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Da Haldane al computer subacqueo: Il lavoro di Bühlmann – parte II

Reading Time: 5 minutes

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livello elementare
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ARGOMENTO: SUBACQUEA
PERIODO: XX SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: algoritmi decompressivi
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Il lavoro di Buhlmann
Il professor Bühlmann fece ulteriormente evolvere il lavoro di Workman, generando una versione ancor più conservativa dei valori M, in particolare per i tessuti intermedi,  e rendendoli validi anche per immersioni in altura, e non solo al livello del mare.

Buhlmann

professor Albert Buhlmann da Pressure, newsletter of the Undersea and Hyperbaric Medical Society  – approvata per il rilascio da UHMS.

L’originalità e l’importanza del lavoro di Bühlmann fu soprattutto nell’aver fissato dei criteri matematici per la determinazione dei coefficienti  M0 e ΔM una volta stabilito il semiperiodo. Ciò consente oggi di progettare agevolmente insiemi nuovi di compartimenti in numero e semi periodo caratteristico, ottenendo un modello decompressivo sempre coerente. Inoltre, esistono apposite formule di passaggio dai parametri di Bühlmann a quelli di Workman e viceversa, che consentono di esprimere agevolmente i nuovi valori M relativi ai compartimenti stabiliti da Bühlmann nella forma di Workman.

Il modello messo a punto dal professor Bühlmann riscosse un enorme successo applicativo, ed è stato utilizzato nei primi computer subacquei sviluppati e commercializzati fin dagli anni ottanta, e nella maggior parte di quelli oggi esistenti. A lui ed ai suoi successori dobbiamo la sicurezza garantita dai nostri computer subacquei durante le immersioni.
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Nota storica: Quando nel 1959, Hannes Keller si interessò a immersioni profonde e sviluppò tavole per la decompressione, Bühlmann si incuriosì dal progetto e suggerì delle miscele di respirazione che Keller testò con successo nel lago di Zurigo, dove raggiunse una profondità di oltre 130 metri e poi nel lago Maggiore, dove ha raggiunto una profondità di circa 222 metri. In seguito Bühlmann progettò studi per stabilire i tempi più lunghi di azoto e elio. Questi studi furono confermati dalla Shell in una campagna di esperimenti  nel Mar Mediterraneo nel 1966. I suoi algoritmi sono definiti da un bi-lettera ZH (per Zurigo) seguita da una L (Limiti) e dal numero di compartimenti tissutali o set di valori M utilizzati. Quindi nel caso del ZH – L 16 se ne considerano 16. Le tabelle sviluppate furono adottate dall’esercito svizzero nel 1972. Una spedizione al Lago Titicaca a 3800 metri sul livello del mare nel 1987 ne dimostrò la validità anche in quota usando l’algoritmo ZH-L16 di Bühlmann. Il suo libro, pubblicato nel 1983 in tedesco e poi ristampato in inglese nel 1984,  Decompression Sickness è considerato il riferimento più completo sui calcoli di decompressione e fu utilizzato subito dopo negli algoritmi di computer di immersione. Due libri di follow-up sono stati pubblicati nel 1992 e nel 1995.  Nel 1987 fu sviluppato il sistema SAA Bühlmann per effettuare immersioni in sicurezza rimanendo al di sotto del loro limite di non decompressione. Le tabelle sono ancora oggi utilizzate e sono molto popolari, molti computer di immersione utilizzano ancora l’algoritmo ZHL-8 e molte tavole sono basate sull’algoritmo ZHL-16.

Qual è il segreto di tanta popolarità visto che, rispetto all’impostazione di Haldane, questo modello non presenta cambiamenti radicali? Perché una diffusione così rapida e capillare dell’algoritmo di Bühlmann al polso di tanti subacquei nei mari di tutto il mondo?  
La chiave del successo è contenuta in un libro, pubblicato per la prima volta in lingua tedesca nel 1983, con il titolo Decompression Sikness”. Il testo riporta la descrizione dettagliata delle basi teoriche del modello decompressivo, rappresentando un vero e proprio un vero e proprio manuale operativo. Il modello risultò determinante per il rapido  sviluppo dei computer subacquei, vista la relativa semplicità di implementazione dell’algoritmo decompressivo.

Buehlmann_701-2500

E’ sufficiente definire il numero di compartimenti ed i loro semiperiodi, e le formule messe a punto da Bühlmann forniscono direttamente i parametri generatori dei valori di sovrasaturazione massima, (i parametri  M0 e ΔM). Occasione troppo ghiotta per non sfruttarla industrialmente e sviluppare velocemente il mercato dei computer subacquei.

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L’immersione sul piano tensione-profondità
E’ possibile e utile suddividere in varie zone il piano profondità-tensione utilizzato per tracciare le rette che rappresentano i valori M, al fine di caratterizzare adeguatamente le varie situazioni operative.  A titolo di esempio, utilizziamo la retta di M del compartimento n. 4 di Bühlmann, che ha un semiperiodo di 18,5 minuti. Riportiamo sul grafico anche la cosiddetta retta di saturazione, che rappresenta, per ogni profondità, il livello di tensione del compartimento una volta giunto alla saturazione.

Fig 2

“Aree” e “Zone” in riferimento alla Profondità e Tensione di Inerte

Iniziamo identificando la “zona di sottosaturazione”, costituita dal triangolo di colore celeste al di sotto della retta di saturazione tratteggiata.   All’interno di questa zona  la tensione di inerte nei tessuti è sempre inferiore alla saturazione, quindi i tessuti sono “sottosaturi” e la loro tensione è in fase crescente.  Questa è la zona nella quale inizia sempre una immersione non ripetitiva, e nella quale ci si mantiene fino a quando la tensione di inerte è inferiore alla pressione ambiente di inerte, e quindi è in fase di crescita.

La parte di piano di colore bianco compresa tra la retta di saturazione e la retta (in rosso) del valore M del compartimento, (nel nostro esempio il quarto, C4), è la “zona di sovrasaturazione”, nella quale la tensione di inerte nei tessuti è maggiore della pressione ambiente di inerte, e quindi tende a decrescere.    In questa zona i tessuti sono sempre in fase di desaturazione, mentre la tensione dell’inerte in essi disciolto resta al di sotto del limite M di sicurezza.  Questa zona rappresenta lo spazio di desaturazione “utile”, un corridoio di sicurezza entro il quale debbono restare confinate sia le immersioni entro curva che quelle con decompressione, per non infrangere il criterio imposto dai valori M.

Infine abbiamo la “zona proibita”, nella quale ovviamente non ci si deve mai trovare, perché all’interno di essa la tensione di inerte nei tessuti, pur decrescendo, supera il massimo valore M ammesso per il compartimento considerato, e quindi è tale da causare teoricamente la patologia da decompressione.
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Fig 2

Se tracciamo una retta verticale, (detta T=M0), che parte dal valore M0 del compartimento considerato otteniamo due diverse aree:  la prima è l’area “NO-DECO”, a sinistra, e l’altra è l’area “DECO”, a destra. Queste due parti del piano rappresentano aree nelle quali ricadono immersioni entro curva, senza quindi obbligo di effettuare tappe decompressive, oppure fuori curva, con obbligo di effettuare soste  prima di raggiungere la superficie.   Se la  retta verticale T=M0 viene attraversata da sinistra a destra l’immersione diviene “con decompressione”, mentre l’attraversamento da destra a sinistra comporta il rientro entro curva.

Fatte queste considerazioni, è possibile riportare sul piano tensione-profondità la corrispondenza tra tensione di azoto nei tessuti e profondità durante una immersione, e identificare la situazione operativa in base alla zona o area in cui il punto corrispondente si trova.  Ciò consente di determinare, se si è in fase di saturazione o di desaturazione, se l’immersione è entro o fuori curva, e se stiamo effettuando una decompressione.

Luca Cicali

 

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