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livello elementare
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ARGOMENTO: OCEANOGRAFIA
PERIODO: XX SECOLO
AREA: MAR MEDITERRANEO – ISOLE EOLIE
parole chiave: Panarea, vulcanesimo
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Esistono luoghi dove la natura ha creato situazioni uniche che possono essere utilizzate come dei veri e propri “laboratori naturali” per studiare, su scala ridotta, fenomeni che possono avere impatto a livello globale.
Uno di questi fenomeni è quello della cosiddetta “acidificazione dei mari”. Tecnicamente si tratta di una riduzione nella basicità del mare visto che comunque il pH rimane sempre superiore a 7, valore che discrimina tra basico ed acido (pH > 7 basico, pH < 7 acido). Il continuo aumento della concentrazione della CO2 nell’atmosfera, prevalentemente causato dalle emissioni antropogeniche, causa un parallelo aumento di quella disciolta in mare che origina acido carbonico riducendo il pH. Questa riduzione del pH delle acque oceaniche ha un forte impatto negativo sull’ecosistema mettendo a repentaglio la stessa esistenza di tutti quelli organismi marini che necessitano di gusci e strutture calcaree. In pratica, la diminuzione del pH rende sempre più difficile per questi organismi fissare il carbonato di calcio necessario per la costruzione dei loro scheletri.
Cercare di prevedere le conseguenze della continua riduzione del pH dei mari non è facile, modelli matematici possono aiutare ma gli scienziati hanno bisogno di dati sperimentali per validarne gli algoritmi. Fortunatamente esistono dei luoghi dove, per cause del tutto naturali, la concentrazione di CO2 nell’acqua è molto elevata causando un forte riduzione del pH. In queste aree la CO2 è emessa dal fondale attraverso una serie di fratture nella roccia. L’origine del gas è quasi sempre vulcanica. Una delle aree che più si prestano ad essere usate come laboratorio naturale è quella a ridosso dell’isola di Panarea, nelle Eolie. Qui emissioni gassose e liquide fuoriescono a modesta profondità creando un ambiente caratterizzato da forti riduzioni del pH (in alcuni casi i fluidi emessi sono molto acidi con pH attorno a 3 ed abbondante presenza di CO2 sia disciolta nell’acqua che come cortine di bolle.
Le emissioni di Panarea sono il risultato del continuo degassamento di un sistema magmatico profondo, probabilmente lo stesso che alimenta il vicino vulcano di Stromboli. In diverse occasioni infatti l’aumento dell’attività vulcanica è coinciso con un aumento nelle emissioni gassose. Una volta che la pressione interna dei fluidi raggiunge il limite di resistenza delle rocce sovrastanti si originano delle fratture dalle quali il gas inizia ad uscire. Il movimento del gas crea inoltre una fenomeno di trasporto dei liquidi presenti in profondità che risalgono trascinati dal gas originando una serie di sorgenti acide e mineralizzate sui fondali. Le emissioni durano finché la pressione del sistema si riduce e quindi terminano; il sistema entra in una fase di “ricarica” e le emissioni ricominciano con un ciclo che dura da millenni come testimoniato dagli scritti dello storico greco, di età Romana, Strabone (60 a.C – 21-24 d.C in figura 3) che citò acque che bollivano nella zona di Panarea.
Nel 1865 anche il Mercalli cita un’emissione gassosa nella zona in concomitanza con una ripresa dell’attività vulcanica di Stromboli. Un particolare interessante è che i depositi minerali lasciati dalle emissioni sono in parte allineati lungo linee di frattura del fondo creando delle particolari forme geometriche che ricordano muri perimetrali. Per questo motivo si è spesso ritenuto che opere edili romane, ormai sommerse, fossero presenti nella zona. Uno studio più dettagliato, effettuato nei primi anni duemila, ha escluso questa ipotesi confermando l’origine naturale delle formazioni.
La profondità modesta, da pochi metri ad un massimo di circa 25, la vicinanza alla costa ( meno di un miglio da Panarea), e la buona visibilità fanno si che la situazione sia molto favorevole per i ricercatori che possono agevolmente prelevare campioni, depositare strumenti e sensori per il monitoraggio delle emissioni e validare modelli e teorie. Negli ultimi quindici anni le emissioni di Panarea sono divenute un importante punto di riferimento per lo studio dei fenomeni di acidificazione del mare e per lo sviluppo di metodologie di studio ed analisi dei fluidi geotermici emessi dai fondali.
Immergersi tra i gas vulcanici comunque ha un certo livello di rischio da non trascurare. La presenza di elementi potenzialmente tossici, come alcuni composti dello zolfo, nei gas emessi richiede particolare accortezza nell’immediata vicinanza delle emissioni. Per esposizioni prolungate è consigliabile usare delle maschere “gran-facciale” che proteggono in modo più adeguato e completo le vie respiratorie degli operatori subacquei. Il contatto con acque acide incrementa il livello di corrosione con potenziale invecchiamento precoce delle attrezzature subacquee utilizzate.
Le emissioni gassose più intense inoltre originano dei vortici che possono rendere difficile per un subacqueo mantenere un corretto assetto durante l’immersione. Le colonne di gas riducono sensibilmente la densità dell’acqua in cui risalgono rendendo impossibile l’uso di palloni da sollevamento per la movimentazione di strumenti subacquei pesanti. La spinta di Archimede infatti è neutralizzata dal fatto che la differenza di densità tra l’aria che riempie i palloni e la miscela acqua-gas circostante è minimizzata.
In sintesi, immersioni in un ambiente decisamente particolare che richiede preparazione e competenze specifiche. Le informazioni raccolte sono di primaria importanza per lo studio dei fenomeni di acidificazione del mare e per lo sviluppo di nuove metodologie di studio ed analisi dei fluidi geotermici emessi dal fondo dei mari in zone con presenza di fenomeni vulcanici.
Giorgio Caramanna
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geologo (PhD) ed oceanografo, ha fondato la società di consulenza GeoAqua nel 2015 anche al fine di condividere la sua esperienza di ricercatore e subacqueo scientifico, sensibilizzando l’opinione pubblica sui principali problemi ambientali. In possesso di una notevole esperienza in idrogeologia e geochimica ed oltre quindici anni di esperienza come subacqueo scientifico in una varietà di ambienti ha condotto diverse attività di ricerca ed è sttao delegato del gruppo europeo di immersioni scientifiche. Ha lavorato come ricercatore presso molte istituzioni internazionali operando in ambienti multidisciplinari con diverse università. È autore di più di cinquanta articoli ed è revisore di riviste internazionali. Attualmente lavora negli Stati Uniti collaborando come consulente al Woods Hole Oceanographic Institution. Nel 2018 ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia Internazionale di Scienze e Tecniche subacquee. Non ultimo è main reporter di OCEAN4FUTURE dagli Stati Uniti
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