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livello elementare.
ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: OCEANO ATLANTICO
parole chiave: Smg Barbarigo, Enzo Grossi
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Proprio nel periodo in cui la nuova strategia di guerra adottata dai sommergibili della Regia Marina nell’Atlantico Occidentale stava dando i maggiori frutti ed i comandanti dei battelli di BETASOM stavano ottenendo in quelle lontane acque i loro maggiori successi, avvennero due episodi che segnarono profondamente il destino futuro di Romolo Polacchini. Mi riferisco a due azioni di guerra molto controverse del regio sommergibile Barbarigo in Atlantico delle quali si parlò e si discusse per moltissimi anni anche nel dopoguerra.
Il caso Grossi
Nel maggio e nell’ottobre del 1942 il capitano di corvetta Enzo Grossi, comandante del regio sommergibile Agostino Barbarigo, comunicò a BETASOM di avere affondato due corazzate americane. La notizia del primo affondamento suscitò giustamente clamore nell’Italia fascista e negli alleati tedeschi, bisognosi entrambi di ottenere grandi successi da dare in pasto alla propaganda ed ai giornali, per risollevare il morale delle Forze Armate e dei rispettivi popoli, di fronte all’andamento non troppo favorevole assunto dalla guerra in corso. La notizia dell’affondamento di due grosse navi da battaglia americane ebbe una vastissima eco internazionale, con scambio di accuse e di smentite da parte degli Stati Maggiori delle Marine delle Nazioni belligeranti.
Mentre l’Italia e la Germania vantarono l’incredibile impresa compiuta dal regio sommergibile Barbarigo e tributarono al Comandante Grossi i massimi onori militari, gli Alleati smentirono categoricamente le due azioni, innescando una serie di polemiche e discussioni che solo due Commissioni d’Inchiesta Speciale (C.I.S.) aperte nel dopoguerra (ovvero quando ormai il Regime fascista era caduto, e insieme ad esso anche la necessità della sua propaganda) riuscirono in seguito definitivamente a chiudere.
Questo grazie ad una lunga e meticolosa ricostruzione dei fatti contestati dagli anglo-americani. Ciononostante le polemiche continuarono ancora per molto tempo, alimentate dalle insistenze dell’ex comandante Grossi, che continuò per diversi anni a millantare le sue “imprese” nelle acque sudamericane e dalla stampa politicamente orientata in suo favore. Ancora oggi, a distanza di ottant’anni, capita di leggere articoli o libri che nonostante tutto tendono a dare credito ai racconti forniti da Enzo Grossi [1]. Cerchiamo di ricostruire quei fatti molto controversi ed i loro retroscena meno noti.
Giugno 1942 – prima azione
Dopo aver segnalato radiotelegraficamente a BETASOM il primo affondamento di una corazzata, il capitano di corvetta Enzo Grossi, tornato a Bordeaux dalla sua missione nelle acque dell’America Meridionale, nel suo rapporto 042/SRP del 16/6/1942 scrisse che alle 02:45 del 20 maggio 1942, il Barbarigo, incrociando in latitudine 04°19′ Sud, longitudine 34°32′ Ovest (a 52 miglia per 239° dall’Isola Rocas, in Brasile), aveva avvistato una corazzata statunitense della Classe “Maryland” o “California” [2] scortata da un numero imprecisato di cacciatorpediniere che navigavano in direzione Sud. L’avvistamento fu fatto dall’ufficiale in 2a che chiamò in plancia il comandante Grossi che, nel suo rapporto, scrisse di essersi reso conto di essere di fronte ad una nave da battaglia nordamericana, facilmente riconoscibile per i due alberi “a cestello” (ossia a traliccio).
Grossi, nel rapporto di missione, descrisse la sua azione dicendo che, dopo aver manovrato per inserirsi all’interno dello schermo difensivo, aveva lanciato da appena 650 metri di distanza due siluri regolati a 4 e a 2 metri di profondità. Riferì che dopo 35 secondi entrambi i siluri andarono a segno perché si sentirono contemporaneamente due esplosioni; dopodiché con il binocolo Grossi vide la corazzata con la prora completamente immersa fino alla plancia, fortemente appruata e sbandata sulla dritta. Dichiarò inoltre che i cacciatorpediniere di scorta, con sua somma meraviglia, non reagirono.
Polacchini, appena ricevuta via radio la notizia dell’affondamento di una nave da battaglia statunitense, chiese immediatamente al Barbarigo una precisa conferma e maggiori particolari dell’azione svolta, nutrendo fin da subito dei dubbi sulla veridicità di quanto affermato dal Comandante Grossi. Però, nonostante ciò, Polacchini, il 21 maggio, ricevuta via radio dal Barbarigo la comunicazione dell’azione al largo della costa brasiliana, essendo i chiarimenti forniti categorici, diede notizia dell’affondamento a MARICOSOM, Roma, suggerendo però l’opportunità che «vengano raccolti tutti i possibili elementi intesi ad accertare effettivo affondamento». In seguito, prima ancora che il Barbarigo rientrasse alla Base, nel rapporto a MARICOSOM n. 290/SRP del 2/6/1942, scrisse testualmente: «L’essere riuscito ad affondare una grossa unità con due soli piccoli siluri deve iscriversi a fortuna».
Nonostante i suggerimenti e l’invito alla prudenza di Polacchini, la notizia dell’impresa del Barbarigo venne diffusa da SUPERMARINA appena due giorni dopo essere stata informata da MARICOSOM, ovvero mentre il sommergibile italiano era ancora in zona di operazioni e prima che fosse possibile svolgere le indagini necessarie per ottenere, possibilmente da fonti estere, la conferma dell’affondamento della nave da battaglia nemica. Di fatto, la notizia diffusa dal bollettino di guerra della Regia Marina fu subito smentita in campo avversario.
D’altra parte i Servizi informativi italiano e tedesco non riuscirono durante la guerra a raccogliere alcun dato di fatto concreto che potesse confermare, sia pure indirettamente il presunto successo del Barbarigo. I dubbi che il Comandante Superiore di BETASOM ebbe fin dall’inizio divennero più seri quando, nelle successive intense comunicazioni radiotelegrafiche fatte per fornire precisazioni e dare maggiori informazioni sull’azione del Barbarigo, il comandante Grossi dichiarò di avere utilizzato per l’affondamento due “silurotti” di poppa calibro 450 mm e non i grandi siluri di prora calibro 533 mm..
Polacchini, esperto sommergibilista, sapeva bene che i cosiddetti “silurotti” potevano essere adatti per affondare una nave mercantile o un’unità leggera, ma che difficilmente avrebbero procurato danni mortali a una grossa nave da battaglia [3]. Ad ogni modo il Governo, bisognoso per motivi politici dell’annuncio di “grandi vittorie”, prese come certa la notizia dell’affondamento di una nave da battaglia americana e precipitò le sue decisioni dandone l’annuncio – come detto sopra – con il Bollettino di guerra straordinario n.721 del 22 maggio 1942 e comunicando contestualmente al Comandante Grossi la sua promozione a Capitano di Fregata per meriti di guerra. Dopo la diffusione del bollettino di guerra ufficiale Polacchini, come da prassi, inoltrò a SUPERMARINA la sua proposta di concessione della Medaglia d’Oro al Valor Militare al comandante Grossi (lo fece in ottemperanza a quanto previsto dalla circolare del Ministero della Marina che stabiliva tale ricompensa per l’affondamento di una corazzata o di una nave portaerei).
Naturalmente, per la sua azione, Grossi fu decorato dall’Italia con la Medaglia d’Oro al Valor Militare e da parte tedesca con la Croce di Ferro di Ia classe. Anche nel dopoguerra continuò un’accesa polemica su quest’azione di guerra, e da parte degli anglo-americani, che ormai non avevano più motivo di negare un loro insuccesso, continuarono giungere smentite sul successo vantato da Enzo Grossi. Non solo negarono fermamente di aver perduto una corazzata, ma sostennero che nessuna altra nave da guerra o mercantile era stata affondata, danneggiata o attaccata nella zona di Cabo de São Roque (Capo San Rocco, nel Brasile settentrionale) nella notte del 20 maggio 1942. Inoltre, fecero sapere che al momento degli eventi nessuna corazzata anglo-americana era dislocata nel Sud Atlantico, mentre tutte le navi da battaglia della Classe “Maryland” o “California” si trovavano concentrate nella zona di San Francisco.
Fine prima parte – continua
Marcello Polacchini
se non diversamente citati, immagini e documenti Ufficio storico della marina militare italiana
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[1] Enzo Grossi, in aperta polemica con la ricostruzione dei fatti e le conclusioni della prima Commissione d’inchiesta nominata dalla Marina Militare italiana nel 1952 al fine di appurare la verità in merito al preteso affondamento delle corazzate americane, nel 1955 scrisse una lettera al Capo dello Stato, affermando tra l’altro: «Tutti sanno, che in entrambe le occasioni, attaccai, silurai e affondai in superficie, ciò significa che oltre a me, almeno altre sei persone videro i siluri colpire i bersagli e udirono gli scoppi che ne seguirono. Vi concedo l’allucinazione collettiva, ma gli scoppi furono sentiti anche dall’interno dello scafo.». L’affermazione, in essa contenuta, che “Il capo dello Stato annulla i decreti reali senza una reale motivazione. All’anima della democrazia!” gli costò una condanna in contumacia a 5 mesi e 10 giorni di reclusione.
[2] Le corazzate statunitensi delle Classi “Maryland” e “California” non differiscono nella sagoma ma soltanto nel calibro delle artiglierie principali, 406 mm le prime e 356 mm le seconde.
[3] I siluri in servizio nella Regia Marina italiana durante la Seconda Guerra Mondiale erano, come quelli della maggior parte delle altre Marine, di due calibri: 533,4 mm (21 pollici) e 450 mm (17,7 pollici). Questi ultimi, chiamati in gergo “silurotti”, erano di un tipo speciale ridotto ed erano lunghi 3,20 m con un peso della carica di 150 kg. I siluri da 533 mm avevano una gittata di 4.000 metri a 50 nodi per i sommergibili e 10.000 metri a 40 nodi per gli incrociatori e i cacciatorpediniere; quelli da 450 mm invece arrivavano a 4.000 metri a 42 nodi per i sommergibili e i Mas e 7.000 metri a 35 nodi per le torpediniere.
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veneziano, classe ’52, ha ereditato la grande passione per il mare dal padre e dal nonno, entrambi Ammiragli della Marina Militare. Laureato in Giurisprudenza, ex dirigente d’azienda, in seguito libero professionista, ha abbandonato definitivamente l’attività lavorativa nel 2014 per dedicarsi esclusivamente alle sue grandi passioni: scrivere, leggere, viaggiare e immergersi. Per oltre vent’anni ha navigato in barca a vela, regatando anche come professionista in tutto il Mediterraneo. Abbandonata la vela agonistica, dalla metà degli anni ’90, dopo aver conseguito i necessari brevetti, si è dedicato all’immersione subacquea affiancando alla sua attività professionale quella d’istruttore e guida subacquea. Avendo alle spalle centinaia di immersioni, dal 2007 ha abbracciato la cosiddetta “subacquea tecnica”, immergendosi con miscele ternarie e con il rebreather a circuito chiuso e potendo così ampliare gli orizzonti delle sue esplorazioni. Per divulgare la sua passione per il mare dal 2004 gestisce il sito “marpola.it, interamente dedicato alla subacquea e ha scritto diversi articoli, racconti e libri in materia (“Da solo nel relitto”, Magenes Ed. 2009, “Ovunque c’è acqua”, Magenes Ed. 2011, “Il Ritorno”, E-book 2013).
Non conoscevo l’episodio e lo trovo istruttivo e interessante- grazie
Nei prossimi due articoli sull’argomento Marcello Polacchini scenderà nei particolari di questo controverso caso