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  Address: OCEAN4FUTURE

La monetazione fenicio punica

Reading Time: 7 minutes

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livello elementare
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ARGOMENTO: NUMISMATICA ANTICA
PERIODO: V SECOLO AVANTI CRISTO 
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: Fenici, Punici, numismatica
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Introduzione
Il rapporto tra numismatica ed archeologia è dato da molteplici fattori. Il reperto monetale non è solo un elemento datante, ma è una fonte di informazione politico economica nonché storico sociale. Le monete ritrovate durante gli scavi, sia che provengano da tesoretti occasionali, sia da offerte votive presso santuari e templi, o oboli in ambito sepolcrale, al di là del loro valore commerciale, racchiudono in sé una inestimabile quantità di notizie, direttamente o indirettamente desumibili. L’ausilio di nuove tecniche informatiche e chimico-fisiche conferisce una sempre maggiore precisione alle ricerche numismatiche e permette una rapidità e semplicità di comparazione di stili e di caratteristiche fino ad oggi impensabile. Lo scopo di questo studio, ben lungi dal voler essere esaustivo della problematica, è quello di presentare un quadro storico della monetazione fenicia e punica fornendo per alcune città le sedi di zecca e le caratteristiche tipologiche principali.

La monetazione fenicia e punica
La monetazione fenicia ha inizio intorno al V secolo a.C., quasi in concomitanza con quella cartaginese, con più di un secolo di ritardo rispetto a quella greca; a parte la motivazione economica di possedere  un mezzo tangibile di controvalore, da impiegarsi per gli scambi commerciali, lo sviluppo dell’uso della moneta assunse coloriture diverse tra Oriente ed Occidente.

La monetazione fenicia si sviluppa all’interno di un’area dominata dall’impero persiano, mentre quella di Cartagine nasce in una situazione politica autonoma. In Oriente i rapporti con le egemonie locali vengono esaltati, mostrandone, in tempi e luoghi diversi, la mutata influenza; ne sono riprova le rappresentazioni di un personaggio barbato su carro, simboleggiante il potere centrale persiano, riportate sulle monete di Sidone, o le tipologie di tipo egittizzante (il flagellum su civetta o sfinge con doppia corona) sulle monete di Tiro; il flagellum è in genere sul dorso del falco Horo, interessante reinterpretazione dovuta a suggestioni di ambiente ellenico che si innesta su modello egittizzante.

Una caratteristica comune delle monete fenicie è la presenza di motivi legati alle attività marinare quali navi, animali marini e le conchiglie (murex) da cui veniva estratta la porpora, impiegata dai Fenici per la colorazione dei tessuti.

Il desiderio di affermare una propria identità è presente per quasi tutto il periodo della monetazione: le mirabili navi di linea e da guerra, sono il simbolo di un potere marittimo faticosamente conquistato sulle rotte del Mediterraneo e l’inserimento di caratteri alfabetici fenici anche su tipologie estranee, prese a prestito da popoli diversi, a seconda del luogo  e del tempo, mostra un tentativo di affermazione di individualità.

A Cartagine si ha la creazione di una tipologia prettamente punica che caratterizzerà anche la produzione delle altre colonie di Occidente; molto frequenti sono, ad esempio, le iconografie del cavallo e della palma da dattero. I piedi ponderali, ovvero i pesi dei nominali che identificano i vari sistemi monetali, variano sensibilmente non solo tra Oriente ed Occidente ma anche tra le varie colonie di ponente. La flessibilità fenicia, causata anche dalle attività commerciali, comportò l’adozione di vari piedi ponderali: da quello fenicio, legato allo Shekel di 7,5 grammi, al piede euboico-attico, basato sulla dramma di 4,36 grammi, a quello persiano (altrimenti detto micro asiatico) di circa 5,45 grammi. 

In Oriente, si preferì spesso adottare il piede persiano, in alternativa a quello fenicio, per evidenti motivi politico-economici. I metalli impiegati, a seconda dei periodi, furono l’elettro, l’oro, l’argento ed il bronzo; in particolare, il conio di monete in bronzo ha inizio tra il 377 ed il 357 a.C. La rivolta filo-ellenica contro il potere persiano, che coinvolge intorno al 352 varie città fenicie d’Oriente, tra cui Tiro, porta all’adozione del piede attico. Le conseguenze di questo mutamento sono notevoli e portano Tiro ad inserirsi in rapporti commerciali già basati sull’uso di questo piede, ad esempio con la Palestina, l’Egitto e varie città arabe.

A Cartagine, come d’altronde nelle altre colonie d’Occidente, si assiste da un lato ad un allineamento ponderale con le colonie greche della Sicilia, per facilitare gli scambi economici con esse, dall’altro ad un mantenimento del piede fenicio, simboleggiante la volontà di restare vicini alla madrepatria. La tipologia monetale si sviluppa quindi notevolmente, con l’adozione di tipi monetali differenti, che sottolineano ancora una volta la distinzione economica e politica dei mercati propri delle due aree geografiche. Al di fuori dell’influenza persiana, le colonie occidentali sviluppano tipologie diverse da quelle d’Oriente assumendo come polo di riferimento la politica monetaria della potente città di Cartagine; anche qui però vi sono notevoli variazioni: il piede fenicio viene talora sostituito per motivi commerciali e le iconografie subiscono influenze esterne. 

Ad esempio, nelle colonie siciliane viene adottato il piede euboico-attico in modo da allinearsi con le emissioni d’argento di Siracusa, Agrigento, Selinunte e Gela; qui anche le tipologie vengono molto influenzate, con la comparsa di iconografie tipiche della monetazione greca di Sicilia.

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moneta fenicia di Byblos – Adramelek, ca. 380 v. Chr. Doppio schekel (13,26g). retro: nave fenicia con tre guerrieri, al di sotto un ippocampo. Retro: Leone che aggredisce un bufalo
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Nella coniazione delle zecche puniche in Sicilia (Mozia, Palermo e Solunto) compaiono la gorgone, tipica della monetazione imerese, la testa della ninfa Aretusa, siracusana, il cane, di Segesta, e, più tardi, il granchio e l’aquila, di Agrigento. Con l’accresciuto impegno politico – militare di Cartagine in Sicilia aumenta anche la frequenza, nelle monete, di tipologie più propriamente cartaginesi, come la protome equina e la palma, spesso realizzate con vigore e grande sensibilità artistica; l’iconografia di Eracle-Melqart con pelle di leone, affiancata da legende puniche del tipo “gli eletti di Melqart”, farebbero pensare, come emittente, ad un organismo templare cartaginese, legato al culto di Melqart con base in Sicilia (periodo 320-289 a.C.). Il persistere della presenza sul diritto di rappresentazioni tipiche greche dimostra la grande influenza economica e culturale delle città della Magna Grecia nel bacino afro-siculo.


La Sardegna si affaccia sul panorama monetale mediterraneo con emissioni in bronzo caratterizzate da numerali e lettere fenicie. 
Problematica è la definizione del rapporto che intercorreva tra questa monetazione sarda e quella in argento cartaginese. Vale la pena di menzionare la lettera kaf seguita da due trattini riportata su alcuni bronzi sardi, che fu oggetto di molte discussioni sul valore di scambio delle stesse; a tal riguardo sono sorte nel tempo varie teorie. Müller propose di leggere i trattini riportati su alcune monete dopo la lettera punica kaf quali numerali di scambio (kaf + 2 = 12 o 22); partendo da questa teoria si sviluppa la teoria di L. Villaronga, il quale afferma che tale lettera con i due trattini simboleggiassero il numero 22, ovvero la quantità di monete necessarie per raggiungere il valore di una libbra romana (la libbra era il peso italico di riferimento di 272,87 grammi adottato in tutta l’Italia centrale e quindi anche a Roma). 

L.I. Manfredi ipotizza invece che questo simbolo possa rappresentare un rapporto di scambio tra il bronzo sardo e l’argento cartaginese, piuttosto di interpretare un rapporto di scambio tra il peso bronzeo romano e quello punico. G.K. Jenkins ha di recente avanzato l’ipotesi che il significato del numerale sia legato alla lettera kaf, stante per kesef = argento, che, seguita da due trattini, assumerebbe il significato di “due argenti”, nel senso di “due monete” (come valore).

Per le monete sarde, si ritiene che l’autorità emittente fosse sempre la potente Cartagine, che avrebbe permesso ad alcune zecche locali l’esecuzione di conii. A riprova di ciò, si ricordano i cospicui ritrovamenti monetali che, per la cattiva riuscita del primo conio (stesso tipo ma ribattuto sul tondello) presentano ribattiture.

Si pensa che tale fenomeno possa essere legato alla presenza di addetti alla coniazione di disuguale preparazione tecnica, che causarono le notevoli difformità di stile e tecnica che caratterizzano le zecche coloniali sarde. Tale fenomeno non è da confondersi con quello del riconio, presente nell’isola dopo la prima guerra punica; la necessità di pagare i mercenari africani con monete da loro ben riconoscibili, impose la coniazione di monete più simili a quelle cartaginesi, passando dalle tipologie locali a quelle più ricorrenti nella metropoli africana. Le prime serie delle emissioni sarde in bronzo presentano al diritto la testa di Core ed al rovescio la protome equina; il cavallo con palma si ritrova invece nelle suddette monete riconiate.

Nell’ultimo periodo del dominio cartaginese, prevale la produzione di monete con Core al diritto e spighe di grano al rovescio. L’iconografia della spiga rispecchia la posizione della Sardegna nell’ambito dell’impero cartaginese: granaio della stessa Cartagine e quindi come tale, con un ruolo importantissimo per il periodo di crisi economico-politica.

Nel periodo che va dal 238 a.C., data dell’ufficiale abbandono della Sardegna da parte dei cartaginesi, al 215 a.C., data della rivolta di Ampsicora, sono attestate iconografie innovatrici (toro stante, toro con dietro una spiga), che divengono simbolo della volontà di autonomia dei Punici di Sardegna. Si è ormai avviati ad una romanizzazione dell’isola e, dopo la conclusione dell’insurrezione di Ampsicora, che sigla la fine di ogni speranza cartaginese di riconquista, Roma provvede subito alla riconiazione dei bronzi sardi.

In Iberia, la presenza delle ricche miniere fa sì che vi sia una forte coniazione di monete d’argento; il periodo di maggiore produzione è tra il 238 ed il 206 a.C.. Si conoscono tre zecche principali: Cadice (Gades), Ibiza (Ebusus) e Sexi (Sexsi). Oltre queste, alcune coniazioni vengono riportate a zecche occasionali; Cartagena (Cartagonova) è ancora in dubbio come sede di zecca e spesso , in mancanza di riscontri più precisi, si usa il termine di “nazionali” per monete che, oltre che di argento, possono essere d’oro o di bronzo; l’unità di peso è comunque il piede fenicio.

Le principali tipologie presentano al diritto la testa di Core o quella di Eracle-Melqart con pelle leonina, al rovescio il cavallo, con o senza palma, o l’elefante; l’influenza cartaginese è quindi fondamentale. Una maggiore autonomia si ebbe solo a Cadice ed Ibiza dove appaiono iconografie più legate a caratteristiche economiche o religiose locali come il tonno ed il dio Bes.

In sintesi, è importante sottolineare quanto la monetazione fenicio-punica assunse caratteristiche tipologiche diversificate a seconda della vicinanza e dell’influenza di popoli con potere economico-politico o culturale predominante.

Tiziana Forti

estratto dello studio effettuato presso la Facoltà di Lettere –  Corso di Lingue e Letterature Straniere – Università Tor Vergata – 1996

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