livello elementare
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ARGOMENTO: MARINE MILITARI
PERIODO: XIX-XXI SECOLO
AREA: URUGUAY
parole chiave: Sud America, Uruguay, Marine militari
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Molti anni fa, sulla Rivista Marittima, quando ero adolescente e con qualche ambizione di farmi un futuro come” scrittore”, comparve una serie di articoli dell’allora Tenente colonnello di porto Alberto Romano che raccontavano la storia delle principali marine sudamericane (Argentina, Brasile, Perù e Cile), che mi affascinarono per l’accuratezza della trattazione e la novità dell’argomento. Dopo tanto tempo e con un pochino di esperienza, mi è venuto il desiderio di proseguire idealmente quel lavoro completandolo con le vicende delle marine minori del continente, quelle chiamate con un neologismo “green navies”.
La Marina uruguaiana
Il primo argomento di cui ci occuperemo sarà la Marina dell’Uruguay che, come vedremo, è quella che fra tutte ha avuto dei contatti particolarissimi con l’Italia. L’Uruguay ottenne l’indipendenza nel 1830 dopo una ventina d’anni di complicate vicende belliche e di alleanze fatte e disfatte con Argentina e Brasile, ai quali seguì tuttavia un ulteriore e lunghissimo periodo di guerre con gli stessi paesi e di instabilità interna che si sarebbe protratto fino all’ultimo quarto dell’800.
Subito dopo il 1830 fu costituito un embrione di marina al comando di Paolo Zufriategui (1783-1840), nativo di Montevideo, che aveva prestato servizio nella marina spagnola, un veterano delle guerre napoleoniche e di quelle di indipendenza degli Stati sudamericani. Fin dal 1815 era stato nominato comandante del Porto di Montevideo e in quello stesso 1830 esordì presentando una richiesta al neonato governo per dotare di un’uniforme gli ufficiali della Capitaneria e i futuri ufficiali della marina militare.
Le prime notizie riguardano la goletta Aguila impiegata a caccia di pirati e contrabbandieri in crociera lungo il litorale nel 1832.
La marina uruguaiana rivestì sempre un ruolo marginale nelle continue ostilità che lacerarono il paese, ma se ne ricorda qualche prova brillante quando il dittatore argentino Rosas intervenne in Uruguay per sostenere Manuel Oribe che si opponeva al presidente Rivera: tali successi sono facilmente spiegabili se si considera che ne era a capo Giuseppe Garibaldi che fin da allora aveva fama di essere un esperto marinaio e, soprattutto, un grande trascinatore di uomini.
Garibaldi era giunto in America da diversi anni per sfuggire alla condanna a morte che gli era stata comminata per aver partecipato a Genova a una sommossa fallita. Dopo un lungo periodo passato come corsaro lungo le coste brasiliane combattendo per la repubblica secessionista del Rio Grande, nel 1840 si era trasferito in Uruguay dove con il grado di colonnello ricoprì vari incarichi di comando tanto in terra che in mare.
Con a disposizione tre navi, la corvetta Constitucion, il brigantino Pereira e la goletta Procida, nel giugno 1842 si addentrò sul Paranà. Fu un viaggio difficile che richiese una notevole perizia marinaresca e inizialmente tenne in scacco la flotta argentina comandata dal famoso ammiraglio Brown. Ovviamente la disparità di forze e alla fine la carenza di munizioni furono fatali per le navi uruguaiane che furono tutte distrutte e Garibaldi, dopo mille peripezie, riuscì a rientrare a Montevideo dove allestì un’altra flotta con la quale il 2 febbraio 1843 riuscì ad affondare un brigantino avversario. Anche se questa “nuova” marina che comprendeva solo tre navi maggiori, armate complessivamente con otto cannoni, fu attivissima, non riuscì a impegnarsi a fondo con la flotta argentina che bloccava il porto di Montevideo perché questa rifiutava il combattimento o si allontanava ogni volta che aveva il sentore di qualche audace colpo di mano nei quali Garibaldi era maestro. Cessato il blocco nel 1845, con un brigantino, una goletta e alcune piccole unità, risalì il Paranà fino a Colonia catturando varie unità mercantili nemiche.
Alla testa della Legione Italiana, tutta composta da connazionali, Giuseppe Garibaldi si distinse ancora in varie operazioni terrestri, vincendo la sanguinosa battaglia di Sant’Antonio, l’8 febbraio 1846. Nel marzo 1848, saputo quanto stava accadendo in Europa, partì per l’Italia, lasciando l’Uruguay ancora in guerra, senza che il suo brillante comando avesse contribuito a un potenziamento della marina, che rimase poca cosa. Un contributo incomparabilmente inferiore a quella dei suoi vicini cioè l’Argentina ed il Brasile.
Le forze navali uruguaiane restarono molto modeste, confinate al semplice pattugliamento delle coste o ai trasporti per conto dell’esercito o dello Stato, prelevando le unità dalla marina mercantile secondo necessità e riallestendole sommariamente.
Solo più tardi fu deciso di dotarsi di vere e proprie navi progettate esclusivamente per svolgere compiti militari. Entrarono così in servizio tre cannoniere di cui riassumiamo le caratteristiche:
Nonostante che da tempo fossero terminate le guerre esterne ed interne e la vita politica stesse diventando sempre più tranquilla, nel 1896-97 scoppiò un’insurrezione avviata dal partito Blanco contro quello Colorado che deteneva in quel momento il potere: fu una guerra civile condotta male e stancamente per alcuni mesi e risolta con un accordo più o meno amichevole, ma che non mancò di episodi sanguinosi e uno di questi coinvolse la cannoniera Artigas.
Due guardiamarina, Alberto Suarez e Alberto Rodriguez, favorevoli agli insorti, dopo aver preso accordi con alcuni membri dell’equipaggio, disertarono rifugiandosi a Buenos Aires dove affittarono una baleniera da un certo Garibaldi, raccolsero alcuni compagni e ritornarono a Nueva Palmira sul fiume Uruguay dove si trovava la cannoniera.
Il 16 giugno, nella notte, l’unità fu abbordata e catturata dopo uno scontro ferocissimo che costò decine di vittime di entrambe le parti e fra esse i due guardiamarina, così che gli insorti si trovarono senza capi e Il comando fu preso da un marinaio, un certo Accina, fazioso ma incompetente che, non sapendo cosa fare, diresse verso l’Argentina. Giunta a Zaorte la cannoniera fu internata dalle autorità argentine che in quel momento non avevano interesse nelle faccende interne dell’Uruguay e che poi la restituirono al governo legittimo.
Fu dopo il 1900, specialmente sotto la presidenza di Claudio Williman (1907-1911) che la Marina fu sensibilmente potenziata, a partire dall’acquisto dell’incrociatore italiano Dogali sul quale non ci dilungheremo in quanto l’argomento è stato già trattato poco tempo fa.
Oltre al Dogali, ribattezzato Montevideo, furono acquistati usati la vecchia cannoniera inglese Dieciocho de Julio, i due piroscafi Maldonado e Vanguardia e nel 1910 fu ordinata in Germania la torpediniera Uruguay (della cui esistenza, peraltro, il libro ”Le torpediniere italiane” dell’Ufficio storico MM non fa menzione).
Nel 1907 fu creata l’Escuela Naval; fino ad allora gli ufficiali di marina erano formati insieme a quelli dell’esercito con l’insegnamento comune delle discipline della guerra terrestre e di quella marittima. Nel 1930 arrivarono i primi aerei del Servicio de Aeronáutica de la Armada posto sotto il comando del Capitano di vascello Attilio Frigerio che già ne 1912 aveva conseguito in Italia, ad Aviano, il brevetto di pilota. Nel 1934, con la Ley Organica de la Armada, la Marina fu finalmente svincolata dalla secolare dipendenza dall’Esercito.
Le ormai vecchie cannoniere vennero sostituite dai tre guardacoste Paysandù, Salto e Rio Negro costruiti nel 1936 nei Cantieri Riuniti dell’Adriatico ad Ancona. Erano unità moderne da 180 tonnellate armate con due cannoni da 20 e uno da 37 millimetri ed erano progettate anche per la navigazione fluviale. Appaiono ispirate – in formato “tascabile” – alle nostre torpediniere classe Spica; la robustissima struttura permise loro di arrivare alla soglia degli anni 2000 ed un’unità dovrebbe essere ancora in servizio. Un salto di qualità importante che proiettò in una dimensione di più ampio respiro la marina uruguyana, che fino ad allora aveva schierato solo navi le cui capacità non andavano oltre ai servizi di pattugliamento ed erano armate solo con artiglierie, fu la cessione nel 1944 della corvetta Maldonado di provenienza statunitense preceduta nel 1942 da sei idrovolanti.
Con l’inizio della guerra fredda iniziò una sempre maggiore collaborazione con gli Stati Uniti che cedettero negli anni ’50 e ’60 due caccia di scorta e ed una trentina di aerei di vario tipo. Più tardi varie unità di altura e ausiliarie furono acquistate in Francia, in Portogallo e dalla dissolta flotta della Germania Orientale permettendo all’epoca un sostanziale ammodernamento e potenziamento della flotta.
Negli anni ’60 dello scorso secolo erano in servizio dieci unità maggiori per un totale di oltre 6000 tonnellate:
Attualmente la componente navale rimane di dimensioni molto contenute e non è molto moderna, ma d’altra parte le altalenanti condizioni economiche e i momenti di instabilità politica rendono difficili un equilibrato aggiornamento.
La composizione della flotta comprende una fregata di classe Joao Belo, ROU Uruguay (foto in anteprima); i pattugliatori ROU Colonia, ROU Rio Negro e ROU Paysandú; due dragamine classe Kondor II, ROU Temerario e ROU Audaz; le navi appoggio ROU General Artigas. Altre navi includono il rimorchiatore ROU Banco Ortiz e la nave oceanografica ROU Oyarvide. Secondo i media uruguaiani, l’età media della flotta è di 50 anni (la fregata Joao Belo è stata costruita alla fine degli anni ’60).
A queste si aggiungono alcune navi ausiliarie e di uso locale: rimorchiatori, navi salvataggio e navi idrografiche in buona parte provenienti dalla ex Germania Orientale. La componente aerea è stata rinforzata da elicotteri Agusta-Bell 412CP ceduti recentemente dalla Guardia costiera italiana.
Il personale ammonta a circa 5700 unità compresa fanteria di marina e la Guardia costiera (Cuerpo de Prefectura Naval) che, come in Italia, è integrata nella Marina militare e dispone di varie unità minori marittime e fluviali, quasi esclusivamente frutto di ripetute donazioni da parte della Guardia Costiera statunitense.
Guglielmo Evangelista
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nasce a Broni (PV) nel 1951. Laureato in giurisprudenza è stato ufficiale delle Capitanerie di Porto e successivamente funzionario di un Ente Pubblico. Ha al suo attivo nove libri fra cui “Storia delle Capitanerie di porto” , “Duemila anni di navigazione padana” e “Le ancore e la tiara – La Marina Pontificia fra Restaurazione e Risorgimento” ed oltre 400 articoli che riguardano storia, economia e trasporti. Collabora con numerosi periodici specializzati fra cui la Rivista Marittima”.
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