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Taranto nell’antichità: la fondazione della città dei due mari, tra miti e realtà

tempo di lettura: 5 minuti

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livello elementare

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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: VIII SECOLO a.C. 
AREA:
parole chiave: Taras, Taranto

 

Tutti conoscono le radici elleniche della città di Taranto ma, in realtà, le sue origini si perdono nella notte dei tempi; come la stessa Grecia, così anche Taranto ebbe un periodo pre-ellenico. Circa 2.500 anni prima di Cristo, popolazioni di Hethei-Pelasgi, dopo aver colonizzato le coste dell’Egeo, vennero a stabilirsi nelle immediate vicinanze dell’attuale città e più precisamente nella zona che va da Capo San Vito a Leporano, dove fondarono una città cui diedero il nome di Saturo, nome che ancor oggi identifica quella contrada, cioè città (-Ur) dedicata a Sat, loro somma divinità.

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Taras a cavallo di delfino su moneta

Narra la leggenda che l’eroe spartano Falanto, prima di avventurarsi nel mare alla ricerca di nuove terre, consultò l’oracolo di Delfi e apprese che sarebbe giunto nella terra di Saturo (nella penisola salentina) e avrebbe fondato una città sul luogo in cui gli fosse caduta addosso una pioggia da “etra”, ossia da un cielo sereno e senza nuvole. Falanto si mise in mare e giunse alla foce del fiume Tara. Stanco del viaggio, si addormentò. La moglie, a ricordo delle peripezie sopportate ed all’oscuro responso dell’oracolo, pianse a dirotto. Le sue lacrime bagnarono abbondantemente il volto del marito. L’oracolo si era avverato. Una pioggia era caduta su Falanto: le lacrime della moglie “Etra“. L’eroe, sciolto l’enigma, si accinse a fondare la sua città, dopo un sacrificio ad Apollo, a cui fu cara.

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il fiume Tara sfocia ancora nel mar piccolo di Taranto con le sue acque cristalline ricche di vita – photo credit andrea mucedola

Accanto a questa poetica versione sull’origine di Taranto, ve n’è un’altra che farebbe risalire la nascita della città a 2.000 anni prima di Cristo, ad opera degli immediati discendenti di Noè, i cosiddetti Noechidi, i quali, dopo il diluvio universale, si sarebbero dispersi nelle diverse parti del mondo, provvedendo poi, gradatamente, ad incrementare la popolazione. E si vuole appunto che in tale epoca, Tiras, oppure Taras, alla maniera greca, uno dei figli di Poseidone, sia giunto in questa regione, a capo di una flotta, approdando presso quel corso d’acqua che poi da lui stesso avrebbe preso il nome (si tratta appunto del fiume Tara, che scorre a circa 10 km dalla città, in contrada Cagioni). Poi, sempre secondo la leggenda, Taras si sarebbe dedicato ad edificare, alla foce del fiume nel Mar Jonio, non solo la città che ugualmente da lui avrebbe preso il nome (appunto Taras, poi Taranto), ma anche quella che egli dedicò a sua moglie Satureia che chiamò Saturo. Ad avvalorare, però, un po’ di più la seconda ipotesi, c’è il grande culto per Nettuno, testimoniato nell’antica Taranto da un tempio dedicato a questa mitica divinità. La tradizione più accreditata, infatti, voleva che tale tempio sorgesse precisamente nello spazio compreso tra la Chiesetta della Trinità e la sede municipale. Tale tradizione si è dimostrata vera, poiché, dopo opportuni lavori, che hanno però fatto sparire la Chiesetta della Trinità, sono stati portati alla luce alcuni reperti ed una colonna di un tempio. La leggenda aggiunge che un certo giorno Taras sarebbe scomparso nelle acque del fiume e dal padre sarebbe stato assunto fra gli eroi. Questa favolosa sparizione di Taras fu poi, da uno dei maggiori storici cittadini, il Giovan Giovine, affiancata e rafforzata alla ugualmente leggendaria sparizione di Romolo, il mitico fondatore di Roma.

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Colonne doriche del tempio di Poseidone, Taranto vecchia Colonne Doriche.JPG – Wikimedia Commons

Tutto quello che rimane ai nostri giorni sono semplicemente le due colonne doriche del tempio dedicato a Nettuno, oltre alcuni toponimi come la contrada Saturo, il fiume Tara e, naturalmente l’antico nome greco della città che sovrasta lo stemma araldico del comune. Più tardi, nel secondo millennio a.C. giunsero anche delle colonie Arii, alcune dall’interno, altre, invece, dal mare, attratte certamente dalla particolare conformazione della costa: essi infatti costruirono le loro case su palafitte. A testimonianza di questa tesi sta il fatto che intorno al 1900, mentre si attuavano gli scavi per il porto mercantile, venne scoperto, presso lo scoglio del Tonno un intero paese di questa popolazione. A poco a poco gli Arii riuscirono a controllare tutto il territorio dopo aver sottomesso i Pelasgi. In questo periodo la città cambiò nome, assumendo appunto il nome di Taras, dal mitico figlio di Nettuno.

La cronologia tradizionale, che è dello storico greco Eusebio, data la fondazione di Taranto al 706 a.C.. Le fonti storiche tramandano la notizia del trasferimento di alcuni coloni spartani in questa zona per necessità di espansione o per questioni commerciali, che interruppero bruscamente la vita precedente, distruggendo l’abitato indigeno e portando una nuova linfa di civiltà, di consumi, di tradizioni. La documentazione epigrafica ha dimostrato che a Taranto era diffuso il tipico dialetto dorico parlato nella Laconia, la regione in cui in questo periodo dominava già il centro di Sparta. L’organizzazione sociale e la cultura materiale dei coloni, mostravano forme più complesse rispetto a quelle manifestate dalle comunità indigene. La struttura sociale della colonia si trasformò ben presto in un’oligarchia economica, che sviluppò nel tempo una vera e propria cultura aristocratica.

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maschera greca in terracotta – Fonte Museo archeologico nazionale (Taranto) Greek mask in terracotta in Museo archeologico nazionale (Taranto).jpg – Wikimedia Commons

Al di là di ogni mitizzazione e prescindendo dalle oggettive difficoltà di reperire accurate ed attendibili testimonianze storiche quello che è certo che sin dall’antichità molte popolazioni tentarono l’insediamento in quest’area per le evidenti attrattive che esse offriva dal punto di vista naturale e difensivo. I vari insediamenti Jonici della Magna Grecia costituivano un approdo sicuro per passarvi la notte; lungo le coste basse e sabbiose si poteva ormeggiare entro le foci di fiumi, rifornirsi di acqua dolce; il tutto con facili manovre favorite dalle correnti superficiali di mare e dal flusso dell’acqua dei fiumi. I veri porti del Mar Jonio, tuttavia,  non dovettero la loro ricchezza al solo fatto di essere dei passaggi di scalo obbligato; erano anche dei grossi centri produttori e porti di esportazione delle eccedenze agricole in direzione della Magna Grecia. Senza alcun dubbio, Taranto deve al mare, ed al Mar Piccolo in particolare, la sua stessa esistenza. Fin dall’antichità’ questo mare interno, dal clima temperato, le coste verdeggianti, l’acqua dolce e pura delle sorgenti, la pesca varia ed abbondante, dovette sembrare un luogo incantato sia per chi lo scelse come residenza, sia per i naviganti del Mediterraneo, che vi trovarono un porto sicuro e ricchezza di prodotti, come il bisso, la porpora, le ceramiche. I Tarentini controllavano dunque un enorme flusso di merci e le loro navi facevano, probabilmente, anche regolare servizio di nolo.

Francesco Scarpetta

estratto dal saggio dell’autore pubblicato originariamente sul supplemento alla Rivista Marittima, aprile 2008, che ha concesso gentilmente la ripubblicazione
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