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La Petaccia

tempo di lettura: 6 minuti

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livello elementare

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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XIX SECOLO
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: Petaccia

 

Non è facile trovare una definizione precisa per capire cosa fosse una petaccia. Secondo il Vocabolario marino e militare del Guglielmotti è il nome dato dagli italiani del cinquecento al minimo di tutti i bastimenti quadri…. Bastimento di 150 tonnellate, due alberi di gabbia, velatura quadra, otto o dieci cannoncini. Sempre secondo il Guglielmotti il nome deriverebbe da una specie di pianella…comunissima in quel tempo. Secondo altre fonti il termine si rifarebbe  invece allo spagnolo pataje, a sua volta derivato dall’arabo battâš, usato per indicare genericamente una nave leggera.

Si tratta di informazioni erudite, ma insufficienti per determinarne, se non in linea di massima, le caratteristiche generali e, tantomeno, l’impiego e la diffusione lungo le coste mediterranee. La petaccia genovese era comunque qualcosa di molto diverso e, in più, di unico. Non si dice niente di nuovo sottolineando l’importanza che ha sempre rivestito il porto di Genova nell’economia italiana in ogni tempo e  i molti problemi  che porta con sé  l’avere questo primato. Ovviamente  le cose non andavano diversamente nel XIX secolo, ma oltre all’abituale presenza di una folla di marinai cosmopolita, facili alla rissa e all’ubriachezza, dediti al piccolo contrabbando e insaziabili clienti della prostituzione, Genova era il centro più importante delle sette e delle società segrete, in particolare la Giovine Italia del Mazzini che fra gli equipaggi contava moltissimi adepti e continuamente ne reclutava. Rivoluzionari, sobillatori, terroristi ante litteram che venivano attentamente tenuti d’occhio dalle autorità, tanto più che a Genova, proprio in mezzo al porto, aveva allora sede la principale base della Marina Militare ed ovviamente non si voleva che gli equipaggi venissero corrotti da certe idee.

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La Lanterna fa da sfondo alla petaccia in un’immagine ottocentesca


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Infine non vanno dimenticati i problemi connessi alla sicurezza dato che ci si stava avviando verso un mondo moderno: la navigazione a vapore aveva imposto lo stoccaggio di grandi quantità di carbone, facile esca per il fuoco, e il porto era stato collegato con la ferrovia così che c’era un continuo andirivieni di treni (1). Non c’è da stupirsi, quindi, che il governo cercasse di fare di Genova, per dirla in modo moderno, una città “blindata”. 

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La polizia marittima era di competenza della Marina Militare che la esercitava tramite gli ufficiali dello Stato Maggiore dei Porti che per i compiti esecutivi si avvalevano del personale militare di bassa forza scelto fra coloro che per qualsiasi ragione non erano idonei all’imbarco. A metà dell’800 era Comandante del porto il Capitano di vascello Giuseppe Rey di Villarey che lo resse con grande professionalità, in particolare nel 1859 in occasione delle operazioni di sbarco delle truppe francesi dirette nella pianura padana per guerra contro l’Austria. Fu ancora lui a collaborare con i garibaldini in occasione della “cattura” dei piroscafi Lombardo e Piemonte nel maggio 1860. 

Secondo il Regolamento per li porti marittimi de’ Regii Stati, promulgato dal re di Sardegna Carlo Felice nel 1827, all’articolo 127 si disponeva che durante la notte nei porti si eseguiranno le ronde per mezzo de’battelli addetti alla polizia sia per scrutare verso il mare aperto per individuare eventuali navi in difficoltà, sia per il mantenimento della pubblica quiete e la repressione di malviventi. Altre ronde venivano effettuate lungo le banchine e, in occasione della già ricordata cattura dei due piroscafi da parte dei garibaldini, il Comandante Rey tenne consegnata la ronda per tutta la notte nei locali della Capitaneria.

Dopo questa lunga premessa, veniamo alla nostra petaccia.
In pratica si trattava di un grosso pontone con una sovrastruttura chiusa e un unico albero per segnali che svolgeva generiche funzioni di guardaporto e rimaneva normalmente ormeggiato al centro dello specchio d’acqua dello scalo.

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La petaccia (Da L’Illustrazione italiana)

Inoltre, secondo l’ultimo comma dell’articolo 85  Regolamento dei porti del 1827 … Le petacce serviranno di sito di detenzione provvisoria o di castigo di disciplina per i contravventori ai regolamenti marittimi del porto e il più tardo Regolamento per l’esercizio dello scalo costrutto nel Porto di Genova per servizio della ferrovia a cavalli di Sampierdarena  (2) pubblicato nel Giornale Militare piemontese del 1858 precisava in aggiunta che colui che veniva sorpreso a vagare  di notte in tale scalo  dovesse passare in petaccia il resto delle ore notturne.

Oltre ai responsabili di piccole infrazioni o a quei casi più  gravi in cui il presunto colpevole era detenuto in attesa   di essere consegnato all’autorità di Pubblica Sicurezza, venivano anche confinati per il soggiorno notturno sull’imbarcazione i marinai delle navi mercantili che si aggiravano in qualsiasi parte del porto  senza motivi giustificati dal servizio. La permanenza in petaccia poteva essere anche abbastanza lunga: i componenti della Compagnia dei Soccorsi Marittimi che non si presentavano alla chiamata vi venivano rinchiusi per tre giorni e per ben 15 giorni i loro capi squadra quando mancavano a qualcuno dei loro doveri. Talvolta troviamo che la nave è chiamata anche patacchia (3)

Se si considera che si trattava di una struttura aperta da ogni lato, la promiscuità  delle prigioni dell’epoca e la disciplina militare che vi regnava, la permanenza doveva essere piuttosto sgradevole ed era una  prospettiva che poteva avere un efficace  scopo intimidatorio, almeno per chi non fosse abituato a delinquere o a trasgredire. Il personale di bordo era fornito dalla Marina Militare che, secondo il Regio Decreto del 23 dicembre 1857, era tenuta ad assegnare alla Capitaneria una ventina di persone fra sottufficiali e marinai che si alternavano  fra i servizi a terra, quelli sulle imbarcazioni di sorveglianza e l’imbarco sulla petaccia sulla quale, peraltro, un Secondo Nocchiere vi era assegnato permanentemente.

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La petaccia sulla cui fiancata si legge ”R. GUARDA PORTO”

Quest’uso sopravvisse a lungo:  nella discussione parlamentare sul bilancio piemontese del 1859 si accenna allo stanziamento di fondi affinché  possa mantenersi servibile la sdrusita petaccia che serve di corpo di guardia al porto. Ancora molti anni dopo il Regolamento per lo sbarco e imbarco del petrolio e altre materie infiammabili nel porto di Genova del 7 giugno 1872 prevedeva che le imbarcazioni cariche di questi prodotti che fossero trovate ormeggiate al di fuori dei luoghi prescritti  venissero condotte alla petaccia presso la quale, dopo aver pagato le previste sanzioni, i proprietari dovevano andare a ritirarle.

Durante le ore notturne la presenza di questa imbarcazione era segnalata da un fanale  situato sull’unico albero a 9,25 metri di altezza sul livello del mare; nel 1867 il suo colore fu mutato da bianco a verde. Sembra che l’ultimo atto della storia dell’ormai vecchissima Petaccia sia stato recitato nel 1879, quando il Commissariato della Regia Marina di La Spezia la mise in vendita per 6.000 lire.

Guglielmo Evangelista     

                                                 

NOTE

(1) Il raccordo con il porto fu attivato nel 1853 in concomitanza con l’apertura della ferrovia Torino-Genova.

(2) Tutti i carri ferroviari in origine erano trainati da cavalli che tuttavia furono ben presto  sostituiti da locomotive a vapore, eccetto un breve tratto nella zona occidentale del porto dove le locomotive non potevano transitare che rimase a lungo a trazione animale, poi sostituita da trattrici.

(3) Curiosamente, e forse solo per la superficiale assonanza o un’involontaria casualità, il nome patacchia era quello di un’antica moneta genovese di scarso valore.

 

In anteprima, un’immagine inedita e a dir poco eccezionale: la Darsena delle galere, poi sede della Marina Militare del Regno di Sardegna con il bacino costruito nel 1851. Considerati i vari di imbarcazioni presenti, tutte mercantili,  la fotografia sembra risale al 1870-75,  dopo che la flotta fu trasferita a La Spezia e prima della rapida demolizione di tutte le strutture, escluso il bacino che è tutt’oggi in attività – foto credito Agenzia Bozzo | vecchie vele | Porto di Genova 1870 | cartolina | piroveliero | nave in bacino

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