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Reportage: Il Vesuvio, un gigante dormiente … di Immacolata Moccia

tempo di lettura: 5 minuti

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livello elementare
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ARGOMENTO: REPORTAGE
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: CAMPANIA, ITALIA
parole chiave: Vesuvio, vulcano
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Il Vesuvio ha un’altitudine di ben 1281 metri sul livello del mare e fa parte del Parco Nazionale del Vesuvio, istituito nel 1995,  insieme al Monte Somma che è visibile affianco alla cima del Vesuvio. Il Parco è suddiviso in nove sentieri ed è possibile visitare l’area tutti i giorni. Tante persone pensano che il Vesuvio sia un vulcano inattivo forse perché, a differenza degli altri, non emette emissioni di fumo e la sua bocca è “tappata” dopo l’ultima eruzione avvenuta nel 1944 che fece sgretolare una parte del cono vulcanico. In realtà è ancora considerato uno dei vulcani più attivi e pericolosi in Europa.

Sebbene classificato “dormiente” basta intraprendere il sentiero “Gran Cono”, salire fino alla cima ed osservare il cratere e potrete osservare che in alcune zone vi sono emissioni di gas, le fumarole, che indicano in modo visibile la sua attività. È possibile notare anche le diverse colorazioni che contraddistinguono i minerali di cui è ricco. I geologi ne hanno rilevato circa duecento tipi.

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Il Vesuvio, foto 2007 – Fonte e autore Pastorius Vesuvius from plane.jpg – Wikimedia Commons

Il paesaggio che oggi osserviamo è il risultato di grandi sconvolgimenti geologici che interessarono la Piana Campana alcuni milioni di anni fa. Tra gli effetti di questi eventi geologici c’è la nascita del Vesuvio che si fa risalire a circa 400.000 anni fa, nel tardo Pleistocene (Quaternario). La posizione geografica del Vesuvio, le terre fertili arricchite dai minerali contenuti nelle lave favorirono la colonizzazione di quest’area Greci e poi i Romani stabilirono le prime colonie alle falde del Vesuvio.

Le eruzioni storiche
In antichità, dopo circa otto secoli di relativa quiete, avvenne una terribile eruzione, decisamente la più distruttiva tra quelle note fino ad oggi. Era  la mattina del 24 ottobre del 79 dopo Cristo quando una violenta e spaventosa eruzione distrusse le ricche città di Pompei ed Ercolano, sommergendole di lapilli e ceneri, seminando morte e distruzione tra  i suoi abitanti.

Attenzione: I lettori Massimiliano De Martino e Gaetano Milazzo ci hanno segnalato che l’eruzione di Pompei del 79 d.C., come da recenti studi ed indagini fatte in loco durante gli scavi di ottobre e novembre 2018, portano la data dell’eruzione al 23 o 24 ottobre del 79 D.C., invece che il 23 agosto come si è sempre creduto. Questa scoperta è dovuta al ritrovamento di un’iscrizione, con tanto di data, sul muro di una casa in ristrutturazione, che cita le “idi di ottobre” del 79 d.C.

La città si era ripresa dal violento sisma del 5 febbraio del 62 d.C., stimato pari al V-VI grado della scala Mercalli, e la popolazione aveva avvertito nei giorni precedenti nuove scosse di terremoto, osservando una alta nuvola sopra il vulcano. Un forte boato, causato dalla rottura del tappo di magma solidificato che ostruiva il cratere, diede inizio alla pioggia di ceneri sulla città che, in meno di cinque ore, raggiunsero l’altezza di un metro sfondando i tetti degli edifici. I corpi restarono imprigionati nelle ceneri e offrono oggi immagini di grande pathos sulle ultime ore delle città di Pompei ed Ercolano.

L’eruzione del vulcano Vesuvio produsse una colonna eruttiva alta venti chilometri, sprigionando gas e ceneri che resero il cielo talmente offuscato da creare il buio anche in pieno giorno. La cenere caduta era calda e l’aria diventò irrespirabile. Il cono collassò e dalle pendici scesero colate di lava e fango che nel giro di poche ore sommersero le due città, cambiando anche la morfologia del territorio in quella zona. Nei secoli, questo vulcano fu sempre tenuto d’occhio. 

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è GEOLOGIA-B-VULCANO-VESUVIO-Mount_Vesuvius_a_volcanic_eruption_at_the_foot_of_the_mount_Wellcome_V0025260.jpg

Monte Vesuvio: l’eruzione vulcanica ai piedi della montagna, 1760-1761, che causò la distruzione di molte proprietà –  Acquaforte colorata di Pietro Fabris, 1776 Fonte Iconographic Collections  Creative Commons Attribution 4.0 Mount Vesuvius; a volcanic eruption at the foot of the mount Wellcome V0025260.jpg – Wikimedia Commons

Numerose eruzioni si verificarono tra il 1631 e il 1944; ne sono state conteggiate ben quarantanove secondo le ricostruzioni storiche e letterarie effettuate dall’osservatorio vesuviano.

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L’eruzione vulcanica del Vesuvio nel marzo del 1944. In primo piano il paese di San Sebastiano al Vesuvio. La colata lavica (in primo piano a sinistra) attraversò il villaggio il giorno prima dello scatto di questa foto. autore della foto Melvin C. Shaffer (US ARMY) http://exhibits.hsl.virginia.edu/8thevacuation/shaffer/ foto di Dominio Pubblico Volcanic Eruption of Mount Vesuvius in March 1944 A.jpg – Wikimedia Commons

La domanda che tutti si pongono è quando ci sarà la prossima eruzione.
I timori sono tanti considerando l’area vesuviana che conta un’importante numero di abitanti. I vulcanologi dell’Osservatorio vesuviano pensano che i segni premonitori di un futuro risveglio saranno forti scosse di terremoto intorno ai paesi limitrofi in quanto una grande camera magmatica è valutata presente sotto al Vesuvio con una estensione di dieci chilometri  per circa quattrocento chilometri quadrati di magma.

Osservatorio vesuviano
L’osservatorio Vesuviano è un’istituzione pubblica che ha sede a Napoli e si occupa di monitorare le aree soggette ad attività vulcanica attiva sia in Campania (Vesuvio, Campi Flegrei e Ischia) sia in Sicilia (il Vulcano di Stromboli) collaborando con le sezioni di Palermo e Catania.

L’osservatorio nacque nel periodo borbonico e la costruzione della sua sede fu inaugurata nel 1845. Grazie alla strumentazione modernissima il  personale  monitora il vulcano 24 ore su 24; i vulcanologi possono quindi prevedere le future eruzioni fino a 15 giorni di anticipo. Vengono effettuate periodiche campagne per la misurazione di parametri geofisici e geochimici, registrando le continue oscillazioni del suolo per quantificare l’attività eruttiva in base ai parametri rilevati. L’osservatorio collabora attivamente anche con la Protezione Civile per i piani di emergenza dell’area di Napoli. Tanti fisici si sono susseguiti nel monitorare e progettare gli strumenti per questo scopo; il primo fu Macedonio Melloni che dopo pochi anni lasciò il posto a Luigi Palmieri che elaborò importanti descrizioni sulle eruzioni avvenute tra il 1855 e il 1872. In seguito,  il geologo Raffaele Vittorio Matteucci seguì l’eruzione del 1906, seguito da Giuseppe Mercalli, l’ideatore della scala omonima,  che dedicò la propria vita alla ricerca su vulcanologia e sismologia, osservando i maggiori terremoti ed eruzioni. Infine Giuseppe Imbò, che diede il suo contributo potenziando la struttura dell’osservatorio con apparecchiature geofisiche di grande rilievo. Imbò riteneva che il tremore vulcanico fosse causato dal degassamento violento del magma sulle pareti del condotto, ipotesi che è confermata tuttora.

Immacolata Moccia

 

articolo per OCEAN4FUTURE 2016

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Immagine in anteprima: il vulcano Vesuvio visto dallo spazio – credit NASA / International Space Station Expedition – Pubblico dominio

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