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La Santa Anna, la “nave di Rodi”

tempo di lettura: 7 minuti

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livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XVI SECOLO
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: Sant’Anna, Tunisi, Carlo V
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Nel 1535 l’imperatore di Spagna Carlo V, alla guida di un esercito forte di 25.000 fanti e 2.000 cavalieri, e di una flotta di 335 tra galee, navi, orche e caravelle appartenenti alla Spagna, al Sacro Romano Impero, ai Regni di Napoli e di Sicilia, alla contea di Fiandra, alla Repubblica di Genova, al Regno di Portogallo, allo Stato della Chiesa e ai Cavalieri di Malta, attaccò e prese la città di Tunisi. Al seguito dell’Imperatore vi era anche un artista, il pittore fiammingo Jan Cornelisz Vermeyen che immortalò l’impresa producendo dieci dipinti che servirono di base per la serie di arazzi intitolata “la Conquista di Tunisi”, realizzati dal fiammingo Willem de Pannemaeker.

Nel settimo arazzo, intitolato “La presa della Goletta”, è raffigurata la flotta di Carlo V impegnata nell’attacco del 14 luglio che portò alla conquista della città che costituisce l’avamporto di Tunisi: al centro della scena spicca un’imponente “nave” [1] che inalbera le insegne dell’ordine dei Cavalieri di Rodi.

Real_Alcázar. Salón de los Tapices. Arazzo VII. “Toma de la Goleta”

Lo storico e accademico spagnolo Gervasio Artíñano y Galdácano nel suo libro “La arquitectura naval espanola” riporta e fa proprio quanto scritto da frà Ivan Agustin de Funès in “Coronica de la Ilustrissima Milicia Y Sagrada Religion de San Ivan Bavtista”, pubblicata nel 1639, secondo il quale il bastimento raffigurato nell’arazzo è la famosa nave Santa Anna [2]. Poiché Vermeyen dipinse dal vero, è molto probabile che la nave dell’arazzo riproduca abbastanza fedelmente l’aspetto della Santa Anna. La Santa Anna, conosciuta anche come la “nau de Rodi” o anche “la grande caracca di Rodi”, era stata costruita nel 1523 sulla spiaggia di Nizza per conto dei cavalieri dell’Ordine Gerosolimitano, detto all’epoca anche dei cavalieri di Rodi, dal nome dell’isola nella quale si erano insediati e che i cavalieri superstiti dell’assedio turco del 1522 dovettero abbandonare il primo di gennaio del 1523 (solamente nel 1530 l’Ordine troverà una nuova sede definitiva nell’isola di Malta, cedutagli dall’imperatore Carlo V insieme a quella adiacente di Gozo). .

Malta Maritime Museum, modello della Santa Anna

Secondo una tradizione riportata da Giacomo Bosio nella sua storia dell’Ordine Gerosolimitano, compilata tra il 1594 e il 1602, la Santa Anna fu varata lo stesso giorno nel quale i turchi entrarono a Rodi. Una volta varata, la Santa Anna fu rimorchiata nell’adiacente porto di Villafranca (l’attuale Villefranche-sur-mer) dove ne venne terminato l’allestimento. Giacomo Bosio fornisce una lunga e dettagliata descrizione della grande nave, descrizione che, grazie alla sua fama sarà poi ripresa con minime alterazioni da altri storici dell’epoca: in alcune parti la descrizione è certamente fantasiosa ma, essendo stata scritta solo ottant’anni dopo il varo, in linea di massima è probabilmente attendibile e dà comunque un’idea dell’imponenza di una nave che era famosa in tutto il Mediterraneo. La Santa Anna per “… l’opere morte, e le commodità, e gli ornamenti grandi, chaveva si, che riuscì il maggiore, migliore, e più stupendo Vascello, che nel Mare Mediterraneo per l’addietro mai veduto si fosse …”.

La Sant’Anna aveva sei ponti (in questo numero sono probabilmente compresi anche i ponti del castello e del cassero), di cui due al di sotto della linea di galleggiamento; la carena era foderata con lastre di piombo fissate al fasciame con chiodi di bronzo per prevenire i danni prodotti dalla teredine; sembra verosimile l’affermazione che l’altezza massima del castello di poppa superasse di una canna (2,4 m circa) quella dell’albero di una galea mentre è forse esagerata quella che il diametro dell’albero di maestra fosse tale che sei uomini non erano sufficienti a circondarlo. Secondo Bosio aveva tre gabbie “… l’una sopra l’altra, e peruchetto sopra peruchetto”. In realtà anche parte di questa affermazione sembra un’esagerazione, in quanto come si vede dall’arazzo l’albero di maestra portava solamente la vela di maestra e la vela di gabbia, come era d’altronde consueto sulle navi coeve.

Secondo Agustin de Funes la stazza della Santa Anna era di 14.000 salme siciliane. L’armamento sarebbe stato composto oltre che da numerose artiglierie minori, da cinquanta bocche da fuoco di grosso calibro concentrate a prua, poppa e centro nave, un numero probabilmente esagerato, L’equipaggio contava 300 marinai e fino a 500 uomini d’arme e la nave poteva imbarcare provviste sufficienti per quattro-sei mesi di navigazione. Forse con una certa esagerazione Bosio afferma che la Sant’Anna era in grado di “contrastare e rovinare cinquanta Galere nemiche”. Probabilmente frutto di fantasia è il fatto che a poppa vi fossero diverse “logge e gallerie…con casse piene di terreno nelle quali erano piantati alcuni cipressi, melangoli, &altri diversi alberi…a guisa di giardinetti ”; Bosio aggiunge anche che a bordo non si mangiava biscotto, bensì pane fresco prodotto grazie alla disponibilità di “molini a mano” e di un forno. Spesso è stato scritto che la Santa Anna fosse “corazzata” con lastre di piombo: tale asserzione è basata sulla descrizione del Bosio secondo il quale “… era tutta fasciata di piombo, dall’opere morte abbasso, e sott’acqua … onde era tanto stagna, che non era necessario mai di sgottare …” e le due “coperte” (ponti) che si trovavano sotto la linea di galleggiamento “… erano di piombo … in tal maniera accomodate, ch’era impossibile il poterla mai cacciare in fondo …”.

E’ assai difficile che per proteggere lo scafo dalle cannonate tra tutti i materiali disponibili fosse stato scelto proprio il piombo, trattandosi di un materiale “morbido” e poco resistente agli urti; appare anche inverosimile che i due ponti inferiori fossero rivestiti di piombo. D’altra parte una completa fasciatura dell’opera morta con lastre di piombo dello spessore necessario ad arrestare le palle dei cannoni dell’epoca avrebbe comportato un peso sicuramente inaccettabile. E’ molto più probabile che Bosio si riferisse ad una fodera di piombo applicata alla sola carena per prevenirne l’incrostazione da parte della vegetazione e dei molluschi marini. D’altra parte lo stesso Bosio attribuisce alla robustezza e allo spessore del fasciame della nave il fatto che pur avendo combattuto spesso le cannonate che aveva ricevuto non ne avessero mai trapassato la fiancata.

Nel 1535 la Religione si unì alle forze imperiali per l’attacco a Tunisi, inviando la Santa Anna e quattro galere; le cinque unità salparono da Malta il 30 maggio 1535 dirette alla volta di Trapani dove avrebbero dovuto congiungersi alla flotta imperiale. La Santa Anna e le galere avevano l’ordine di navigare di conserva, ma ben presto si evidenziò il problema che nel Mediterraneo impediva generalmente ai bastimenti di alto bordo a vele quadre di operare efficacemente insieme alle galere, ossia la bonaccia assai frequente in quella stagione che immobilizzò la grande nave. I capitani delle galere si resero conto che se avessero obbedito all’ordine di rimanere insieme alla nave sarebbe stato loro impossibile raggiungere in tempo le forze imperiali e, poiché era impossibile rimorchiarla a causa della sua grande stazza, convennero di procedere separatamente dalla Santa Anna, lasciandola ad attendere venti favorevoli che le consentissero di raggiungere la flotta imperiale in Sardegna o direttamente sulle coste della “Barberia”.

Le galere della Religione si unirono alla flotta di Carlo V all’altezza della Sardegna e con essa si recarono davanti alla fortezza della Goletta, dove l’esercito sbarcò e cominciò le operazioni di assedio. La Santa Anna riuscì finalmente ad arrivare davanti alla Goletta ad assedio ormai avanzato. Al suo arrivo oltre a salutare l’imperatore con una salva di artiglieria, scaricò tre volte i suoi cannoni contro una torre della fortezza, causandone il crollo parziale..

.Il 14 luglio partecipò all’attacco finale, rappresentato nell’arazzo, che portò alla conquista della fortezza. La flotta fu schierata con le galere in prima fila, seguite in ordine crescente di dimensioni dalle altre navi e dai galeoni ed infine dalla Santa Anna, in modo che le navi più grandi non mascherassero quelle più piccole. In seguito, la Sant’Anna partecipò a numerosi altri combattimenti; fu disarmata nel 1540 in seguito alle rigorose misure di economia prese dal Gran Maestro per compensare le perdite finanziarie provocate dalla confisca dei beni inglesi dell’ordine seguita allo scisma di Enrico VIII.

Coeva della Santa Anna era la “caracca” inglese Mary Rose, costruita durante il regno di Enrico VIII, qui raffigurata nei celebri Anthony Rolls realizzati negli anni ’40 del 1500, nei quali erano ritratti 58 bastimenti da guerra dell’epoca dei Tudor.

Raffigurazione moderna della Mary Rose basata sull’immagine contenuta negli Anthony Rolls e sul suo relitto localizzato nel 1971, recuperato nel 1982 ed ora esposto nel nuovo magnifico Mary Rose Museum di Portsmouth

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Secondo quanto è riportato in un pannello del Malta Maritime Museum la grande nave rimase abbandonata a marcire nel Galley Creek finché non fu demolita per recuperarne il legname. Alcune delle sue sculture e pannelli dipinti furono però salvati in quanto opere d’arte.

Aldo Antonicelli

articolo pubblicato originariamente sulla pagina FB Laboratorio di Storia marittima e navale
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Note

[1] Nel XV-XVI secolo nelle marinerie mediterranee i grandi bastimenti d’alto bordo a vele quadre, che nelle marinerie nordiche erano denominati “carrack”, erano invece chiamati “navi”. Solamente verso la fine del ‘500 il termine “caracca” cominciò ad essere utilizzato anche nel Mediterraneo, prevalentemente nelle opere letterarie di carattere storico.

[2] “… il ricordo [della Santa Anna] è tanto vivo nella Religione che si è provveduto a conservarlo con dipinti che io ho visto di essa in Malta, e a Madrid, negli arazzi di Sua Maestà in oro, e seta, di questa giornata di Tunisi …”.

Fonti:
G. Bosio, “Dell’Istoria della Sacra Religione ed Ill.ma Militia di S. Giovanni Gierosolimitano”, 1676-1684.
G. de Artiñano, “La arquitectura naval española”, 1920.
G. de Artiñano, “The Santa Anna”, The Mariner’s Mirror, vol. 10, n° 2, 1924.
C. Field, “The Santa Anna; An Early Armour-Clad”, The Mariner’s Mirror, vol. 9, n° 12, 1923.
I. A. de Funès “Coronica de la Ilustrissima Milicia Y Sagrada Religion de San Ivan Bavtista”, 1639.
R. Morton Nances, “The Santa Anna”, The Mariner’s Mirror, vol. 10, n° 2, 1924.
Los tapices del Alcazar de Sevilla.

 

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