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livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: OCEANO ATLANTICO – MAR BALTICO
parole chiave: Sommergibili, U boot, cantieri
La Germania disponeva di una cantieristica navale di alto livello ed introdusse metodi innovativi nella costruzione navale, con un modello antesignano di quello che è oggi lo just in time dell’industria automobilistica, con la costruzione di sezioni complete in aree/impianti decentrati.
Una scelta indovinata ed interessante che poteva portare ad ancora migliori risultati se fosse stata gestita in forma meno rigida, meno teutonica, mirata anche all’innovazione e semplificazione del prodotto: una scelta comunque basata su alta specializzazione e soluzioni complesse che generavano costi elevati ed imponevano maestranze molto qualificate, sottratte ad altri settori. Basterebbe pensare a cosa si sarebbe ottenuto se da tale diversificazione impiantistica e da tale decentramento produttivo si fosse passati ad una vera innovazione su tutta la catena di processo come fecero gli americani, e non solo con le Liberty.
Le infrastrutture erano moderne con un’incredibile attenzione agli aspetti della protezione delle stesse (molti degli scali a poco a poco vennero racchiusi in bunkers di enormi dimensioni, con l’effetto indotto di una migliore lavorazione al coperto). Una buona parte dei cantieri erano concentrati a nord della Germania e sul Baltico, con l’effetto per alcuni di rimanere per molto tempo a ridosso delle incursioni aeree.
I cantieri navali erano certamente una delle migliori espressione del potenziale industriale tedesco, ma non furono indenni dai fenomeni che caratterizzarono tutto il sistema produttivo tedesco: troppi modelli di componenti prodotti in troppi stabilimenti e con limitata standardizzazione, mentre la necessità di nuovi materiali ed acciai speciali risultava contingentata per soddisfare tutti i settori della macchina bellica e produttiva tedesca Basta poi soffermarsi su dati produttivi dei cantieri per rendersi conto che in base a tali volumi di costruzione esisteva, anche da parte dell’industria, una grande resistenza al cambio; esistevano lobbies tentacolari nell’ industria di guerra, la speculazione era dilagante, ed era ovviamente molto più remunerativo puntare su pochi modelli e minimi cambi piuttosto che su evoluzioni continue per adattarsi alle cangianti necessità operative. Il fenomeno della costruzione degli U boot tedeschi nella seconda guerra mondiale non è stato sufficientemente studiato nelle sue radici di capacità industriale e di disponibilità all’innovazione produttiva: non si tratta di progresso tecnico, che c’è stato, anche se disperso in mille rivoli e mille progetti, con risultati inferiori a quelli che si pensano, ma si tratta di valutare in forma comparativa la capacità industriale globale della nazione tedesca e la sua capacità di rispondere alle esigenze strategiche di una guerra in Atlantico, contro avversari in continua evoluzione.
Nonostante le apparenze e i grandi numeri, la cantieristica tedesca rispose tardi e male, insufficientemente alle esigenze di una guerra che era persa in partenza, solo “partita bene” per l’inesperienza e l’impreparazione degli avversari. Esistono pubblicazioni importanti al riguardo, come U-Boat di E. Rossler, che tratta a fondo l’aspetto della capacità industriale e cantieristica, ma non la inquadra in un’analisi comparativa di strategie e tecnologie disponibili all’epoca, uno studio interessante che sarebbe auspicabile a settanta anni di distanza. Io stesso avevo affrontato il problema con uno studio comparativo, tra la capacità di produzione e di adeguamento degli u-boot e quella della produzione di naviglio di superficie degli alleati (fondamentalmente le Liberty) dimostrando che su questo confronto, e sul relativo gap industriale (non solo tecnologico) si era giocato l’esito della guerra (le stesse considerazioni in fondo potevano essere ribaltate sul conflitto con il Giappone).
Il gap tecnologico ed industriale
Non è stata solo l’Italia ad entrare in guerra impreparata, ma occorre mentalizzarsi sul fatto che anche la Germania è risultata impreparata al conflitto. Esistono, riprese da diversi autori, posizioni assolutamente negazioniste sull’evoluzione dei sommergibili tedeschi nel corso del conflitto mentre, per dimostrare l’opposto, altri si attestano sui progressi dei Type XXI e XXIII, od i successivi progetti ancor più avanzati, per emettere valutazioni positive. La 2^ Guerra mondale ha evidenziato certamente un progresso tecnico/costruttivo tedesco (la somma di ricerca, sviluppo tecnologico ed applicazione industriale), ma minore di quella rivoluzione che si pensa, e non all’altezza del mito che intorno ad esso si è costruito. Si tratta di una problematica non limitata al solo campo navale ma a tutto lo sforzo bellico tedesco (con le sfumature e implicazioni naziste), con un sottile distinguo tra definizioni di Marina Tedesca e Politica e strategia navale naziste.
Sarebbe troppo facile – e superficiale – attribuire tale distinzione a pura speciosità, o al buonismo post-guerra per l’“assoluzione” di un alleato; una certa distinzione è esistita in realtà, con gravissime ripercussioni nella preparazione ancor più che nella condotta della guerra. Si é creato un mito, strascico anche della propaganda pre-guerra, dell’efficienza e dell’organizzazione tedesca (e nazista) ma poco si è approfondito e scritto sulle frammentazioni, sulle sovrapposizioni, la mancanza di una strategia e di un coordinamento, la mancanza di risultati e contributi nella ricerca, militare e non, e nella loro applicazione in scala industriale.
L’analisi dei veri risultati, nel passaggio alla produzione su scala industriale di nuove armi e sistemi, è molto negativa, e quasi drammatica, a causa dell’influenza del regime, con le sue fazioni e lotte intestine, ma soprattutto dalle tentacolari lobbies industriali.
Basta una citazione, non un aneddoto poco conosciuto, sulle frammentazioni delle competenze e le sovrapposizioni: parte delle ricerche per le applicazioni militari dell’energia atomica, che ebbero alterne fortune in Germania, pur partendo da uno stato dell’arte e basi più avanzate e concrete che negli Stati Uniti furono condotte sotto l’egida e nell’ambito del Ministero delle Poste, con scarsissimo coordinamento e travaso verso le altre amministrazioni più direttamente impegnate nello sforzo bellico.
La guerra non fu condotta, né tanto meno vinta, con armi segrete; questo vale per i tedeschi ma anche per gli alleati: malgrado l’aspetto truculento nei confronti del Giappone, già piegato, non furono le armi atomiche, né le armi segrete né nuove armi a far vincere la guerra agli alleati: arrivarono troppo tardi per condizionare l’esito del conflitto, ne furono solo il suggello, anche per mettere bene in chiaro chi fossero i nuovi detentori del potere nell’equilibrio mondiale. Da parte alleata si ottennero grandi successi, tali perché collegato ad una capacità di sviluppo industriale, successi solidi che mostrarono come l’evoluzione tecnologica dovesse essere immediatamente legata ad applicazioni, evoluzione e non necessariamente rivoluzione, mentre la Germania non seppe né poté sfruttare risultati o postulati di ricerche anche più avanzati, per il tempo.
Il conflitto, e questo vale soprattutto per la Germania, accelerò la ricerca e la corsa tecnologica, e preparò le armi per la guerra successiva, la guerra fredda, ma nessuno dei contendenti, neppure la potenza economico-industriale per eccellenza, gli Stati Uniti, fu in grado di conseguire una trasformazione radicale della tecnologia e della dottrina militare prima della conclusione del conflitto.
Fine parte I – continua
Gian Carlo Poddighe
in anteprima varo di un Uboot type VII, gennaio 1941 – Unknown photographer – Archivi di Cracovia – Wodowanie niemieckiego okrętu powodnego (U-Boot typu VII) (2-2559).jpg – Wikimedia Commons
Bibliografia e ricerche
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– Bekker – The German Navy
– C. Bekker – Hitler’s naval war
– K. Dönitz – Ten years and tenti Days
– Gröner – German Navy 1815/1945 – vol 2
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– Lohmann and Hildebrand – Kriegsmarine 1939/45
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– Rossler – The U-Boat
– Ruge – Sea warfare 1939-45
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– Preston – Submarines
– Lucas – La 2^GM vista dai tedeschi
– R.C. Stern – Tipe VII U-Boats
– V.E. Tarrant – The U- Boats offensive 1914-1945
– ONI – Naval German Vessel of WW2
– Gudmundur Helgason – U-web – U-Boat war 1939/45
– R. Winklareth Naval Shipbuilders of the world
– Showell German Navy Handbook
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Ufficiale del Genio Navale della Marina Militare Italiana in congedo, nei suoi anni di servizio è stato destinato a bordo di unità di superficie, con diversi tipi di apparato motore, Diesel, Vapore, TAG. Transitato all’industria nazionale ha svolto incarichi di responsabilità per le costruzioni della prima legge navale diventando promotore delle Mostre Navali Italiane. Ha occupato posizioni dirigenziali sia nel settore impiantistico che delle grandi opere e dell’industria automobilistica, occupandosi della diversificazione produttiva e dei progetti di decarbonizzazione, con il passaggio alle motorizzazioni GNV.
E’ stato membro dei CdA di alcune importanti JV internazionali nei settori metallurgico, infrastrutturale ed automotive ed è stato chiamato a far parte di commissioni specialistiche da parte di organismi internazionali, tra cui rilevanti quelle in materia di disaster management. Giornalista iscritto all’OdG nazionale dal 1982, ha collaborato con periodici e quotidiani, ed è stato direttore responsabile di quotidiani ricoprendo incarichi di vertice in società editoriali. Membro di alcuni Think Tank geopolitici, collabora con quotidiani soprattutto per corrispondenze all’estero, pubblica on line su testate del settore marittimo e navale italiane ed internazionali. Non ultimo ha pubblicato una serie di pregevoli saggi sull’evoluzione tecnologica e militare sino alla 2^ Guerra Mondiale, in particolare della Regia Marina, pubblicati da Academia.edu.
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