livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: GUERRA IN MARE
parole chiave: seconda guerra mondiale, RN, Pearl Harbour

l’attacco a Pearl Harbour
La crisi
Nel dicembre del 1941 tutta questa complessa pianificazione crollò come un castello di carte. L’attacco a Pearl Harbour il 7 dicembre, la distruzione della forza Z il 10 dicembre, la distruzione su mine italiane della forza K al largo di Tripoli (un incrociatore e un cacciatorpediniere perduti, e due incrociatori danneggiati), e l’immobilizzazione del HMS Queen Elizabeth e HMS Valiant il 19 dicembre imposero la cancellazione dei piani navali offensivi nel Mediterraneo e ridussero al minimo la possibilità di contrasto ai convogli italiani. Di fatto quel periodo fu uno dei migliori di tutta la guerra per le forze dell’Asse, permettendo a Rommel non solo di contrastare efficacemente l’operazione CRUSADER ma anche di mettersi in condizione di contrattaccare nel giugno successivo.
Il 1942 per gli alleati fu un anno durissimo: la Royal Navy perse due portaerei (l’HMS Hermes e l’HMS Eagle) e l’HMS Indomitable subì seri danni. La Royal Navy, a seguito delle perdite subite nel 1941 e della batosta che la flotta Giapponese inflisse alla flotta orientale britannica nell’aprile del 1942, era in forte difficoltà e con le sette navi da battaglia e tre portaerei disponibili in patria (HMS Malaya, HMS Renown, HMS Rodney, HMS King George V, HMS Duke of York, HMS Anson, HMS Howe, HMS Eagle, HMS Argus e HMS Victorius) non era più in grado di coprire i convogli atlantici e quelli artici e a mantenere abbastanza unità per contrastare le possibili azioni delle unità di superficie tedesche.

Rear Admiral Robert C. Giffen, USN (a sinistra), Commandante della Task Force 39, in visita a bordo del HMS Duke of York, probabilmente a Scapa Flow – 22 aprile 1942. Sullo sfondo a destra la USS Wasp (CV-7). Photo credit Official U.S. Navy Photograph
La US Navy fu quindi costretta nel marzo 42 a inviare a Scapa Flow la TF 39 (composta dalla nuovissima nave da battaglia USS Washington, la portaerei di squadra USS Wasp, due incrociatori pesanti e da sei caccia torpedinieri moderni) ed a mantenere in atlantico tre vecchie corazzate e la USS Ranger.

HMS King George V
Anche in seguito, fino a tutto il 1944, mantenne sempre almeno due navi da battaglia veloci e la USS Ranger in Atlantico. Questo mentre nell’oceano Pacifico disponeva al massimo di 3-4 portaerei contemporaneamente operative, assieme a 1/2 navi da battaglia moderne, contro le dieci navi da battaglie e altrettanti portaerei giapponesi.
Una forza nipponica che entro il 1942 fu incrementata dalle due Yamato e da due portaerei di squadra (una leggera e tre di scorta) al punto che, alla fine del 1941, sopravvivevano solo l’USS Saratoga, l’USS Enterprise (quest’ultima in cantiere pesantemente danneggiata) e la l’USS Ranger in Atlantico. Gli Statunitensi poterono immettere in servizio quattro navi da battaglia South Dakota di cui due furono dislocate in Atlantico.
La reazione post Pearl Harbour fu di accelerare i lavori su di esse anche rallentando quelli sulle portaerei l’USS Wasp, e solo dopo il loro completamento la priorità passò alle portaerei. Nel gennaio del 1943 la HMS Victorius fu assegnata alla flotta del Pacifico fino al luglio quando la situazione cominciò a migliorare con l’arrivo delle prime portaerei delle classi Essex e Indipendence ( rispettivamente 7 e 9 entro il 1943).
Sostanzialmente inattiva, la flotta orientale britannica, nel maggio 1942 ovvero contemporaneamente alle battaglie di mar dei Coralli e Midway, era giunta a schierare accanto alle inutili HMS Revenge, la nave da battaglia HMS Warspite e tre portaerei di squadra (Indomitable, Formidable e Illustrious). Dopo aver abbandonato l’India ed essersi ritirata in Kenia, la RN si limitò a coprire la rotta del Capo e lo sbarco in Madagascar, tenendosi fuori dal raggio d’azione della flotta imperiale.

HMS Warspite
Inazione notevole perché era più o meno la forza con cui contemporaneamente l’US Navy combatteva le battaglie del Mar dei Coralli e di Midway. Probabilmente se avessero compiuto qualche azione di disturbo contro le indie olandesi avrebbero attirato parte della flotta imperiale giapponese in oceano Indiano, alleggerendo la pressione nipponica sull’US Navy.
In Mediterraneo
In questa situazione si comprende perché l’ammiraglio Cunningham, in una lettera al First Sea Lord, l’ammiraglio Dudley Pound, il 28 dicembre, scrisse che il danno alle corazzate in quel momento era un disastro, dato che impediva di agire nel Mediterraneo centrale, vanificando in buona parte la riconquista degli aeroporti cirenaici. Questa nuova realtà fu dimostrata dal fatto che a dicembre arrivarono in Libia 39.092 tonnellate di rifornimenti, pari all’82% del materiale spedito dall’Italia in Africa, e a gennaio 65.570 tonnellate, ovvero quasi il 100 per cento.
La vittoria permise inoltre all’Italia di bloccare le comunicazioni britanniche da Alessandria a Malta. Prima dell’attacco ad Alessandria – dall’agosto 1940 al dicembre 1941 – tutti e trentasette i mercantili partiti dai porti egiziani per Malta erano arrivati a destinazione. Dopo Alessandria e fino all’invasione anglo-americana del Nord Africa francese, quasi un anno dopo, venticinque navi mercantili salparono dall’Egitto per Malta, ma solo otto (ovvero il 32%) arrivarono. Le corazzate italiane rallentarono i convogli britannici a febbraio e marzo, con conseguente aumento delle perdite dovute agli attacchi aerei, e a giugno respinsero il grande convoglio VIGOROUS. La minaccia di un intervento delle corazzate italiane impedì la spedizione dall’Egitto di qualsiasi convoglio tra la fine di marzo e la metà di giugno e da giugno a fine novembre 1942.

Operation VIGOROUS … il convoglio partì da Haifa e Port Said il 12 giugno 1942 verso Malta ma incontrò un forte contrasto da parte delle forze dell’asse per cui rientrò ad Alessandria il 16 giugno. Nella foto i cannoni da 133 mm dell’incrociatore HMS Euryalus sono pronti al fuoco, mentre a prua si nota l’incrociatore HMS Cleopatra che emette una cortina fumogena – photo credit Royal Navy
Mancò un azione eclatante di sfruttamento attivo del successo ma bisognerebbe chiedersi quale avrebbe potuto essere. Gibilterra era fuori dal raggio d’azione delle navi italiane, inviare le corazzate contro Alessandria o il Canale di Suez, allestendo una base nel Golfo di Suda, era teoricamente possibile ma al di la dei rischi e del consumo di nafta è difficile capire con quale costrutto. Un’opzione molto migliore sarebbe stata quella di invadere Malta; in effetti la preparazione iniziò nel febbraio 42 (non appena la situazione fu chiara e l’emergenza dei trasporto passata con attuazione prevista per la fine del luglio 1942) ma in questo caso fu proprio l’Alto Comando tedesco a non voler correre il rischio, e l’invasione fu annullata.
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Gianluca Bertozzi
storico
FONTI
Worthy of better Memory: The Royal Navy and the defence of the Eastern Empire 1935 – 1942 di Andrew Jonathan e Corrie Boyd
The Royal Navy in Eastern Waters: Linchpin of Victory 1935-1942 di Andrew Boyd Strategic Planning for Coalition Warfare, 1941-1942 – Matloff e Snell
The Naval War in the Mediterranean 1940 1943 – Jack Greene e Alessandro Massignani
Almanacco navale della Seconda guerra mondiale (1939-1945) di Giuliano Da Frè

laureato in Giurisrudenza, è un attento e meticoloso studioso di storia navale e aeronautica militare
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