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livello elementare.
ARGOMENTO: STORIA NAVALE ROMANA
PERIODO: I SECOLO
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: Ottaviano, Marco Agrippa
Bellum siculum
L’anomalo potere navale assunto da Sesto Pompeo, che si era arbitrariamente insediato in Sicilia ed aveva dato il comando delle sue flottiglie ad ex capi pirati catturati da suo padre, si era progressivamente trasformato, da un motivo di preoccupazione politica dei Triumviri ad una causa di gravissimo allarme per il solo Ottaviano, poiché l’Italia veniva sempre più affamata dagli attacchi navali pirateschi condotti contro il traffico mercantile e le coste.
In assenza di Agrippa, governatore della Gallia per due anni, Ottaviano [20] con due flotte aveva affrontato in mare i nemici, conseguendo due effimeri successi (acque di Cuma e Capo Peloro), subendo infine rilevantissime perdite direttamente causate dal maltempo [21].
Sesto Pompeo ringraziò Nettuno e si autoproclamò figlio del dio, di cui indossò il manto azzurro. Ma sul finire di quello stesso anno Marco Agrippa rientrò in Italia par assumere il suo primo consolato (37 a.C.) ed il comando della guerra marittima [22].
Come risulta evidente dai risultati che conseguì, il giovanissimo comandante in capo, non ancora ventiseienne, si prefisse fin dall’inizio il più ambizioso dei traguardi della strategia navale: il dominio del mare.
Il suo primo obiettivo non fu quindi quello di sconfiggere in battaglia navale le prime flottiglie dei pirati di Sesto Pompeo che avesse incontrato, ma di spazzare via dal Tirreno ogni minaccia navale. Pertanto, anche se Ottaviano aveva già avviato varie costruzioni navali, Agrippa richiese (con successo) ad Antonio altre 120 navi in cambio di legionari.
Di fatto Agrippa progettò e creò ex novo una nuova marina militare, con tutte le componenti necessarie: cantieri navali, porto militare, base navale, strutture addestrative, alloggiamenti, servizi logistici e sistemi di sicurezza, inclusi alcuni collegamenti di emergenza in galleria.
Curò egli stesso il reclutamento del personale e la progettazione di navi più robuste e meglio armate delle precedenti, e vi introdusse delle dotazioni innovative, quali le torri di combattimento smontabili – che potevano venir erette repentinamente sul ponte di coperta – ed il cosiddetto arpax, un arpione pesante da lanciare con la catapulta per accelerare gli abbordaggi ed i conseguenti arrembaggi; pose inoltre ogni cura nell’addestramento dei nuovi equipaggi, a terra ed in mare, sfruttando anche le giornate di maltempo per abituare gli uomini alla navigazione nelle condizioni più severe.
Nella primavera dell’anno seguente, la poderosa nuova forza navale si approntò al combattimento.
Il piano di Agrippa, approvato da Ottaviano, fu quello di far convergere sulla Sicilia tre flotte che dovevano investirla contemporaneamente dai suoi tre mari: dal canale di Sicilia la flotta di Lepido con le legioni provenienti dall’Africa, dallo Ionio la flotta di Ottaviano proveniente da Taranto (le navi di Antonio) per sbarcare le legioni disponibili in Italia, dal Tirreno la flotta di Agrippa per impegnare quella nemica.
Sebbene il maltempo e le reazioni nemiche avessero provocato a livello tattico qualche temporanea penalizzazione, prontamente compensata dalle reazioni dello stesso Agrippa, il piano conseguì pienamente il risultato prefissato: Sesto Pompeo, trovatosi bloccato nella punta nord-orientale dell’isola, con i viveri tagliati da terra e dal mare, fu costretto a far uscire la sua flotta contro quella di Agrippa per tentare di liberarsi. Venne così sconfitto in battaglia navale nelle acque di Nauloco, perdendo tutte le sue navi tranne le diciassette con le quali fuggì (per andare a trovare la morte). Il suo potere marittimo era stato annientato; il Tirreno era nuovamente sicuro.
Bellum dalmaticum
L’attenzione di Ottaviano si spostò logicamente sull’altro versante d’Italia, poiché anche in Adriatico le coste ed il traffico mercantile erano oggetto di reiterate azioni ostili, localmente originate dall’endemica pirateria illirica annidata fra le coste e le isole della Dalmazia. Pertanto, fin dalla primavera dell’anno seguente (35 a.C.) egli avviò gli interventi necessari.
Sebbene questa guerra sia durata due anni, le fonti disponibili ne hanno riferito solo pochi dettagli, che sono tuttavia stati interpretati in modo sostanzialmente univoco da tutti gli studiosi [23]. Oltre ad Ottaviano (che venne ferito), a questa altra guerra marittima partecipò ovviamente anche Agrippa. La sua flotta annientò i covi di pirati esistenti nelle isole di Meleda e Curzola, poi raggiunse la regione del Quarnaro, ove si impadronì di tutte le navi dei Liburni – anch’essi datisi alla pirateria – e di Segna, la loro capitale.
La stessa flotta, che presumibilmente utilizzò i porti di Brindisi, Ancona, Ravenna, Segna, Zara e Salona, contribuì anche alla presa di Metulo, capitale dei Giapidi, ed al sostegno delle forze che operarono nell’entroterra, mentre l’anno successivo fornì un concorso determinante al blocco dei rifornimenti di viveri diretti ai ribelli Dalmati, che si arresero infine, nell’inverno 34-33 a.C., proprio perché stremati dalle privazioni.
In definitiva, con questa guerra Agrippa estese il dominio del mare all’intero Adriatico, potenziò la flotta romana con l’immissione delle veloci liburne e fornì un prezioso insegnamento sull’uso strategico dello strumento navale [24].
Domenico Carro
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Note
[20] “The remaining stages of the long-protracted struggle against Sextus belong entirely to Octavian and form the most difficult military operations of his whole life“. (C.G. Starr, The Roman Imperial Navy, 31 B.C. – A.D. 324, Cambridge, W. Heffer & Sons Ltd., 1960, p. 6)
[21] Nessuna meraviglia per questi naufragi, che purtroppo sono sempre accaduti, non solo nell’antichità: “secondo Ekkehard Eickhoff, … nel periodo da lui studiato (650-1040) le flotte musulmane nel Mediterraneo perdettero «a essere cauti» quattro volte più galere per le tempeste che per le azioni nemiche.” (P. Janni, Miti e falsi miti – Luoghi comuni, leggende, errori sui Greci e sui Romani, Bari, Dedalo, 2004, p. 129, nota 4)
[22] Per i dettagli relativi a tutti gli eventi trattati in questo saggio e per le relative fonti antiche: D. Carro, Classica… VIII. Cesare Ottaviano, Marco Agrippa e la Pax Augusta, Roma, Rivista Marittima, 1999.
[23] Ad esempio: E. Ferrero, Grandezza e decadenza di Roma, Vol. III, Da Cesare ad Augusto, Milano, Fratelli Treves, 1904, p. 460; M. Reddé, cit., pp. 350 e 471; J.M. Roddaz, Marcus Agrippa, Roma, École Française de Rome, 1984, pp. 142-5 ; M.S. Kos, The Role of the Navy in Octavian’s Illyrian War, in “Histria antiqua”, 21, 2012, pp. 94 e 97-8; A. Kurilic, Roman Naval Bases at the Eastern Adriatic, in “Histria antiqua”, cit., pp. 115-6.
[24] “Agrippa est, sans conteste, un précurseur. En revalorisant, par ses victoires de Sicile, le rôle de la flotte et en faisant prendre conscience de son importance, il introduit un nouvel élément dans les concepts stratégiques de son époque, en mettant en évidence le parti que l’on peut tirer de l’utilisation des navires, dans un pays où la mer est le principal moyen d’approche et dont les voies navigables représentent le meilleur moyen de pénétration.” (J.M. Roddaz, cit., pp. 143-4).
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ammiraglio di divisione della Riserva della Marina Militare Italiana, dal momento del suo ritiro dal servizio attivo, assecondando la propria natura di appassionato cultore della Civiltà Romana, ha potuto dedicarsi interamente all’approfondimento dei suoi studi storiografici, nell’ambito dei quali ha pubblicato numerosi libri e saggi, creato l’interessantissimo sito ROMA AETERNA ed il foro di discussione FORVM ROMAETERNA (2001-2013), poi sostituito dall’istituzione di pagine estratte da “Roma Aeterna” nelle maggiori reti sociali, quali Linkedin, Facebook, Twitter, Youtube, Flickr, etc. Non ultimo, l’ammiraglio Carro è relatore in importanti convegni, nazionali ed internazionali sui temi della storiografia romana e della salvaguardia della cultura marittima.
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