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Le rotte navali nell’antichità

tempo di lettura: 5 minuti

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livello elementare
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ARGOMENTO: ARCHEOLOGIA
PERIODO: EPOCA ROMANA
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: navigazione antica
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Navigare necesse est 
… una frase diventata famosa grazie a Plutarco che ci riferisce dell’ingiunzione di Pompeo ai suoi marinai non intenzionati, viste le condizioni del mare, ad imbarcarsi per Roma. Se navigare è necessario oggi, per tutta la veicolazione delle merci sulle tratte di lunga percorrenza, lo era ancor di più nelle epoche antiche quando le autostrade, le ferrovie, le vie aeree non esistevano.

Abbiamo prova di navigazioni nel Mediterraneo in epoca preistorica quando l’ossidiana, bene prezioso per la costruzione di attrezzi da taglio, per raschiatoi, accette, punte di freccia, lame e coltelli, navigava lontano dai luoghi in cui veniva estratta, come il monte Arci in Sardegna, famoso fra gli archeologi e gli appassionati proprio per la sua ossidiana che è stata ritrovata in molte parti della penisola Italiana e in Europa come in Francia, nella pianura lombarda che i Romani chiameranno successivamente Gallia Cisalpina, nel comprensorio dell’attuale Liguria. Navigavano gli antichi abitanti del Mediterraneo e portavano con sé gli oggetti a loro cari, le ciotole e i contenitori dei cibi, le anfore per il vino e l’olio, gli amuleti e i corredi di bordo, le merci eccedenti per gli scambi.

ceppo di ancora romana, photo credit andrea mucedola

Lo scambio è l’elemento trainante e propulsore della navigazione. Le eccedenze del mondo agricolo divengono la merce preziosa per avere altri beni, prodotti da altri popoli, non altrimenti ottenibili. La specializzazione artigiana evolve ulteriormente il mondo del commercio arcaico offrendo nuove opportunità e occasioni di scambio di oggetti, di idee, di tecnologia. Ma navigare è pericoloso, l’avventura nell’oscuro liquido genera inquietudine. Le secche, gli scogli affioranti, i pericoli di un mare mosso improvviso che sbattono i fragili navigli contro le rocce impervie di una costa a picco sul mare, fanno il resto. Allora la navigazione procede per tentativi, con grande cautela, sempre se possibile in vista della costa dove in caso di naufragio si possa trovare rifugio.

L’orientamento è figlio di una attenta e scrupolosa osservazione degli astri, dei comportamenti degli uccelli, del sorgere e posare del sole. Si naviga verso occidente alla ricerca dei ricchi giacimenti di metallo della Sardegna, dell’Iberia, dell’Elba, agli albori della metallurgia. A partire dal V secolo a.C., i Greci e Punici iniziano a redigere dei veri e propri manuali di navigazione costiera, i periploi. Il primo, forse il più famoso fu quello di Scilace. Sono testi descrittivi e elencano i buoni approdi, le secche pericolose, i punti cospicui e le fonti d’acqua dolce dove approvvigionarsi. Alcuni periploi disegnano i profili di isole o di capi al fine di potersi allontanare dalla costa quel tanto che serva ad accorciare una tratta, sempre in vista però della costa. Le correnti del Mediterraneo aiutano in questo. Con il passare del tempo l’evoluzione delle tecniche di costruzione navale si affinano. Gli scafi cuciti lasciano il passo a quelli assemblati a tenoni e mortase. Le strutture diventano così più robuste e adatte ad affrontare anche mari perigliosi. La stagione estiva è quella dedicata alla navigazione. L’inverno con le sue burrasche non consente di avere sufficienti garanzie di poter affrontare con successo il viaggio per mare. Così a marzo si aprono le danze e navigazioni di cabotaggio, dedicate prevalentemente allo scambio di merci si succedono a quelle sulle rotte di lunga percorrenza, per l’innato istinto che spinge l’uomo verso la scoperta. Dalle isole greche alle isole greche, da Cipro alla Sardegna, dalla Fenicia alle colonne d’Eracle e oltre.

C’è una rotta a nord nel Mediterraneo che costeggiando le isole greche giunge al limitare della penisola Salentina per poi raggiungere sempre costeggiando il Bruttii (il territorio dei Bruzi, l’attuale Calabria) le coste della Trinacrie, come chiama Omero la Sicilia nella sua Odissea, fino ad oltrepassarle e arrivare nella penisola spagnola, la Betica e la Lusitania.
La rotta del rientro costeggia la costa africana, diritto come un fuso, oltrepassando la Sirte, raggiungendo la costa libanese in un sol vento. Le correnti aiutano la navigazione fra la Sardegna e la Sicilia e da questa alle coste etrusche, in un vortice di scambi e di mercati. Normale per i vascelli etruschi navigare costeggiando le coste delle isole toscane, avvicinarsi alla selvosa Corsica e scendere verso il popolo dei costruttori di torri, i Nuragici a cui portano vasi e corredi in bucchero riportando in patria i preziosi bronzetti raffiguranti navicelle e guerrieri.

le tre rotte principali dei Fenici da https://www.mediterranean-yachting.com

La moneta non esisteva ancora e i prezzi li fanno i giochi e le furbizie del mercante levantino o greco, etrusco o cartaginese. Sarà solo con la colonizzazione occidentale dei Greci e dei popoli del vicino oriente come Filistei, Aramei e Fenici che nel Mar Mediterraneo sarà introdotto il concetto di talassocrazia, intesa come dominio del mare e supremazia sulle genti che vi si affacciano. Allora non si potrà più navigare impunemente. Cartagine e Cirsa, la Caere etrusca per i romani, impegneranno la flotta greca Focea di Alalia, forse spalleggiata da rinforzi Massalioti, in una battaglia sanguinosa e truce che segnerà, nonostante la vittoria cadmea delle compagini greche, l’inizio dell’egemonia Cartaginese sul Mediterraneo occidentale. Roma agli albori della sua civiltà, scossa dai moti che abbatteranno l’odiata monarchia e la trasformeranno in Repubblica, nel 509 a.C. sottoscriverà un trattato con Cartagine che le impedirà di fatto di navigare o commerciare nelle zone di influenza della città stato punica, se non con l’accordo e la presenza di un funzionario cartaginese.

Successivamente, le (inevitabili n.d.r.) tre guerre puniche che impegneranno Roma e Cartagine dalla prima metà del III° secolo a.C. alla metà del II° secolo a.C. segneranno, con la distruzione finale di Cartagine, l’alba del costituendo impero Romano e la definizione di Mare Nostrum, data dai Romani al mar Mediterraneo. Con l’espansione dell’impero e il fiorire delle provincie la navigazione arriva ad essere uno strumento importante di controllo del territorio e di veicolazione delle merci verso la capitale. Compagnie di Navicularii, antichi armatori, allestiscono flotte di navi onerarie che collegano le provincie con Roma e viceversa. Divengono costanti i viaggi dal porto di Roma verso nord costeggiando il tirreno, la costa ligure arrivando a Massalia (Marsiglia) e quindi proseguire verso la penisola Iberica.

La rotta del ritorno invece traguarda le isole Baleari, vola in due giorni verso la Sardegna dove si può rifornire di acqua, sale, viveri, rendere grazie agli Dei e quindi imboccare lo stretto e pericoloso canale di Bonifacio per puntare la prua veloce, sospinti verso Roma dal Magister (maestrale), il vento dominante in quella regione. I primi tre secoli dell’era moderna vedranno presenti le navi romane in tutto il Mediterraneo agile motore e veloce strumento di sostegno della struttura imperiale, trasportare truppe, vettovaglie, merci e pellegrini per tutte le provincie da Roma e da tutte le provincie per Roma, caput mundi.

Ivan Lucherini
 
 
 

in anteprima spolie navali – foto di Domenico Carro

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