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livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: OCEANO ATLANTICO
parole chiave: guerra, flotta tedesca
Raccontiamo oggi un episodio forse poco noto alla maggior parte degli amanti del mare: la storia dell’autoaffondamento della flotta tedesca nei pressi della base della Royal Navy britannica di Scapa Flow, in Scozia, in seguito alla conclusione della prima guerra mondiale. Come vedremo il loro gesto fu un estremo atto di dignità per non soggiacere alle dure regole che gli erano state imposte al termine della guerra.
mappa della baia di Scapa Flow
Parlare di questo evento storico ci da anche l’occasione per raccontare la storia dello sviluppo delle Dreadnought, unità da battaglie che furono sviluppate su un progetto di un ingegnere italiano, Vittorio Cuniberti. Oggi Scapa Flow conserva ancora un certo numero di relitti ed è forse uno dei cimiteri di navi maggiori del pianeta. Per questo motivo è divenuto un ricercato sito di immersioni che offre ai subacquei relitti di grande interesse storico. Ma andiamo con ordine, incominciando con la fine della I guerra mondiale.
La fine di una dolorosa guerra
La notizia dell’abdicazione del Kaiser e della firma dell’armistizio sorpresero la Hochseeflotte (Flotta d’alto mare) nei porti di Kiel e di Wilhelmshaven. Il piano dell’ammiraglio Von Hipper di sfidare la flotta inglese era stato vanificato pochi giorni prima dall’ammutinamento degli equipaggi nella base di Kiel che si erano rifiutati di eseguire l’ordine di salpare.
ammiraglio Von Hipper
Le trattative di pace erano ormai in corso da alcune settimane ed il piano di Von Hipper non era il desiderio di un ultimo scontro ma la ricerca di alleggerire, in vista dell’imminente fine del conflitto, la posizione dell’esercito sul fronte occidentale, al fine di ottenere condizioni più favorevoli. Il piano era geniale, attirare la flotta britannica verso sud, facendola finire tra i campi minati della barriera del Nord dove gli U-boot tedeschi avrebbero potuto infliggere pesanti perdite, offrendo così alla flotta germanica, praticamente intatta la possibilità di attaccare la flotta inglese in condizioni di relativa superiorità. La flotta tedesca era al massimo dell’efficienza con ufficiali preparati e navi efficienti. D’altra parte gli equipaggi erano stanchi e desiderosi di ultimare quella lunga guerra. Il 31 ottobre 1918, fu dato l’ordine di muovere per attaccar e la flotta nemica fare vapore per andare incontro alla flotta nemica. La rivolta scoppiò a Kiel. Il 4 novembre i marinai avevano preso d’assalto gli arsenali e avevano assunto il controllo del porto. Ci fu una fuga generale, partendo dal principe Enrico, fratello del Kaiser, che comandava la base navale, ai vari generali che, in cor loro, speravano in un ultima battaglia.
L’ammutinamento di Kiel, 1918 Zentralbild/IML Novemberrevolution in Deutschland Mit dem Aufstand der Matrosen und Arbeiter am 3.11.1918 in Kiel beginnt die November-revolution. Am 6. November greift die revolutionäre Bewegung auf Wilhelmshaven über. UBz. den Soldatenrat des Linienschiffes “Prinzregent Luitpold”.
L’ammutinamento dei marinai di Kiel, imitato da quelli delle altre basi (Wilhelmshaven e gli altri porti del Baltico) non era stato diretto contro il governo che perseguiva una politica di pace ma contro l’ostinazione degli ufficiali. Noske era riuscito a ristabilire un certo ordine senza spargimenti di sangue. Ma si trattava di una calma apparente. Le illusioni che questa rivolta trovasse anche in Francia ed in Inghilterra analoga risposta furono freddate dalle condizioni durissime ed umilianti degli Alleati.
Le clausole navali furono ancora più pesanti
Gli Alleati mantennero intatto il blocco navale grazie all’accesso al Baltico ormai non più pattugliato dalla flotta tedesca. Anche l’impegno previsto dai trattati di rifornire di derrate alimentari la Germania durante il periodo armistiziale rimase solo sulla carta almeno fino alla fine di marzo del 1919. Inoltre, l’articolo 23 dell’ancora non firmato armistizio obbligava i Tedeschi al disarmo delle navi da guerra della flotta tedesca d’alto mare ed il loro internamento in porti neutrali o in porti delle potenze alleate. Ciò riguardava sei incrociatori, dieci corazzate, otto incrociatori leggeri (di cui due posamine), 50 cacciatorpediniere di ultimo tipo. Praticamente il nocciolo della flotta doveva lasciare i porti tedeschi disarmato entro sette giorni dalla firma del trattato di armistizio. La rivolta contro gli ufficiali fu messa a tacere e la disciplina ristabilita, anche per ottemperare alla pretesa britannica che il comando della flotta tedesca, destinata all’internamento nei porti inglesi, fosse affidato a un ammiraglio.
Ludwig von Reuter (1869-1943)
L’ammiraglio Ludwig Von Reuter, ex comandante dell’incrociatore Derfflinger che aveva combattuto alla battaglia di Dogger Bank nel 1915 e combattuto in numerose battaglie con valore, assunse il comando di tutte le forze d’esplorazione della Flotta d’alto mare. Alle prime ore del 21 novembre 1918 la flotta tedesca, incontrò quella inglese al largo del Firth of Forth, la profonda insenatura creata nella costa orientale della Scozia. La commissione di controllo salì a bordo delle navi per verificare scrupolosamente che le disposizioni del disarmo fossero state eseguite quindi l’ammiraglio Beatty ordinò che dall’indomani la bandiera di guerra tedesca non fosse più issata. Questo non era previsto e a nulla valsero le proteste di Von Reuter. Inoltre i Britannici ordinarono che la flotta tedesca raggiungesse Scapa Flow, una base navale presso le isole Orcadi, al largo della Scozia. Una soluzione umiliante per la flotta tedesca, che era stata ottenuta faticosamente dall’ammiraglio Alfred Von Tirpitz, segretario di stato per la marina, in un regime politico militare decisamente land centric.
Il 23 novembre 1918, allo spuntare dell’alba le navi del Kaiser entrarono nella rada di Scapa Flow. L’ammiraglio Beatty sottopose la flotta tedesca ad umiliazioni continue, non previste dall’armistizio, negando alla flotta tedesca ogni aiuto alimentare, limitando la fornitura di nafta e di carbone minima indispensabile e vietando categoricamente agli equipaggi, ufficiali compresi di mettere piede a terra. Gli equipaggi tedeschi, guidati dall’esempio dell’ammiraglio Von Reuter, reagirono con disciplina e senso del dovere anche quando i viveri cominciarono a scarseggiare. I Britannici non rifornivano le navi tedesche che per poter sopravvivere erano costrette a basarsi sui scarsi rifornimenti dalla Germania o dalla pesca delle aringhe. I marinai con ami di fortuna e carne in scatola come esca, riuscivano a pescare in abbondanza, in alternativa c’erano sempre i gabbiani. Il freddo arrivò presto e le scarse dotazioni di carbone non consentiva di potersi riscaldare. Insomma un inferno mentre le diplomazie erano ancora intente a trovare un accordo di pace. Von Reuter rendendosi conto che la flotta tedesca non aveva futuro decise, con il pieno appoggio dei suoi ufficiali e degli equipaggi, di strappare la flotta tedesca dalle mani del nemico, auto affondandola.
Il 17 giugno Von Reuter diramò ai suoi ufficiali le procedure di autoaffondamento e la mattina del 21 giungo 1919, nel momento in cui le navi inglesi lasciarono il porto di Scapa Flow per un’esercitazione, diede l’ordine issando sull’albero dell’incrociatore Emden il guidone Z ovvero via libera per il combattimento. In altre parole non essendo in possesso di armi e munizioni, quell’ordine era da intendersi auto affondarsi.
Le navi inglesi di sorveglianza, assistendo al simultaneo affondamento delle navi tedesche aprirono il fuoco sulle scialuppe tedesche che issavano la bandiera bianca, uccidendo otto marinai e ferendone una ventina. Tra le 12 e le 17 del 21 giugno tutta la flotta tedesca si inabissò. L’ultimo a scomparire fu l’incrociatore da battaglia Hindemburg che affondò senza capovolgersi, mostrando così sino all’ultimo istante la bandiera di combattimento. Delle 74 unità navali tedesche internate a Scapa Flow, 15 delle 16 navi principali, 5 degli 8 incrociatori e 32 dei 50 cacciatorpediniere affondarono.
Il resto delle navi non riuscì nell’autoaffondamento e venne fatto arenare dalle unità britanniche presenti. L’ammiraglio Von Reuter fu tratto in arresto e considerato alla stregua di un prigioniero di guerra, come d’altronde il resto degli equipaggi. Ma le minacce inglesi di processare tutti gli ufficiali affondarono allo stesso modo e gli ufficiali tedeschi poterono ritornare in patria acclamati come eroi. L’onore della Flotta fu salvo e Scapa Flow divenne il cimitero di navi più grande dell’Atlantico.
Immergersi a Scapa Flow
Nei fondali della baia di Scapa Flow oggi giacciono ancora molte navi: il Kronprinz Wilhelm, il Markgraf, il König Albert riposano insieme agli incrociatori leggeri Köln, Karlsruhe e Brummer. Altre furono recuperate da imprese private nel corso degli anni Venti e Trenta per recuperarne il prezioso acciaio. Le profondità oscure di Scapa Flow nascondono ancora i resti di molte delle navi del Kaiser al largo delle flotte della prima guerra mondiale. Tre enormi navi da battaglia classe König di 26.000 tonnellate, lunghe 575 piedi, attendono l’esplorazione da parte dei subacquei mostrando i loro cannoni che combatterono nella battaglia dello Jutland.
Quattro Incrociatori leggeri da 5,000 tonnellate, lunghi 500 piedi, Brummer, Köln, Dresden e Karlsruhe si trovano ora ancora adagiati sul fondo con il fasciame squarciato a seguito della più grande attività di recupero subacqueo che abbia mai avuto luogo. Inoltre, sono presenti i relitti di un U-boot, di un peschereccio islandese, di un certo numero di drifters, navi della Seconda Guerra Mondiale impiegate per bloccare gli accessi di Scapa Flow durante la prima e la seconda guerra mondiale che offrono ai subacquei immersioni indimenticabili.
Fra i relitti della zona vi sono anche dei sacrari di guerra come la HMS Royal Oak, silurata all’inizio della Seconda Guerra Mondiale, ed il HMS Vanguard, che affondò con una catastrofica esplosione nel 1917, o l’HMS Hampshire, vittima di una mina tedesca ed affondato il 5 giugno 1916 a nord-ovest di Orkney con Lord Kitchener e il suo personale mentre erano in una segreta missione diplomatica in Russia, Queste navi sono oggi off limits per i subacquei ma le loro storie vengono raccontate per preservare la memoria di coloro che persero la vita in quelle fredde acque. Immergiamoci ora con questo video. Buona visione.
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).