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La cantieristica navale tedesca durante la II guerra mondiale: efficienza ed innovazione e capacità di nuove costruzioni a fronte delle perdite e dell’incremento del potenziale offensivo – parte II 

tempo di lettura: 12 minuti

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livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO

AREA: OCEANO ATLANTICO
parole chiave: Sommergibili, Kriegsmarine
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C’è una tecnologia pre ed una tecnologia – applicata, post 1945.
In realtà la seconda guerra mondiale fu condotta, e vinta, con gli stessi mezzi e relativamente poche evoluzioni della tecnologia degli anni trenta con cui era iniziata. Lo sviluppo tecnologico tedesco é uno dei grandi paradossi della storia militare moderna. In Germania, uno stato moderno, con una lunga preparazione alla guerra al contrario degli Stati Uniti (che non lo furono se non dopo il 1942 e tra l’altro non bene), che ebbe uno sviluppo tecnologico ed industriale avanzato rispetto agli standards della fine degli anni 30, le Forze Armate tedesche non godettero appieno di questo investimento e del suo potenziale. Essi non furono tradotti in capacità industriale ed a poco a poco le forze armate tedesche si trovarono prive di armi adeguate (nemmeno parlare di moderne) e di quanto altro avevano bisogno.

Certamente gli scienziati tedeschi erano all’avanguardia nel preconizzare le armi del futuro, che in un modo o nell’altro videro la luce nei decenni successivi, ma le forze armate tedesche non ricevettero mai quantità adeguate di sistemi ed armi tradizionali, necessarie per la condotta della guerra del momento. Solo in un disperato sforzo finale, ed in quantità limitate ed ininfluenti, si riuscì a far qualcosa nella direzione giusta, per modificare l’equilibrio tecnologico delle forze in campo, ma in quella fase la situazione, con il logoramento della Germania accerchiata, era già troppo a favore degli alleati per essere invertita.

La Germania si dissanguò per progetti al limite delle conoscenze del tempo, in vista di applicazioni militari che non si concretizzarono, non portando vantaggi nè tattici nè strategici di alcun tipo.

La progettazione di sommergibili, iniziata in forma “coperta” per le limitazioni del  trattato di Versailles, già prima dello scoppio della 2^ Guerra Mondiale risentiva di questa dispersione e della scarsa aderenza a scelte dottrinali; a continuazione un quadro dei principali progetti, in gran parte abortiti, che dispersero le risorse e sono poi il riscontro tra la citata differenza tra le unità subacquee iscritte nei registri navali tedeschi (4.712) e quelli effettivamente consegnati (1.160-1.171 a seconda delle fonti) con un abnorme fenomeno di quasi 3600 unità non completate o neppure impostate sullo scalo (anche se in molti casi erano stati approvvigionati i materiali od addirittura approntate sezioni delle stesse, dato il tipo di costruzione decentrata adottato). 

La Kriegsmarine si dissanguò perché subordinata, ma anche per mancanza di visione e tattiche capaci di evoluire con la minaccia. Basta citare gli sforzi profusi per modificare e riallestire quattro sommergibili antiaerei per il pattugliamento del golfo di Biscaglia. Dovevano essere la trappola decisiva per gli aerei alleati e si pensò di dotarli di nuove armi, come razzi Anti Aerei non guidati, ma alla fine furono dotati solo di armi leggere, oltre ad avere grandi limitazioni operative; subirono gli attacchi aerei al pari degli altri battelli ed alla fine dovettero essere riconvertiti alla configurazione di attacco originale.

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Fu progettato un tipo di sommergibile per contrastare la minaccia aerea, concettualmente  simile al ruolo svolto dalla divisione antiaerea meccanizzata dell’esercito tedesco, che doveva fornire la difesa aerea per le unità circostanti. Gli U-Boot Flak erano intesi come unità mobili di difesa aerea per altri U-Boot nelle vicinanze – autore Noop1958 – Datei:VII C U-Boot Flak.jpg – Wikipedia

Un episodio, una nicchia, ma un esempio importante che ha riguardato quattro unità, che avrebbero potuto dare ben altro contributo e non disperdere risorse e materiali che erano scarsi e pregiati: progetti che assorbirono risorse, umane e materiali, che sarebbe stato necessario e vantaggioso, per l’economia bellica, spendere in armamenti convenzionali.

La fantasia nazista delle armi segrete, assolute, prevalse sugli indirizzi e la strategia militare, contribuendo alla sconfitta imminente ma allo stesso tempo mascherandola a fini propagandistici. 

Il paradosso ha una spiegazione nella condotta demagogico/politica della guerra, gestita da gerarchi, che dopo i prorompenti successi iniziali si stabilizzò per prendere poi una piega negativa; si cullarono nell’idea che la rinomata scienza tedesca sarebbe stata in grado di fare magie, sfornando una serie di armi segrete straordinarie per ribaltare l’andamento delle operazioni.

Cosi non fu, come tutti sappiamo, anche per lo scollamento tra ricerca, molto frazionata, ed applicazione industriale delle nuove tecnologie, penalizzata anche dalla mancanza di materiali pregiati.

Il paradosso della mancata applicazione dello sviluppo tecnologico tedesco ha anche una “motivazione” più legata alla casta militare: le forze armate tedesche non erano isolate, avulse allo spirito ed alla propaganda nazista ed alle motivazioni nazionali e nazionaliste degli anni 30. Inseguirono pertanto il primato tecnologico come tale, senza però curarsi della sua diffusione, del suo assorbimento nella struttura militare, e meno ancora della sua applicazione concreta nella produzione industriale.

Alla fine degli anni trenta erano state messe a punto le armi necessarie ed adeguate per la guerra che si avvicinava e che i Tedeschi preconizzavano; invece di concentrarsi sulla preparazione e gestione della guerra che il regime imponeva, i vertici militari presero la decisione di compiacere il regime, spingendosi oltre la soglia tecnologica del momento per mantenere la Germania all’avanguardia nella corsa al riarmo.

Allo scoppio della guerra (che probabilmente fu troppo anticipato dal regime nazista rispetto alla pianificazione militare in atto) la ricerca tedesca era veramente avanzata su missili, aerei a reazione, sistemi di propulsione navale (non solo per i sommergibili, anzi..) ma non si seppe sfruttarla in termini pratici, di collegamento con gli utilizzatori (le forze armate). Si cercò di fare ricorso a questa base di partenza solo quando le sorti del conflitto cambiarono al peggio; in sintesi, non si poteva vincere il conflitto degli anni quaranta con le armi degli anni cinquanta.

Il risultato fu il disastro economico, industriale e militare a cui abbiamo già accennato ovvero la carenza di risorse, le interferenze politiche, le sovrapposizioni, l’impossibilità di condizionare e programmare in tempi certi la ricerca scientifica avanzata (in un Paese per di più isolato dalla comunità scientifica internazionale) che di fatto privarono le Forze Armate tedesche di qualsiasi vantaggio da questo straordinario ed immenso investimento.

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Il V-80 (in tedesco: Versuchs-U-Boot V 80) era un mini sommergibile sperimentale da 76 tonnellate e l’unico rappresentante del progetto tedesco di tipo V prodotto per la Kriegsmarine della Germania nazista. Il prototipo fu completato nel 1940 dalla Friedrich Krupp Germaniawerft a Kiel. Il battello con un equipaggio di quattro persone fu progettato per testare il sistema di propulsione a turbina a base di perossido di idrogeno Walter. La sua autonomia era di 50 Nm a 28 nodi-Fonte www.defence.pk German v80 midget submarine.jpg – Wikipedia 

Anche per la guerra sottomarina vale l’affermazione che in realtà la guerra fu condotta e vinta con gli stessi mezzi e con poche evoluzioni della tecnologia degli anni trenta, con cui era iniziata: ciò traspare anche dalla lettura delle memorie dell’Ammiraglio Doenitz, che non dimentichiamo nel corso della sua carriera passò ad essere più un gerarca che un ufficiale di marina. 

Vale per la crisi dei siluri all’inizio della guerra, vale per lo sviluppo degli E-boote verso la fine del conflitto (tipo XXIII che si possono prendere ad esempio, per sfatare alcuni dei miti che riguardano l’evoluzione e l’applicazione di una avanzata tecnologia tedesca). Essi furono impostati in ritardo, quindi senza poter influenzare le operazioni in mare, ma furono i precursori dei sottomarini degli anni 60/70.

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Il battello tedesco Schnellboot (“E-boat”) S 204 battente bandiera bianca di resa presso la base delle forze costiere HMS Beehive, Felixstowe, Suffolk (Regno Unito), il 13 maggio 1945. I due E-Boat tedeschi S 204 e S 205 da la 4a Schnellboot-Flotilla fu scortata da dieci MTB britanniche. A bordo dell’S 205 c’era il contrammiraglio Erich Breuning, che era stato responsabile delle operazioni dell’E-Boat e che firmò lo strumento di resa. Da notare la pantera nera dipinta sulla fiancata dell’S 204 che aveva a bordo il KKpt Kurt Fimmen (CO 4th Schnellboot-Flotilla) e il KptLt Bernd Rebensburg (Ia Op/Operations-Officer of the Staff of Führer der Schnellboote/FdS)- autore della foto Lt. J.E. Russell, Royal Navy official photographer – Fonte IWM  A28558German E-Boat S 204 surrenders at Felixstowe on 13 May 1945.jpg – Wikimedia Commons

La guerra sui mari, e soprattutto quella sottomarina, era già persa prima del 1943, senza che da parte tedesca si fossero o si potessero introdurre mezzi e novità tali da cambiare il corso delle operazioni, sia per le nuove tattiche di guerra anti sommergibili (più importanti ancora dei ritrovati elettronici e delle nuove armi) sia e soprattutto per il divario esistente nella produzione di navi tra i due bandi (studio al riguardo, del resto già noto e pubblicato). Nel corso del 1943, gli Alleati, servendosi del radar e di sistemi di intercettazione delle comunicazioni dei sommergibili su onde corte, riuscirono a limitarne in modo sempre più drastico l’impiego di superficie, fino ad impedirlo praticamente del tutto.

I sommergibili allora disponibili erano troppo lenti in immersione, sia in fase di attacco sia di disimpegno dalla reazione avversaria. Solo all’inizio del 1943, e con incolmabile ritardo, la Kriegsmarine riuscì faticosamente a suggerire un cambio all’alto comando, a puntare veramente alla modernizzazione della componente sottomarina. Lo sviluppo dei sommergibili tedeschi si mosse lungo due direttrici, una obbligata, per risultati a breve, con l’evoluzione del già collaudato tipo VII C (incremento profondità massima raggiungibile e migliori qualità nautiche in superficie) sino al tipo VII C/42, e l’altra più strategica e di maggior respiro, segnata dall’elaborazione di un progetto completamente nuovo, relativo ad un sommergibile oceanico dotato di elevata velocità di immersione, nella speranza che fosse resa possibile dall’impiego della turbina WALTER a perossido di idrogeno (designazione del progetto, U-Boote Type XVIII).

Si sapeva delle difficoltà di messa a punto di questo sistema propulsivo e dell’impossibilità pratica di giungere ad una produzione di massa, per cui parallelamente si prospettò la possibilità di installare nello scafo di un sommergibile WALTER XVIII (di forme adatte a conseguire elevate prestazioni in immersione) un apparato motore elettrico potenziato (batteria di accumulatori tre volte maggiore e potenza elettrica installata due volte e mezza superiore che sul tipo IX C), in modo da poter disporre rapidamente di un sommergibile oceanico con elevata velocità in immersione (massima 18 nodi) ed elevata autonomia di navigazione coi motori elettrici.

Questo sommergibile, in grado di svolgere efficacemente la sua attività d’attacco anche in completa immersione, divenne noto come tipo XXI. Questo sommergibile, che impiegava un apparato motore utilizzante componenti base lungamente collaudati (e quindi di elevata affidabilità) poteva essere realizzato in un tempo notevolmente ridotto rispetto al tipo XVIII, e d’altra parte superava largamente le prestazioni subacquee e l’efficacia bellica del tipo VII C/42 (con l’unica eccezione della profondità massima raggiungibile, essendo questa legata alla tempestiva fornitura di lamiere da corazza per lo scafo resistente).

Nel luglio 1943, a guerra sottomarina già compromessa, l’ammiraglio Doenitz approvò la costruzione in grande serie del tipo XXI, oceanico, ma allo stesso tempo si pensò di metter in cantiere, superando lo scetticismo relativo a piccoli battelli costieri con propulsione WALTER (tipi XVII G, XVII B e XXII), uno scafo del tipo XII che, conservando le forme esterne, sostituisse la turbina WALTER con un motore elettrico potenziato.

Anche questo (costoso) tentativo, nella scia di quelli già citati, si rivelò infruttuoso e fu necessario un notevole incremento del dislocamento, al fine di poter accogliere la batteria di accumulatori e l’impianto diesel-elettrico, di incidenza particolarmente rilevante per una così piccola unità.

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Doenitz era molto meno interessato ai piccoli sommergibili che non a quelli oceanici, necessari per la guerra in Atlantico, ma riconobbe nel nuovo modello proposto una possibilità per un più intenso impiego nel Mediterraneo e nel Mar Nero (a cui sino allora si era opposto).

Il progetto completo fu pronto alla fine di luglio del 1943: ricevette la denominazione di U boote type XXIII. Anche in questo caso, per confermare l’assioma che la 2^ guerra mondiale fu combattuta con i mezzi e la tecnologia della fine degli anni 30, fu previsto fin dove possibile l’impiego di macchine ed apparati già disponibili e collaudati. Come motore diesel fu scelto, ad esempio, l’MWM RS34 S a sei cilindri, della potenza di 580 H.P., sviluppato fin dal 1938 quale generatore a bordo delle BISMARK. Come motore elettrico fu scelto quello già installato sui tipi VII C (salvo alcune modifiche minori), e come batteria un impianto dimezzato rispetto a quello dei tipi IX C, costituito cioè da 62 (anziché 124) accumulatori tipo MAL 740, però a doppie celle, per ottenere la necessaria tensione di 240 V.
I tubi lanciasiluri furono due impianti a stantuffo da sette metri del tipo correntemente in produzione.

Col tipo XXIII si contava di poter ottenere la stessa autonomia in superficie, un’autonomia in immersione quadruplicata ed una velocità in immersione doppia rispetto a quelle del tipo II C, l’altro sommergibile costiero allora in servizio nella marina tedesca. Con l’introduzione dello Schnorchel avrebbe potuto operare anche restando sempre in immersione, al riparo dell’offesa aerea e quindi senza armamento contraereo né ponte di coperta. Si calcolava per questo sommergibile un tempo di sviluppo e di allestimento di soli sette mesi per il primo battello (prototipo) e si contava sulla fornitura mensile di 20 battelli a partire dal marzo del 1944. Sulla base di queste previsioni, Doenitz decise, all’inizio di agosto del 1943, di sostituire la prevista costruzione in serie dei battelli WALTER costieri con quella del tipo XXIII (elettrici), e di puntare sin da allora completamente sul battello sottomarino elettrico di nuova concezione.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è Bundesarchiv_Bild_146-2008-0212_Uboot_Hecht_S_171_ex_U_2367.jpg

sommergibile U boote XXIII – S 171, Bundesmarine 01.10.1957-30.09.1968, mit Unterbrechung 19.10.62 bis Mai 1963, Weltkriegs-U-Boot U 2367, Typ XXIII – Fonte Sammlung von Repro-Negativen accession number Bild 146-2008-0212 – autore non noto Bundesarchiv Bild 146-2008-0212, Uboot Hecht (S 171, ex U 2367).jpg – Wikimedia Commons

I battelli avrebbero dovuto essere costruiti per la maggior parte in cantieri esteri, sulle coste del Mediterraneo e del Mar Nero; per la necessità di impiego tedesche nel Mare del Nord era previsto di affidare le costruzioni alla Deutsche Werft di Amburgo-Finkenwerder, allo stesso tempo capocommessa anche per quanto riguardava tutte le costruzioni nei cantieri esteri, con un interessante capitolo relativo all’Italia.

Il 20 settembre 1943 la Deutsche Werft ricevette un contratto per la produzione di un totale di 140 battelli del tipo XXIII. Di questi,

  • 50 avrebbero dovuto essere realizzati ad Amburgo-Finkenwerder,
  • 30 ciascuno nei cantieri Ansaldo di Genova e nell’arsenale di Tolone,
  • 15 ciascuno nei Cantieri Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone ed a Nicolajev sul Mar Nero.

Si pensava inoltre di poter eventualmente utilizzare anche l’arsenale di Odessa, in quel momento sotto amministrazione romena. A seguito dei poco felici sviluppi della situazione militare tedesca in Ucraina all’inizio del 1944, fu deciso di rimpiazzare Odessa e Nicolajev con i cantieri di Linz.

Di qui i battelli del tipo XIII sarebbero stati spediti nel Mar Nero attraverso il Danubio, come era già stato fatto in precedenza per sei piccoli scafi del tipo II B. Verso la fine del 1944 divenne chiara l’impossibilità di rispettare l’irrealistica pianificazione per la produzione di unità subacquee, d’ altra parte non più fondamentali per gli sviluppi della guerra. Il comitato per le costruzioni navali dispose perciò per la riduzione del programma tipo XXIII a 140 battelli, per i quali sembrava assicurata la possibilità di acquisizione del materiale da costruzione. A causa dei ritardi nelle consegne, il compito della Deutesche Werft doveva limitarsi al completamento di 49 battelli, che furono effettivamente consegnati entro l’aprile del 1945.

A causa dell’ulteriore peggioramento della situazione bellica tedesca, furono rivisti in seguito anche i termini di consegna per i cantieri Germaniawerft di Kiel: il numero delle unità fu drasticamente ridotto, fino al cosiddetto “programma di emergenza” del febbraio 1945, che prevedeva la costruzione solo di quei battelli di cui fossero già pronte le sezioni da assemblare: in tutto 25 unità del tipo XIII, di cui 11 con rivestimento ALBERICH.

Cito l’ALBERICH per ricordare una delle evoluzioni tecnologiche nel campo delle costruzioni navali, e della guerra sottomarina; era costituito da uno strato di gomma e fungeva da assorbente acustico, per proteggere gli Uboote dai sistemi di localizzazione nemici (ASDIC) basati sulla riflessione delle onde sonore.

I sommergibili tipo XXIII sopravvissuti alla guerra, furono lungamente studiati da tutte le marine alleate, che ne derivarono tecniche operative e concetti costruttivi; non solo quelli sopravvissuti, in quanto per contribuire alla ricostruzione dell’arma subacquea della Bundesmarine, nel corso dl 1956 furono recuperati in Germania due sommergibili del tipo XIII affondati alla fine del conflitto, l’U 2365 e l’U 2367. Benché avessero riposato per oltre 11 anni sotto più di 50 metri d’acqua, essi si rivelarono in eccellenti condizioni di conservazione, tanto che fu possibile alla Howaldtswerke di Kiel di rimetterli in completa efficienza in meno di un anno, con un aspetto pressoché identico all’originale i due sommergibili furono rimessi in servizio con i nomi di HAI (ex U 2365) ed HECHT (ex U 2367). 

Essi hanno prestato servizio come battelli-scuola nella marina della Repubblica Federale per circa altri dieci anni, raggiungendo il limite operativo, stupefacente per sommergibili di così piccole dimensioni, di quasi 25 anni. Proprio il tipo XXII, ed il suo sviluppo, preso provocatoriamente come esempio, dimostrano che i maggiori successi non furono nella ricerca indirizzata verso armi e sistemi avanzati (che videro la luce, applicati in un altro contesto, negli anni 50) ma nella corretta applicazione di un modesto sviluppo tecnico.

Uno sviluppo recepito dall’industria, come ad esempio l’adozione e razionalizzazione di una tecnologia e di sistemi sviluppati ed applicati negli anni 30, quando, al pari degli alleati, i tedeschi riuscirono in pochi casi a concentrarsi sulla produzione in massa e sul miglioramento sino al limite estremo degli armamenti degli anni trenta.

In tutti gli altri casi i nazisti applicarono anche nella ricerca militare (e navale) il mito del super uomo, inseguendo il primato tecnologico come tale, a livello poco più che teorico o dimostrativo, senza però centrare l’obbiettivo della sua diffusione, del suo assorbimento nella struttura militare e della sua applicazione nella struttura industriale.

In conclusione, la ricerca e l’evoluzione tecnologica rappresentano un successo solo se applicate e recepite dallo sviluppo industriale, per trasformarsi in sistemi idonei ed affidabili, nel caso in esame, per le operazioni militari.

Gian Carlo Poddighe 

 

foto copertina U9, sommergibile tipo IIB – la foto appartiene alla collezione dell’Imperial War Museums HU 1012 (collection no. 5003-04) – autore foto non noto 
U-9 IWM HU 1012.jpg – Wikimedia Commons

Alcune delle foto presenti in questo blog possono essere state prese dal web, citandone ove possibile gli autori e/o le fonti. Se qualcuno desiderasse specificarne l’autore o rimuoverle, può scrivere a infoocean4future@gmail.com e provvederemo immediatamente alla correzione dell’articolo

 

PAGINA PRINCIPALE
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PARTE I PARTE II

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Bibliografia e ricerche 

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–  IWM – London
–  U-Boot Archives, Sylt (Prof. H. Bredow)
–  National Arch. And Rec. Adm., Washington DC – Rec. U Boats warfare
1939/45
–  Ufficio Storico Marina Militare italiana – Sommergibili in Atlantico
–  Kaaiser Fund.
–  Rower – Axis Submarine Success
–  Rower – Chronology of war at sea
–  Churchill – La 2^ Guerra Mondiale
–  J.P. Mallman Showell – U Boats under the swastika
–  Bekker – The German Navy
–  C. Bekker – Hitler’s naval war
–  K. Dönitz – Ten years and tenti Days
–  Gröner – German Navy 1815/1945 – vol 2
–  H. Bodo – U Boats in action
–  Lohmann and Hildebrand – Kriegsmarine 1939/45
–  Macintyre – The battle of the Atlantic
–  Rossler – The U-Boat
–  Ruge – Sea warfare 1939-45
–  U. Gabler – Construcciòn de Submarinos
–  Preston – Submarines
–  Lucas – La 2^GM vista dai tedeschi
–  R.C. Stern – Tipe VII U-Boats
–  V.E. Tarrant – The U- Boats offensive 1914-1945
–  ONI – Naval German Vessel of WW2
–  Gudmundur Helgason – U-web – U-Boat war 1939/45
–  R. Winklareth Naval Shipbuilders of the world
–  Showell German Navy Handbook

 

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