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Caccia ai sommergibili tedeschi lungo le coste americane: operazione Teardrop – parte III

tempo di lettura: 7 minuti

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livello elementare

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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: OCEANO ATLANTICO
parole chiave: Sommergibili, Ops Teardrop, Gruppe Seewolf

 

Il 23 aprile, il Grossadmiral Doenitz inviò l’ordine di sciogliere il Gruppe Seewolf, ordinando di attaccare indipendentemente il naviglio degli Alleati lungo la costa orientale degli Stati Uniti. A causa delle difficoltà di comunicazione Doenitz non sapeva però che tre dei sei sottomarini originali del Gruppe Seewolf erano già stati affondati.

Nella stessa data, si pensa che l’U-853 silurò la motovedetta PE-56, classe Eagle, assegnata alla Naval Air Station Brunswick, Maine, mentre stava rimorchiando dei bersagli di esercitazione per i bombardieri dell’USN. Il comandante, quattro ufficiali e 44 marinai persero la vita. Un ufficiale e dodici membri dell’equipaggio furono raccolti circa 30 minuti dopo dal USS Selfridge (DD 357) che sganciò nove cariche di profondità, senza risultato, su un contatto sonar vicino. Alcuni sopravvissuti riferirono dell’avvistamento di una torretta. Nel giugno 2001 la Marina degli Stati Uniti cambiò la sua valutazione originale che affermava che la nave era stata affondata dall’esplosione di una caldaia

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è MARINA-US-CLASSE-Eagle_boat.jpg

Motovedetta PE 56 – Verso mezzogiorno del 23 aprile 1945, la USS PE-56 (comandante Lt James Early, USNR) si spezzò in due e affondò dopo una pesante esplosione a centro nave, mentre rimorchiava obiettivi per esercitazioni di bombardieri della US Navy a 3 miglia a sud-sud-est di Cape Elizabeth, nel Maine – photo credit USNEagle boat.jpg – Wikimedia Commons

L’amara storia dell’U-546
Nella zona di operazioni era presente anche l’U-546 la cui storia merita un paragrafo a se stante. Il sommergibile, un battello tipo IXC/40, era alla sua quarta missione in Atlantico ma non aveva nessun affondamento al suo attivo. Sotto il comando del Kapitänleutnant Paul Just, il 24 aprile, l’U-546 avvistò un bersaglio decisamente pagante, la portaerei USS Core. Durante la manovra di attacco, nel tentativo di penetrare lo schermo navale, il battello tedesco fu scoperto a distanza ravvicinata dal caccia di scorta USS Frederick C. Davis (DE-136), classe Edsall, armato con tre cannoni singoli da 3 pollici/calibro 50 mm, un binato da 40 mm, otto singoli da 20 mm, un lanciatore triplo per siluri da 21 pollici, un hedgehog e otto scarica bombe di profondità laterali e due poppieri. Un caccia che aveva partecipato alle operazioni di sbarco ad Anzio, Italia, nel 1944, fornendo supporto antiaereo e navale per sei mesi. Sotto il comando del capitano di corvetta James R. Crosby, l’unità aveva conquistato un’ottima reputazione. Quella mattina, dopo aver inizialmente individuato, a circa 2000 iarde di distanza, il sommergibile perse il contatto al sonar proprio a causa del suo generatore di rumore, acceso per disturbare eventuali siluri. 

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è USS-Frederick-C.-Davis.jpg

USS Frederick C. Davis – Fonte Official U.S. Navy photo NH 91425 – credit USN  DE-136 Frederick C Davis.jpg – Wikimedia Commons

Il sommergibile ne approfittò subito lanciando un siluro T-5 dal suo tubo di poppa a una distanza di 650 iarde e colpendo il USS Frederick C. Davis sul lato sinistro di prua. L’esplosione fu devastante e uccise il Comandante e quasi tutto il personale presente in plancia nonché molti a prua. In pochi secondi le sale macchine e diversi compartimenti dell’equipaggio furono allagati e gli incendi trasformarono l’area del ponte in un inferno. Solo un ufficiale di guardia nella centrale operativa sopravvisse. Il ponte del quadrato ufficiale saltò in aria, uccidendo tutti gli ufficiali che erano ancora a colazione. Nove minuti dopo, la nave si spezzò in due e in sei minuti la parte prodiera affondò. Nonostante i tentativi di salvare il resto della nave, cercando disperatamente di ristabilire la tenuta stagna dello scafo,  la nave affondò. I sopravvissuti dell’equipaggio riuscirono a mettere in sicurezza quasi tutte le bombe di profondità ma due esplosero quando la poppa affondò, uccidendo molti dei sopravvissuti che erano in acqua. Dei 192 membri dell’equipaggio 126 persero la vita nell’affondamento. Molte informazioni su quei drammatici momenti furono descritte dal guardiamarina Lundberg, il più giovane di tre ufficiali superstiti, che dopo la guerra, divenne uno dei più famosi e prolifici storici navali presso lo Smithsonian Museum of American History. Dopo quel drammatico evento incominciò la caccia al sommergibile tedesco. Il comandante dello schermo navale, F.S. Hall, ordinò immediatamente ai cacciatorpediniere USS Hayter (DE-212) e USS Neunzer (DE-150) di perseguire il sottomarino e al USS Flaherty (DE-135) di salvare i sopravvissuti.

Quando l’USS Flaherty si avvicinò al relitto del USS Frederick C. Davis, che stava ormai affondando, rilevò il sommergibile nelle immediate vicinanze, ed incominciò subito la sua caccia. Iniziò un gioco del gatto con il topo, con lanci di bombe di profondità da parte delle navi americane sopraggiunte e manovre diversive da parte del sommergibile. Il battello lanciò invano le sue Pillenwerfer, dispostivi di inganno (decoy) costituiti da contenitori di idruro di calcio che, reagendo con l’acqua di mare, creavano una nuvola di bolle di idrogeno, per ingannare le navi in superficie sulla sua reale posizione. Di fatto, era solo questione di tempo. In zona erano ormai presenti nove unità statunitensi che continuavano a lanciare alla cieca le loro bombe di profondità. Anche l’U-546 non aveva idea di dove fossero le navi statunitensi. Nel primo attacco era stato danneggiato ed il rumore prodotto dalle sue pompe principali, per controllare le falle, oscurava il suo idrofono. Alle 18:10, un attacco del USS Flaherty provocò una nuova falla nello scafo a pressione dell’U-546, creando danni al ponte e danneggiando le batterie (che provocarono la fuoriuscita di cloro all’interno del battello). La situazione era ormai compromessa e, dopo un secondo attacco, il comandante Just decise di combattere in superficie. Alle 18:38, l’U-546 emerse e lanciò un siluro contro il Flaherty mancandolo. Nell’eccitazione, anche il caccia lanciò due siluri che non andarono a segno. Ormai non c’erano più speranze ed il sommergibile, sotto il fuoco incrociato di quattro unità (Pillsbury, Keith, Neunzer e Varian) fu colpito ripetutamente dai cannoni nemici ed incominciò ad affondare. Nonostante l’inferno di fuoco il Kapitänleutnant Paul Just e 32 membri dell’equipaggio riuscirono a salvarsi e furono raccolti dalle navi statunitensi. I naufraghi tedeschi furono portati a bordo della portaerei di scorta USS Bogue (CVE-9), il 24 aprile 1945, dove si chiusero immediatamente in un assoluto silenzio. Il 27 aprile, all’arrivo alla base americana di Argentia, Terranova, il comandante dell’U-546, il primo ufficiale e altri sei membri dell’equipaggio, considerati “specialisti”, furono separati dall’equipaggio, e sottoposti ad um rigido isolamento.

La pagina oscura
Nonostante le proteste di alcuni ufficiali della Marina americana, tra cui il capitano di corvetta Leonard A. Myhre, comandante dell’USS Varian, che era stato incaricato di consegnareo i Tedeschi ad Argentia, gli ufficiali tedeschi furono ripetutamente picchiati con manganelli di gomma e sottoposti a torture da parte di due agenti provenienti dal Centro di interrogatorio congiunto esercito-marina di Fort Hunt, Virginia. Le violenze continuarono anche dopo il loro trasferimento a Fort Hunt, fino al loro rilascio che avvenne il 12 maggio. In quei giorni uno dei prigionieri si suicidò. Si cercò di coprire questo crimine di guerra ma le testimonianze di militari americani presenti agli interrogatori crearono un certo imbarazzo. In seguito Philip K. Lundeberg scrisse, nel suo libro “Il trattamento dei sopravvissuti e dei prigionieri di guerra, in mare e a terra”, che il pestaggio e la tortura dei sopravvissuti dell’U-546 fu però una “singolare atrocità”, motivata dalla necessità di ottenere rapidamente informazioni su potenziali attacchi di missili balistici contro gli Stati Uniti da parte dei sommergibili tedeschi.

Cosa successe ai sommergibili tedeschi dopo la resa incondizionata?
Alle 02:41 del 7 maggio 1945, sotto la direzione dell’ammiraglio Doenitz, il generale tedesco Alfred Jodl firmò l’atto di resa militare senza condizioni delle forze tedesche, atto che entrò in vigore il giorno successivo. Una curiosità. Il generale Dwight D Eisenhower, comandante supremo alleato in Europa, accettò la resa ma Josef Stalin volle una cerimonia separata, che il giorno successivo fu firmata a Berlino dal Feldmarschall Wilhelm Keitel.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è 640px-MARINA-TEDESCA-U-249-Poddanie_sie_niemieckiej_lodzi_podwodnej_U-249_w_zatoce_Weymouth_21-190.jpg

Il comandante del sottomarino tedesco U-249, il tenente Kock (con berretto bianco) e un altro ufficiale sotto la guardia dei marinai polacchi nel porto di Weymouth – autore foto ignoto Poddanie się niemieckiej łodzi podwodnej U-249 w zatoce Weymouth (21-190).jpg – Wikimedia Commons

L’8 maggio 1945, l’ammiraglio britannico Harold R. Burrough diede ordine a tutti gli U-Boot in mare (ce n’erano ancora 49 in mare) di emergere immediatamente e di ottemperare alla resa. Il primo sottomarino ad emergere fu l’U-249, al largo delle Isole Scilly all’ingresso occidentale del Canale della Manica. I Tedeschi consegnarono 181 sottomarini ma (secondo lo storico Samuel Eliot Morison) 217 furono affondati dai loro stessi equipaggi per non farli cadere in mano nemica. La maggior parte dei 118 U-Boot di nuova generazione di Tipo XXI e XXIII, che erano stati appena completati, furono affondati. Ci torneremo presto.

Andrea Mucedola

 

Fonti
Hunter-killer : U.S. escort carriers in the Battle of the Atlantic, Blood, William T. , Naval Institute Press, Annapolis, 1983

The Type IXC/40 boat U-546German U-boats of WWII di Helgason, Guðmundur
U-boat Archive – U-546 – Draft Interrogation Report
Operazione Teardrop Revisited di Philip K. Lundeberg, in To Die Gallantly: The Battle of the Atlantic, a cura di Timothy J. Runyan e Jan M. Copes Boulder, CO: Westview Press, 1994;
Il trattamento dei sopravvissuti e dei prigionieri di guerra, in mare e a terra di Philip K. Lundberg, in International Journal of Naval History, vol. 13, Numero 1, Aprile 2013;
Storia delle operazioni navali degli Stati Uniti nella seconda guerra mondiale, vol. X: Victory in the Atlantic, di Samuel Eliot Morison, Boston: Little, Brown and Co., 1956; 

 

PARTE I PARTE II PARTE III

 

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