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Il mito dello snorkel e dei sistemi di snorkeling

tempo di lettura: 8 minuti

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livello difficile
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: Sommergibili, snorkel
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Troppo spesso, non solo gli appassionati di argomenti navali ma purtroppo anche autori, confondono la propulsione anaerobica e la propulsione a quota superficiale con uso dello snorkel. In realtà quest’ultima è solo un palliativo, in quanto la navigazione allo snorkel non è proprio una navigazione occulta, sia per la visibilità sia per la scia sia per l’emissione di gas combusti, facilmente scopribili dal nemico. Lo scarico dei gas combusti, sia nella navigazione allo snorkel sia nella navigazione subacquea con propulsione anaerobica, è uno dei problemi critici di questi sistemi. 

Anche se non rientrano direttamente in questa trattazione, in quanto mai impiegati in Italia (pur avendone i Cantieri Riuniti dell’Adriatico (C.R.D.A.) predisposto i materiali per l’installazione sui tipi “Sirena”), è necessario un minimo cenno a questi sistemi, sia come richiamo ad un altro mito da sfatare sia per constatare che era difficile ipotizzarne l’installazione sui nostri sommergibili

Lo scopo del sistema snorkel è quello di garantire un’adeguata fornitura di aria e di smaltire lo scarico dai motori diesel quando un battello sta navigando al massimo a profondità periscopica. Ciò significa che le batterie possono essere ricaricate in immersione a velocità ridotta ed è possibile effettuare, condizioni del mare permettendo, trasferimenti prolungati in modalità relativamente occulta (ad osservatori di superficie) navigando con i motori endotermici.

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U-Boat tedesco catturato dagli Alleati, con lo snorkel completamente elevato, Portsmouth, New Hampshire – National Archives NextGen Catalog

Lo snorkel
Nei decenni precedenti la 2^ Guerra Mondiale molti progettisti di sottomarini avevano affrontato questo problema. Lo snorkel è uno di quei miti ricorrenti, uno di quei miti che come il radar farebbero credere che l’eventuale adozione avrebbe rivoluzionato se non le sorti della guerra l’andamento delle operazioni.

Non è cosi, ed un sommergibile allo snorkel è comunque un’unità a rischio. Dal punto di vista dell’impianto non solo bisognava avere lo snorkel ma avere un sistema di propulsione compatibile. I motori a due tempi erano scarsamente adatti all’impiego, visto che tutti i motori destinati principalmente alle operazioni di snorkeling dovevano operare con il minimo possibile  di eccesso di aria comburente (e non era il caso dei nostri motori): era evidentemente necessario per dimensionare al minimo le sezioni trasversali dei condotti di aspirazione e scarico.

Non solo i motori dovevano essere insensibili ad una elevata contropressione allo scarico, visto che il problema degli scarichi dei motori diesel (soprattutto parlando di sovralimentazione) cresce in maniera esponenziale, ma anche il sistema di raffreddamento doveva essere dimensionato non più su condizioni on/off come nella navigazione in superficie ma essere in grado di resistere (non solo in termini di collegamenti a scafo) in tutte le sue parti interne allo scafo. parliamo di  tubolature, valvole e raffreddamento stesso del blocco motore alla pressione massima corrispondente alla profondità dello snorkeling, con un’ulteriore sicurezza. In somma, si trattava di un problema di riprogettazione generale non da poco.

Tornando allo snorkel non esiste alcuna primogenitura o genialità italiana, anche se giustamente ed opportunamente furono svolti studi e condotte esperienze al riguardo, sotto la guida di Pericle Ferretti, uno di due fratelli, ambedue in servizio nella Regia Marina, ambedue impegnati nello studio e sperimentazione di sistemi di propulsione subacquea; la navigazione subacquea con motori termici era da tempo la massima aspirazione di molti progettisti di sommergibili.

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Regio sommergibile Sirena in uscita dal mar PiccoloSommergibile Sirena sotto il ponte di Taranto.jpg – Wikipedia

Va ricordato che nei suoi studi Pericle Ferretti dette sempre, e giustamente, la priorità alle problematiche dello scarico subacqueo dei gas combusti, lasciando aperte le soluzioni dell’alimentazione di aria comburente. Solo come menzione storica, già nel 1894, Simon Lake, previde che il suo l’ARGONAUT fosse dotato di un albero cavo per l’alimentazione di un motore a benzina. I giapponesi nel 1933 persero un sommergibile durante le prove in mare di un proprio sistema di snorkel, mentre i sommergibili olandesi (a cui nella letteratura tecnica internazionale è attribuito il primato, per un sistema messo a punto agli inizi degli anni ‘30) erano operativamente dotati già prima dello scoppio delle ostilità di un sistema progettato da J.J. Wichers, il cui albero di aspirazione era di lunghezza molto ridotta.  Sebbene i sommergibili olandesi dotati di questi apparati furono catturati dai Tedeschi o si rifugiarono in Inghilterra, i sistemi furono rimossi come inutili. Non dimentichiamoci che, anche nel tutto teorico caso italiano dei sommergibili della classe Sirena, all’accantonamento dei materiali non seguirono mai installazioni e prove operative, vista l’opinione del tutto negativa di MARICOSOM.

Lo stesso sistema tedesco, poi divenuto il riferimento universale, adottato tardi e come rimedio estremo (con molte resistenze di comandi ed equipaggi) si distinse dai precedenti progetti per il fatto che l’interno dell’intero battello veniva usato come polmone. Si trattava di una configurazione che prevedeva l’alimentazione d’aria dall’albero di presa d’aria dello snorkel mentre i motori diesel aspiravano aria dall’interno del sottomarino come nella normale andatura di superficie. L’effetto di questo sistema consentiva un minimo di errori o scostamenti (effetto d’onda) nel controllo della profondità, in modo che la valvola di testa dello snorkel poteva chiudersi anche un paio di minuti senza bisogno di dover fermare i motori diesel; certamente era un grande disagio per la vita a bordo con la possibilità di fluttuazione della pressione dell’aria all’ interno del sommergibile immerso, che poteva diminuire o aumentare gradualmente a seconda dell’apertura o chiusura della valvola di testa.

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le applicazioni di snorkel sui tipi IXC non brillavano certamente per affidabilità e facilità di manovra.  In caso di attacco e di immersione profonda con lo snorkel rizzato il battello aveva grandi  limitazioni e correva seri rischi. Pur nella necessaria schematizzazione è evidente la complessità del sistema di scarico gas combusti, con o senza snorkel – Elaborazione dell’autore da: US Navy Type IX Manual 

La valvola di testa – che si evolse man mano da un semplice galleggiante ad una valvola elettromeccanica o elettropneumatica con sensori – era installata nel punto più alto del montante di aspirazione dell’aria ed era parte dello scafo a pressione che si chiudeva appena prima di essere allagata. Imponente – e pesante –  il sistema di ritenuta, resistente alla massima pressione di collaudo, all’ingresso dell’aria costituito da due valvole di intercettazione principali disposte in tandem, una; almeno delle quali a libretto a chiusura automatica. Lo stesso dicasi – in forma ancora più complessa, per i condotti di scarico gas, con i già descritti problemi di trascinamento ed incrostazioni; riguardo agli scarichi esisteva la possibilità sia di evacuarli con condotte separate, come in vela, oppure attraverso un condotto coassiale a quello di aspirazione, con complicazioni per evitare la re-ingestione di gas, e rischi ed ulteriori complicazioni per lo svuotamento.

Nei sommergibili dove venne adottato, in generale come retrofitting, l’albero snorkel era abbattibile e stivabile nelle strutture leggere, in alloggi sotto la coperta del falso scafo, con complesse manovre di collegamento e scollegamento eseguibili solo in superficie; solo molto più tardi, come nei tipi XXI e XXIII, divenne di tipo telescopico e di manovra rapida. I motori diesel, turbocompressi o meno ma almeno sovralimentati, hanno bisogno di grandi quantità di aria comburente, dell’ordine di metri cubi d’aria al secondo ciascuno.

Il fenomeno dell’aspirazione poteva in qualche modo essere controllato (nel progetto dei sommergibili italiani lo snorkel o sistema analogo, per quanto concettualmente noto e lungamente provato, non venne mai seriamente preso in considerazione dal punto di vista impiantistico e di sistemazione generale di allestimento e solo si adottavano accorgimenti per evitare l’ingestione di acqua, in modo che in mare agitato l’aspirazione dei motori avveniva eventualmente attraverso la vela.

Solo come menzione tecnica voglio specificare che, quando il punto di aspirazione dello snorkel s’immerge per un qualsiasi motivo, esiste una valvola automatica di ritenuta che si chiude, ed i motori aspirano dalla sala macchine, con fluttuazioni di pressione che è eufemistico definire fastidiose.

Le fluttuazioni di pressione possono anche provocare la fermata dei motori. Il fenomeno più grave e frequente riguarda i gas di scarico, poiché l’immersione, anche quella nell’onda, fa continuamente variare la contropressione allo scarico influenzando non solo la velocità del turbocompressore nelle versioni più avanzate degli a.m. ma anche le “semplici” condizioni di normale sovralimentazione. Basta un piccolo richiamo alla scala di Beaufort per comprendere la sostanza e la criticità di tale fenomeno per battelli che avevano un bordo libero nella zona degli scarichi intorno o poco superiore al metro e altezza della vela di pochi metri, con mare “3” l’altezza significativa delle onde è intorno a 1-1,5 metri ma supera i 5 metri con mare “6”, portando a variazioni della contropressione allo scarico di mezza atmosfera (50 kPa). In pratica, condizioni da evitare ….

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Il problema di scorrimento dell’onda con il battente d’ acqua che crea contropressione allo scarico gas – elaborazione dell’autore

È difficile valutare con il metro odierno una problematica allora agli albori, sconosciuta in Italia, quando i motori turbocompressi sono oggi accettati come best practice per tutti i tipi di navi in quanto considerati la fonte propulsiva più economica sia nel rapporto potenza / peso (almeno tra i motori a pistoni) sia nel consumo di carburante.

Tuttavia, i turbocompressori costituirono un problema (come in certa misura ancora oggi) per la loro diffusa adozione nelle applicazioni per sommergibili perché non rispondevano bene a forti cambiamenti di pressione, e particolarmente sensibili alla contropressione allo scarico (fenomeno molto accentuato sui mezzi che adottano lo snorkel ma comunque notevole problema anche nella sovralimentazione meccanica). La fenomenologia della turbo compressione non era evidentemente ben conosciuta all’epoca considerata, come del resto le stesse interferenze con la sovralimentazione tradizionale. Lo sviluppo dei motori turbocompressi per sommergibili è attribuito a Gustav Pielstick, capo progettista della M.A.N., con una prima applicazione massiccia sui sommergibili Type IX della Reichsmarine. Su queste unità, prima ancora delle problematiche concernenti l’adozione dello snorkel, ci si rese conto dei notevoli problemi legati al già citato fenomeno dello scorrimento dell’onda.

Nei motori sovralimentati con turbo soffianti, quando si verifica questo fenomeno, esso si amplifica: le turbine non solo rallentano, ma di conseguenza innescano fenomeni sull’ aspirazione, con la fluttuazione della pressione all’ interno dello scafo, mentre i gas di scarico rientrano nel locale apparato motore, creando nel migliore dei casi grave disagio al personale. Su alcune classi di sommergibili tedeschi si adottò un sistema complicato ma efficace e di notevole validità anche in termini di risparmio energetico e delle preziose riserve di aria compressa: i gas di scarico venivano scaricati nelle casse zavorra ed emersione; questo creava un certo “polmone” calmierante l’immediato e diretto effetto delle masse d’ acqua e suppliva all’ utilizzo della sola aria compressa per lo svuotamento delle casse. 

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Schema idro eiettore Ferretti: permetteva lo scarico in sicurezza sino ad almeno 10 mt di immersione dei battelli, quota ritenuta adeguata per i sommergibili dell’epoca (1927-1930) – (Lo snorkel Italiano – G. Galuppini – Supplemento Rivista Marittima Marzo 1986)

Il Ferretti, pur non toccando il tema della sovralimentazione, aveva ben chiare le problematiche dell’impiego dei motori termici con  la priorità da dare  allo scarico in sicurezza dei gas combusti, non solo in immersione:  le soluzioni proposte costituirono la parte più interessante del suo progetto ed avrebbero rimosso a priori uno degli ostacoli all’adozione della sovralimentazione dei motori dei sommergibili, nonché alleviato il problema delle fumosità dei motori e quindi della rilevazione dei battelli. Il sistema qui illustrato relativo allo scarico a mare dei combusti per un motore funzionante a quota snorkel, avrebbe probabilmente contribuito alle soluzioni di scarico nel caso di sistemi a ciclo chiuso.

Gian Carlo Poddighe

 

in anteprima Snorkel di sommergibile, 1942, il primo snorkel utilizzato dalla Marina svedese utilizzato sul Neptun e successivamente sul Nacken – Fonte Esibizione nel Marinmuseum, Karlskrona, Sweden (Foto permessa dal museo senza restrizione) – foto di Daderot
Submarine snorkel, 1942.Marinmuseum Karlskrona Sweden Wikimedia Commons  

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Bibliografia
Quadri, Il precursore italiano dello Schnorchel, in Rivista marittima, LXXXI (1949), pp. 3-8;
D. Parisef, Dove finiscono le invenzioni italiane, in Giornale d’Italia, 4 genn. 1950;
La Scuola di ingegneria in Napoli 1811-1967, a cura di G. Russo, Napoli 1967, pp. 265 s., 287, 289, 351, 360, 379;
G. Galuppini, Lo Schnorchel è una invenzione italiane., in Rivista Marittima, CVIII (1975), pp. 19-31;
Ufficio storico della Marina militare, Lo Schnorchel italiano, a cura di G. Galuppini, Roma 1986.

 

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