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Scoperto in Antartide un gigantesco uovo appartenente ad un rettile marino del tardo Cretaceo

tempo di lettura: 6 minuti


livello elementare
.
ARGOMENTO: PALEONTOLOGIA E GEOLOGIA
PERIODO: CRETACEO
AREA: FOSSILI
parole chiave: Mosasauro, Antartide, rettili marini

 

Ci fu un tempo in cui giganteschi animali vivevano sulla terra e negli oceani. Vi siete mai chiesti che dimensioni avessero le loro uova? Un recente studio pubblicato su Nature riporta la scoperta di un grande uovo, forse appartenuto ad un mosasauro, un dinosauro che visse milioni di anni fa, nel lontano Cretaceo.

Perché è importante questo ritrovamento?
La dimensione e la struttura dell’uovo riflettono importanti vincoli sulle caratteristiche riproduttive della vita dei vertebrati. Più dei due terzi di tutti gli animali che generano un uovo fornito di guscio (gli Amnioti) depongono uova. I primi Amnioti vissero 340 milioni di anni fa e somigliavano a delle piccole lucertole. Le loro uova non erano ancora solide, ma ricoperte solamente da una membrana gelatinosa. I ricercatori pensano che essi cominciarono a deporre uova fuori dall’acqua per evitare i predatori, che a quei tempi erano quasi tutti acquatici.

Aepyornis skeleton  Quaternario – Madagascar – autore Monnier, 1913
Aepyornis maximus.jpg – Wikimedia Commons

Durante l’Era mesozoica (da circa 250 milioni a 65 milioni di anni fa), gli animali raggiunsero grandi dimensioni. Quanto erano grandi le loro uova? Fino a poco tempo fa, l’uovo più grande conosciuto apparteneva agli Aepyornithidae, detti comunemente uccelli elefante, una famiglia di uccelli che si estinsero in un periodo intorno al XVII secolo, per ragioni tuttora poco chiare sebbene l’attività umana sia tra quelle ipotizzabili.

La scoperta di un nuovo tipo di uovo, scoperto nei depositi marini vicino alla costa del tardo Cretaceo (circa 68 milioni di anni fa) dell’Antartide, apre nuove ipotesi. Questo grande uovo supera in volume tutte le uova di dinosauro non aviarie e differisce da esse per struttura. Il nuovo fossile, visibilmente collassato e piegato, presenta un guscio d’uovo sottile con una struttura a strati che manca di pori distinti, ed è simile a quello della maggior parte delle lucertole e dei serpenti esistenti (Lepidosauria). L’identità dell’animale che depone l’uovo è sconosciuta, ma queste morfologie conservate sono coerenti con i resti scheletrici dei mosasauri (grandi lepidosauri marini) che sono stati ritrovati nelle vicinanze. Analisi delle relazioni evolutive di 259 specie di lepidosauri, utilizzando il confronto delle sequenze proteiche, hanno infatti evidenziato “affinità” genetiche delle specie identificate e  suggeriscono che l’uovo potrebbe appartenere ad un individuo lungo almeno sette metri, un gigantesco rettile marino, un Mosasaurus, che un tempo governava i mari costieri del Cretaceo.

scheletro di un Mosasurus presso il Mensch & Natur Museums, Monaco di Baviera, Germania – autore BildflutMosasaurus-Skelett.jpg – Wikimedia Commons

Un’immensa lucertola di mare e non un vero dinosauro, il Mosasaurus poteva usare la sua spaventosa bocca per catturare pesci, uccelli e altri rettili marini, persino i grandi squali megalodonti. Aveva anche una seconda serie di denti nella parte superiore del palato che impediva a qualsiasi preda di sfuggire. Questa creatura pesava 5 tonnellate ed era lunga fino 20 metri ed aveva una coda bilobata, molto simile a quella degli ittiosauri e degli squali. Il Mosasaurus fu uno dei più grandi generi della sua famiglia, oltre ad essere uno degli ultimi mosasauridi ad evolversi prima della grande estinzione di massa del Cretaceo-Paleocene. Fossili di Mosasaurus sono stati ritrovati depositi nella penisola antartica, in particolare la formazione López de Bertodano nell’isola di Seymour, dove è stato trovato il reperto.

Torniamo all’uovo fossile
Un uovo di quelle dimensioni, con un guscio d’uovo relativamente sottile, può riflettere i vincoli derivati associati alla forma del corpo, al gigantismo ed alla viviparità dei Lepidosauri, un uovo che quando veniva deposto si schiudeva immediatamente.

Figura 1 Il campione dell’uovo di riferimento (olotipico) A. bradyi. a – f, Fotografie dell’olotipo in vista laterale (a, e) e ventrale (c), con corrispondenti disegni al tratto (b, d, f). In b, d, f, la superficie esterna dei gusci d’uovo è contrassegnata da grandi pieghe (frecce in b, d), all’interno delle quali è visibile la matrice di sedimenti (m); le linee tratteggiate indicano i contatti tra la matrice del sedimento e il guscio d’uovo conservato. L’inserto destro in f mostra la dimensione relativa dell’uovo. da studio citato 

Ancestrale a tutti i mammiferi e rettili, compresi gli uccelli, l’uovo amniotico presenta dimensioni, forma e microstruttura a guscio d’uovo diverse dagli altri conosciuti. I gusci d’uovo di tutti gli Amniota possiedono tre strati distinti: uno strato calcareo esterno, una membrana proteica e uno strato limite più sottile.

La maggior parte degli Archelosauria (che comprendevano dinosauri, coccodrilli e tartarughe) deponevano uova “a guscio duro”, in cui lo strato calcareo comprendeva la maggior parte dello spessore del guscio d’uovo ed è organizzato in strutture prismatiche orientate radialmente chiamate unità di guscio. Al contrario, la maggior parte dei Lepidosauria (come le lucertole ed serpenti) ha un guscio d’uovo “morbido” in cui lo strato calcareo è ridotto o assente e la membrana proteica è molto più spessa. Nelle uova fossili, in genere viene conservato solo lo strato calcareo più spesso e gli strati proteici non vengono quasi mai recuperati.

Champsosaurus appartenente ai Coristoderi – autore Nobu Tamura  Nobu Tamura’s Paleoart Portfolio nobu.tamura@yahoo.com
Spinops

Le uniche uova di rettili fossili precedentemente conosciute, mancanti inequivocabilmente di uno strato prismatico, sono state riportate nei Coristoderi, un gruppo di rettili semi-acquatici vissuti tra il Giurassico e il Miocene simili a piccoli coccodrilli, con un corpo lungo e appiattito, e nei Pterosauri, rettili volanti, vissuti durante l’intero Mesozoico, dal Triassico superiore alla fine del Cretaceo.

In questo caso l’uovo fossile è del Cretaceo tardivo e presenta un nuovo taxon delle uova conosciute. La struttura dello strato proteinico e del sottile strato calcareo è coerente con un uovo a guscio molle privo di uno strato prismatico e di pori. Sebbene le scansioni di tomografia computerizzata (CT) del campione mostrano che al suo interno non sia conservato materiale scheletrico tuttavia, l’assegnazione ad un taxon di uova ci consente di descriverne la microstruttura e la conservazione. Si tratterebbe del primo resto di un uovo fossile scoperto in Antartide, uno dei pochi recuperati da un ambiente marino. Etimologicamente è stato inquadrato come  Antarcticoolithus bradyi,  da Antartica (Antartide) riferito al continente in cui è stato scoperto, e oolithus, dal greco antico ōión per uovo e líthos per pietra e bradyi, dal greco antico bradús per ritardato, che riflette i 160 anni che li divide con il primo uovo mesozoico proveniente da depositi marini poco profondi.

Vediamo di descriverlo semplicemente
L’uovo, che possiamo vedere nella figura 1 presenta una forma ovoidale, con un aspetto “sgonfiato” (vedi nella Figura 1 il riquadro 1a). Il suo guscio è vitreo, fratturato verso l’interno e più scuro della matrice rocciosa circostante. È conservato come apatite e contiene cristalli di pirite isolati. Diverse pieghe sono visibili su tutti i lati della superficie dell’uovo, con un lato profondamente appiattito, suggerendo che il guscio d’uovo fosse originariamente molle. Uno strato esterno sottile e più scuro (di circa 100 µm), con un aspetto più granulare ed una maggiore concentrazione di calcio, viene identificato come calcareo e non mostra alcuna traccia di erosione.

Le sue grandi dimensioni possono essere spiegate in parte dalle dimensioni corporee del suo genitore, ma anche dai vincoli imposti dall’ecologia marina. I grandi rettili pelagici, con il loro corpo aerodinamico, potrebbero aver ottenuto un investimento riproduttivo elevato, con conseguente aumento delle dimensioni delle uova. Sebbene lepidosauri vivipari mostravano un tasso metabolico standard inferiore rispetto a quelli ovipari,  tuttavia le grandi dimensioni del loro corpo aumentavano la capacità di mantenere una temperatura corporea elevata con un tasso metabolico standard relativamente basso. Pertanto, un elevato investimento riproduttivo non sarebbe stato incompatibile con l’elevata temperatura corporea dei giganteschi rettili marini. Un tale compromesso tra le dimensioni di questi grandi animali, la loro forma snella del corpo e la viviparità può essere quindi considerato un caso unico. Una nuova scoperta che apre, come sempre nuove domande.

 

Alcune delle foto presenti in questo blog possono essere state prese dal web, citandone ove possibile gli autori e/o le fonti. Se qualcuno desiderasse specificarne l’autore o rimuoverle, può scrivere a infoocean4future@gmail.com e provvederemo immediatamente alla correzione dell’articolo

 

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