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Caligola e le operazioni romane verso la Britannia – parte IV

tempo di lettura: 11 minuti

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livello elementare

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ARGOMENTO: STORIA NAVALE ROMANA
PERIODO: I SECOLO 
AREA: DIDATTICA
parole chiave: Caligola

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Avendo felicemente avviato le attività che riteneva necessarie in Germania, Gaio si portò sulla costa settentrionale gallica per dedicarsi a quella che potremmo ora chiamare la “crisi britannica”. I rapporti di Roma con i Britanni non erano infatti riducibili alle semplicistiche alternative: guerra o pace, conquista o rinuncia, dominazione o estraneità. Fin dal duplice sbarco navale di Giulio Cesare in Britannia, infatti, i re locali avevano consegnato ostaggi [71], impegnandosi al versamento di tributi annui ed aprendosi, di conseguenza, ai traffici commerciali con il mondo romano. L’avvento di Augusto aveva poi favorito il consolidamento delle relazioni con i sovrani dell’isola [72] – anche grazie ai reiterati preparativi bellici da parte romana [73] – sebbene perdurasse localmente qualche spinta isolazionistica contraria al partito filo-romano [74]. In ogni caso, durante il principato di Augusto buona parte della Britannia poteva esser considerata a disposizione dei Romani, tanto da far valutare che l’eventuale invio di forze militari sarebbe equivalso ad un inutile spreco di risorse [75]. All’inizio del principato di Tiberio perdurò l’atteggiamento amichevole dei re britanni [76], favorendo l’espansione dell’influenza romana [77], ma negli ultimi anni si verificarono preoccupanti disimpegni, anche di un potente sovrano [78].

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In tale situazione era divenuto indispensabile indurre tutti i re britanni al fedele rispetto degli obblighi a suo tempo contratti, oppure annettere la Britannia all’impero [79]. Questa alternativa era peraltro di considerevole utilità per il sistema monetario romano [80]. Gaio, dunque, si mosse “come se” dovesse effettuare uno sbarco in Britannia [81], anche se nessuna fonte ha riferito che egli volesse realmente procedere allo sbarco. Non si tratta di un dettaglio trascurabile, poiché non avrebbe senso parlare di successo o fallimento dell’operazione senza avere ben chiaro cosa egli avesse prestabilito di fare [82]. Pur non essendoci pervenuta alcuna indicazione circa gli effettivi intendimenti del giovane imperatore, possiamo comunque partire da una certezza: la stagione invernale ch’egli prescelse per la sua presenza sull’Oceano fa escludere ch’egli avesse pianificato di condurvi proprio allora la traversata con tutte le legioni [83] per lo sbarco in Britannia [84].

Dobbiamo quindi considerare quell’operazione di Gaio verso la Britannia come un’attività dimostrativa, con evidenti finalità deterrenti. Per poter risultare credibile [85] questa attività doveva essere necessariamente inquadrata in una serie di predisposizioni per un effettivo sbarco navale in Britannia, sbarco da effettuarsi in un secondo tempo [86], qualora la deterrenza non avesse fornito dei risultati soddisfacenti. Valutando sotto quest’ottica i pochi dati disponibili [87] si perviene alla seguente ricostruzione [88].

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Il faro di Caligola in una stampa del 1725 riproducente due disegni eseguiti prima del 1644, quando la torre era ancora integra (Bibliothèque nationale de France)

Non appena arrivato in Gallia, Gaio deve aver subito avviato tutte le predisposizioni navali e marittime necessarie al suo progetto. Nulla di quanto fece, infatti, avrebbe potuto essere improvvisato, né avrebbe potuto essere realizzato in minor tempo. Si trattò, in particolare, della costruzione della flotta [89] – che fu la prima versione, molto consistente, della Classis Britannica [90] –, della predisposizione del porto di Gesoriaco [91] – che doveva accogliere tutte quelle navi [92] – e della costruzione del relativo faro [93], una realizzazione eccezionale [94] destinata a dominare il Passo di Calais per sedici secoli [95].

Nel successivo mese di gennaio 40, Gaio giunse quindi a Gesoriaco per effettuare una vistosa esercitazione navale dimostrativa nello stretto [96]. Imbarcatosi su di una trireme, salpò con tutte le navi combattenti disponibili e, approfittando delle favorevoli condizioni meteo, compì una breve navigazione portandosi probabilmente bene in vista della Britannia [97]. In quella circostanza, infatti, vi fu un tentativo di contrasto da parte di navi britanniche [98], sulle quali le triremi romane riportarono qualche successo [99]. Fu verosimilmente in quella navigazione [100] che Gaio venne raggiunto dal principe Adminio, fuggito da suo padre – il re britanno Cinobellino – per sottomettersi, unitamente alla sua scorta, all’imperatore romano. L’evento venne accolto con comprensibile soddisfazione da Gaio, che lo comunicò al Senato come un successo considerevole [101].

Tornate indietro, le navi hanno poi effettuato su di una vicina spiaggia della costa gallica un’attività che l’attuale dottrina navale chiama “dimostrazione anfibia” [102]: un’operazione che, nell’ostentare l’efficienza del complesso meccanismo dello sbarco navale, prefigurava implicitamente la possibilità di essere replicata per invadere la Britannia. Dopo queste manovre tre fonti antiche descrivono la raccolta delle conchiglie da parte dei soldati [103], ovvero l’episodio che, per la sua apparenza demenziale, ha dato luogo ad una ridda di tentativi di interpretazione [104]. Eppure, ammesso che sia vero [105], quell’episodio marginale potrebbe ridursi ad una bonaria ed irrilevante concessione dell’imperatore [106].

Nel concludere il suo intervento a Gesoriaco, lasciandovi il maestoso faro quale evidente segno della sua volontà di mantenere attivo il collegamento marittimo con la Britannia ed il sostegno ai re amici del popolo Romano, Gaio organizzò il suo rientro solenne [107] a Roma, sul genere del trionfo navale [108], ma accontentandosi del più modesto livello dell’ovazione [109], di spese contenute [110] e del suo soprannome Germanico [111]. A questo punto Gaio doveva solo attendere che quanto aveva seminato iniziasse a germogliare, ma meno di un anno dopo egli fu trucidato. La crisi britannica giunse subito dopo a maturazione [112], consentendo a Claudio di conquistare la Britannia con i mezzi predisposti da Gaio [113] e con il minimo contrasto [114], come venne scritto sul suo arco [115].

Fine parte IV – continua

Domenico Carro

estratto da GAIO E LE NAVI (romaeterna.org)

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Note
[71] Ostaggi erano stati consegnati sia dai Trinovanti, il cui giovane re Mandubracio si era posto sotto la protezione di Cesare, sia dai re sconfitti, dopo la resa di Cassivellauno (Caes. Gall. 5, 20 e 22).
[72] Ne siamo informati dalla breve ma lucida descrizione che ne dà Strabone, testimone diretto di quegli anni (Strab. 4, 5, 3).
[73] Ottaviano Augusto avviò per ben tre volte una spedizione militare contro la Britannia, nel 34, nel 27 e nel 25 a.C., ma ogni volta dovette annullare l’operazione al sopravvenire di esigenze più urgenti in Dalmazia, in Gallia ed in Spagna (Cass. Dio 49, 38; 53, 22 e 25).
[74] Il fatto che due re britanni, Dumnobellauno e Tincommio, si fossero sentiti costretti ad andare a rifugiarsi presso Augusto è un evidente indizio di gravi contrasti provocati dagli xenofobi nei loro regni (R. Gest. div. Aug. 32).
[75] Vedi nota 72.
[76] In occasione della dispersione della flotta di Germanico investita dalla burrasca, dei naufraghi recuperati sulle coste della Britannia e rimandati da alcuni re allo stesso Germanico (Tac. ann. 2, 24).
[77] “In un secolo, l’influenza romana si era ampiamente espansa in Britannia e, nel bacino di Londra, esistevano ormai dei piccoli regni-clienti organizzati attorno a dei capoluoghi urbani, che conoscevano una certa circolazione monetaria e che annoveravano dei sostenitori della dominazione romana.” (Nony 1986, 297).
[78] Cinobellino, re dei Catuvellauni e dei Trinovanti.
[79] La conquista “della Britannia era in quel momento singolarmente opportuna”, ed era anche “matura” (Momigliano 1992, 211-212).
[80] Vi era, in effetti, un’obiettiva esigenza di metalli per la monetazione: “Non a caso Tiberio aveva monopolizzato le miniere sottraendole ai privati; non a caso l’unica spedizione militare di Caligola fu lanciata verso la Britannia ricca di filoni. Non a caso Claudio portò a compimento la conquista” (Savio 1988, 50-51). Sulle ricchezze dell’isola: Tac. Agr. 12.
[81] Cassio Dione è la sola fonte che specifica ch’egli si mosse “come se” stesse per condurre una spedizione navale contro la Britannia (Cass. Dio. 59, 21, 3 e 25, 1), mentre Tacito dice solo ch’egli aveva pensato di invadere la Britannia (Tac. Agr. 13.) e Svetonio non tenta nemmeno di dare una propria interpretazione circa le finalità dell’attività in mare delle navi di Gaio.
[82] È sempre azzardato esprimere una valutazione su qualcosa di cui non si conosce la natura, così come è perlomeno singolare domandarsi come mai non abbia completato una certa azione chi non aveva nemmeno programmato di iniziarla. Eppure quasi tutte le critiche a Gaio sono scaturite da queste due illogicità.
[83] L’attività svolta da Gaio a nord della Gallia va temporalmente collocata entro il mese di gennaio del 40, ovvero in un periodo stagionale inidoneo all’esecuzione di una complessa operazione anfibia (Woods 2000, 81; Gury 2008, 405-6).
[84] La costruzione del faro di Gesoriaco rende ancor meno credibile che le azioni del gennaio 40 d.C. siano state un tentativo abortito di sbarco in Britannia: “une fondation si utile contraste singulièrement avec les folies de la prétendue campagne contre les Bretons” (Egger 1863, 411). D’altronde anche Svetonio esclude che vi siano stati dei tentativi di conquista della Britannia fra Cesare e Claudio (Suet. Claud. 17).
[85] Caratteristica indispensabile per poter conseguire una buona efficacia dissuasiva.
[86] L’intenzione di condurre la spedizione navale contro la Britannia in un secondo tempo risulta avvalorata dalla costruzione del faro di Gesoriaco (D’Erce 1966, 90; Gury 2008, 401).
[87] “Quando le fonti ci danno dei racconti così insignificanti come quello che abbiamo nel nostro caso, è difficile poter andare al di là della ipotesi possibile per raggiungere almeno la probabilità, dovendosi fare congetture che stanno totalmente in aria.” (Momigliano 1992, 213).
[88] Si tratta ovviamente di una ricostruzione ipotetica, perché la sequenza degli eventi è stata basata solo sulla logica, in mancanza di indicazioni dalle fonti. Tuttavia, qualche eventuale ritocco della cronologia non potrebbe alterare l’essenza, ampiamente attendibile, dell’operazione delineata.
[89] Nell’autunno del 39 l’imperatore fece mettere in cantiere una flotta di notevole consistenza (Nony 1986, 298; Reddé 1986, 274; anche Gosselin 1984, 259), dovendo assicurarsi la disponibilità delle navi necessarie per la dimostrazione navale ed anfibia ch’egli intendeva effettuare al più presto, cioè nel mese di gennaio.
[90] Oltre alle navi da utilizzare a gennaio, altre unità dovevano essere costruite per completare la flotta necessaria al successivo sbarco sulle coste britanniche. Senza questo programma di costruzioni navali – facilmente percettibile dai vicini Britanni – l’operazione dimostrativa non sarebbe risultata credibile.
[91] A Gesoriaco, il cui nucleo originario era più antico (Gosselin 1984, 261 e 264), il porto doveva essere allestito (Nony 1986, 298) per la sua nuova funzione di base navale: “Nel corso dei preparativi per la spedizione di conquista della Britannia, sotto Caligola, l’insediamento venne dotato di un faro … ma soprattutto divenne, sino alla fine del III sec., il grande porto militare della costa gallica” (Bost 1994, 731).
[92] La zona portuale con gli impianti per la flotta si estendeva su di un’area non inferiore ai 10 ettari (Bost 1994, 731). Secondo il geografo Pomponio Mela, che scrisse circa quattro anni dopo, sulla costa settentrionale della Gallia non vi era nulla di più conosciuto del porto di Gesoriaco (Mela 3, 18).
[93] Si trattava di “un’altissima torre” (Suet. Cal. 46) a pianta ottagonale, con dodici piani degradanti, per un’altezza totale di 61 metri che si aggiungevano ai 30 metri di altezza della falesia sul livello del mare (Egger 1863, 417). Il faro era dotato di rampe interne per portare alla sommità i carichi di legna a dorso di mulo (Reddé 1979b, 867).
[94] Fu “un travail à la fois élégant et solide” (Egger 1863, 419); uno studioso francese del seicento lo definì “il più antico e più bello dei monumenti esistenti da questa parte delle Alpi” (D’Erce 1966, 91).
[95] La torre del faro romano crollò nel 1644 solo perché franò la falesia sottostante, che era stata recentemente indebolita dall’imprudente scavo di cave di pietra al suo interno (Egger 1863, 414).
[96] “Caligola, come in Germania qualche mese prima, fece procedere a grandi manovre di esercitazione ed egli stesso compì una ricognizione delle condizioni di navigazione in mare, allo scopo di tenere tutto sotto controllo” (Nony 1986, 298-299).
[97] Cass. Dio 59, 25, 1-2. Svetonio precisa che le navi che navigarono nell’Oceano erano triremi (Suet. Cal. 47).
[98] Secondo Cassio Dione, un insidioso contrasto britannico alla navigazione delle navi di Gaio (ed in precedenza anche a quelle di Augusto) venne ricordato una ventina d’anni dopo in un discorso della regina Budicca (Cass. Dio 62, 4).
[99] Qualche successo conseguito dai luogotenenti di Gaio (Cass. Dio. 59, 21, 3) giustificherebbe anche la soddisfazione del principe che avrebbe voluto celebrare la vittoria navale ostentando delle navi. È anche possibile che qualche scafo dei Britanni sia stato catturato in mare dai Romani (Woods 2000, 83-84).
[100] Il luogo dell’incontro è stato riferito come in ora Oceani e “in vista della Britannia” (Oros. 7, 5, 5), il che potrebbe essere interpretato come nelle acque costiere e comunque in vista della Britannia, oppure sulla riva dell’Oceano (in tal caso sarebbe stato più chiaro in litore Oceani) ma fuori vista della Britannia.
[101] Suet. Cal. 44, 2. La sottomissione di Adminio appariva in effetti come un primo incoraggiante risultato delle azioni dissuasive compiute da Gaio a Pozzuoli e nel Passo di Calais.
[102] Amphibious demonstration. Le fonti ci mostrano solo pochi aspetti, comunque eloquenti, di queste manovre: lo schieramento sulla spiaggia delle truppe, delle baliste e di altre macchine belliche (Suet. Cal. 46), gli ordini di attacco impartiti ai soldati al suono delle trombe (Cass. Dio 59, 25, 2).
[103] Suet. Cal. 46; Cass. Dio 59, 25, 2-3; Aur. Vict. Caes. 3, 11-12.
[104] L’ordine di raccogliere le “conchiglie”, impartito da Gaio, è stato interpretato come: una punizione per un ipotetico rifiuto d’obbedienza (Auguet 1993, 98 e 153); una dimostrazione di sfida all’Oceano, in stile celtico (Bicknell 1962, 73; cfr. Ael. var. 12, 23); una sistematica ma vana ricerca delle perle per finanziare la spedizione e le successive conquiste (Gury 2008, 419-421); non ultimo il prelievo, non delle conchiglie ma degli scafi britanni catturati, che avrebbero potuto essere chiamati conchae conchylae (Woods 2000, 83 e 85).
[105] L’aneddoto è effettivamente sospetto: “Notons … que les sources antérieures à Suétone ne mentionnent pas cette extraordinaire récolte organisée par l’empereur et que, plus surprenant encore, Pline, au livre IX de son Histoire naturelle qu’il consacre aux coquillages et autres produits de la mer, n’en parle pas non plus. L’aventure avait pourtant tout pour retenir son attention” (Gury 2008, 404-405).
[106] Era risaputo che in quelle acque vi fossero delle ostriche perlifere che il mare rigettava sulla riva (Tac. Agr. 12). Potremmo allora benissimo immaginare che nel corso della dimostrazione anfibia tutti i partecipanti avessero visto sulla spiaggia quelle conchiglie, astenendosi comunque dal toccarle per senso di disciplina. Al termine delle manovre, Gaio avrebbe dunque potuto concedere a tutti di raccoglierle, aggiungendo scherzosamente che quel loro bottino era degno del Campidoglio.
[107] Volle che fossero trasportate a Roma alcune delle navi che avevano partecipato alle operazioni in mare (Suet. Cal. 47). Il percorso da compiere dall’Oceano al Mediterraneo era quello fluviale (Senna, Saona, Rodano) tranne un breve tratto sulla terraferma (Woods 2000, 85), cioè il percorso inverso di quanto facevano già alcuni commercianti (Reddé 1979a, 487) e di quello che seguì poi Claudio per recarsi in Britannia (Cass. Dio 60, 21, 3).
[108] La presenza molto spettacolare delle navi mostra ch’egli voleva dare un grande risalto ai successi conseguiti in mare: “I would argue that he had been planning to celebrate the success of his northern fleet in clearing the English Channel of enemy shipping, a necessary precursor to an invasion of Britain” (Woods 2000, 85).
[109] Anche se forse si lamentò di questa decisione (Suet. Cal. 48, 2.), evidentemente l’accettò di buon grado. “He had never planned to invade Britain itself at this time, nor had he intended his planned triumph to celebrate the capture of Britain itself yet. As for the reason why he eventually agreed to forego his triumph and celebrate a mere ovation instead” (Woods 2000, 85).
[110] Fu quanto raccomandò ai suoi procuratori (Suet. Cal. 47).
[111] Se Gaio fosse stato il tronfio e vanaglorioso megalomane rappresentato dai suoi caricaturisti, avrebbe preteso non solo il trionfo ma anche il soprannome “Britannico”.
[112] Mentre la Britannia era agitata da contrasti interni a causa dello strappo provocato dalla partenza di Adminio (Suet. Claud. 17) e dalle manovre navali romane, un altro re britanno, Berico, fu costretto a fuggire dall’isola ed a richiedere la protezione e l’intervento dei Romani (Cass. Dio 60, 19, 1).
[113] Poiché Gaio aveva ordinato di proseguire i preparativi per lo sbarco in Britannia, Claudio poté eseguire quanto progettato dal nipote (Nony 1986, 298; Auguet 1993, 99): la flotta era pronta a Gesoriaco, mentre le legioni si erano rese disponibili dalla Germania, visto che lo stesso Gaio ne aveva create due nuove e che le operazioni contro i Catti ed i Cauci si erano concluse vittoriosamente.
[114] Claudio inviò in Britannia quattro legioni, ottenendo la sottomissione di buona parte dei Britanni in pochi giorni e con pochi combattimenti. Per valutare il vantaggio fruito da Claudio, basta ricordare che Cesare (che era Cesare) aveva effettuato il suo secondo sbarco navale nell’isola con cinque legioni e duemila cavalieri ed aveva dovuto combattere circa tre mesi per piegare la resistenza dei Britanni.
[115] L’iscrizione apposta sull’arco di trionfo di Claudio fornisce la seguente motivazione: “per aver sottomesso in soli undici giorni, senza alcuna perdita, i re dei Britanni con i loro regni, ed aver per primo ridotto sotto il dominio del Popolo Romano le genti barbare stanziate al di là dell’Oceano” (CIL 6, 40416).

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