ARGOMENTO: BIOLOGIA
PERIODO: DA 450 MA A ODIERNO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: Echinodermi, asteroidei, crinoidei, echinoidei, ofiuroidei, oloturoidei
Cryptogoleus chapmani, Formazione Verulam, Gamebridge, Ontario, Canada (Ordoviciano) circa 450 milioni di anni … ogni scheletro ha dimensioni di 17 mm
Passeggiando sulle spiagge è facile ritrovare resti di scheletri calcarei appartenenti ai ricci di mare. Questi straordinari animali apparvero sul nostro pianeta milioni di anni fa e, sopravvivendo alle estinzioni di massa, sono arrivati ai nostri giorni. Possiamo dire, senza tanta retorica, che questi curiosi animali vengono da molto lontano. Le prime forme viventi di questi echinodermi si ritrovano copiosamente nei giacimenti fossiliferi di tutto il mondo ed appartengono alla parte superiore del periodo Ordoviciano (circa 450 milioni di anni).
Echinolampas gambierensis risalente al Miocene
Il loro raggruppamento di organismi è sopravvissuto fino ai giorni d’oggi diversificandosi nelle Ere geologiche in molte specie. Sebbene nei fossili si possono a volte intravedere le impronte fossili delle spine di solito sono visibili solo quelle dello scheletro globulare. Alcuni echinoidi (come il Tylocidaris clavigera del Cretaceo) possedevano grandi spine a forma di clava che erano di certo un ottimo deterrente per allontanare i famelici predatori di quei archeomari.
La maggior parte dei echinoidi fossili del Paleozoico sono incompleti, composti da spine isolate e piccoli gruppi di piastre sparse dei resti degli individui schiacciati.
il riccio Tylocidaris clavigera possedeva delle caratteristiche spine a forma di clave. Questo esemplare ha circa 80 milioni di anni (Cretaceo superiore) e fu ritrovato nelle formazioni gessose dell’Inghilterra meridionale – leggete anche
Gli esemplari ritrovati appartengono soprattutto al Devoniano ed al Carbonifero ma ne sono stati ritrovati di più antichi. I calcari del Ordoviciano e del Siluriano ritrovati in Estonia sono famosi per la presenza di questi echinoidi.
esemplare di Miocidaris, Eotiaris verneuiliana, Permiano, UK
Durante la parte superiore del periodo Carbonifero, si verificò un netto calo nella loro diversità e questa tendenza continuò anche nel periodo Permiano. Alla fine del Paleozoico il numero delle specie diminuì, arrivando quasi all’estinzione. Delle sei specie del Permiano rimaste ne sopravvissero solo due nel Triassico: il genere Miocidaris, che ha dato origine alla specie moderna degli Cidaroidae (ricci matita), ed all’antenato degli Euechinoidi. Nel Triassico superiore, il loro numero cominciò ad aumentare nuovamente ed è testimoniato da splendidi fossili. I Cidaroidi attuali non sono molto diversi da quelli che “pascolavano” sui fondi marini del tardo Triassico e sono oggi considerati dei fossili viventi.
Gli Echinodermi
Oggigiorno abbiamo cinque specie di Echinodermi: gli asteroidei, i crinoidei, gli echinoidei, gli ofiuridei e gli oloturoidei.
stella cuscino tropicale, Culcita schmidelia, Oman, oceano Indiano – photo credit andrea mucedola
Agli Asteroidei, appartengono le stelle di mare, caratterizzate da un corpo piatto, da cui partono normalmente cinque braccia, e da una bocca rivolta verso il basso. Questi animali possiedono una simmetria raggiante, data dalla presenza delle piastrelle madreporiche, ed un’apertura dell’apparato acquifero posta in posizione eccentrica. Sebbene la maggior parte delle stelle marine abbia tipicamente cinque braccia, che si diramano da un disco centrale, esistono molte specie che presentano sei o più raggi.
Labidiaster annulatus
Molti gruppi Asteroidei, come le Solasteridae, hanno addirittura tra dieci a quindici braccia, mentre altre specie, come l’antartico Labidiaster annulatus, ne possono avere fino a cinquanta. Detto questo, non è raro osservare in specie, che normalmente hanno cinque raggi, qualche esemplare con quattro o sei, a causa di difetti di sviluppo. A volte la mancanza di un braccio può derivare da un attacco con un predatore. Niente paura … perché una delle caratteristiche più interessanti delle stelle di mare è la loro capacità di rigenerare le parti asportate o amputate del loro corpo. Sono in corso alcuni studi su questa capacità, a noi negata, che potrebbe aprire nuovi orizzonti alla medicina.
crinoide – Sardegna, Mediterraneo, photo credit andrea mucedola
Al gruppo dei Crinoidei appartengono i gigli di mare che sono caratterizzati da diverse forme e colori vivaci. Vivono attaccati alle rocce ed hanno il corpo a forma di calice. Gli Echinoidei, invece, sono ricci di mare caratterizzati dalla presenza di aculei protettivi su tutto il corpo, contenenti un veleno che può creare gonfiore, bruciore ed arrossamento alla pelle (ne sa qualcosa chi lo ha sperimentato). Non ultimi gli Ofiuroidei, ovvero le stelle serpentine, caratterizzate dalla stessa struttura delle stelle marine ma con braccia molto sottili e fragili. Infine gli Oloturoidei, detti comunemente cetrioli di mare. Questi animali hanno un corpo cilindrico e la bocca è circondata da una corona di tentacoli.
oloturia
Non sono una gran bellezza e sono avidamente predati, specialmente nei mari orientali ma anche nel mar Mediterraneo, per presunte e fantasiose proprietà. Le 377 specie di oloturie sono importanti filtratori ed hanno un ruolo fondamentale nel riciclo di sostanze nutritive che possono, a loro volta, alimentare alghe e coralli. La loro depredazione è quindi un pericolo che mette a rischio la biodiversità marina.
Conosciamo ora meglio i ricci di mare
Questi echinodermi sono una classe di invertebrati caratterizzata dalla presenza di uno scheletro formato da placche calcaree spinose.
Il loro nome significa “derma provvisto di spine”. Essi sono dotati di un sistema acquifero con una serie di canali per la circolazione dell’acqua. Questo sistema ha una triplice funzione: ambulatoria, respiratoria e nutritiva. Le spine hanno funzione protettiva contro i predatori. Il loro guscio, come abbiamo accennato, è rotondo e spinoso, ed hanno una dimensione tra i 3 ai 10 cm (da 1,2 a 3,9 in) di diametro. I colori più comuni includono varie tonalità di verde, marrone, viola, blu e rosso, fino al nero. I ricci di mare si muovono lentamente sul fondo e sulle rocce nutrendosi prevalentemente di alghe.
La loro dieta è infatti molto varia; anch’essi sono dei predatori e vanno a caccia di piccoli molluschi e pesciolini non disdegnando le particelle organiche disciolte nell’acqua ed alcune alghe. I ricci sono presenti in oltre 950 specie in tutti gli oceani del mondo e si ritrovano dalla fascia intertidale (ovvero la zona compresa tra la bassa e alta marea) fino a circa a 5.000 metri di profondità.
uova di riccio, unica parte edibile dell’animale. Le loro uova sono una prelibatezza in molte cucine ma la pesca indiscriminata e spesso abusiva sta causando l’estinzione di alcune specie di ricci. Sono in corso studi per poter ottimizzare l’allevamento dei ricci ma la crescita molto lenta dell’animale richiede una regolamentazione rigida della sua pesca. I ricci in natura sono predati da molti animali, come le stelle marine ed i pesci, ma il più pericoloso è senza dubbio l’Uomo.
Attenzione
La loro pesca è regolamentata in applicazione di alcuni aspetti della vigente normativa comunitaria, e le aree di presenza sono sottoposte a fermo biologico in alcuni periodi. La raccolta dei ricci di mare è infatti configurata come una produzione primaria, soggetta pertanto alle disposizioni contenute nel Reg. (CE) n. 852/2004. In particolare, il D.M. 12 gennaio 1995 disciplina la pesca del riccio di mare (Gazzetta Ufficiale 25 gennaio 1995, n. 20) a causa del fatto che questo organismo vivente marino viene sottoposto spesso ad un prelievo indiscriminato. Ad esempio, nella regione Puglia la raccolta è regolamentata con decreto che ne disciplina i tempi e le modalità di raccolta da parte dei pescatori professionali e di quelli sportivi, vietandone la pesca col fermo biologico dal 30 aprile al 30 giugno. Il riccio pescato è il Paracentrotus lividus, erroneamente chiamato riccio femmina, a fronte di un’altra specie, l’Arbacia lixula, caratterizzata da un colore nero e da spine più lunghe (chiamata comunemente riccio maschio). In realtà il termine maschio o femmina non ha significato e parliamo di due specie differenti.
Un altro bell’esemplare di riccio, molto comune nelle praterie di Posidonia oceanica, è il riccio di prateria, ben presente in tutto il Mar Mediterraneo e in Atlantico Orientale.
riccio di prateria, Sphaerechinus granularis – photo credit andrea mucedola
Il suo nome scientifico è Sphaerechinus granularis e presenta un guscio calcareo a simmetria pentaraggiata che può raggiungere dodici centimetri di diametro, con aculei fitti e corti, violacei alla base e con la punta bianca; a volte sono completamente bianchi, bruni o rossicci. Per loro fortuna non sono commestibili.
Tassonomia
Dal punto di vista tassonomico, come abbiamo accennato, i ricci di mare sono membri del phylum Echinodermata. Questi animali hanno una simmetria a cinque assi (chiamato pentamerismo) e si spostano sul fondo e sulle rocce tramite centinaia di minuscoli “piedi ” trasparenti. La loro simmetria non è evidente nell’animale vivo ma è facilmente visibile nei loro scheletri. In particolare, il termine “ricci di mare” si riferisce agli echinoidi di forma regolare, che hanno forme simmetriche e globulari, e comprende diversi gruppi tassonomici differenti, tra cui due sottoclassi: gli Euechinoidea (i comuni ricci di mare) e i Cidaroidea, ricci dotati di spine smussate e di grandi dimensioni come il riccio matita, Heterocentrotus mamillatus.
Heterocentrotus mamillatus, riccio matita
Esistono ricci di mare “irregolari”, una infra-classe all’interno del Euechinoidea, che comprende i super ordini dei Atelostomata e dei Neognathostomata. Fra di essi troviamo gli Echinoidi, ovvero i cosiddetti dollari di sabbia (Dendraster excentricus).
Questi ultimi, insieme ai cetrioli di mare (Holothuridea), costituiscono il subphylum Echinozoa che è caratterizzato da animali che possiedono una forma globoidale senza raggi sporgenti. Anche se molti cetrioli di mare presentano delle protuberanze circostanti le loro aperture orali, queste non hanno nessuna relazione con le braccia dei Crinoidi, delle stelle marine e con gli Ophiuroidea, volgarmente chiamati stelle serpentine, ma di loro parleremo un’altra volta.
Andrea Mucedola
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).
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