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livello elementare
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ARGOMENTO: EMERGENZE AMBIENTALI
PERIODO: ODIERNO
AREA: OVUNQUE
parole chiave: Plastica, oceani, gyro vortex
Dalla terraferma un mare di plastica negli oceani
liberamente estratto da Science Magazine
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Nel 2015 Science Magazine pubblicò una recensione di uno studio sulle plastiche presenti negli oceani che trasformai in questo articolo, uno tra i primi sull’argomento sui social italiani. L’articolo riportava che nel 2010 solo 192 nazioni costiere avevano prodotto 275 milioni di tonnellate di plastica. Di queste una quantità compresa tra i 5 ed i 12 milioni di tonnellate, a causa della scorretta gestione della raccolta dei rifiuti, è stata riversata in mare con enormi danni per l’ambiente. Un mare di plastica che si poteva e si può evitare La stima quantitativa dell’inquinamento fu ottenuta effettuando la raccolta in mare dei detriti per mezzo di reti da campionamento simili a quelle usate per censire le popolazioni animali bentoniche e planctoniche. Questo articolo, che pubblicai nel 2015 quando ancora nessuno ne parlava sui media, dimostra come, anche col senno del poi, niente è significativamente cambiato. In certe regioni del pianeta si continua a scaricare in mare con effetti devastanti sugli ecosistemi. Siamo di fatto nel Plastocene e dobbiamo cercate tutti di fare qualcosa per mitigare gli effetti di questi inquinamenti sugli ecosistemi.
Dai campioni raccolti emerge un quadro drammatico che vede che i paesi asiatici come i maggiori contributori di detriti di plastiche; tra di essi emergono la Cina, l’Indonesia, le Filippine, il Vietnam e lo Sri Lanka. Questo studio fornisce la dimensione del problema. Kara Lavender Law, coautrice dell’articolo, ritiene che “esiste un’enorme quantità di plastica che giace sul fondo del mare e sulle spiagge in tutto il mondo: stiamo ancora misurando la plastica che galleggia e solo in un numero limitato di punti geografici.”
A preoccupare sono le proiezioni per i prossimi decenni; le statistiche mostrano che la produzione di plastiche segue di pari passo l’aumento del prodotto interno lordo di ogni Paese per cui il futuro del pianeta non è roseo. Nel 2013, anno a cui risalgono i dati della ricerca, la produzione globale di resine plastiche (la materia prima per produrre sacchetti, bottiglie e gli oggetti di plastica più comuni) ha raggiunto 299 milioni di tonnellate con un incremento del 647 per cento rispetto al 1975. E’ veramente necessario o dovremmo rapidamente ritornare a materiali più degradabili?
Secondo lo studio, l’accumulo dei detriti plastici nei mari raggiungerà i 155 milioni di tonnellate entro il 2025 e si prevede che il picco sarà raggiunto non prima del 2100 … e dopo … forse non ci potrebbe essere più futuro.
Con questo tasso d’incremento, il semplice smaltimento delle plastiche nelle attuali discariche, senza un processo di effettivo riciclaggio, non è più una pratica sostenibile. “Siamo sopraffatti dai nostri stessi rifiuti ma il nostro modello ci permetterà anche di esaminare possibili strategie per mitigare il fenomeno, migliorando la gestione globale dei rifiuti solidi e riducendo le quantità di plastiche nel flusso dei rifiuti” … ha concluso Law … “… occorrerà quindi integrare iniziative a livello locale e globale”.
Commento della redazione
Il risultato è un primo passo per valutare un problema che tenderà ad acuirsi nei prossimi decenni se non verranno implementate globalmente pratiche più efficaci di riciclo. Il deposito di milioni di detriti plastici, di tutte le dimensioni, sul fondo degli oceani e sulle spiagge, la loro deriva sulla superficie marina che causa gravi conseguenze per le creature del mare e la loro lenta biodegradabilità che non ne limita la loro pericolosità per gli esseri umani sono fattori che non possiamo più negare.
Le plastiche di dimensioni microscopiche entrano nel nostro ciclo alimentare ed i danni per la salute, sebbene non ancora valutati pienamente, sono evidenziati dall’incremento di alcune patologie. Lo studio evidenzia la gravità del problema ma sappiamo che c’è qualcosa di più da dire. Si stima che milioni di tonnellate di plastiche orbitino già negli oceani (UNEP 2005) raccolte in vortici provocati dalle correnti (denominant plastic vortex o Gyres – Maximenko et al., 2012) di cui un terzo è localizzato nel Pacifico nei Pacific Garbage Patches.
Gli effetti ecologici sono drammatici: circa un milione di uccelli ed oltre centomila mammiferi marini muoiono ogni anno a causa di questo inquinamento. I componenti chimici delle plastiche si mescolano con altre sostanze tossiche (PCB e DDT) presenti nelle acque formando un cocktail micidiale ed alla fine entrano nella catena alimentare attraverso i pesci e le alghe, con effetti gravissimi sulla nostra salute causando malattie tumorali, malformazioni e mutazioni genetiche e diminuzioni della capacità riproduttiva (Takada).
Noi non conosciamo i quantitativi complessivi delle sostanze chimiche rilasciate a livello mondiale ma sappiamo che queste sostanze possono essere trasportate da venti e acque oltre i confini nazionali e creare un pericolo globale.
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare.