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livello elementare.
ARGOMENTO: RELITTI
PERIODO: XIX SECOLO
AREA: MAR MEDITERRANEO – SICILIA
parole chiave: Bowesfield
Identificare un relitto non è sempre facile. Ci vuole molto lavoro di archivio seguito da immersioni a volte al limite del possibile. Oggi Vincenzo Striano ci racconta la storia dell’identificazione dei resti della Bowesfield, uno dei relitti dello stretto di Messina.
Un relitto che era senza nome
L’identificazione del relitto di Torre Faro è stata realizzata per gradi, grazie alle risposte date ad alcuni interrogativi che riguardavano i relitti di due differenti piroscafi, affondati nelle acque nella periferia nord di Messina.
Andiamo per ordine. Sui fondali delle acque antistanti la chiesa di Torre Faro, un borgo di pescatori a nord di Messina, si trovano due relitti: il primo ridotto a pochi resti è denominato dai locali il relittino e si trova a qualche decina di metri a nord della chiesa. Il relittino consta di poche ossature della nave e presenta resti sparsi del carico tra i 10 ed i 30 metri di profondità. Il secondo relitto si trova invece a circa un centinaio di metri di distanza, verso sud, ed appare in buono stato, adagiato in assetto di navigazione dai 30 ai 70 metri di profondità lungo un fondale di ghiaia e sabbia piuttosto ripido come diffusamente rilevabile su ambo le sponde dello Stretto. Il secondo relitto, quello più profondo, è chiamato tradizionalmente dai pescatori di Faro U vapuri inglesi. Ma andiamo per ordine. In passato, veniva erroneamente pensato che questo relitto più profondo fosse quello del vapore britannico Amérique, che dopo essere spiaggiato era scivolato lontano da costa per via della forte inclinazione dei fondali.
Alcune vecchie cartoline, pubblicate anche nella splendida raccolta “Saluti da Messina, la città antica” di Vincenzo Pugliatti e Franz Riccobono, ritraggono chiaramente la nave arenata sulla spiaggia di Torre Faro: in una di queste, sulla prua della nave è leggibile il nome Amérique.
Recuperando notizie sulla nave Amérique mostrata sulla cartolina, che era spiaggiata il 24 marzo del 1904, scopriamo che era un piroscafo, varato il 15 novembre 1879 a Dumbarton (Scozia) per la compagnia Fraissinet di Marsiglia: batteva quindi bandiera francese e non inglese. Era lunga 94,04 metri per 11 di larghezza. Una ricerca negli archivi delle biblioteche ha permesso di recuperare il numero della Gazzetta di Messina e delle Calabrie dove si racconta la vicenda del suo affondamento. La nave era partita da Marsiglia con un carico di merci varie: 200 sacchi di caffè, terraglie, oli minerali, farina, tessuti e cotone; la nave era diretta al Pireo, ma imboccando lo Stretto di Messina venne speronata dal piroscafo Solferino, della Navigazione Generale Italiana. La falla prodottasi nello scafo costrinse il comandante August Sanché a dirottare la nave sulla spiaggia di Torre Faro, dove si arenò. Ci domandammo quindi se poteva essere veramente il relitto profondo.
Dall’analisi dei documenti emerse però che l’Amerique batteva bandiera francese e non inglese e, esaminando la foto, valutammo che l’occhio di cubia dell’Amerique era molto più vicino alla coperta di quello del relitto più profondo di Torre Faro che era invece più in basso.
La dimensione misurata del relitto era inoltre di quasi venti metri più corta di quella (di provenienza non conosciuta e di veridicità da appurare) indicata sul sito www.wrecksite.eu, dove però gli altri dati esposti coincidevano con quelli reali della Amérique. Un bel mistero.
Inoltre il relitto della nave di Torre Faro si trova a sud della chiesa, mentre il piroscafo francese, come visibile sulla cartoline, si arenò a nord dell’edificio. Di fatto la posizione dei resti sparsi del relittino, coincidono con la posizione dell’Amérique e, fra i resti del carico del relittino–Amerique, sono visibili alcune tegole, con incisa la provenienza dalla ditta dei Fratelli Guichard, di Séon-St-Henry, vicino Marsiglia, famosa a fine ‘800 anche per il leone del suo marchio.
Una volta stabilito che il relittino è quello dell’Amerique, ci domandammo se il relitto più profondo, a sud della Chiesa, fosse quello della Solferino con cui il piroscafo francese era entrato in collisione. L’articolo pubblicato il 25 marzo 1904 sulla Gazzetta di Messina e delle Calabrie sembrò però smentire questa ipotesi, riportando che la Solferino, sulla quale erano stati imbarcati sei marinai della Amérique, restò per più di un’ora in balia delle correnti, e poi fece rotta per Messina.
Gazzetta di Messina e delle Calabrie del 25-26 marzo 1904
La ricerca negli archivi storici del Miramar Ship Index confermò un ulteriore risultato definitivo; sebbene la Solferino fosse in origine un piroscafo inglese, la Carlton Tower, ID No 1085054, varato il 10 agosto del 1881 dal cantiere Wigham Richardson & Co, di Low Walker, nel 1881, e poi ceduto a Genova nel 1888 agli armatori Schiaffino & Solari e successivamente alla Navigazione Generale Italiana nel 1891, la nave era però affondata il 15 maggio 1914 lungo le coste meridionali del Mediterraneo, a 20 miglia nautiche ad Ovest di Sollum nei pressi del confine tra Egitto e Libia. Il mistero permaneva.
Finalmente la Bowesfield!
Avendo escluso che il relitto di Tore Faro sui fondali a sud della Chiesa fosse la Solferino, bisognava indirizzare le ricerche sulla storia di un’altra nave, di presunta costruzione alla fine del 1800 (deduzione derivante dalle forme dello scafo). Secondo voci diffuse fra la popolazione locale, dal relitto anni fa era stata asportata una targa. Secondo queste voci sulla targa sarebbe riportato Richardson & Duck (o qualcosa di simile) e Stockton on Tees. Secondo altre voci, si pensa basate su reperti fotografici, sembra che sulla targa asportata ci fosse anche scritto Yard 263 e 1881.
Del resto, ben tre giornali italiani del tempo riportano l’evento di un naufragio a Torre Faro: la Gazzetta di Messina del 22-23 Maggio 1892, L’Imparziale del 25 maggio 1892 e Politica e Commercio del 23 maggio. Secondo questi quotidiani la Bowesfield (chiamata, tuttavia, rispettivamente Bovvesfield, Bouvesfléld e Bomesfield) il 21 maggio 1892 urtò gli scogli di Punta Peloro, al Faro, restando gravemente danneggiata e affondando. Secondo gli stessi giornali il mercantile portava un carico di carbone da Swansea ad Ancona (Bari per l’Imparziale).
Le fonti britanniche confermarono che il carico era proprio carbone e che la nave era diretta ad Ancona. L’evento fu seguito e raccontato dalla cronaca inglese. Dal Northern Echo apprendemmo che la collisione con le rocce avvenne alle 22.30 e che il Comandante George Bayley volontariamente diresse la prua della nave verso la costa, cercando così di salvarla.
Secondo la testata Liverpool Mercury, il 25 maggio 1892, i palombari, sebbene ostacolati dalla forte corrente, individuarono nella stiva 1, a sinistra, una falla di circa 5 metri per 1, in cui si era incastrata una roccia lunga un metro. Il 31 maggio la situazione venne definita “senza speranza”. Il 17 agosto sempre il Liverpool Mercury riportò che, mentre era in corso un tentativo di recupero, i ponti si spezzarono e tutte le speranze di riportarla a galla svanirono.
Anche sui giornali italiani trovammo traccia del tentativo di recupero svolto da quattro palombari del piroscafo Utile. Si può ragionevolmente supporre che l’Utile, adibito al recupero di navi cui fanno riferimenti gli articoli, fosse quello utilizzato dalla Impresa Genovese di Salvataggi Marittimi gestita dalla ditta Baghino Giuseppe e Figli di Genova. Questa ditta si era distinta solo tre anni prima per il recupero della nave inglese Sultan, una corazzata a tre alberi che era naufragata il 15 marzo 1889 a Malta, e per aver recuperato a Messina nel 1911, il San Giorgio.
Le nostre ricerche negli archivi confermarono quindi l’esistenza del piroscafo Bowesfield, (scafo numero 263) costruito nel cantiere Richardson, Duck & Co. (già South Stockton Iron Ship-Building Co.) di Thornaby (città sita sull’altra sponda del fiume Tees rispetto a Stockton).
La Bowesfield, varata il 16 novembre 1880 e completata nel successivo mese dicembre, risultò nelle fonti inglesi affondata a Faro Point il 22 maggio 1892. La data 1881, iscritta sulla targa asportata dalla nave, avrebbe quindi potuto riferirsi al viaggio inaugurale o a qualche altra occasione ufficiale, successiva al completamento della nave. Altra ipotesi è che il completamento della nave fosse stato previsto per l’inizio del 1881, pertanto la targa sarebbe stata fusa con quella indicazione, ma la nave fu invece completata con qualche giorno di anticipo, nel dicembre 1880.
La nave cargo apparteneva ad una piccola società armatrice, fondata a Stockton da F. Binnington ed altri soci, nel 1878, con l’acquisto dallo stesso cantiere Richardson, Duck & Co. della Ashfield, di 1537 tons. In seguito furono acquisite la Bowesfield nel 1880, la Driffield nel 1882, la Elmfield nel 1883 e la Fairfield nel 1884; tutte queste navi avevano più o meno lo stesso tonnellaggio (range: 1.650 ±10%).
Con l’aggiunta delle più grandi Glenfield e Castlefield (notate la comune desinenza field, tanto da originare il nome Field SS Co. per la società armatrice) la flotta di Binnington raggiunse il suo massimo sviluppo (sette unità) nel 1891. Ma già quattro anni dopo la flotta si ridusse a quattro sole unità e la compagnia fu rilevata da E. Aston, che vendette alcune navi e, nei dieci anni successivi, acquistò la Holmfield, la Inglefield, la Kingfield e la Lynfield.
Secondo Schell Registers and British Ocean Tramps di P. N. Thomas, nel 1914 due sole navi erano ancora in servizio, ma nel 1917 la Kingfield venne venduta a B. J. Sutherland e la Linfield (secondo British Merchant Ships Sunk by U-boat in World War One di A. J. Tennent) venne affondata, mentre era in viaggio da Cardiff ad Alessandria, dal sottomarino tedesco U-35, 32 miglia a sudest di Malta. La compagnia delle field non sopravvisse quindi alla Prima Guerra Mondiale, ma alcune delle sue navi sono ancora oggi nelle acque del Mediterraneo. Dai registi degli USA, emerge inoltre, che la Bowesfield, negli anni fra il 1887-1892, fece scalo anche oltreoceano.
Grazie alla preziosa collaborazione con la biblioteca comunale di Stockton, la Stockton Reference Library, abbiamo ritrovato la scheda delle misure della nave, redatta nel febbraio del 1891.
Dalla scheda si rilevano le dimensioni che risultarono compatibili con quelle misurate “in situ” sul relitto, anche dal nucleo subacqueo dei Carabinieri e da un team di dieci subacquei. I valori consentirono di confermare le misure di lunghezza, larghezza e pescaggio “stimato” riportate sul documento di fabbricazione e quindi risultarono coerenti con la nostra identificazione. Altro elemento importante è il carico di carbone che ritrovammo nella stiva di prua del relitto. Si trattava del carico della Bowesfield.
In sintesi, l’analisi delle fonti e le immersioni ci hanno consentito di identificare questo relitto senza nome, che è sottoposto a tutela ed è considerato bene d’interesse storico. Lo visiteremo virtualmente nella seconda parte di questo articolo.
Fine parte I – continua
Vincenzo Striano
Nota
Le ricerche sull’identificazione del relitto e dei materiali fotografici e documentali a corredo dell’articolo sono state effettuate da Domenico Majolino, Vincenzo Agrillo e Lorenzo Deodato con il supporto del team di Ecosfera diving.
immagine in anteprima: acquerello raffigurante la Bowesfield (gentile concessione della Famiglia Bayley)
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vive e lavora a Napoli occupandosi di pianificazione e controllo di gestione aziendale. Ha da sempre dedicato tutto il suo tempo libero al Mare di cui è amante appassionato, alla fotografia ed alla video ripresa amatoriale. Dopo aver visitato numerosi siti al di fuori del Mediterraneo, negli ultimi anni si divide tra il Golfo di Napoli e lo Stretto di Messina del quale si è profondamente innamorato. Ed è proprio nello Stretto che, grazie a Domenico Majolino, ha cominciato il percorso della subacquea tecnica per raccontare con le immagini le sue meraviglie sommerse sempre con maggiore consapevolezza e sicurezza. La partecipazione a progetti di studio, ricerca e documentazione sui relitti sommersi con il team di Ecosfera, rappresenta un ulteriore valore di arricchimento nel praticare questo splendido hobby
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