarsi degli effetti di tossicità al CNS anche se la PO2 è mantenuta al di sotto di questi valori. In generale fatica, freddo, accumulo di CO2 e ridotti stimoli visivi, come nel caso di immersioni in bassa visibilità, sono associati con una diminuzione della soglia di tolleranza alla tossicità.

Il NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) ha sviluppato delle tabelle che forniscono dei limiti del tempo di esposizione per diverse pressioni parziali di ossigeno. È anche possibile utilizzare quello che viene definito “CNS clock” che fornisce la percentuale di esposizione raggiunta durante l’immersione con 100 % il massimo consentito.

% CNS = tx/tm

tx = tempo effettivo d’esposizione         tm = massimo tempo d’esposizione consentito

I meccanismi fisiologici alla base del manifestarsi della tossicità da ossigeno al sistema nervoso centrale non sono ancora completamente chiariti ma si ritiene che la produzione di radicali liberi conseguente l’esposizione ad alte PO2 interferisca con il metabolismo cellulare incluse le funzioni neurologiche.

Tossicità polmonare
Respirare ossigeno a pressione parziale superiore a 0.5 ata può causare infiammazione polmonare con riduzione nella capacità vitale (il massimo volume ventilato durante un ciclo respiratorio). Una riduzione del 2% è generalmente accettata durante le immersioni ed un 10% è consentito durante trattamenti in camera iperbarica. La riduzione nella capacità vitale è reversibile una volta tornati a condizioni normobariche (PO2 0.21 ata); ad esempio un 30% di riduzione è in generale recuperato in una o due settimane.  La relazione tra riduzione in capacità vitale, tempo di esposizione e valore della PO2 è espressa dalla seguente formula:

% DCV = -0.011 * (PO2 – 0.5) * tx

PO2  = pressione parziale di ossigeno in ata    tx = tempo di esposizione in minuti

Un metodo equivalente per calcolare la tossicità polmonare è di ricorrere alle “unità di tossicità polmonare” (UPDT) dove una unità è data dalla tossicità equivalente a respirare 100% ossigeno ad 1 ata per 1 minuto.

In generale, per avere problemi di tossicità polmonare l’esposizione ad ossigeno iperbarico deve essere prolungata per diverse ore. Per questo motivo i tempi di immersione di un subacqueo che usa un sistema a circuito aperto non richiedono particolare attenzione per questo tipo di tossicità. La tossicità polmonare deve essere considerata nel caso di immersioni tecniche che presentano lunghe soste decompressive e l’uso di miscele con alti valori di PO2. Si è osservato che interrompere la respirazione di gas ad alta PO2, ad esempio con intervalli in aria durante la decompressione, limita la tossicità dell’ossigeno.

In sintesi, conoscere la massima profondità operativa della miscela utilizzata (affinché la PO2 rimanga entro i limiti previsti) e limitare i tempi di esposizioni ad elevate pressioni parziali di ossigeno sono due punti fondamentali nella gestione del rischio della tossicità dell’ossigeno durante le nostre immersioni.
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Giorgio Caramanna
geologo marino e ricercatore scientifico subacqueo
Geo Aqua Consulting
Barnstable/Yarmouth, Massachusetts Area
www.geoaquaconsulting.com

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