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livello elementare.
ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XIV-XIX SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: medici di bordo, Royal Navy
Dalla Guerra dei Sette Anni (1756 – 1763) alla metà del XIX secolo, le navi della English Royal Navy attraversavano gli oceani con equipaggi spesso risicati, dove la perdita anche di un solo marinaio poteva essere problematica. Le malattie di bordo erano legate alla vita poco salutare degli equipaggi, alla loro povera dieta (che causava spesso gravi malattie come lo scorbuto) e ai contatti con persone malate nei porti tropicali toccati dove colera, malattie veneree e varie febbri erano molto comuni e spesso letali.

Un disegno tratto dai diari scritti dai chirurghi della Royal Navy tra il 1793 e il 1880 – Fonte National Archives –Surgeons at sea highlights guide (nationalarchives.gov.uk)
Un problema non sottovalutato dall’Ammiragliato britannico che creò il Navy’s Sick and Hurt Board, una commissione responsabile di migliorare il servizio sanitario di bordo. Fu grazie al loro lavoro, basato sui rapporti dei naval surgeon imbarcati, che la Marina reale inglese incominciò a migliorare l’igiene di bordo, riconoscendo l’importanza di introdurre nella dieta di bordo frutta e verdura fresca per prevenire lo scorbuto. Fondamentali in questo progresso furono i rapporti di viaggio dei viaggi di James Cook, effettuati nel 1767, 1772 e 1776, e le ricerche di James Lind, medico dell’ospedale navale Haslar di Portsmouth tra il 1758 e il 1783.
Va premesso che all’epoca l’approccio medico era piuttosto limitato; i medici consideravano che la maggior parte delle malattie non era curabile per cui si concentravano più sulla prevenzione che sulla cura. Per l’Ammiragliato inglese mantenere la salute degli equipaggi era una necessità strategica e finanziaria più che umanitaria; un equipaggio decimato, lontano giorni di navigazione da un porto, poteva significare la perdita della nave. Cinicamente quello valeva anche per il carico umano (le navi negriere inglesi effettuavano tratte continue tra l’Africa e il nuovo mondo) … meno schiavi arrivavano minori erano i guadagni per l’armatore.
I medici di bordo partirono insieme ai … barbieri
Durante il periodo velico, sin dal XIV secolo, la Royal Navy imbarcava medici che erano generalmente chiamati chirurghi (surgeon), arruolati dopo un esame professionale presso la Barber-Surgeons’ Company. e poi qualificati dal Navy Board.
Il nome della Compagnia (Barber-Surgeons’ Company) può sembrare bizzarro ma il chirurgo barbiere, sin dal Medioevo, era generalmente incaricato di prendersi cura dei soldati durante e dopo le battaglie. In quell’epoca, la chirurgia era raramente condotta dai medici, ma piuttosto dai barbieri che, grazie alla loro abilità con i rasoi, si sbizzarrivano dal taglio dei capelli all’amputazione degli arti.
Per entrare a far parte della Compagnia, la formazione del futuro surgeon durava sette anni e veniva effettuata attraverso un apprendistato presso un “barbiere-chirurgo” esperto; i futuri chirurgi acquisivano quindi esperienza pratica su come “sistemare le ossa” e suturare le ferite. Una volta completato l’iter, il nuovo membro doveva dimostrare le sue capacità a degli esaminatori nominati dalla Compagnia e veniva quindi assunto, dietro il pagamento di una quota associativa, ed impiegato.

Cassetta chirurgica, Londra, England XIX secolo – Science Museum Group Collection © The Board of Trustees of the Science Museum https://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/4.0Surgical instrument set, London, England, 1810-1812 | Science Museum Group Collection
Nel XVIII secolo fu istituita dalla Royal Navy, su base permanente, una Commissione, il Sick and Hurt Board (formalmente The Commissioners for taking Care of Sick and Wounded Seamen and for the Care and Treatment of Prisoners of War), un Corpo separato (ma sussidiario) del Navy Board responsabile dei servizi medici di bordo. In pratica, il Corpo arruolava chirurghi, forniva attrezzature e medicinali e gestiva anche gli ospedali di terra e navali. La formazione dei medici continuava però ad essere privata. Dai registri del Board si scopre che molti ufficiali medici frequentavano le scuole mediche di Londra, Edimburgo e Dublino, ed un periodo presso il Royal College of Surgeons effettuato prima di iniziare il servizio a bordo.
La maggior parte dei giovani chirurgi aveva origini borghesi e la loro costosa formazione era a carico dei familiari; inizialmente venivano arruolati dal Navy Board in base alla loro formazione scolastica e status sociale. Non a caso, fino al 1806, quando i servizi medici della Marina Reale britannica furono riorganizzati in maniera più moderna, i chirurghi erano raccomandati dai capitani delle navi e non necessitavano del consenso dell’Ammiragliato.
Una volta entrati in servizio la situazione non era, da un punto di vista finanziario, rosea e molti cercavano di praticare anche nella vita civile per arrotondare le magre entrate. Il loro rango non era nemmeno di ufficiali e, solo dopo il 1808, furono finalmente considerati quasi equiparati agli altri ufficiali di bordo, in termini tecnici “Warrant officer of Wardroom Rank“, un livello di grado compreso tra sottufficiale e ufficiale (oggi li definiremmo aspiranti guardiamarina). I chirurghi navali erano assistiti da aiutanti, spesso addestrati dagli stessi medici che, solo dopo il 1805, furono denominati assistenti chirurghi. Per i compiti infermieristici e logistici erano supportati da “ragazzi di bottega”, che venivano chiamati loblolly boys, dal nome del porridge che tradizionalmente veniva servito ai malati ed infermi dell’equipaggio.
Dopo il 1806 la Royal Navy creò un proprio corpo medico ufficiale che, nel 1814, aveva in organico 14 medici, 850 chirurghi, 500 assistenti chirurghi che si prendevano cura di 130.000 uomini a terra e in mare. Il loro stipendio, da sempre ai limiti della sopravvivenza, fu inoltre elevato a livelli accettabili (nel 1815 i chirurghi con meno di sei anni di esperienza guadagnavano circa 14 sterline al mese, arrivando dopo 20 anni ad oltre 25). La loro vita restava comunque sempre molto dura e il loro reclutamento, allora come oggi, non era sempre facile. Molte le defezioni ma anche i casi di abbandono per motivi psichiatrici.
Per incentivare ulteriormente i membri del Corpo, vennero concesse delle indennità speciali, sia per acquistare l’attrezzatura medica di bordo (un tempo a loro carico), sia per ogni malato curato (considerando il gran numero di malati, ricevevano ulteriori 5 sterline per ogni 100 casi di malattie veneree curate). Tenendo conto dei diversi premi, un chirurgo di bordo anziano poteva guadagnare ben oltre 200 sterline all’anno. Tra i naval surgeon, i migliori erano classificati medici ed avevano il compito di supervisionare i chirurghi (surgeon) sia sulle navi che negli ospedali a terra.
Un incarico gravoso
La vita di bordo era dura e seguiva ritmi ben precisi durante la giornata sia in mare che durante i periodi a terra; i chirurghi dovevano tenere due registri che dettagliassero i trattamenti e le procedure da loro eseguite; alla conclusione di ogni viaggio questi dovevano essere consegnati alla Barber-Surgeons’ Company ed al Greenwich Hospital che ne traeva eventuali insegnamenti.

Registro visite di bordo, HMS Albion, 1828, estratto da National Archives
I compiti di routine del chirurgo di bordo erano di visitare gli infermi almeno due volte al giorno registrando accuratamente ogni paziente ricoverato sotto le sue cure. Il chirurgo, ogni mattina, si presentava con i suoi aiutanti, sotto l’albero maestro per la sick call, prendendosi cura dei marinai infermi (che trattava direttamente); nei casi gravi, li metteva a riposo fino alla sua guarigione. Durante le battaglie navali, era compito del chirurgo organizzare un “tavolo operatorio” nella plancia della nave dove operava, alla bene e meglio, i feriti.

istruzioni per la compilazione del registro dei malati di bordo https://cdn.nationalarchives.gov.uk/documents/surgeons-at-sea-highlights-guide.pdf
Oltre a prendersi cura dei malati, i chirurghi divennero presto responsabili della regolamentazione delle condizioni sanitarie di bordo effettuando fumigazioni periodiche dei locali bruciando zolfo. Inoltre, era responsabile del mantenimento delle condizioni igieniche occupandosi del controllo di efficienza dei macchinari di ventilazione che fornivano l’aria fresca ai ponti inferiori per mantenerli asciutti.
I loro rapporti al Navy board furono essenziali anche per studiare le nuove malattie che si affacciavano a seguito della maggiore promiscuità e dei contatti con altre parti del mondo. Non a caso John Manson, considerato il padre della medicina tropicale, era un ufficiale medico destinato presso la dogana marittima dell’Impero Cinese dove iniziò la sua esperienze di ricerca nell’ambito della medicina tropicale. Furono così sviluppati i primi studi i cui risultati, alla fine del XIX secolo, portarono all’istituzione delle prime scuole di medicina tropicale. Non a caso, nel 1899, Manson partecipò alla fondazione della Scuola di Medicina Tropicale proprio presso l’Albert Dock Seamen’s Hospital di Greenwich, che divenne in seguito la London School of Hygiene & Tropical Medicine.
Il problema dell’igiene
A poco a poco la salute dei marinai divenne una questione di sempre maggiore interesse pubblico; a metà del XIX secolo, il lavoro dei chirurghi fu discusso sulla stampa britannica, sottolineando la difficile situazione dei medici e dei loro assistenti che spesso operavano in condizioni precarie e scarsamente igieniche. Le ricadute si ebbero anche nella abitabilità a bordo dei vascelli. Nella Royal Navy, la ventilazione dei locali interni fu considerata essenziale per migliorare gli ambienti di lavoro e gli alloggi degli equipaggi che vennero migliorati cercando di ridurre l’umidità che provocava frequenti febbri con un’alta percentuale di mortalità. Gli inglesi si resero presto conto che potevano ridurre la morbilità evitando il sovraffollamento, isolando i malati, migliorando le razioni e prestando maggiore attenzione all’igiene e alle condizioni sanitarie degli individui che si ammalavano di gravi malattie come morbillo, scarlattina, vaiolo e tifo, allora non curabili, che potevano diffondersi rapidamente in quegli ambienti ristretti.
In sintesi, nei primi anni del XIX secolo la Royal Navy comprese la necessità di un corpo sanitario in grado di gestire e regolamentare i medici di bordo. Le lezioni acquisite portarono a miglioramenti igienico-sanitari che ben presto si dimostrarono efficaci, riducendo significativamente i tassi di mortalità a bordo delle navi. L’opera di sperimentazione sul campo, ed i rapporti scritti da quei medici di bordo, per quanto imperfetti, portarono a nuove scoperte scientifiche di cui poterono godere anche i pazienti “terrestri” e contribuirono allo sviluppo della medicina … il mondo della medicina stava cambiando e i nuovi farmaci fecero il resto.
Andrea Mucedola
Lewis, Michael (1960). A Social History of the Navy. London: Ruskin House.
DISINFECTING SHIPS in 1758: The Mariner’s Mirror: Vol 18, No 3 (tandfonline.com)
Health and Medicine at Sea, 1700–1900 | Reviews in History
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare.